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La cura per l'esaurimento
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La cura per l'esaurimento
E-book239 pagine3 ore

La cura per l'esaurimento

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Info su questo ebook

Quando si tratta di esaurimento, Lily Reid è un’esperta. Determinata a trasformare la sua tragedia personale in una lezione cautelare per gli altri medici, viaggia per tutto il paese, a parlare di equilibrio nella vita e gestione dello stress. Ma le sue parole cadono nel vuoto, fin quando Lily non elabora un piano per rivolgersi a un pubblico più ampio.

È qui che entra in gioco il dottor Wolf Knox, noto anche come “Wolfman MD.” È bellissimo, carismatico e i suoi pazienti lo amano, così come i suoi milioni di fan che lo seguono su internet, guardando i video musicali che realizza nel tempo libero. Peccato che Wolf pensi che “esaurimento” sia sinonimo di debolezza. Il suo motto? Non ti piace? Non ce la fai? Fai un favore a tutti e lascia la medicina, cazzo

Mentre Lily e Wolf si scontrarono su un progetto da realizzare insieme, il loro disprezzo reciproco lascia il posto al desiderio. Ma quando il suicidio di un collega li obbliga ad affrontare le loro paure e i loro pregiudizi, la loro relazione appena nata ce la farà a sopravvivere?

 (Nota bene: si tratta di un romanzo contemporaneo bollente che contiene tematiche mature e contenuti espliciti, destinati agli adulti dai 18 in poi. È un romanzo autoconclusivo, senza grossi colpi di scena e un “lieto fine” garantito).

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita21 ott 2020
ISBN9781071571910
La cura per l'esaurimento
Autore

Jill Blake

Jill Blake loves chocolate, leisurely walks where she doesn't break a sweat, and books with a guaranteed happy ending. A native of Philadelphia, Jill now lives in southern California with her husband and three children. During the day, she works as a physician in a busy medical practice. At night, she pens steamy romances.

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    Anteprima del libro

    La cura per l'esaurimento - Jill Blake

    CAPITOLO 1

    Wolf batté un dito sulla tovaglia bianca immacolata. Dall’altra parte del tavolo, un altro medico lo guardava; ovviamente non gli piaceva il ritmo che stava battendo. Wolf sospirò, abbassò la mano e finse di interessarsi a quello che stava dicendo il capo del personale ospedaliero.

    Dopo altri cinque minuti di discorso incessante di benvenuto, Wolf ricominciò a tamburellare, questa volta sulla gamba fasciata di jeans.

    Sarebbe dovuto restare a letto. O forse andare a correre. Oppure sistemare il testo con il quale combatteva da settimane. Oppure fare qualunque altra cosa invece di sprecare il sabato mattina ad ascoltare un gruppo di esperti autoproclamati che pontificavano sul benessere medico.

    Di che cazzo si trattava comunque? 

    Quel tormentone sembrava sbucare ovunque, come ad esempio lo stress del medico. Un altro termine di quel momento che Wolf odiava. Pensava che la gente si sarebbe stancata di quell'argomento. Ma no: ogni volta che apriva una rivista medica, metteva piede in una sala d'attesa di un medico oppure andava al pronto soccorso per ricoverare un paziente, c'era sempre qualcuno che parlava di benessere, esaurimento o entrambi.

    E adesso grazie al suo migliore amico, Wolf doveva sorbirsi sei ore di tortura, sempre se non fosse riuscito a svignarsela prima, durante una pausa. Guardò il programma stampato, cercando i due nomi che gli erano stati assegnati. Il primo lo trovò facilmente: Lily Reid, il relatore principale. Ma il secondo... Controllò l’elenco fino in fondo. C’era da aspettarselo, l’ultimo oratore della giornata.

    Avrebbe ucciso Doug per averlo incastrato a quel modo.

    Ovviamente non era colpa di Doug se sua moglie aveva avuto un travaglio prematuro la sera prima. Ma avrebbe potuto cercare qualcun altro per sostituirlo, qualcuno che non fosse Wolf, qualcuno che facesse effettivamente parte del dannatissimo comitato di Doug. A che serviva essere il leader se non potevi delegare il lavoro sporco agli altri membri del comitato, piuttosto che scaricarlo al tuo migliore amico?

