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Un ereditiera da sedurre: Harmony Destiny
Un ereditiera da sedurre: Harmony Destiny
Un ereditiera da sedurre: Harmony Destiny
E-book176 pagine2 ore

Un ereditiera da sedurre: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Per il newyorkese Daniel Warren, architetto di successo, la progettazione della nuova sede del Texas Cattleman's Club è una sfida eccitante. Ma mai quanto conquistare il corpo e il cuore di Elizabeth Milton, ereditiera e socialite della città di Royal. La passione si accende al primo sguardo, ed entrambi sanno che potranno concedersi solo infuocate notti di passione. Il testamento del padre, infatti, impedisce a Elizabeth di lasciare Royal e per Daniel vivere in una cittadina di provincia è fuori discussione, anche se il desiderio bruciante si è ormai trasformato in amore.
LinguaItaliano
Data di uscita10 ago 2020
ISBN9788830518520
Un ereditiera da sedurre: Harmony Destiny
Autore

Robyn Grady

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Un ereditiera da sedurre - Robyn Grady

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Millionaire Playboy, Maverick Heiress

    Harlequin Desire

    © 2011 Harlequin Books S.A.

    Traduzione di Rita Pierangeli

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3051-852-0

    1

    Cosa c’era di così divertente?

    L’attenzione di Daniel Warren si spostò dalla bionda, dall’espressione tra il divertito e il compassionevole, al modello architettonico che lui e tre suoi aiutanti stavano trasportando con notevole sforzo. Certo, il plastico era di grandi dimensioni, ma la nuova sede del Texas Cattleman’s Club doveva fare colpo. Particolari estetici, come le corna gigantesche di bue che ornavano l’ingresso doppio alto nove metri, non erano eccessivi.

    O lo erano?

    Il suo braccio destro, Rand Marks, gli parlò all’orecchio: «Capo, questo pesa una tonnellata. Vogliamo proseguire?».

    A giudicare dalla loro espressione, anche gli altri assistenti erano perplessi per quella pausa.

    Nel mondo degli affari, Daniel era noto non solo per il talento ma anche per il carattere risoluto. Quando era stato invitato a partecipare a quel concorso, aveva fatto appello ai suoi quindici anni di successi professionali per mettere a punto un progetto che avrebbe lasciato di stucco i membri del comitato. Ciononostante, l’occhiata dubbiosa di quello stupendo esemplare di donna gli bruciava nella mente come un marchio a fuoco.

    Chi era lei, comunque?

    «Chiedo scusa per l’interferenza, ma lei deve essere l’amico di Abigail Langley?»

    Al suono di una sensuale voce del sud, molto femminile, il cuore di Daniel saltò un battito, distraendolo di nuovo. Adesso la bionda, con la sua espressione ambivalente, si trovava a mezzo metro da lui. Vista da vicino, non era soltanto uno schianto. Diamine, era fantastica. Fasciata in una giacca di pelliccia argentea e jeans che aderivano alla perfezione a fianchi e cosce, dava l’impressione di aver appena lasciato le piste da sci di Aspen. In un volto ovale, grandi occhi verdi brillavano come un paio di pietre di valore inestimabile. Più di ogni altra cosa lo colpì la capigliatura lunga e ondulata, proprio del genere che le dita di un uomo fremevano dalla voglia di toccare.

    Stringendo i denti, Daniel raddrizzò la schiena.

    Niente di tutto quello modificava il fatto che lui fosse tutt’altro che entusiasta del modo in cui aveva reagito alla sua opera. Aveva perso il conto dei clienti che aveva soddisfatto, diventando nel contempo straricco. Ne faceva a meno degli insulti velati di Miss Texas.

    Distogliendo lo sguardo da quelle labbra generose, che chiedevano di essere baciate, Daniel si schiarì la gola e rispose alla domanda. «Sì. Sono l’amico di Abigail Langley...»

    «Daniel Warren.» Lei pronunciò il nome come se stesse sorseggiando una cioccolata calda in una tempestosa giornata invernale. «Lei è il brillante architetto che Abigail ha fatto arrivare addirittura da New York.»

    Vedendo come inarcava un biondo sopracciglio, Daniel esitò un attimo. Stava stuzzicandolo o stava flirtando? Con quelle bellezze del sud chi poteva dirlo?

    «Non mi pronuncio sul brillante, ma sono ben noto in campo professionale» confermò, mentre lei spostava il peso da una gamba all’altra. «Anche lei conosce Abigail?»

    «Da queste parti, tutti conoscono Abigail. Suo marito, che riposi in pace, era il pro-pro-pronipote di Tex Langley, il fondatore di questa istituzione.» Quando lei si chinò con aria da cospiratrice, Daniel carpì la fragranza del suo profumo... delicato, con un sottofondo pericoloso. «Scommetto su Abigail come vincitrice delle imminenti elezioni. Sarebbe un ottimo presidente...» sporse quelle sue voluttuose labbra, «... a prescindere da cosa ha da dire quel parruccone di Brad Price.»

