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Innocente e sensuale: Harmony Collezione
Innocente e sensuale: Harmony Collezione
Innocente e sensuale: Harmony Collezione
E-book173 pagine2 ore

Innocente e sensuale: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Una vendetta attesa da tempo.
Tra le mura del suo castello arroccato sulle scogliere andaluse, contro le quali si infrangono le onde del mare in tempesta, Marcos Ramirez ha pianificato la propria vendetta. E ora il momento tanto atteso è arrivato. Costringere alla propria mercé Tamsin Winter, promessa sposa di un altro, non sarà difficile, e così facendo l'odiata famiglia Winter sarà distrutta. Ma Tamsin si rivela diversa dalla ragazza viziata e superficiale che lui credeva: al contrario, Marcos scoprirà con stupore quanto sia coraggiosa, innocente e... sensuale.
LinguaItaliano
Data di uscita10 apr 2019
ISBN9788858995884
Innocente e sensuale: Harmony Collezione
Autore

Jennie Lucas

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Innocente e sensuale - Jennie Lucas

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Spaniard’s Defiant Virgin

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2007 Jennie Lucas

    Traduzione di Sonia Indinimeo

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-588-4

    1

    Tarfaya, Marocco

    La stava aspettando fuori da Dar-el-Saladin.

    Marcos Ramirez sollevò il binocolo e inquadrò la limousine coperta di fiori che lasciava il villaggio di pescatori in un turbinio di petali di rosa.

    Dal punto in cui si trovava, l’alto steccato che proteggeva il villaggio dalle tempeste di sabbia da una parte, e dal mare dall’altra, sembrava crivellato da una sventagliata di mitra.

    Tamsin Winter, finalmente!

    L’aveva sorvegliata per i dieci anni in cui era rimasta a New York a studiare, fino a quando, un anno prima, era tornata a Londra. Da allora, la capricciosa, bella ereditiera era apparsa spesso sui giornali, sempre con un uomo differente. Quella ragazza viziata era considerata, a ragione, la più dotata civetta d’Inghilterra.

    Domarla sarebbe stato un piacere.

    «La macchina è in posizione» lo informò sottovoce Reyes, il capo delle sue guardie del corpo.

    «Sì.» Marcos abbassò il binocolo. Sapeva che i suoi uomini avrebbero potuto rapire la giovane Winter anche senza il suo aiuto, impedendole di arrivare al matrimonio nella kasbah dello Sceicco, a nord. Avrebbe potuto attendere l’esito del blitz comodamente seduto nella sua casa di Madrid sorseggiando un caffè e leggendo le ultime quotazioni di borsa, invece era lì a sudare in mezzo al deserto.

    Non sarebbe mancato per niente al mondo. Aveva sognato di vendicarsi per vent’anni e finalmente il momento era arrivato. Dopo aver rapito la ragazza, sia lei che la sua famiglia sarebbero stati distrutti. Come meritavano.

    Fece una smorfia feroce. Avrebbe solo voluto vedere la faccia del promesso sposo... Maledetto bastardo!

    La limousine lasciò il villaggio, procedendo lentamente lungo la strada sabbiosa che separava il Sahara dalla costa scintillante dell’Atlantico. Marcos abbassò la maschera nera sul viso e fece un cenno a Reyes.

    «Vamonos!»

    Tamsin Winter aveva appena venduto la sua verginità al miglior offerente.

    Il suo caffettano bianco da sposa, copiosamente impreziosito da ricami d’argento e gemme rare, le pesava sulle spalle mentre guardava dal finestrino oscurato della macchina. Provò un moto di invidia per una donna che stava vendendo arance al lato della strada. Vendere arance doveva essere un modo piacevole di vivere, paragonato al matrimonio con un uomo che aveva picchiato a morte la sua prima moglie.

    Sospirò e chiuse gli occhi. Non importa, pensò. Avrebbe lasciato che Aziz al-Maghrib la toccasse con quelle sue mani grassocce, la baciasse con quella sua bocca lasciva e prendesse la sua innocenza con quel corpo inflaccidito dal troppo alcol. Sarebbe stato un prezzo basso da pagare per salvare la sua sorellina da una vita di miseria e trascuratezza.

    Per tutta la vita, aveva sperato di incontrare un uomo da amare, con cui dividere la vita, con cui costruire una famiglia. Aveva sognato di iniziare una carriera e di avere un figlio suo. Aveva speso tutti i suoi ventitré anni sognando il giorno in cui la sua vita sarebbe cominciata.

    Era strano pensare che fosse già finita.

    Salvare sua sorella era la cosa migliore che avesse fatto fino ad allora. Ma anche sapendo questo, una parte di lei soffriva per il tanto tempo sprecato, per l’amore che non aveva conosciuto e per le opportunità che non aveva colto. Se solo avesse immaginato che la sua vita sarebbe stata così corta...

    «Tamsin! Smettila di agitarti. Stai stropicciando tutto il vestito. Ah, capisco, lo stai facendo apposta, stupida ragazza!»