    «Dai, amico» gli aveva detto Doug al telefono, dopo aver svegliato Wolf dalla prima dormita decente che faceva da una settimana. «Cibo gratis, sei ore di credito medico e avrai finito massimo all'una».

    «Mi stai prendendo in giro» gemette Wolf. «Non esiste cibo gratis a sufficienza che valga la pena di sopportare sei ore di laureandi».

    Doug aveva sospirato. «Solo perché tu hai il tatto di un rinoceronte questo non vuol dire che si tratti di argomenti meno reali o importanti».

    «Dammi tregua» aveva detto Wolf. In sottofondo aveva sentito i rumori familiari dell’ospedale: un monitor che faceva bip, il mormorio della gente. «È l’una del mattino. Vuoi parlarne proprio adesso?»

    «Due presentazioni» disse Doug. «Di un minuto ciascuna. È tutto quello che ti chiedo».

    Wolf si era strofinato gli occhi e si era poggiato alla testiera del letto. «Non hai nessun altro da incastrare?»

    «Come mi hai fatto notare, amico, è l'una del mattino. Tutti gli altri hanno una moglie o comunque una famiglia. Una vita, insomma».

    «Fottiti» aveva detto Wolf. «Ho una vita anch’io...»

    Un urlo acuto all’altro capo del telefono lo interruppe.

    «Devo andare» aveva detto Doug. «Ti manderò il testo per e-mail».

    Ed era così che Wolf si era ritrovato alla 65° Assemblea Annuale Medica Post-Laurea, in attesa di presentare una ciarlatana assunta dall’ospedale che avrebbe spiegato loro come entrare in contatto con il proprio bambino interiore, o qualunque altra sciocchezza che quella donna avrebbe deciso di spacciare come il più recente antidoto contro l’esaurimento.

    Gli applausi risuonarono nella sala da ballo dell’albergo. Wolf guardò i tavoli occupati per metà. Alcuni ritardatari s’infiltrarono all’interno, tenendo in mano caffè e pasticcini che avevano sicuramente preso al buffet di colazione continentale che si trovava all’esterno.

    Wolf afferrò la sua tazza. Vuota. Dannazione. Aveva tempo di scappare fuori a riempirla? L’applauso si esaurì prima ancora che potesse fare un passo verso l’uscita. E poi il capo del personale ricominciò a parlare ed era troppo tardi.

    «Signore e signori» disse l’uomo «vorrei presentarvi il capo del nostro Comitato per la Salute Medica, che è anche il capo del dipartimento Polmonare e delle Emergenze del St. Mary, il dottor Douglas Williams».

    Wolf cercò nella tasca della sua giacca sportiva gli appunti che aveva stampato prima. C’erano ancora. Okay, era il momento di entrare in scena.

    Gli applausi si assottigliarono tra i sussurri e le risate man mano che si avvicinava al leggio. Il capo del personale sollevò un sopracciglio.

    «Scusi». Wolf gli offrì un sorriso e una stretta di mano, poi fece un gesto con la mano verso il microfono. «Posso?»

    L’uomo controllò il pubblico, poi rivolse a Wolf un’occhiata perplessa prima di farsi indietro. Si aspettava forse che Wolf sabotasse quella riunione? Che fornisse un po’ di senso dell’umorismo inappropriato al dibattito? Ovviamente Wolf ci aveva pensato per un attimo. Ma, per quanto avesse la fama di burlone, non aveva alcun interesse a prolungare quella che sarebbe stata una giornata lunga e dolorosa.

    «Come alcuni di voi avranno notato, non sono il dottor Williams» iniziò. «Mi chiamo Wolf Knox e sono un hospitalist. Per coloro che hanno vissuto in una caverna negli ultimi dieci anni, l’hospitalist è la persona che si occupa dei vostri pazienti che restano in ospedale per la notte al St. Mary. Adesso vi state probabilmente chiedendo: perché sei qui oggi? Mettendo da parte le domande esistenziali, poiché ci cacceranno da questa stanza all’una in qualunque caso, il motivo per il quale sono qui davanti a questo leggio è che Doug mi ha chiesto di sostituirlo mentre lui sta per avere un bambino...»