    Un tipo con l’aria dell’uomo d’affari, tra i quaranta e i cinquanta, si avvicinò loro, lanciò a Daniel un’occhiata e si rivolse alla donna con la tipica cadenza strascicata del Texas. «Mia cara, ci stanno aspettando.»

    «Mi stavo presentando a un ospite appena arrivato a Royal» rispose lei, indicando Daniel.

    «Capo?»

    Interpellato, lui si riscosse. Dannazione, si era dimenticato dei ragazzi.

    «Se vuoi trattenerti qui per un po’» disse Rand, «ti dispiace se noialtri portiamo dentro questo? Non so tu, ma le mie braccia stanno per cedere.»

    Daniel sfilò le sue da sotto il plastico mentre gli altri tre proseguivano verso la porta d’ingresso. Si asciugò i palmi sui pantaloni e tese la mano. «Daniel Warren.»

    «Elizabeth Milton.» La sua mano era piccola e calda, ma la stretta smentiva la definizione di sesso più debole. «E lui è Chadwick Tremain.»

    Il suo compagno si limitò a un secco cenno del capo, senza accettare la mano che Daniel gli offriva, e infilò il braccio in quello di Elizabeth Milton.

    «Signor Warren» borbottò a mo’ di saluto. Quindi a Elizabeth: «Il nostro tavolo ci aspetta».

    Lei guardò al di sopra della spalla i suoi assistenti che sparivano oltre l’ingresso del club. Quindi, rivolgendosi al suo compagno, inclinò la testa e i biondi capelli le scesero su una spalla come una cascata di seta lucente. «Precedimi, Chad. Ti raggiungerò.»

    Lui inarcò le sopracciglia sale e pepe. «Ho detto a Michaels che saremmo...»

    «Chad» lo interruppe lei, sfilando il braccio dal suo. «Ci vediamo dentro.»

    A Daniel parve di sentire l’altro che mugugnava prima di raddrizzare il nodo della cravatta e allontanarsi.

    «Non piaccio molto al suo boyfriend» commentò.

    «Boyfriend?» Gli occhi smeraldo scintillarono mentre rideva. «Chad è il mio consulente finanziario. Il suo compito è vegliare su di me.»

    «Ha bisogno di una balia?»

    Una ruga sottile le solcò la fronte. «Suppongo che sia una questione di opinione» rispose, prima di avviarsi senza fretta lungo il viale. «Lei parla come uno yankee, signor Warren. E si veste anche come uno di loro» aggiunse, guardando il suo soprabito di lana nero confezionato su misura. «Ma mi sembra di avvertire nel suo accento una traccia di Sud Carolina.»

    Anche se gli si era chiusa la gola, Daniel mantenne un’aria imperturbabile. Erano passati anni da quando si era trasferito. Da quando era fuggito. Pochi coglievano quei residui di pronuncia strascicata.

    «Oggi come oggi, la mia casa è molto lontana da Charleston.»

    «Non le manca...»

    «No» la interruppe Daniel. «Non mi manca.»

    New York era abbastanza lontana dal sud e dai suoi ricordi. Se si trovava così lontano era solo per affari e, appena conclusi, sarebbe tornato alla vita che si era costruito e che amava.

    «Spero che abbia in programma di visitare un po’ del nostro Stato mentre si trova qui.»

    «Famoso per Alamo, i cappelli da cowboy e i bovini dalle corna lunghe.»

    Lei storse le labbra udendo il tono con cui aveva pronunciato le ultime parole. «Oh, il suo progetto non è così male.»

    Daniel avrebbe voluto chiederle da cosa, a parere suo, dipendeva la bontà di un progetto. Il che era assurdo. Primo, era lui quello con le credenziali e, secondo, non aveva bisogno di complicarsi il suo breve soggiorno rimuginando su una donna che era, forse, di dieci anni più giovane, e che era, senza dubbio, devota ai pozzi petroliferi di papà e ai ricordi del selvaggio West.

    Non riguardava decisamente il suo campo d’azione.

    Entrando nell’atrio del club, tutto legno scuro, odori antichi e fascino, si arrestò per congedarsi da quella saltuaria conoscenza. Ma l’attenzione di Elizabeth Milton si era spostata su un’insegna appesa sopra l’ingresso.

    «Abigail gliene avrà parlato, giusto?» gli chiese.

    Daniel esaminò la targa e lesse le parole incise nel legno. Supremazia, Giustizia e Pace.

    «Il credo del Texas Cattleman’s» spiegò lei in tono riverente. «Parole abbastanza forti anche senza la leggenda che sta alla loro base.» Il suo sguardo era così diretto e innocente che qualcosa nel petto di Daniel si gonfiò fino a raddoppiare di dimensione, per poi contrarsi. «Dovrebbe convincere Abigail a raccontarle la storia. Potrebbe fornirle qualcosa su cui lavorare.»

