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La rivincita del conte
La rivincita del conte
La rivincita del conte
E-book204 pagine2 ore

La rivincita del conte

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1817 - Dopo sei anni Rachel Meredith, ricca e bella ereditiera, rivede Connor Flinte, il maggiore irlandese che ha abbandonato alla vigilia delle nozze, e scopre che ora è di¬ventato conte. Lei vorrebbe evitare qualunque tipo di rapporto con quell'incallito dongiovanni, ma purtroppo le circostanze le sono avverse e gli incontri diventano frequenti. Così, quando la buona società londinese comincia a fare dei pettegolezzi su di loro, Connor le propone un patto...

LinguaItaliano
Data di uscita10 ago 2015
ISBN9788858938881
La rivincita del conte
Autore

Mary Brendan

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    La rivincita del conte - Mary Brendan

    Immagine di copertina:

    Graziella Reggio Sarno

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Wedding Night Revenge

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2001 Mary Brendan

    Traduzione di Leonora Sioli

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2003 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5893-888-1

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    Prologo

    «Allora avete cambiato idea!»

    Il compiacimento con il quale il giovane pronunciò quelle parole fu come una pugnalata per Edgar Meredith che, incapace di rispondere, tentò di abbozzare un sorriso. No, non io... ma Rachel, pensò subito, e una tristezza improvvisa gli dipinse sul volto una smorfia. Dopo diciannove anni di lacrime e di capricci sapeva bene quanto la sua primogenita fosse ostinata e impetuosa, però non l’avrebbe mai creduta tanto insensibile e perfida come era stata in quell’occasione.

    Non riusciva a trovare le parole per spiegare il motivo della propria visita, come non le aveva trovate quando, poche ore prima, la moglie gli aveva svelato che cos’era accaduto. Comunque, ora era costretto ad aprir bocca.

    Quando il giovane si allontanò dal gruppo di amici, Edgar rimase impressionato dal suo elegante portamento, come se lo vedesse per la prima volta. Con un gesto quasi meccanico si lasciò stringere la mano, senza riuscire tuttavia a ricambiare il vigoroso saluto che l’ospite si sarebbe aspettato.

    «Cosa posso offrirvi? Cognac o champagne?»

    Un’accoglienza così calda, addolcita anche dalla sonorità dell’accento irlandese, non fece che acutizzare il dolore di Edgar.

    «Dunque siete riuscito a liberarvi per qualche ora...» Connor Flinte sorrise con aria cospiratoria, scegliendo un bicchiere per l’uomo che il giorno successivo sarebbe diventato suo suocero.

    Edgar, quasi senza rendersene conto, annuì e, tra il sorridente e il corrucciato, finse un’espressione di intima complicità, mentre osservava lo spumeggiare dello champagne nella coppa finemente lavorata. Già, era riuscito ad allontanarsi per un’ora da casa, anche se ormai non c’era più alcun bisogno di fuggire furtivamente alle ansiose attenzioni della moglie, non era più necessario mentire, poteva starsene tranquillamente con gli amici.

    Soltanto sei mesi prima era stato orgoglioso del legame di amicizia che lo aveva unito al maggiore Flinte, che ora, dopo quello che era accaduto, di certo non avrebbe più voluto rivederlo.

    Il signor Meredith aveva quattro figlie e una gran voglia di un erede maschio, tuttavia sapeva che la moglie, anche a causa dell’età, non avrebbe mai realizzato il suo sogno. E con grande rimpianto si rese conto che nemmeno Connor avrebbe potuto prendere il posto di quel figlio mancato.

    Il caldo nella stanza si fece soffocante.

    «Non avrei mai creduto che così tanti amici sarebbero accorsi a festeggiare la mia ultima notte di libertà.» Connor sorrise e indicò il disordine creato dai suoi chiassosi ospiti. L’atmosfera allegra e il buon vino l’avevano reso un po’ ebbro, ma i suoi occhi blu erano vispi e cercavano di catturare lo sguardo evasivo del futuro suocero.

