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Buon Natale, papà! (eLit): eLit
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Buon Natale, papà! (eLit): eLit
E-book149 pagine2 ore

Buon Natale, papà! (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Hallie è una vera e propria esperta di bambini. Dopo aver cresciuto tre sorellastre può quasi essere dichiarata genitore ad honorem. Ma, nonostante tutto, non può rimanere impassibile quando trova un delizioso bebè sotto l'albero proprio la mattina di Natale! L'insolito regalo è in realtà indirizzato al suo affascinante vicino, Nate, padre biologico della piccola neonata. Lui non sa niente di bambini tranne, questo è evidente, come farli e Hallie non se la sente di lasciare la novella famigliola in balia di se stessa. In fondo è Natale...
LinguaItaliano
Data di uscita30 nov 2016
ISBN9788858962220
Buon Natale, papà! (eLit): eLit
Autore

Renee Roszel

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Buon Natale, papà! (eLit) - Renee Roszel

    successivo.

    1

    Il telefono stava squillando. Hallie aprì un occhio e diede un'occhiata alla sveglia sul comodino. Chi poteva essere alle sei e trenta del mattino di Natale?

    Lo squillo acuto continuava inesorabile a perforarle i timpani, per cui si trascinò verso il bordo del letto e sollevò il ricevitore del cordless.

    «Immagino che la casa stia andando a fuoco.»

    «Buon Natale!» le rispose una voce femminile familiare.

    Hallie sbadigliò e si tolse i capelli dagli occhi. «Bea?» chiese. «Pensavo che fossimo amiche io e te.»

    La risata fu talmente fragorosa che dovette allontanare il ricevitore dall'orecchio. «Tesoro, i bambini sono in piedi dalle cinque, quindi per me siamo già in pieno giorno.»

    «Interessante. Ti saluto.»

    «Mamma mia, come sei irascibile! Volevo solo farti gli auguri e dirti che, se cambi idea sulla cena di Natale, fai ancora in tempo ad arrivare da Tulsa fino a Bartlesville.»

    Hallie sorrise suo malgrado. Bea era davvero un'amica, l'unica compagna del liceo con la quale fosse ancora in contatto. «Ti ringrazio, ma devo mettermi in pari col lavoro.» Era una bugia, ma era sempre meglio che dover confessare che la vista dell'amica con i figli e il marito la faceva sempre sentire sola. «Comunque sei stata un tesoro a chiamarmi.»

    «Già, l'ho capito subito che ti ha fatto piacere!» le rispose Bea ridendo. In quel momento, uno strano suono di campanelle attirò l'attenzione di Hallie, che si girò verso la porta.

    «Ehi, sei ancora lì?» chiese Bea.

    Il suono si ripeté, Hallie si alzò e si avvicinò alla porta in punta di piedi per sbirciare. Da lì riusciva a vedere il suo albero di Natale in salotto con le pagliuzze dorate luccicanti. Il suono di campanelle colpì di nuovo il suo orecchio, e allo stesso tempo le parve di percepire un movimento dietro l'albero. Cosa poteva essere?

    «Tesoro? Va tutto bene?»

    «Sì. Be', senti Bea, devo andare. Buon Natale.» Hallie riattaccò in fretta, si inginocchiò e si avviò carponi lungo il corridoio. Davanti alla porta del salotto si fermò, appiattendosi al suolo per cercare di intravedere tra i rami dell'alberello. Aveva forse un topo nell'appartamento? Come osava quell'essere disgustoso girare impunito tra i regali? Hallie deglutì immaginando il roditore che si intrufolava tra i suoi pacchi, urtando una decorazione tintinnante con la lunga coda. Rabbrividì disgustata.

    Tlin-tlin!

    Paralizzata dallo stupore, Hallie vide apparire una mano, cinque piccole dita che si allungavano per afferrare la decorazione con il campanellino. Rimase a bocca aperta, incapace di muoversi o respirare. Riusciva solo a seguire i movimenti della manina, collegata a un braccio cicciottello che sporgeva da un fagotto rosa tra i doni sotto l'albero.

    Eppure non c'era quell'involucro rosa la sera prima, ne era certa. Se lo sarebbe ricordato! Si sollevò sulle ginocchia: non si trattava di un topo, ma di un piccolo umano.

    Un bebé?, sussurrò, in un intreccio di panico e paura. Qualcuno aveva lasciato un piccolo in fasce sotto il suo albero di Natale.

