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Segreti nell'ombra
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E-book228 pagine3 ore

Segreti nell'ombra

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1816 - Una fanciulla rapita e sparita nel nulla. Strani rituali celebrati nei boschi. Un'associazione segreta su cui incombono terribili sospetti. Daniel, Conte di Cavendish, è deciso a risolvere questi intricati misteri e per farlo è pronto a rischiare tutto... Tutto, tranne la vita di Elizabeth Travers, l'affascinante dama di compagnia di sua madre. Il coraggio e l'intelligenza della fanciulla, infatti, l'hanno colpito sin dal primo istante, rendendola inizialmente una preziosa alleata, poi una presenza indispensabile, e infine l'unica donna che desidera avere accanto per sempre.

Segreti nell'ombra è il primo volume di una trilogia intensa e appassionante firmata da una delle più amate autrici di Harmony History.
LinguaItaliano
Data di uscita10 giu 2016
ISBN9788858951026
Segreti nell'ombra
Autore

Anne Herries

Autrice inglese vincitrice di numerosi riconoscimenti letterari, ha iniziato a scrivere nel 1976 e ha ottenuto il suo primo successo appena tre anni dopo. Attualmente vive nel Cambridgeshire con il marito.

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    Anteprima del libro

    Segreti nell'ombra - Anne Herries

    morta.

    1

    Daniel Cavendish fece vagare lo guardo per la sala, osservando i ballerini volteggiare e divertirsi. Aveva la netta impressione che la sua vita fosse incompleta. Anche se non sapeva per certo che cosa fosse a mancargli tanto, aveva il sospetto che potesse trattarsi dell'avventura, del brivido del pericolo che aveva contraddistinto i tempi in cui era stato nell'esercito. Alla morte di suo padre, infatti, era stato costretto a congedarsi per potersi occupare della tenuta di famiglia, andata in declino negli ultimi anni di vita del vecchio conte. Il suo impegno aveva dato i risultati sperati, tanto che ora il patrimonio dei Cavendish era più florido che mai.

    Ciononostante si sentiva inquieto e inappagato. Il pensiero di Sarah Hunter, poi, non gli dava tregua, acuendo quel senso di frustrazione. Non essere riuscito a trovarla nel corso di tutti quei mesi gli rodeva la mente come un malefico tarlo. Anche se, per la verità, in quegli ultimi giorni avevano ottenuto delle informazioni che avevano riacceso in lui un barlume di speranza.

    «Credo che dovremmo trasferirci in campagna» disse al gentiluomo in piedi accanto a lui. Mentre il conte era alto, largo di spalle e scuro di capelli, il suo amico era di corporatura più minuta, con capelli più chiari, che tendeva a scostare di continuo dalla fronte. «Londra ha ormai perso ogni attrattiva, per me, e voglio vedere di scoprire qualcosa riguardo a quella faccenda.»

    «Credete che sia una mossa saggia?» gli domandò John Elworthy. «Anche se i nostri sospetti fossero fondati, non credo che potremmo fare molto a riguardo. Maria è fuggita e ora è sana e salva, mentre Miss Hunter...» Scosse tristemente il capo, e proprio in quel mentre un altro amico li raggiunse. «Buonasera, Robert. Non credevo che ci sareste stato anche voi.»

    «Non avevo niente di meglio da fare» gli rispose Lord Young, coprendo uno sbadiglio con la mano. Fra i tre era senza dubbio il più dandy della compagnia, dati i suoi abiti raffinati e il vistoso nodo della cravatta, talmente complicato da impedirgli quasi di piegare la testa. «È tutto così tedioso, non trovate?»

    «Cavendish mi stava appunto dicendo la stessa cosa» lo informò John. «Ha intenzione di svolgere delle indagini riguardo alla disavventura di Maria, anche se, per parte mia, ritengo che sarebbe pericoloso invischiarsi negli affari di quel Forsythe.» Maria era la sorella della cognata di John, una fanciulla giovane e graziosa, dotata anche di una gran dose di coraggio, che le aveva permesso di sfuggire a un recente tentativo di rapimento.