    Il signor Meredith, invece, si guardava attorno e assaporava con aria riflessiva lo champagne. All’improvviso sembrò destarsi e rendersi conto che era davvero inopportuno bere in una simile circostanza, così posò la coppa sforzandosi di affrontare lo sguardo di Connor.

    Per un istante i loro occhi si incontrarono, ed Edgar provò una strana sensazione di sollievo. Forse Connor sapeva, era preparato e gli avrebbe reso tutto molto più semplice. Non ci sarebbe stato alcun bisogno di affannarsi in inutili scuse che giustificassero l’oltraggioso comportamento della figlia...

    «Sono terribilmente dispiaciuto, non potete immaginare quanto.» Le parole gli si strozzarono in gola, sommerse dalle fragorose risate che scoppiavano intorno a loro.

    Il maggiore si diresse rapidamente verso un angolo appartato, lontano dagli schiamazzi degli ospiti. «Perché?»

    Quella semplice domanda fu per Edgar più pungente di una pugnalata. «Non so... lei è così ostinata... così caparbia» rispose in un tono sconsolato, affrettandosi poi ad aggiungere: «Non ho avuto modo di parlarle, di rimproverarla. Al mio ritorno, era già fuggita per York».

    Non poté continuare perché il pallido sorriso del giovane si era improvvisamente spento.

    «York? Se ne è andata così lontano?» Più che una semplice domanda sembrava un ululato di dolore.

    «Sì, una zia vive là, la sorella di mia moglie...» si affrettò a precisare il signor Meredith. «Vi assicuro che non ne sapevamo nulla, mia moglie ne è rimasta distrutta. Se solo avessi potuto immaginare... in diciannove anni non mi sono mai permesso di sfiorarla neanche con un dito, e Dio solo sa quante volte lo avrebbe meritato. Se avessi potuto crederla capace di una simile bassezza, sarei stato molto più severo con lei.»

    Il maggiore alzò bruscamente lo sguardo e i suoi occhi, puntati sull’uomo, parevano in fiamme.

    Il signor Meredith socchiuse gli occhi e dovette fare un immenso sforzo per eguagliare l’autocontrollo del giovane. «Naturalmente mi occuperò io, come padre della sposa... della sposa traditrice, di avvisare gli invitati al matrimonio e il reverendo Dean. Me ne assumo tutte le responsabilità.»

    «Non ne ha fatto parola con nessuno? È fuggita con un amante?»

    Connor era veramente avvilito ed Edgar se ne sentì colpevole. Come avrebbe potuto raccontare le squallide scuse che la figlia aveva accampato? Come avrebbe potuto svelare a quell’affascinante ufficiale che era stato lasciato la sera prima del matrimonio a causa di un altro uomo? Doveva ammettere che la sua primogenita ed erede era alquanto superficiale, sconsiderata e priva di qualsiasi senso del dovere. Come poteva preferire un dandy da quattro soldi a un nobiluomo?

    «È via da sola?»

    «No, con la sorella Isabel. Anche lei è disgustata dal suo comportamento, tuttavia sono sempre state così vicine in passato e lei era l’unica in grado di tenerle testa. Dopo aver tentato invano di farla ragionare, mia moglie ha chiesto saggiamente a Isabel di accompagnarla per evitare lo scandalo di lasciarla viaggiare da sola. Quando sono arrivato a Beaulieu Gardens erano già partite da ore, dirette dalla zia Florence. Invece di seguirle ho ritenuto più utile tentare di porre rimedio a un tale disastro. Rachel aveva calcolato ogni dettaglio, consapevole che il rispetto nei vostri confronti e l’onorabilità della mia famiglia sarebbero stati per me più importanti del desiderio di castigarla. La mia Rachel è sempre stata tremendamente astuta.» Le sue labbra tremanti emisero un flebile sospiro. «Ma questo capriccio è troppo anche per me. Non riuscirò mai a perdonarla. In tutta la mia vita mai mi sono sentito tanto inutile, tanto arrabbiato... tanto vuoto.»

    «Già...» mormorò Connor.

    1

    «Rachel, non ti mancano dei figli e un marito tutti tuoi?»