    Tamsin aprì lentamente gli occhi, appesantiti dall’abbondante trucco nero, e guardò l’odiata moglie del suo fratellastro. Camilla Winter aveva vent’anni più di Tamsin, ma, grazie alla chirurgia plastica, la sua pelle sembrava tesa come quella di un tamburo. «Hai pagato la tua nuova faccia con i soldi di Nicole, Camilla?» le chiese incuriosita, e vagamente sprezzante. «È per questo che hai lasciato una bambina di dieci anni a soffrire la fame? Per sembrare una bambola?»

    Camilla sussultò.

    «Non preoccuparti, mio fratello saprà spezzare questo spirito ribelle!» affermò con convinzione Hatima, la futura cognata. Lei e Camilla erano le sue negaffa, le ancelle che, secondo la tradizione marocchina, dovevano consigliare e aiutare la giovane sposa a superare le paure per il matrimonio imminente.

    Bell’aiuto, pensò Tamsin amareggiata, guardandosi le mani decorate con l’henné. Ma Hatima aveva ragione. Suo marito l’avrebbe picchiata, prima o dopo averla posseduta. Forse sia prima che dopo.

    Guardò fuori del finestrino mentre uscivano dalla palizzata che circondava il villaggio. Non avrebbe mai dovuto conservarsi vergine in attesa del vero amore, pensò. Avrebbe dovuto andare a letto con il primo ragazzino ubriaco che l’aveva baciata a una festa della scuola.

    Forse in quel momento avrebbe sofferto meno.

    «Come? Nessuna risposta pungente?» la provocò Camilla. «Non sei più così spavalda, adesso?»

    Tamsin sarebbe morta piuttosto che piangere di fronte a Camilla, così, sbattendo le ciglia per frenare le lacrime, fissò le barche da pesca che ondeggiavano al largo e il volo selvaggio dei gabbiani a pelo d’acqua.

    Quasi seccate da quella ritirata tattica, le altre due donne iniziarono a parlare dei recenti attacchi nelle vicinanze di Laayoune.

    «La moglie del capo villaggio è stata rapita» sussurrò Hatima. «Presa in pieno giorno.»

    «E che cosa è successo poi?» replicò Camilla, incuriosita. «Che cosa le è accaduto?»

    «Il capo villaggio ha dovuto inviare tutto ciò che possedeva per pagare il riscatto. La famiglia è rovinata, ovviamente, ma almeno la moglie è tornata.»

    «Vuoi dire che non le hanno fatto del male?» Il tono di Camilla sembrò quasi dispiaciuto.

    «No, volevano solo i soldi. Il fatto è che...» La voce di Hatima si alzò in un grido, quando il loro autista sterzò bruscamente a destra, frenando di colpo. La limousine girò due volte su se stessa e slittò impazzita, prima di andare a sbattere contro una duna di sabbia.

    L’autista spalancò la portiera e si mise a correre verso Tarfaya.

    «Dove stai andando?» urlò Camilla.

    Le sue lunghe unghie grattarono contro la maniglia mentre cercava di aprire.

    Di colpo, la portiera venne spalancata dall’esterno. Tre uomini vestiti da beduini, con maschere nere sul viso, si gettarono verso i sedili posteriori urlando ordini in una lingua sconosciuta.

    Quando anche la portiera dalla sua parte venne aperta, Tamsin si girò di scatto. Un uomo, più alto degli altri, torreggiava su di lei. Sotto la maschera nera poté vedere una bocca crudele e occhi grigio-acciaio che si piantarono gelidi e minacciosi nei suoi, più agghiaccianti di una pistola premuta contro la tempia.

    «Tamsin Winter» disse in inglese. «Alla fine sei mia!»

    Conosceva il suo nome? Una strana sorta di bandito, pensò, assordata dalle grida delle due donne terrorizzate. Perché un bandito del deserto avrebbe dovuto conoscere il suo nome? Che le sue preghiere fossero state esaudite e lui fosse venuto a salvarla?

    No, pensò, disperata. Nessuno poteva salvarla. Doveva sposare Aziz o sua sorella ne avrebbe pagato le conseguenze, e lei non lo avrebbe permesso.

    Che cosa aveva detto Hatima, poco prima? Che i banditi volevano solo il denaro? Bene! Nervosa, si inumidì le labbra, scese dalla macchina e sollevò il viso per guardarlo negli occhi. «Sono la futura moglie di Aziz ibn Mohamed al-Maghrib» gli comunicò con enfasi. «Mi torca un capello e lui la ucciderà. Mi riporti da lui sana e salva e verrà ricompensato.»

    «Ah!» La bocca dell’uomo si allargò in un ghigno, mostrando i denti bianchi e regolari. «E quanto mi pagherebbe?» chiese.

    Aveva uno strano accento, le vocali pronunciate all’americana tradivano qualcosa di più esotico, come una leggera inflessione spagnola. Chi era? Una cosa era certa, quello non era un brigante. Il pensiero la spaventò.

    «Un milione di dollari» rispose, sprezzante.

    «Una bella cifra!»

    «Diventerebbe ricco» lo tentò lei, pregando che lo zio di Aziz, a cui ancora appartenevano tutte le ricchezze di famiglia, fosse disposto a pagare per lei.