    «Non c'è nulla come un pizzico di pericolo per ravvivare la vita» commentò Lord Young con uno scintillio animato nello sguardo. «Se avete bisogno d'aiuto, Cavendish, sono l'uomo che fa al caso vostro. Immagino che anche Hilary direbbe lo stesso, se fosse qui. Che cosa avete in mente di preciso?»

    «Camminate con me fino a casa, tutti e due» li invitò il conte. «Non vorrei che qualcuno ci sentisse parlare, qui dentro. Concordo sul fatto che questa impresa potrebbe comportare dei pericoli, ma ritengo comunque che si debba perlomeno compiere un tentativo. Maria è una fanciulla coraggiosa e le informazioni che ci ha dato mi sono state molto utili. Ho iniziato a svolgere delle nuove indagini e desidero mostrarvi i resoconti dei miei informatori...»

    «Per me va bene» acconsentì subito Lord Young. «Siete dei nostri, Elworthy? Tanto vale che veniate. Qui non c'è nulla che meriti la vostra attenzione.»

    «Avete ragione» convenne John. «Andiamo, allora. Concordo con voi, Cavendish. Se non ci diamo da fare, Forsythe resterà libero di agire a suo piacimento. Non oso nemmeno immaginare che cosa sarebbe successo se quei malintenzionati fossero riusciti nel loro vile intento.»

    Gli altri due gentiluomini annuirono a conferma di quelle parole, perché davvero si trattava di una prospettiva troppo orribile da contemplare.

    Dunque lasciarono Almack's insieme, decidendo di tornare a Cavendish Place a piedi, vista la notte tiepida e serena. E così si avviarono, del tutto ignari di essere discretamente seguiti a distanza.

    «Ma mia cara bambina» disse Lady Wentworth, guardando con apprensione il viso orgoglioso della bella giovane che si trovava davanti a lei. «Come potete anche soltanto pensare di accettare un impiego come dama di compagnia quando io vi ho proposto di accompagnarmi a Bath, in autunno? Sapete che vi amo come una figlia. Perché non accettate la mia offerta di vivere con noi a Worth Towers?»

    «Non posso, milady» rispose Elizabeth Travers, addolcendo quel rifiuto con un sorriso. «Sono molto affezionata a voi e vi sono grata per la gentilezza dimostrata a me, mia madre e a Simon dalla morte di mio padre. Ma dal momento che anche mama è...» Le lacrime che si era sempre rifiutata di versare le spezzarono la voce. La perdita della madre era ancora troppo recente perché riuscisse a parlarne. «Sapere di avere in voi una cara amica sarà sempre un gran conforto, ma non voglio diventare un fardello. Lord Wentworth è già stato fin troppo generoso a pagare la retta di Simon, permettendogli così di completare gli studi a Oxford. Inoltre Lady Isadora ha bisogno di compagnia, e io sono felice che abbia scelto me.»

    «Ma non la conoscete nemmeno!» protestò Lady Wentworth. Era una donna piccola e paffuta, con un cuore d'oro, ed era profondamente affezionata alla figlia della sua defunta amica. «Non sarete mai un fardello per me, mia cara Elizabeth.»

    «Siete troppo buona, milady» si schermì Elizabeth. «Ma ho già dato la mia parola e non intendo ritirarla.»

    «Immagino non sia possibile, dal momento che vi siete impegnata» sospirò Lady Wentworth. «Ma mi promettete di tornare da me, se doveste trovarvi male o in difficoltà?»

    «Sì, certo» le assicurò Elizabeth. Sorrise alla gentildonna che era stata la migliore amica di sua madre per gli ultimi vent'anni. «Non so proprio che cosa avrebbe fatto mia madre senza il vostro aiuto, alla morte di mio padre, soprattutto quando abbiamo scoperto che lui aveva perso gran parte delle sue proprietà in quella sciagurata scommessa con Sir Montague Forsythe. Se non ci aveste sostenute e ospitate non so nemmeno che cosa ne sarebbe stato di noi.» Al pensiero dei terribili mesi seguiti alla morte del padre, culminati nella malattia e nell'improvvisa morte di Lady Travers, le lacrime le fecero di nuovo capolino negli occhi. «Non potrò mai ripagarvi appieno...»