    «Cara Lucinda, sono felice di dividere con te il tuo amato Paul...»

    «Sii seria!» la ammonì l’amica. «Non ti sei mai pentita di avere rifiutato quel Featherstone?»

    Rachel rimase disorientata per un istante, poi, accigliata, esclamò: «Oh, lui!». E scoppiò a ridere, pensando a uno dei tanti spasimanti caduti ai suoi piedi. A un mese dal loro fidanzamento ufficiale si era resa conto di non essere per nulla interessata al matrimonio e lo aveva comunicato allo sposo con una sonora risata. «Cielo! Era un giocatore incallito e neanche tanto abile. Aveva perso una mano in un duello e poi le sue tasche erano troppo spesso vuote per i miei gusti. Credo che avesse contrattato anche le proprietà di mio padre per pagare i suoi debiti.»

    «E cosa mi dici dell’altro gentiluomo? Il poeta?»

    «È strano che ricordi Philip Moncur» rispose Rachel incupita. «Proprio un mese fa mi ha mandato delle poesie. Non avevo sue notizie da più di tre anni, da quando ruppi il fidanzamento.»

    «Quale onore! Così ricorda ancora la tua passione per Wordsworth e per Keats.»

    «Già, peccato però che mi abbia mandato alcune delle sue solite leziosaggini, una quartina in lode alla mia grazia eterea e un’ode nella quale mi paragona, per la mia indifferenza, a un’algida statua di marmo.»

    L’amica si sforzò di non ridere.

    «Che sciocco! Perché invece non mi ha mandato dettagli più precisi sulla sua proposta?»

    «Rachel, non vorrai accettare una simile offerta!»

    «E perché no? Essere una donna sposata ha i suoi vantaggi... soldi e libertà per dirne solo due.»

    «Santo cielo! E io che non ti credevo in grado di stupirmi ancora una volta» ridacchiò nervosamente Lucinda. «Ti prego di non parlare a June di simili teorie, sai bene in quanta considerazione tenga i tuoi consigli. Non vorrei mai che all’ultimo momento decidesse di fuggire per...» All’improvviso tentennò, abbozzando delle scuse.

    «Paura...» Rachel completò la frase, quasi indifferente all’allusione al suo primo fidanzamento andato in fumo. Nessuno da allora ne aveva mai più parlato. «June è diversa» aggiunse quindi pacata, inclinando leggermente il capo per lasciarsi accarezzare da una leggera brezza. «Non c’è da preoccuparsi per il suo matrimonio, in fondo mi ci sono voluti ben tre mesi per organizzarlo.»

    «Lo stesso tempo che hai impiegato per farmi sposare Paul.»

    «Sì, mi pare di ricordare che fu proprio così. Comunque, il mio problema è che sono stata troppo altruista, avrei dovuto tenere per me almeno uno dei miei spasimanti» aggiunse tra il serio e il faceto. «Povera me, mi sono ridotta a ricevere sciocchezze da poetucci» sospirò, sconsolata.

    Lucinda non poté trattenersi dal ridere. «Credo che Moncur sia molto byronesque! Grintoso e allo stesso tempo cerebrale.»

    Restarono in silenzio per qualche istante a rimirare il paesaggio estivo, velato da una lieve foschia e ravvivato dal passaggio di un gruppo di gentildonne agghindate in vaporosi merletti e sfavillanti parasole.

    «Quel gentiluomo... il maggiore irlandese...»

    «Chi?» sbottò Rachel, infastidita dal richiamo dell’amica alla conversazione ormai conclusa. «Oh, sì, lui...» borbottò in tono condiscendente. «È passato così tanto tempo, cara Lucinda, che ricordo a malapena il suo aspetto.»

    «Prova a guardare alla tua sinistra allora, Rachel» suggerì l’amica in tono malizioso.

    Incuriosita, lei si voltò all’istante, con un sorriso sulle labbra e... rimase sgomenta da ciò che vide.

