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Stretta a te: Harmony Destiny
Stretta a te: Harmony Destiny
Stretta a te: Harmony Destiny
E-book148 pagine2 ore

Stretta a te: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Un'amica salva l'altra.

Quando Jessica Sterling viene a sapere che la sua amica Willow è minacciata da uno sconosciuto, non esita a raggiungerla e, in più, ingaggia Alexi Stepanov, uomo di provata fiducia, per proteggerla. In realtà non esiste nessuno sconosciuto e Willow si è inventata tutto solo per allontanare Jessica da un lavoro stressante e dal figliastro egoista e meschino.

Da necessità, virtù.

Nonostante Alexi abbia capito al volo il piano di Willow, finge che il pericolo sia reale perché così ha la possibilità di convincere anche Jessica a trasferirsi a casa sua con l'amica. Quella donna è irresistibile e Alexi la vorrebbe nel suo letto. Sa, però, che con una come lei i suoi sogni non saranno di facile realizzazione.

LinguaItaliano
Data di uscita10 set 2015
ISBN9788858939321
Stretta a te: Harmony Destiny

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    Anteprima del libro

    Stretta a te - Cait London

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Hold Me Tight

    Silhouette Desire

    © 2004 Lois Kleinsasser

    Traduzioni di Maria Gaetana Ferrari

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2005 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5893-932-1

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    Alexi Stepanov decise di farsi raggiungere dal proprio inseguitore. A trentatré anni, aveva totale padronanza dei propri sensi ed era abituato a cacciare sulle montagne del Wyoming. Un gelo improvviso filtrò attraverso la vetrata, procurandogli un brivido. O il freddo che avvertiva lungo la schiena era dovuto al fatto che qualcuno lo stava osservando?

    Si trovava all’interno dell’Amoteh Resort. Le ampie finestre del lussuoso albergo incorniciavano la notte e l’oceano Pacifico che in quella zona lambiva lo stato di Washington meridionale.

    All’una del mattino, il complesso residenziale era immerso in un silenzio ovattato e la grande piscina disegnava riflessi verdastri sul soffitto. In gennaio, solo pochi ospiti soggiornavano nell’albergo. Il tradizionale servizio à la carte era stato rimpiazzato da un informale buffet, tutt’altra cosa rispetto alle cene raffinate che si tenevano nell’alta stagione.

    Fuori si stava addensando una tempesta invernale, con pioggia, nevischio e quant’altro. Come una bestia affamata di terra, la bufera calava implacabile dal mare. Lampi intermittenti rischiaravano le nuvole in movimento e il solo rumore all’interno della struttura era quello dell’acqua che si rifrangeva contro le pareti piastrellate della piscina.

    Dopo una giornata di duro lavoro - Alexi stava ristrutturando la vecchia casa in cui il padre si sarebbe ritirato a vivere - la suite dell’Amoteh Resort forniva i grati comfort di un’opulenta stanza da bagno e del televisore. Gentile concessione di Mikhail Stepanov, direttore del complesso nonché cugino di Alexi. Quest’ultimo occupava, sia pure provvisoriamente, la suite riservata al direttore. Mikhail, infatti, si trovava a casa con la moglie e la figlia.

    Alexi avrebbe trovato la pace in quella piccola comunità sull’oceano? Chissà. Durante le precedenti visite agli zii e ai cugini - Mikhail e Jarek - aveva scoperto di apprezzare il quieto fascino della cittadina, sempre chiamata Amoteh. Nel Wyoming, troppe cose gli ricordavano di come i suoi sogni - e il suo orgoglio - fossero stati schiacciati da una donna che aveva preteso di più, sempre di più.

    Mentre Alexi aspettava che chiunque lo stesse tallonando si avvicinasse, qualcosa di minaccioso parve sbucare da dietro le palmette in vaso della hall. Con la punta dello stivale sospinse via la pallina dimenticata da qualche bimbo. Se fosse stato aggredito, il giocattolo avrebbe rischiato di farlo cadere.

