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Intrighi di corte
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E-book226 pagine3 ore

Intrighi di corte

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1819 - Domino de Silva non è solo giovane e bella, ma sprigiona anche una gran gioia di vivere, che sembra contagiare chiunque le stia accanto. Purtroppo, non tutti apprezzano questa sua dote, soprattutto quando lei attira inconsapevolmente l'attenzione del Principe Reggente. Così Domino si trova invischiata suo malgrado in una rete di subdoli inganni e crudeli vendette, da cui un affascinante gentiluomo, Joshua Marchmain, cerca di salvarla. Ma lui ha fama di impenitente libertino e lei non sa bene cosa sia più pericoloso: finire tra le sue braccia o lasciarsi coinvolgere negli intrighi di corte?
LinguaItaliano
Data di uscita10 mag 2018
ISBN9788858982457
Intrighi di corte

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    Anteprima del libro

    Intrighi di corte - Isabelle Goddard

    Immagine di copertina:

    Nicola Parrella

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Society’s Most Scandalous Rake

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2012 Isabelle Goddard

    Traduzione di Marianna Mattei

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-245-7

    1

    Domino de Silva porse il viso alla calda luce del sole ed emise un sospiro beato. Le onde accarezzavano lievi i sassolini sotto i suoi piedi e la cupola azzurra del cielo si estendeva fino all’orizzonte. Chiuse gli occhi per gustare meglio quel piacere. Per qualche attimo poteva sentirsi libera, ma presto sarebbe dovuta tornare nella casa di Marine Parade e sottoporsi all’inevitabile interrogatorio di sua cugina. Se solo suo padre avesse rimandato Carmela in Spagna, lei avrebbe potuto godersi appieno quell’ultima estate, prima di andare incontro al futuro che l’attendeva ineluttabile. Lui però non l’avrebbe mai fatto. Le arcigne zie di Madrid avevano acconsentito a lasciarla partire per l’Inghilterra solo a patto che Carmela l’accompagnasse.

    «Pare che abbiate lasciato cadere questo.»

    Venne strappata alle proprie riflessioni da una voce calda, con un che di confidenziale che la turbò un poco. Proteggendosi gli occhi dai raggi intensi del sole, Domino individuò una sagoma snella ma muscolosa. L’uomo le stava porgendo un fazzoletto di batista alquanto stropicciato, intriso di sabbia e salsedine.

    Lei scosse il capo con decisione. «Grazie, ma vi sbagliate. Quel fazzoletto non è mio.»

    «Ne siete certa?»

    «Credo di sapere cosa mi appartiene» ribatté lei con un tocco di risentimento.

    «Non ne dubito. Tuttavia eravate talmente assorta che ho pensato non vi foste accorta di aver lasciato cadere qualcosa.»

    Domino fu vagamente irritata dal commento: quello sconosciuto si stava intromettendo nei pochi preziosi momenti di solitudine che le erano concessi.

    «Come ho già detto, temo che vi siate sbagliato.»

    Il suo tono gelido non bastò a scoraggiare il nuovo arrivato, il quale anzi ne approfittò per avvicinarsi. Domino notò un paio di gambe muscolose fasciate da aderenti pantaloni nocciola e una giacca blu tagliata a misura delle sue spalle possenti. Quella tenuta, assai poco consona a una passeggiata sulla spiaggia, era completata da un paio di stivali al ginocchio tirati a lucido.

    «Mi sarò anche sbagliato» ammise lui, «ma non posso pentirmene, visto che ho avuto l’occasione di parlare con un’incantevole fanciulla.»

    Domino trovò la sua audacia del tutto inaudita. Lui parlava e vestiva come un gentiluomo, ma nessun gentiluomo di sua conoscenza si sarebbe mai rivolto in tal modo a una signora.

    «Vi sarei grata» lo apostrofò nel suo tono più algido, «se mi lasciaste in pace ad ammirare questo splendido panorama.»