    Incapace di reggersi in piedi, attraversò carponi il salotto continuando a fissare il fagotto fino a quando lo raggiunse. Era davvero un bellissimo bambino. Il bebé la guardò con un'espressione angelica, gli occhi azzurri incuriositi. «Oh, piccolino, dolce!» disse Hallie, sentendosi commuovere a quella vista. Il suo insidioso istinto materno stava avendo la meglio sul suo bisogno di rimanere distaccata. Eppure si era ripromessa di non innamorarsi mai più del bambino di un'altra donna, o no?

    La sua razionalità tornò ad avere il sopravvento, ma Hallie non poté comunque impedirsi di sollevare la piccola e cullarla. Già, perché essendo tutta avvolta nel tulle rosa con un nastro dorato legato nel centro, quell'esserino non poteva essere che una bimba.

    Sotto l'albero, un po' più in là, c'era anche una borsa per la spesa chiusa. Hallie la prese e l'aprì, mentre la piccola continuava a fissarla con aria fiduciosa. Sembrava che non avesse fame, per fortuna, e quindi non doveva essere lì da molto.

    Frugando tra gli oggetti nella borsa, Hallie trovò un pezzo di carta ripiegato. Lo aprì e lo lesse, o meglio, cercò di farlo: la grafia era quasi illeggibile. Una parola assomigliava vagamente a Vanilla. L'unica che si vedesse bene era in fondo: Hawksmoor.

    «Nathan Hawksmoor?» mormorò Hallie, mentre tutto cominciava ad apparirle chiaro. Rimise il foglietto nella borsa e accarezzò la guancia della bimba. «La persona che ti ha lasciata qui non si è resa conto che il tuo papà si è trasferito nell'appartamento di fronte.»

    Non poté fare a meno di baciare la piccola: doveva avere circa quattro mesi, la sua pelle era tiepida e odorava di talco. «Mi piacerebbe conoscerti meglio, tesorino, ma non posso. Conosco il tuo papà solo perché mi ha subaffittato questo appartamento, perciò, prima di sdilinquirmi e diventare sentimentale, è meglio che gli dia la notizia. Chissà se è al corrente della tua esistenza.»

    La piccola sollevò le manine, emise un suono incomprensibile e toccò il mento di Hallie, che si sentì invadere da un desiderio di maternità. Chiuse gli occhi e si ricompose. «No, stavolta no» sussurrò, depositando la bimba sul tappeto. «Non posso farlo un'altra volta. Ora ti porto via da qui.»

    Determinata a dare un seguito alle proprie parole, uscì dall'appartamento e senza esitazioni bussò alla porta di Nathan Hawksmoor. Dopo un tempo che le parve interminabile, visto che nessuno aveva aperto la porta, bussò di nuovo. «Signor Hawksmoor?» chiamò. C'erano sei appartamenti in quel palazzo, due per ogni piano, e fortunatamente tutti gli altri inquilini erano fuori per Natale, così la sua voce non avrebbe attirato l'attenzione di nessuno. «Signor Hawksmoor? Per favore, apra!» disse, bussando ancora.

    Niente. Eppure era certa che lui fosse in casa: lo aveva sentito tornare tardi quella notte. Stava per bussare di nuovo quando udì tirare il chiavistello. L'uomo sulla porta aveva l'aria intontita e i capelli scuri arruffati. Sembrava più alto di quanto lei ricordasse, e decisamente più nudo: portava solo gli slip.

    «Sì?» le disse, osservandola con lo sguardo assonnato e gli occhi semichiusi.

    «Ho la sua bambina, signor Hawksmoor.»

    In qualche modo lui si infilò una felpa continuando a fissarla. Era così sexy che faceva venir voglia di abbracciarlo, e sembrava non capire l'emergenza della situazione. «Se vuoi dire che stai per avere una figlia da me, hai sbagliato appartamento, dolcezza. Se invece vuoi avere una figlia da me, be'...» fece una pausa, esaminando la camicia da notte di flanella «...non pensi che prima mi dovresti almeno invitare a cena per corrompermi?»

    Solo allora Hallie si ricordò di avere addosso quell'orribile camicia a fiori. Ma il problema non era quello, vista la situazione. Il petto nudo dell'uomo suscitava in lei una strana sensazione, per cui diede un buffetto alla manica della felpa che gli penzolava inerte dalla spalla, e gli chiese: «Le spiacerebbe infilarla, o intende portarla a mo' di cravatta?».