    «Doug è incinta?» chiese qualcuno da un tavolo in fondo.

    Wolf aspettò che la risata scemasse. «Mi correggo: è la moglie di Doug che è entrata in travaglio stanotte. Perciò mentre Doug e la sua signora sono impegnati a mettere al mondo la prossima generazione di Williams, io presenterò alcuni tizi che hanno fatto molta strada per parlare con voi oggi. Siete pronti? Avete fatto tutti il pieno di caffeina? Vi sentite nervosi per tutta quella caffeina? Beh, non preoccupatevi. Il nostro relatore principale è qui per condividere con noi i suoi segreti sul rilassamento, che, per quanti di voi tengono nota di questo genere di cose, è la parola d’ordine della giornata. Forza, gente, ripetete con me: Riii-laaa-ssaaa-meee-ntooo. Oh, e non dimenticate di iscrivervi alle lezioni gratuite di yoga e meditazione nel cortile dopo pranzo».

    Con la coda dell’occhio, Wolf vide che il capo del personale era accigliato.

    Oh-oh. Forse si era spinto troppo in là.

    Wolf si schiarì la voce. «Scusate, gente, sembra che la lezione di yoga sia stata cancellata. Il Comitato per la Salute Medica farà qualcosa per riprogrammarla, quando il dottor Williams tornerà dal congedo parentale. Nel frattempo, lasciate che vi presenti la dottoressa Lily Reid, che viene a noi dopo una serie di conferenze che hanno registrato il pienone. Nel caso vi steste chiedendo perché la dottoressa Reid sia così popolare, vi riassumerò il suo CV in venti secondi».

    Recuperò gli appunti di Doug dalla tasca e allisciò le pieghe del vestito. «La dottoressa Reid si è laureata in medicina e ha fatto un master per la Salute Pubblica alla UCSD. È entrata nella RAND sette anni fa e adesso è una ricercatrice per la politica sulla salute. I suoi articoli sulla salute e sul benessere sono stati pubblicati sulle maggiori riviste mediche e sulla stampa quotidiana ed è un mezzobusto... ehm, ospite... fisso alla radio e ai notiziari via cavo. Accogliamo con un applauso la dottoressa Lily Reid».

    Un movimento lungo la parete più lontana colse l’attenzione di Wolf.

    Una figa da paura. Quella era Lily Reid?

    Indossava una gonna longuette che le arrivava al ginocchio, una camicia bianca button-down e una cintura nera che sottolineava la vita sottile. Teneva i capelli color rame raccolti in un perfetto chignon, una fila singola di perle al collo, aveva le labbra rosse e sembrava l’incarnazione della bibliotecaria sexy delle sue fantasie adolescenziali.

    Sorrise mentre la osservava farsi largo tra i tavoli. La gonna sottolineava i movimenti dei suoi fianchi a ogni passo. Quando arrivò al leggio e si voltò verso il pubblico, lo sguardo di Wolf scese sul suo sedere rotondo.

    Oh sì. Alcune fantasie miglioravano con l’età.

    Lily sistemò il microfono e lo guardò, notando dove si fosse posato il suo sguardo. Gli occhi verde scuro si strinsero e la bocca s’irrigidì. Per un attimo il cervello di Wolf andò in corto circuito mentre immaginava quelle labbra fare cose strane al suo corpo.

    Lily si schiarì la voce. «Grazie per quella presentazione... colorita».

    Ahia. Quella donna aveva gli artigli.

    Il sorriso di Wolf si fece più ampio e si avvicinò a lei. Ignorando il sospiro che lei si era lasciata sfuggire, recuperò i suoi appunti dal leggio e li mise in tasca. «Tutto suo, dottoressa».