    Lui emise una bassa risata e per la prima volta lo sguardo di Domino si spostò verso l’alto, sul suo volto. Ciò che vide le procurò un certo sgomento. Non aveva notato quanto fosse giovane, né quanto fosse attraente. I capelli gli ricadevano incuranti sulla fronte e gli occhi castano dorato la fissavano con un’intensità che la fece arrossire. La piccola cicatrice sulla guancia sinistra non faceva che accentuare il suo fascino.

    Quegli occhi tempestati di pagliuzze dorate la scrutavano con pigro divertimento. «Ho udito la vostra richiesta» replicò, «tuttavia mi pone in una situazione alquanto scomoda.»

    «E perché mai?»

    «Il mio desiderio di accontentare una signora è in aperto conflitto con il mio senso del dovere.» Il silenzio di lei non lo dissuase dall’aggiungere: «Il desiderio di obbedirvi mi imporrebbe di andarmene subito e lasciarvi sola».

    «Allora vi prego di farlo!»

    «Magari fosse così facile...» Lui sospirò con aria afflitta. «Le regole della cavalleria mi impongono altrimenti. Dato che non siete accompagnata, ho il dovere di farvi da chaperon.»

    «In tal caso permettetemi di risolvere il vostro dilemma. Non angustiatevi oltre. Sono abituata a passeggiare da sola e perfettamente in grado di badare a me stessa.»

    In quel momento, in verità, Domino non si sentiva affatto così sicura di sé. Durante le sue frequenti uscite solitarie non le era mai capitato di venir importunata con tanta insistenza. Quell’uomo non si sarebbe arreso facilmente.

    «Siete molto giovane» continuò lui. «Dubito che siate esperta nel sottrarvi ad attenzioni indesiderate quanto vorreste far credere. Anche se, devo ammetterlo, siete una giovane molto attraente.» I suoi occhi scintillarono al sole come ambra fulgida.

    Non le restava che tornare sui propri passi, visto che quell’uomo sembrava irremovibile. Così Domino si girò di scatto per ripercorrere la spiaggia in senso inverso, ma nel farlo un lembo della gonna le rimase impigliato nella balaustra che fiancheggiava il sentiero. Ora era veramente in trappola.

    «Permettetemi.»

    E prima che lei potesse protestare lui si inginocchiò per liberare la delicata balza di pizzo. Domino rimase immobile, rigida per l’imbarazzo, grata alla brezza che leniva il calore affluitole alle guance. Ma il peggio doveva ancora venire. Prima che potesse impedirglielo, lui prese a risistemare l’orlo sgualcito del suo abito di seta color crema e nel farlo le sfiorò per un breve istante la caviglia.

    «Vi... vi ringrazio» mormorò con voce strozzata, prima di fuggire via, verso la sicurezza di Marine Parade.

    «Dovete già andarvene?» le gridò dietro lui. «Ma se ci siamo appena conosciuti!» Con la coda dell’occhio Domino scorse il suo sorriso sfrontato. «Non capita tutti i giorni di vedere una caviglia femminile prima di pranzo.»

    Lei corse via, più sconvolta di quanto fosse disposta ad ammettere. Ecco cosa succedeva, a uscire da sola! Possibile che non avesse imparato niente? Doveva smetterla di infrangere le regole: nel giro di un anno si sarebbe sposata e non ci sarebbero più state passeggiate solitarie o fughe sulla spiaggia. Né occasioni per imbattersi in insolenti sconosciuti. Si sentì sollevata quando raggiunse il lungomare e soltanto allora si voltò per guardare verso il luogo del conturbante incontro. L’uomo era ancora là, lo sguardo fisso su di lei. Vedendola indugiare, le rivolse un allegro cenno di saluto. Che impudente! Domino voltò rapidamente le spalle alla spiaggia e si affrettò verso casa.