    Daniel serrò i denti. Poteva considerare quel commento come un affronto, ciononostante ogni cellula del suo corpo lo sollecitava a ignorare l’orgoglio e ad ascoltare. Se l’episodio dietro quella targa poteva aiutarlo per il suo progetto, perché non poteva essere lei stessa a raccontarglielo?

    Ma adesso l’attenzione di Elizabeth Milton, mentre si sfilava la pelliccia, si era spostata verso la sala da pranzo. Il signor Tremain stava aspettando.

    «Forse ci rivedremo da queste parti» disse Daniel.

    «Passo la maggior parte del tempo da queste parti» replicò lei con un sorriso ironico.

    Quando inclinò la testa, preparandosi ad andarsene, quel qualcosa annidato nel torace di Daniel vorticò e si contrasse ancora di più. In un luogo e in un momento diversi, l’avrebbe invitata a bere qualcosa insieme. Invece, si limitò a ricambiare il suo sorriso quando lei disse: «Buona fortuna, signor Warren. Le auguro un piacevole soggiorno a Royal».

    Lui osservò quei jeans peccaminosi allontanarsi ondeggiando. Anche se era texana al cento per cento, di sicuro quella donna non camminava come se passasse la maggior parte del suo tempo a cavallo. Anzi, si muoveva con l’eleganza di una modella e la grazia fluida di una gatta.

    Un angolo della sua bocca si sollevò in un sorriso.

    Già. Elizabeth Milton non era niente male.

    Una frazione di secondo prima che lei scomparisse dietro l’angolo, Daniel mandò tutto al diavolo e gridò: «Signorina Milton!».

    Ci fu un turbine di chiome bionde quando lei si voltò. Liberandosi del proprio cappotto, Daniel la raggiunse.

    «Mi chiedevo se può raccomandarmi un buon posto dove mangiare. A parte il club, cioè.»

    Quei favolosi occhi verdi lampeggiarono. «Potrei raccomandargliene diversi, signor Warren.»

    «In questo caso, sarebbe disposta a cenare con me? Mi interessa molto quella storia.»

    Lei tormentò il labbro inferiore con i denti.

    «A una condizione» annunciò alla fine.

    «Che non discuteremo di plastici?»

    Lei rise, un suono melodico che impregnò tutti i suoi pori, mentre il sorriso si allargava. «Al contrario. Mi piacerebbe molto discutere delle possibili varianti da apportare al suo progetto.»

    «In questo caso, dobbiamo incontrarci.»

    «A venti miglia da qui, lungo la strada principale, sulla sua sinistra, diciamo, alle sette?»

    «Il nome del locale?»

    «Milton Ranch.»

    Daniel sussultò. «Mi invita a cena a casa sua?»

    «Si fidi di me, signor Warren.» Elizabeth si voltò e si avviò, parlando al di sopra della spalla. «Credo che troverà l’esperienza quanto mai gratificante.»

    Quando Elizabeth entrò nella sala da pranzo del club, alcune delle persone più vicine alla porta alzarono lo sguardo dai loro piatti e le rivolsero un cordiale sorriso.

    In passato, lei si era ribellata all’idea di trascorrere la maggior parte del suo tempo a Royal. Adesso le sembrava che, da allora, fosse passata un’eternità. In realtà, erano passati solo quattro anni dalla morte dei genitori, quando la sua vita aveva subito una brusca svolta. A essere sincera, era grata per tutti gli ostacoli legali che il padre e la madre avevano eretto per tenerla lontana da una strada che, altrimenti, avrebbe sicuramente preso, e che l’avrebbe allontanata dalle sue radici.

    Se avesse infranto le condizioni del loro testamento, passando più di due mesi all’anno lontano da casa, avrebbe perso la maggior parte della sua eredità, non solo il ranch ma anche buona parte della sua identità.

    Ciononostante, non poteva negare che l’incontro con Daniel Warren aveva riacceso il suo interesse per luoghi oltre quei confini. Daniel era diverso. Divertente. Intrigante e raffinato. Abigail aveva detto che il suo architetto era un uomo di successo, che aveva viaggiato molto. Un vero uomo di mondo.

    Non che lei fosse contraria alla sana razza texana, rifletté Elizabeth, dirigendosi al tavolo che era solita occupare. Anzi, al momento di metter su famiglia, era più che probabile che avrebbe scelto un compagno nato e vissuto lì. Quantomeno, l’avrebbe capita e l’avrebbe sostenuta al cento percento nella gestione del Milton Ranch. Il che escludeva architetti sexy del nord.

    Anche se, accidenti, quanto era bello.

    Al suo avvicinarsi, Chad scattò in piedi.

    «Stavo per venire a vedere dove fossi sparita» disse, scostandole la sedia.

    «Non vado da nessuna parte» replicò lei in tono gentile ma fermo.

    «Ero solamente...»

    «Lo so che eri solamente

    Elizabeth mandò giù l’irritazione e consultò il menu. Ma Chad non era disposto a lasciar perdere.

    «Elizabeth, è mio dovere badare a te.»

    «Non

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