    «Oh, che leggerezza imperdonabile!» La buona Lady Wentworth scosse il capo al pensiero delle circostanze che avevano spinto il defunto Sir Edwin Travers a puntare tutto il proprio patrimonio su una corsa di cavalli. La perdita di quella scommessa aveva avuto conseguenze atroci. «Mio marito non riusciva nemmeno a credere che vostro padre, il suo caro amico, potesse aver rischiato tanto. Ma svolse delle indagini accurate e pare che ci fossero dei testimoni, secondo i quali vostro padre agì sotto l'effetto dell'ebbrezza...»

    «Sì, e anche questo fatto è strano» commentò Elizabeth. «Perché papa beveva di rado e mai in eccesso. Finanche sul letto di morte mia madre continuò a ripetere che era stato raggirato, rifiutandosi di credere che lui avrebbe potuto mettere a repentaglio il futuro della propria famiglia con tanta avventatezza. E, sapete, io sono d'accordo con lei. Non so come sia potuto accadere, ma mio padre non era tipo da agire in modo irresponsabile.»

    «È quello che dice anche Lord Wentworth» ammise la dama. «Ma non ha mai potuto confutare le dichiarazioni di tutti quei testimoni anche se, a dire il vero, erano quasi tutti amici di Sir Montague, con l'eccezione di quel Mr. Elworthy, che pare un uomo perbene. Anzi, se non fosse stato per la sua testimonianza, mio marito avrebbe contestato la validità di quella scommessa. Ma nutre un gran rispetto per Mr. Elworthy e sa che non avrebbe mai mentito.»

    «Sì, lo so.» Elizabeth assunse un'espressione accigliata. Era stata appunto la testimonianza di Mr. John Elworthy a impedirle d'incaricare l'avvocato di famiglia di portare Sir Forsythe in tribunale, poiché Lord Wentworth le aveva lasciato intendere che, così facendo, avrebbe rischiato di dilapidare i pochi soldi che le erano rimasti. Eppure, non si era mai perdonata di non aver agito e restava convinta che suo padre non avrebbe mai rischiato tutto per una sciocca corsa di cavalli. «Per il momento immagino di dover accettare questa versione dei fatti» concluse mesta.

    «Temo di sì, cara.» Lady Wentworth le rivolse uno sguardo preoccupato. «Ebbene, se proprio insistete ad accettare quell'impiego, permettetemi perlomeno di farvi accompagnare in carrozza. Questo dimostrerà a Lady Isadora che avete degli amici che si preoccupano per voi.»

    «Siete molto gentile e non intendo rifiutare» replicò Elizabeth. Era ben lieta di quell'offerta: aveva ancora un po' di denaro da parte, ma preferiva tenerlo per sé. Aveva ceduto gran parte dei propri risparmi al fratello, poiché si preoccupava del suo futuro molto più che del proprio. Per tutta la vita Simon aveva dato per scontato di ereditare la tenuta di famiglia, mentre ora si trovava privo di mezzi, costretto a farsi largo nel mondo solo ed esclusivamente con le proprie forze. Lei, perlomeno, aveva avuto la fortuna di ricevere quell'offerta d'impiego nello Yorkshire, al fianco di una dama di cui sua madre aveva sempre parlato con affetto e rispetto.

    «Questa Lady Isadora» riprese Lady Wentworth con espressione corrucciata. «Era una vecchia amica di vostra madre, mi avete detto? Che cosa sapete della sua famiglia, Elizabeth?»

    «È la vedova del Conte di Cavendish e figlia di un marchese» le spiegò Elizabeth. «L'ho incontrata una sola volta, un giorno in cui venne a trovare mia madre. La rammento come una persona cortese, dal viso dolce. Ricordo che mi regalò una bambola e diede cinque ghinee a Simon.»