    Joshua Marchmain rimase a guardare la giovane camminare in fretta sui ciottoli e poi iniziare a risalire i consunti gradini in pietra che conducevano al lungomare. Gli rincresceva vederla fuggire così proprio quando le cose incominciavano a farsi interessanti. Avrebbe voluto indulgere un altro po’ in quelle piacevoli schermaglie, poiché era davvero una fanciulla inconsueta, che se ne andava in giro da sola e rivolgeva commenti sprezzanti agli sconosciuti. L’incontro gli aveva fornito un gradito diversivo dai capricci del Principe Reggente. Joshua non sapeva spiegarsi come fosse riuscito a conquistarsi i favori del primogenito del re al punto da riuscirgli indispensabile. E dire che si conoscevano a malapena! Per anni era rimasto esiliato dal ton e non aveva certo immaginato che al suo ritorno sarebbe diventato un favorito di palazzo. Invece era andata proprio così. Dapprima era stato divertente assecondare ogni capriccio del principe, adesso lo trovava mortalmente noioso.

    La prospettiva di trascorrere l’estate a Brighton gli era parsa eccitante, ma la realtà si stava dimostrando di gran lunga inferiore alle aspettative. La vita del principe ruotava attorno a banchetti, partite a carte, scommesse sui cavalli, esibizioni musicali e relazioni amorose, proprio come a Londra. L’unica differenza tra i due scenari era il rumore delle onde in sottofondo. Joshua aveva trascorso quella mattina, come parecchie altre, a oziare nell’enorme serra soffocante che era il Padiglione Reale, ma, al termine del festino di sei portate che costituiva lo spuntino di metà mattina del Principe Reggente, aveva deciso di defilarsi e scendere in spiaggia.

    Quasi subito aveva visto quella figura aggraziata vestita di seta e pizzi color crema, con un vezzoso cappellino da campagnola che, pur con l’ausilio di un vistoso nastro azzurro, faticava a contenere una massa di riccioli bruni ribelli. Quando lei aveva sollevato il capo per guardarlo, il suo volto si era rivelato del tutto all’altezza della sua figura. Gli occhi scuri ed espressivi, incastonati in un viso a forma di cuore, gli avevano trasmesso un subitaneo fremito di desiderio. Non era una bellezza tradizionale, ma la sua giovinezza e vulnerabilità avevano generato in lui un’emozione che la semplice grazia fisica non era più in grado di suscitare.

    L’emozione però svanì in fretta. Tanto meglio, si disse Joshua. Aver imparato a reprimere i sentimenti inopportuni aveva reso la sua vita assai più semplice, nel corso degli anni. Ripercorse svogliatamente i propri passi. Era ora di tornare al proprio posto, prima che il Reggente notasse la sua assenza.

    Non appena Marston le aprì la porta, Domino comprese di essere nei guai. Sua cugina era nell’atrio, un grembiule legato sopra uno dei suoi soliti abiti neri e un’espressione furente in volto. Il maggiordomo eseguì una ritirata strategica, strizzando l’occhio con aria complice in direzione di Domino, prima di sparire negli alloggi della servitù.

    «E dove siete stata, di preciso?» Il tono di voce di Carmela era rabbioso come il suo viso.

    Lei non rispose subito. Era stata sua intenzione trovare una scusa per quella uscita clandestina, ad esempio un ninnolo acquistato sulle bancarelle, ma era fuggita dalla spiaggia in modo talmente precipitoso che aveva finito per dimenticarsene. E comunque sua cugina non le lasciò nemmeno il tempo di replicare, prima di proseguire nella ramanzina.

    «Vi rendete conto che vostro padre terrà un ricevimento, questa sera, e che avreste dovuto aiutarci con i preparativi?»