    Si era sempre domandata come si sarebbe potuta sentire se lo avesse rivisto, comunque dopo sei lunghi anni sembrava ormai impossibile che le loro strade potessero nuovamente incrociarsi, anche perché lei tornava raramente a Londra: infatti, in quei giorni si trovava in città solo perché doveva assistere ai preparativi per il matrimonio di June.

    Spesso in passato aveva ripensato a quell’uomo affascinante e si era chiesta se sarebbero stati in grado di riconoscersi, e ora quelle fantasie passeggere avrebbero potuto trovare una risposta nella sconcertante realtà: soltanto uno sguardo al maggiore Flinte era stato sufficiente a risvegliare immediatamente un’ondata di nostalgici ricordi in lei. Il suo cuore sembrò fermarsi e, colta da una grande inquietudine, abbassò gli occhi riuscendo appena a sussurrare: «Oh Isabel, come vorrei che tu fossi qui».

    Lucinda sentì le sue parole e la fulminò con un’occhiata. «Magari non è lui, scusa, mi sono sbagliata. Quell’uomo è troppo giovane, il maggiore ormai avrà trent’anni e poi... sarà in Irlanda.»

    «È lui, invece.» Era proprio lui e Rachel, che si era illusa di avere ormai scordato il suo volto, lo aveva immediatamente riconosciuto. Riusciva persino a scorgere il blu dei suoi occhi, a cogliere la sua dolce cadenza irlandese, anche se non era lì vicino a lei.

    Cercò di capire meglio cosa stesse accadendo. Lui era in una carrozza e al suo fianco sedeva una giovane dall’aspetto elegante e raffinato: il suo volto era nascosto da un ombrellino e da un cappellino di paglia violaceo spuntava soltanto una ciocca di capelli neri corvini.

    «Credo proprio che quella donna sia la signora Laviola» annunciò Lucinda.

    «Sì» confermò Rachel, osservando le sdolcinatezze che rivolgeva a Connor. «Non fissarli in quel modo, Lucinda, potrebbero vederci.»

    «Sembra davvero attratto da quell’affascinante cantante. E anche lord Harley. Guardalo là su quella carrozza con gli altri fanfaroni. Si mormora che l’adorabile Laviola gli abbia preferito un amante più facoltoso...» Si accorse di avere mancato di tatto nei confronti dell’amica e subito interruppe il racconto.

    Rachel si mise a sedere bruscamente sul sedile del landò e sistemò il suo cappellino in modo da nascondersi da sguardi indiscreti. «Che cosa sta bloccando la strada?» borbottò sporgendosi per guardare.

    La carrozza della giovane e quella del maggiore Flinte erano praticamente l’una accanto all’altra e immobili, in attesa che la strada si liberasse.

    Anche Lucinda cominciò a guardarsi attorno, tentando disperatamente di vedere la famosa soprano italiana che era a Londra da soli pochi mesi ma il cui nome era già sulla bocca di tutti: aveva una voce incantevole e un fisico da capogiro, come le aveva raccontato Dorothy Draper. Si domandava se anche suo marito Paul fosse uno dei suoi adulatori, o forse avrebbe preferito non saperlo.

    Cercò di sporgersi ulteriormente, ma non riuscì a vedere altro se non una carrozza incastrata contro un carretto di birre che impediva il passaggio. Il conducente del carretto si era dato un gran daffare, ma non aveva fatto altro che peggiorare la situazione, coinvolgendo nell’ingorgo anche un carretto di carbone parcheggiato sul lato della strada: la via era ormai totalmente bloccata dalle carrozze e da un gran numero di persone impazienti di riprendere il cammino.

    Rachel si alzò in piedi e il litigio dei due conducenti attirò subito la sua attenzione, a causa degli insulti pesanti che volavano. Il passeggero della carrozza fece un gestaccio verso il carbonaio che aveva deciso di intromettersi nell’infervorata discussione, poiché anche le ruote della sua vettura si erano incastrate.

    Rachel, quasi esasperata, chiese al suo cocchiere Ralph se non fosse possibile prendere un’altra strada.

    «Miss Rachel, purtroppo non è così semplice,

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