    Con aria indifferente, lui si sistemò la felpa; era chiaro che la notizia non gli aveva fatto alcun effetto. Di certo quell'uomo, malgrado avesse un aspetto irresistibile anche di primo mattino, non era abituato a vedersi recapitare bambini davanti alla porta di casa, perlomeno non tutti i giorni.

    «Senta, signor Hawksmoor, io ho la sua bambina» ripeté Hallie con voce severa. «Si chiama Vanilla e l'ho trovata proprio sotto il mio albero di Natale.»

    L'uomo sorrise di nuovo e si appoggiò allo stipite. «Senta, gli indovinelli natalizi saranno una tradizione in Danimarca, su Plutone o nel luogo da cui lei proviene, ma non potremmo parlarne più tardi? Sono appena andato a letto.»

    Quel modo di atteggiarsi le dava sui nervi. Hallie sbottò: «Non ho alcun dubbio sul fatto che la sua vita sessuale sia intensa e varia, altrimenti non sarei qui adesso». Non riusciva a non pensare a quanto fosse attraente quell'uomo, e per questo era irritata con se stessa. Lo afferrò per una manica. «Venga a prendere sua figlia!»

    «Ehi, questo è un rapimento!»

    In realtà, non sembrava a disagio: era chiaro che essere trascinato in un appartamento da una donna faceva parte della sua normale vita sociale. «Nessuna paura, signor Hawksmoor; non ho nessuna mira su di lei!»

    Arrivati nell'appartamento di Hallie, lei lo lasciò finalmente andare e lo spinse verso l'albero. Indicò la bimba e gli disse: «Buon Natale. Ora la prego di portarsela via.»

    L'espressione divertita sul volto dell'uomo scomparve. «E questo cosa diavolo è?»

    Stavolta toccava a lei divertirsi. «Direi che è una bambina.»

    Lui aggrottò le ciglia. «Perché me la fa vedere?»

    Guardandolo in modo truce, Hallie si avviò verso la bimba, si inginocchiò e prese la lettera che si trovava nella borsa. Poi gliela allungò chiedendogli di leggerla.

    «Che cos'è?» chiese lui, prendendola.

    «So soltanto che c'è scritto il suo nome sopra, e questo era il suo appartamento prima, vero?»

    Nathan si immerse nella lettura. Vanilla iniziò a piagnucolare, e Hallie la guardò col cuore che le si stringeva. Probabilmente era bagnata, o aveva fame. Ma lei non poteva farsi coinvolgere: aveva già perso tre piccoline e il suo cuore non avrebbe sopportato che succedesse ancora. Gli strilli aumentarono, e a Hallie non rimase altra scelta che slacciare i nastri rosa e controllare il pannolino della bimba. Era bagnato, in effetti.

    «Ma io non posso avere una figlia» disse Nate, appallottolando la lettera.

    Hallie lo guardò, mentre prendeva un pannolino pulito dalla borsa. «Da quand'è che è in castità, signor Hawksmoor?»

    «Quando mia moglie se ne è andata non sapevo che aspettasse un bambino.»

    Lei continuò a scrutarlo, togliendo il pannolino bagnato della piccola.

    «Va bene, va bene. È possibile che la bimba sia mia» ammise lui.

    «Perché sua moglie non glielo avrebbe detto? E perché non le ha chiesto niente per il mantenimento della bimba, secondo lei?»

    Nate alzò le spalle. «Viv ha ereditato un bel po' di soldi dal nonno poche settimane prima di andarsene, cioè quattordici mesi fa. Nella sua piccola mente contorta forse ha pensato che io avrei chiesto dei soldi a lei, se mi avesse contattato. Si è limitata a mandare i documenti per il divorzio al mio avvocato, e io li ho firmati, tutto lì.»

    «Così lei non sapeva che sarebbe diventato papà! E sua moglie non sapeva che aveva traslocato.»

    «Non sono poi così certo di essere io il papà. Dalla lettera pare che lei si sia trovata un tizio che non ne vuole sapere di crescere la figlia di un altro, ma potrebbe essere solo una scusa per non accollarsi la responsabilità delle sue azioni.»

    Mentre Hallie preparava il pannolino nuovo, vide qualcosa sul sederino di Vanilla: era una macchia della pelle, rossa e grande quanto una monetina. «Venga a vedere» disse a Nate.

    Lui si avvicinò guardingo, quasi temesse di veder spuntare un altro bebé. «Cosa c'è?»

    «Una macchia della pelle. Sembra un fiordaliso.»

    Nate si inginocchiò perplesso: «Dio mio!»

    Hallie

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