    «Un’offerta generosa» ammise lo sconosciuto. «Ma, purtroppo per lei, non è il denaro che mi interessa.» Si chinò e l’afferrò per le spalle. Tamsin lanciò un grido e alzò le mani, graffiandogli il viso. «Non cerchi di resistere» le intimò lui.

    Invece Tamsin inasprì la difesa. Urlò più forte e gli sferrò un paio di deboli pugni sul viso, poi alzò di scatto un ginocchio e colpì l’uomo all’inguine con violenza. Per un momento, lui si piegò in avanti gemendo, poi si risollevò e le afferrò i polsi con una mano sola. Tolse dalla tasca un fazzoletto bianco e glielo premette sul viso.

    Mi sta narcotizzando, riuscì a pensare Tamsin un istante prima che il deserto cominciasse a svanire e il mondo piombasse nelle tenebre.

    Si risvegliò distesa su un letto molto morbido. Aprì con fatica le palpebre pesanti. La testa le pulsava come se un interminabile treno merci le corresse tra un orecchio e l’altro. Poteva udire lo sciacquio dell’acqua e un incessante stridio di gabbiani. Si rese conto che era nuda.

    Saltò a sedere sul letto e scostò le ricche lenzuola di raso. Indossava solo gli slip e il corsetto di pizzo bianco che l’avevano costretta a mettere per le nozze.

    «Spero abbia dormito bene.»

    Tamsin si affrettò a tirar su il lenzuolo fino al mento. Un bellissimo sconosciuto era lì in piedi, appoggiato allo stipite della porta. Era alto, con le spalle larghe, la pelle olivastra e capelli corvini mossi. Indossava una camicia bianca e pantaloni scuri che sembravano dipinti sul corpo muscoloso.

    Non lo aveva mai visto prima, ma riconobbe la voce, quella bocca crudele, sensuale, e soprattutto i gelidi occhi grigi. «Dove mi trovo?» riuscì a dire, con la bocca un po’ impastata. «Che ne ha fatto di Camilla e di Hatima?»

    Lui entrò nella stanza e le rivolse uno sguardo crudele, carico di odio. «Dovrebbe essere preoccupata di ciò che voglio fare di lei.»

    Proprio quello a cui stava cercando di non pensare. Sapeva che, se lo avesse fatto, avrebbe iniziato a urlare di terrore. Non tanto per se stessa quanto per sua sorella Nicole che, a soli dieci anni, era tenuta in ostaggio a Tarfaya e la cui sorte dipendeva da lei e dal suo matrimonio.

    Doveva controllarsi abbastanza a lungo da escogitare un piano per fuggire. «Ha rapito anche loro?» domandò, rammaricandosi dell’involontario tremolio della propria voce. «Dove mi ha portato? Ha inviato una richiesta di riscatto allo Sceicco?»

    Lui incrociò le braccia. «Non ci sarà nessuna richiesta di riscatto.»

    «Cosa?»

    L’uomo si avvicinò al letto. «Ho lasciato gli altri a Tarfaya» disse. «Ho bisogno solo di lei.»

    «Di me? Perché?»

    Abbassò la testa e la guardò in silenzio. Il suo volto bellissimo era una maschera di arroganza.

    «Dove siamo?» insistette Tamsin.

    «Sul mio yacht» le rispose lui, sprezzante.

    Lei guardò oltre la portafinestra. Il sole stava iniziando a tramontare, tracciando una scia cremisi e arancio sull’acqua. Niente terra in vista. Erano in mare aperto, dove nessuno l’avrebbe sentita urlare.

    Ma per quale ragione l’aveva rapita? Nonostante i coloriti articoli che apparivano sui rotocalchi, lei non aveva niente di speciale e la sua famiglia non possedeva nulla che quell’uomo potesse volere. La loro azienda, gestita dal fratello, era sull’orlo del fallimento.

    «Chi è lei?» sussurrò.

    «Il suo rapitore. È tutto ciò che deve sapere.»

    Tamsin strinse le lenzuola per impedire alle sue mani di tremare. Non poteva lasciargli vedere la sua paura. I gradassi godono del terrore che riescono a suscitare. Lo aveva imparato dal padre. L’unico modo per sopravvivere era mostrarsi più dura di lui. «Cosa vuole da me?»

    L’uomo si fermò accanto al letto. «Lei è una bellissima ragazza, famosa per il suo potere sugli uomini. Davvero non indovina che cosa voglio?»

    Tamsin tremò. Così da vicino era ancora più bello. Bello e pericoloso... Se si fossero incontrati in un club di Londra, si sarebbe sentita attratta da lui, addirittura affascinata. Poteva davvero combattere contro un uomo del genere e sperare di batterlo?

    Nicole, pensò. Ricordati di Nicole.

    Il mese scorso, voleva fare una visita a sorpresa alla sorellina e l’aveva trovata da sola, in casa di suo fratello, nello Yorkshire. Sheldon e Camilla, che attingevano al suo fondo fiduciario per mantenere uno stile di vita da gran signori e la loro posizione nel jet-set, erano partiti per una

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