    L’inseguitore poteva essere pericoloso, e proprio in quell’ottica Alexi valutò ogni aspetto della situazione. Il pesante giaccone di shearling che indossava era più adatto all’alta montagna che non a quel clima relativamente mite, e lo avrebbe ostacolato in un’eventuale colluttazione. Al bisogno, però, la spessa imbottitura lo avrebbe altresì protetto dall’uomo che Alexi e suo fratello Danya avevano cacciato con la forza da quei paraggi. Un bastardo senza scrupoli che odiava smisuratamente gli Stepanov, al gran completo.

    Un lampo illuminò il piazzale dell’hotel, con gli alti totem che ricordavano le popolazioni indiane autoctone, e Alexi ripensò alla settimana appena trascorsa.

    Qualcuno stava indagando sul suo passato. Una donna misteriosa aveva consultato diverse persone a Venus, Wyoming, chiedendo notizie del proprio ex fidanzato... ovvero, lui, Alexi! Il nome di cui si era servita per interloquire con suo padre e suo fratello non importava veramente. Con tutta probabilità, era falso. A quanto pareva, la tipa aveva sbagliato numero... avviando una conversazione con i nuovi proprietari del ranch di Alexi. L’innocuo pretesto aveva innescato un dialogo sin troppo rivelatore sul conto dello stesso Alexi.

    La sconosciuta aveva chiesto se lui stava frequentando qualche donna. Cosa assai improbabile, per non dire impossibile, dopo che una bella senz’anima lo aveva privato di tutto, orgoglio incluso...

    Alexi si accigliò quando una pioggerella ghiacciata picchiettò le vetrate della zona piscina. Scie argentate corsero veloci verso il basso mentre ripensava all’ex fidanzata, ora moglie di un altro. Modella in perenne movimento, Heather Pell si era mossa verso le migliori prospettive offerte dal marito milionario.

    Tre anni prima, Heather aveva liquidato Alexi con un biglietto gelido in cui spiegava di non voler rimanere bloccata in un maledetto ranch per il resto dei suoi giorni.

    Lui aveva investito ogni risparmio per costruirle la casa che voleva, per far prosperare il ranch che avrebbe garantito il loro futuro.

    L’aveva amata? Difficile a dirsi. All’epoca era stato così preso dai propri sogni di matrimonio e felicità domestica da non vedere ciò che mancava in realtà al loro rapporto: un amore come quello che aveva legato i suoi genitori.

    Alla fine, aveva svenduto il ranch e si era sbarazzato della dimora che Heather si era divertita a progettare e arredare. Incapace di prefiggersi nuovi obiettivi, aveva colto l’opportunità di ristrutturare una casa per il padre e fare visita ai cugini di Amoteh.

    Deluso dall’amore, aveva deciso di lasciare ogni tipo di relazione con le donne ad altri uomini. Non si sarebbe infilato nuovamente in quel vespaio. No, davvero.

    Turbato dai ricordi e più in sintonia con la furia degli elementi, andò alla porta e uscì nella notte. Meglio allontanare dall’albergo il proprio inseguitore. Alexi non voleva guai nel lussuoso dominio del cugino.

    Attraversando i giardini curati ma spogli, infilò la scalinata di legno che portava in paese. I lampioncini esterni incorniciavano i totem dell’entrata, e Alexi si girò a sbirciare la figura che zigzagava tra essi con fare furtivo.

    Chinando il capo contro il nevischio, lasciò i gradini del complesso e prese il sentiero accidentato che conduceva alla casa dove si sarebbe ritirato il padre.

    Casa? Be’, non ancora. Il malconcio edificio andava né più né meno rifatto e Alexi lo stava giusto sventrando. L’idea era di renderlo abitabile entro la primavera ventura, quando il genitore si fosse trasferito nella zona, a godersi la pesca estiva e la compagnia del fratello Fadey.