    Domino lo sapeva e infatti si sentì in colpa. Essendo stato nominato di recente ambasciatore di Spagna a Londra, Alfredo de Silva riponeva parecchie speranze nel ricevimento di quella sera. Era stato da poco ricevuto al palazzo di St. James quando la corte aveva abbandonato la calda, polverosa capitale per la costa. Dunque si era trasferito anche lui, visto che il suo ruolo gli imponeva di gravitare attorno al circolo di accoliti del Principe Reggente. Si vociferava addirittura che lo stesso Giorgio avrebbe partecipato alla festa di quella sera.

    «Mi dispiace, Carmela» mormorò, tentando invano di blandire la cugina. «Mi sentivo poco bene. Sapete quanto diventi soffocante questa casa con la calura. Ho pensato che una passeggiata all’aria aperta mi avrebbe giovato.»

    Sua cugina sembrava incerta se reagire con scetticismo o con sdegno. Alla fine si produsse in un miscuglio di entrambi. «Fuori fa anche più caldo» la redarguì. «E quante volte vi ho detto di non uscire da sola? Siete imprudente, Domino. A cosa serve una cameriera personale se non ad accompagnarvi ovunque?»

    Lei frenò l’irritazione. «Adesso sono qui, dunque ditemi cosa posso fare per rendermi utile.»

    «Niente.»

    «Niente?»

    La cugina le indirizzò un’occhiata compiaciuta.«È tutto pronto» affermò. Poi non riuscì a trattenersi dall’aggiungere: «Come al solito, ho dovuto lavorare fino allo sfinimento!».

    Domino decise di ignorare il biasimo contenuto in quelle parole. D’altra parte era difficile immaginare come Carmela avesse potuto estenuarsi a tal punto, visto che lei stessa aveva programmato la serata in dettaglio da parecchi giorni, lasciando ai domestici soltanto i fiori da sistemare e le tavole da apparecchiare. L’enorme quantità di cibo e bevande necessaria a intrattenere la crema della società era già pronta. Comunque si impose di non replicare, per non indisporre ulteriormente la cugina.

    Sapeva bene che Carmela si era sacrificata per dedicarsi alla famiglia. Non aveva avuto alcuna propensione a venire in Inghilterra, tanto meno in un luogo di villeggiatura licenzioso come Brighton, ma aveva anteposto alle proprie preferenze personali la lealtà verso la famiglia, lasciando la sua sobria dimora di Madrid per fungere da chaperon alla cugina.

    Domino corse su per le scale e si chiuse in camera, sollevata di essersela svignata. Per quanto sgradito, il matrimonio l’avrebbe perlomeno liberata dell’invadenza del suo numeroso parentado. Le sue zie le avevano presentato una lista di tre pretendenti, tutti ritenuti degli ottimi partiti, invitandola a sceglierne uno. Ma a Domino non importava. Dopo Richard Veryan, sposare l’uno o l’altro non avrebbe fatto alcuna differenza. Aveva amato e perduto e, pur alla sua ancor giovane età, si sentiva certa che mai più avrebbe provato sentimenti tanto intensi per un uomo. Sapere che lui era felicemente sposato con la donna che era destinata a essere sua fin dall’inizio e che ciò era avvenuto anche grazie a lei le arrecava una certa consolazione. Tuttavia...

    Era sprofondata in uno dei suoi frequenti sogni a occhi aperti quando udì bussare alla porta. Temendo un contrattacco di Carmela, aprì l’uscio con cautela, ma sulla soglia trovò suo padre, Alfredo de Silva, l’espressione allegra e le braccia tese in un gesto accogliente.

    «Querida, vieni con me» la invitò, dopo averla abbracciata stretta. «Ho un regalino per te.»

    «Temo di non meritarlo, papà. Chiedete a Carmela.»

    «Oh, Carmela! Cosa ne può sapere, lei? Ora che sei qui con me intendo viziarti il più possibile. Mi sei mancata moltissimo.»