    «Una signora generosa, bene.» Lady Wentworth annuì con evidente approvazione. «E quali condizioni d'impiego vi ha proposto, se posso chiedervelo, mia cara? Perdonate la mia schiettezza, ma non vorrei che qualcuno approfittasse della vostra buona fede.»

    «Lady Isadora mi ha chiesto se preferisco un'indennità per il vestiario o un vero e proprio salario. Ho scelto l'indennità.» Elizabeth arrossì. «Mama sarebbe già sufficientemente sconvolta nel sapere che ho accettato un impiego. Penso che avrebbe ritenuto l'indennità preferibile al salario.»

    «Se soltanto mi permetteste di...» insistette Lady Wentworth con aria afflitta, ma si interruppe nello scorgere l'espressione determinata della giovane. «No, non aggiungo altro, mia cara, ma ricordatevi che qui avrete sempre una casa.»

    «Certo. Siete molto gentile.» Elizabeth la baciò sulla guancia e si alzò. Doveva ancora finire di preparare i bagagli e c'erano varie persone che desiderava salutare, quel pomeriggio. «Vi scriverò spesso e vi terrò informata.»

    Elizabeth tornò nella sua stanza con la mente persa in mille pensieri. La lettera di Lady Isadora era giunta in un momento particolarmente opportuno, proprio quando lei era stata sul punto di rivolgersi a un'agenzia che l'aiutasse a trovare un impiego. Aveva anche iniziato a leggere le riviste per signore che Lady Wentworth le prestava, nella speranza di scorgervi un annuncio che potesse fare al caso suo. Dalla morte di sua madre, infatti, la sua situazione era divenuta più precaria. Lady Travers aveva goduto di un piccolo appannaggio, che era rimasto valido nonostante la perdita della tenuta di famiglia. Questo era tuttavia cessato alla sua morte, non lasciando ai suoi figli altri mezzi se non gli esigui risparmi che la dama era riuscita a mettere da parte nel corso degli anni. Se già quando sua madre era stata in vita Elizabeth aveva considerato la possibilità di trovare un impiego, alla sua morte quel progetto era diventato una priorità.

    Lady Travers aveva sempre disapprovato quell'idea, tuttavia doveva averla menzionata all'amica Lady Isadora in una delle sue lettere. Infatti, quando Elizabeth le aveva scritto per annunciarle la morte improvvisa della madre, la nobildonna le aveva risposto poche settimane dopo, offrendole il posto di dama di compagnia.

    Temendo che quella proposta fosse scaturita da un atto di carità, piuttosto che da un genuino bisogno, Elizabeth aveva evitato di prendere una decisione per quasi un mese, ma una seconda lettera di Lady Isadora aveva reso ben chiaro che l'anziana dama aveva davvero bisogno di una presenza amica. Durante l'inverno appena trascorso, infatti, era stata spesso malata e anche ora era incapace di camminare per lunghi tratti senza sorreggersi al braccio di qualcuno. Alcuni giorni era addirittura costretta a letto, perciò aveva bisogno di qualcuno che la assistesse. La sua lettera aveva commosso Elizabeth, spingendola a prendere la fatidica decisione. In fondo quella era proprio la sistemazione che faceva al caso suo. Avendo subito un lutto recente, non provava alcun desiderio di prendere servizio in una dimora costantemente affollata di ospiti. Lady Isadora, invece, viveva da sola, ricevendo visite assai saltuarie.

    Lady Wentworth era stata più che gentile, ma a tratti Elizabeth si sentiva addirittura soffocata da tanta sollecitudine. Inoltre, restare così vicina alla tenuta da cui la sua famiglia era stata crudelmente cacciata era per lei una fonte di dolore inestinguibile. Se non fosse stato per quella maledetta scommessa che, Elizabeth ne restava convinta, era stata in qualche modo imposta al suo povero padre, forse sia lui sia Lady Travers sarebbero stati ancora vivi.

    Come poteva suo padre aver commesso un atto tanto inconsulto? Elizabeth si era posta quella domanda infinite volte, ma non aveva mai saputo trovare una risposta soddisfacente. Simon aveva giurato di arrivare alla verità, ma lei lo aveva supplicato di stare attento. Aveva solo diciannove anni, quattro meno di lei, ed era naturalmente incline all'irruenza.