    La bufera si stava abbattendo sulla spiaggia di Amoteh con un furioso vorticar di onde. La neve cadeva adesso a larghi fiocchi, ammantando i legni portati dalla risacca e le canne che spuntavano dalla sabbia scura. Il sentiero si snodava tra gli sterpi per mezzo miglio, terminando con una serie di scalini rotti, una veranda marcescente e un cumulo di vecchi mobili da gettare. Ma la casa sull’oceano era bella solida e, malgrado l’aspetto poco curato, poggiava su robusti pali di cedro.

    Alexi contemplò i flutti spumeggianti. Violenta e primordiale, l’acqua lo attirava, forse appellandosi a quel suo lato oscuro e riflessivo che solo in pochi conoscevano.

    Se avesse deciso di comprare il Seagull’s Perch, la taverna locale, rifletté, si sarebbe potuto stabilire ad Amoteh in pianta stabile...

    Rimuginando, aprì la porta scalcinata ed entrò nella veranda della casa. La plastica con cui aveva tappato i vani aperti delle finestre sbatacchiava sotto l’effetto del vento.

    Aspettò nel buio. Uno scricchiolio gli segnalò che il confronto era vicino.

    Quando l’uscio si riaprì cigolando, Alexi trattenne il fiato. L’inseguitore varcò la soglia, al che lui balzò avanti e chiuse la porta con un calcio. «Cercavi qualcosa?» proruppe.

    «Alexi?»

    Un brivido gli corse giù per la schiena. Avrebbe riconosciuto ovunque quella rauca voce femminile. E distinto quel profumo in una selva di altre fragranze. La settimana prima, in occasione della festa di Capodanno organizzata dall’albergo, Alexi aveva ballato con Jessica Sterling, ospite dell’Amoteh.

    Coi suoi trent’anni magnificamente portati, l’affascinante Jessica, vedova del magnate degli Sterling Stops, possedeva una grazia felina, quasi sensuale. Quella sera, aveva attraversato adagio il salone gremito per raggiungere lui davanti al buffet dei frutti di mare. Col viso in ombra, ma la figura contornata dalla luce alle sue spalle, gli era apparsa così, altera e bellissima nell’abito nero che le fasciava i fianchi rotondi e il seno prosperoso.

    In forte contrasto col suo look sofisticato e col fermaglio di smeraldi che le impreziosiva il severo chignon, Jessica aveva seminato una scia di sapone e aria fresca, non di esclusive essenze francesi. Eppure, la semplice unicità di quel profumo aveva destato in Alexi un’emozione profonda.

    Così come i suoi verdi occhi da gatta, quando si era avvicinata a chiedergli: «Alexi Stepanov? Sono Jessica Sterling. Balliamo?».

    La sera dopo, si era presentata al Seagull’s Perch, dove lui stava sostituendo il barista in vacanza. Il proprietario del locale meditava di vendere, e Alexi stava cercando di farsi un’idea della taverna e dei soldi che ci sarebbero voluti per mettersi in affari lì ad Amoteh. Jessica non era la classica donna da bar. Il suo soprabito aveva coperto un sobrio tailleur pantalone, più adatto a una riunione d’affari che a una sommaria bevuta. E durante la breve sosta, aveva ordinato un costoso vino bianco che si era sorbita in silenzio, guardando lui.

    Alexi aveva pensato che una tipa così, capace d’entrare in una taverna zeppa di uomini, fosse soltanto fonte di guai.

    Adesso, nella veranda a soqquadro, tra l’effluvio del legno tagliato di fresco e quell’incongruo odore di sapone, non sapeva nemmeno più lui che cosa pensare.

    «Alexi?» ripeté la Sterling con quella stessa voce roca che aveva usato per invitarlo a ballare... come un fruscio di seta che cadeva. I suoi capelli, adesso, erano nascosti dal cappuccio di una leggera casacca griffata.

    Lui impugnò una pila e l’accese, puntandogliela contro. «Sì, Jessica?» rispose ironico. «Smarrito qualcosa?»

    «Spegni quella pila.» L’ordine fu imperioso, pronunciato da una donna

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