    Suo padre la condusse verso la porta aperta della propria stanza. Lì, adagiato sul letto, c’era uno splendido abito rosa intenso. Domino lo prese con entusiasmo e se lo appoggiò al corpo. Un’occhiata nello specchio posto in un angolo le confermò che il colore le donava, esaltando il suo radioso incarnato olivastro e i riccioli bruni. Sempre tenendo stretto a sé l’abito, si mise a ballare il valzer attorno al letto, ridendo di gioia.

    «Grazie, grazie tante! È adorabile. Ma è troppo elegante per un semplice ricevimento. Sarebbe piuttosto degno di un gran ballo.»

    «Un ballo? No davvero. Quando sarà il momento stai certa che ti troverò qualcosa di ancor più sontuoso» rispose il padre con fare misterioso. «Indossalo stasera, insieme alle ametiste di tua madre. Saranno perfette su quest’abito e su di te. Assomigli talmente alla mia Elena!»

    La voce gli tremò appena e Domino gli prese la mano, stringendola con affetto. «Siete troppo buono.»

    «Dovresti immaginare, mia cara, che la mia bontà ha un secondo fine. Quando gli ospiti ti vedranno non potranno che esclamare quanto sia munifico l’ambasciatore di Spagna!»

    In quel momento Domino si rallegrò di trovarsi in Inghilterra, nonostante Carmela e il monito di Lady Blythe. Costei, infatti, si era rifiutata di continuare a svolgere il ruolo di padrona di casa per Alfredo quando lui aveva annunciato l’intenzione di trasferirsi a Brighton. Quella città era troppo dissoluta per l’integerrima Lady Loretta Blythe. Del tutto decadente, aveva scritto a Domino in Spagna, vi prego di riflettere bene se sia il caso di ricevere ospiti in un simile luogo di perdizione. Lei vi aveva riflettuto, ma la prospettiva di raggiungere il suo amato padre e di liberarsi dalle imposizioni delle zie aveva avuto la meglio su ogni altra considerazione.

    Tornata nella propria stanza, Domino trovò Flora, emozionata al pensiero di dover preparare la padrona per una serata così importante. La giovane domestica, che le era stata mandata da Londra da Lady Loretta, non aveva mai lavorato come cameriera personale e sapeva che quella serata sarebbe stata il banco di prova delle sue capacità. Presto l’abito rosa fu indossato e sistemato e un filo di belletto venne applicato sul viso di Domino. Domare le folte chiome della giovane richiese invece più tempo, ma l’impresa ebbe comunque successo. Flora appuntò i capelli della padrona in un nodo alto sulla nuca, dal quale scendevano morbidi boccoli ad accarezzarle il collo. L’opera venne completata dalla collana di ametiste e dagli orecchini abbinati. Le due giovani osservarono insieme il risultato riflesso nello specchio e sorrisero compiaciute.

    «Sono decisa a godermi la serata, Flora» dichiarò Domino, gli occhi scuri scintillanti d’emozione, per quanto avesse l’impressione di rientrare nella tana del lupo.

    «È ovvio, Miss de Silva, perché non dovreste?» si stupì la cameriera, ignara dei passati accadimenti.

    «Quando accettai di venire a Brighton al posto di Lady Blythe mi pareva una prospettiva piacevole, ma ancor lontana. Adesso invece...»

    «Andrà tutto bene, Miss Domino. Voi sapete sempre cosa dire e fare.»

    «Le mie zie mi hanno istruito alla perfezione, è vero, ma questo è il primo ricevimento dell’alta società in cui faccio da padrona di casa.»

    Tuttavia le sue preoccupazioni non erano dovute solo a quel debutto. L’ultima volta che aveva frequentato il bel mondo inglese l’esito era stato catastrofico. All’epoca era stata ancora giovane e inesperta, del tutto irretita dai fasti della stagione mondana londinese. Che sciocca! Si era innamorata dell’uomo sbagliato ed era caduta vittima di un altro, assai meno onorevole,

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