    «Nostro padre è stato raggirato» le aveva detto Simon con rabbia prima di tornare a Oxford dopo aver presenziato al funerale della madre. «Lo so per certo, Bethy. Un giorno lo dimostrerò e reclamerò l'eredità che mi spetta!»

    «Non nego che le circostanze siano sospette» aveva concordato Elizabeth. «Tuttavia c'erano dei testimoni e...»

    «Dei quali solo uno non era un accolito di quel furfante!» aveva tuonato Simon. «Ho scritto due volte a Mr. Elworthy, chiedendo d'incontrarlo, ma si è sempre rifiutato. Se non ci fosse qualcosa di losco, non ne avrebbe avuto motivo, non trovi?»

    Elizabeth non era in grado di spiegare il comportamento di Mr. Elworthy, che, in effetti, era alquanto bizzarro, così come bizzarre erano le intere circostanze di quell'ingarbugliata vicenda. Non poteva biasimare Simon per voler indagare a fondo, cosa che lei stessa desiderava fare, ma d'altro canto temeva di vederlo finire nei guai. Non poteva tollerare l'idea che un giorno anche suo fratello potesse arrivare a puntarsi una pistola alla tempia come aveva fatto il loro povero padre dopo aver perduto la disastrosa scommessa.

    Ci era voluta la solenne parola dell'anziano Lord Wentworth a convincere Elizabeth che suo padre in verità non fosse stato assassinato. Perfino ora continuava ad avere degli incubi, in cui il fantasma del defunto reclamava giustizia per quanto gli era stato fatto.

    Con un sospiro Elizabeth si sforzò di scacciare quei macabri pensieri. Non serviva a nulla continuare a rimuginare sul passato, non certo a riportare in vita i suoi cari genitori. Decise perciò di concentrarsi solo sul futuro, senza però smettere di pregare affinché Simon restasse fuori dai guai.

    «È davvero riprovevole da parte vostra, madre» commentò il Conte di Cavendish con un luccichio divertito negli occhi. Era ben lieto di essere venuto a trovarla, poiché quella visita era il rimedio ideale contro l'inquietudine che lo tormentava di recente. Lasciarsi coinvolgere nei benevoli complotti di sua madre era riuscito a distrarlo temporaneamente dalle inconcludenti ricerche di Sarah Hunter. «Attirare qui quella povera giovane con l'inganno...» continuò, ostentando una disapprovazione che non provava affatto. Il suo sguardo si soffermò, ammirato, sull'eleganza dell'abito in cui Lady Isadora l'aveva accolto, fissandosi poi in quegli occhi così simili ai suoi. «So che non vi faccio visita da quasi due mesi, eppure...»

    Lei emise un piccolo colpo di tosse, quindi si abbandonò contro i cuscini di seta della graziosa dormeuse su cui era adagiata. «Non hai alcuna pietà per la tua povera madre, Daniel? Ho avuto un terribile raffreddore e il medico mi ha proibito di lasciare la stanza per almeno dieci giorni. Non puoi neppure immaginare quanto mi senta sola, mio caro, soprattutto ora che tua sorella non può venire a trovarmi, date le sue condizioni. Mi annoio. Inoltre...» I suoi occhi assunsero un'espressione birichina, «... nella sua ultima lettera la cara Serena mi scrisse che Elizabeth è molto orgogliosa, una giovane di gran carattere. Temeva che avesse deciso di trovare un impiego e ovviamente l'idea la faceva inorridire... Povera Serena! È tutta colpa di quello sciagurato Sir Montague. Ha ingannato Sir Edwin per strappargli la tenuta e per la disperazione quel poveretto si è puntato la pistola alla testa.»

    «Già...» Il conte socchiuse gli occhi con aria pensierosa. «Se Elworthy non fosse stato testimone della scena avrei dubitato che la scommessa fosse mai esistita. Ma lui giura che

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