    Quando Wolf tornò al suo posto, Lily aveva già cominciato la sua presentazione.

    Equilibrio lavoro-vita. Energia fisica e spirituale. I pericoli della privazione del sonno, il troppo lavoro, la pietà che corrodeva.

    Oh Dio, il divertimento era definitivamente finito.

    Wolf tirò fuori il telefono. Almeno la ricezione era decente, era la prima cosa che aveva controllato quando era arrivato. Se non altro, avrebbe controllato le e-mail, avrebbe dato un’occhiata all’edizione digitale del L.A. Times di quel giorno, forse avrebbe sparato a un paio di zombie, anche se non sarebbe stato altrettanto divertente senza volume.

    Si guardò attorno ed ebbe la conferma di non essere il solo a guardare il telefono per divertirsi. Quello che lo sorprese fu quante persone la stavano ascoltando rapite, annuendo quando Lily faceva delle affermazioni.

    Wolf guardò verso di lei.

    Adesso stava camminando, schiaffeggiando l’aria con una mano e tenendo il microfono con l’altra.

    «...il tasso di suicidi più alto di ogni altro mestiere. Perdiamo quattrocento medici all’anno per i suicidi, più di un’intera classe di medicina. Ogni anno...»

    Davvero? Voleva affrontare un argomento così deprimente?

    Smise di seguire le sue parole, concentrandosi sul suo aspetto. Fiero, intenso, appassionato.

    Oh, sì. Non gli sarebbe dispiaciuto esplorare un po’ di quella passione, vedere che cosa ci sarebbe voluto per farla sciogliere, scioglierle i capelli e sbottonarle qualche bottone.

    Improvvisamente la sua giornata era migliorata. Doveva solo resistere fino alla fine dei discorsi e poi fare la sua mossa.

    ~

    C’erano talmente tante persone che uscivano dalla stanza dopo le domande finali che Wolf per poco non la perse mentre usciva da una porta laterale.

    Le corse dietro, accorciando la distanza tra di loro a ogni falcata.

    «Ehi, dottoressa» le disse quando riuscì finalmente a raggiungerla nell’ingresso dell’albergo. «Bel discorso».

    Lily alzò la testa e lo guardò perplessa. «Grazie, dottor...?»

    «Knox» disse, cercando di non sentirsi offeso. «Ma può chiamarmi Wolf».

    Lily annuì e proseguì verso l’uscita. Wolf continuò a tenere il passo con lei.

    «Ha sentito almeno qualcosa di quello che ho detto?» gli chiese quando capì che non si sarebbe sbarazzata di lui.

    «Certo» disse Wolf. «Ogni singola parola».

    Oh, sì, l’aveva notato, abbastanza da poter commentare la sua mancanza di attenzione. Il che lo portava a un’altra domanda: aveva effettivamente dimenticato il suo nome oppure gliel’aveva chiesto di proposito?

    Un attendente in uniforme le aprì la porta e uscirono nel calore del pomeriggio.

    «Ogni parola. Giusto». Lily gli rivolse un’occhiata tendenziosa prima di tirare fuori un paio di occhiali da sole dalla borsa del suo computer. «Allora, che cosa ne pensa dell’idea del documentario?»

    Wolf si fermò mentre indossava i suoi occhiali da sole. «Ehm... brillante?»

    «Bel tentativo».

    Continuò a seguirla verso lo stand del posteggiatore. Diversi partecipanti alla conferenza erano già raggruppati lì, chiacchierando mentre aspettavano le loro auto.

    Uno degli uomini si allontanò dalla folla e si avvicinò a lei con un sorriso. «John Hunter» le disse tendendole la mano. «Sono ortopedico al St. Mary».

    Lily annuì. «Piacere di conoscerla».

    Invece di lasciarle andare la mano, Hunter si avvicinò. «Allora, Lily... non le dispiace se la chiamo Lily? Quanto tempo si trattiene in città?»

    Wolf gli rivolse un’occhiataccia. «Hunter, come sta la tua fidanzata?»

    L’uomo lasciò andare la mano di Lily. «Bene» disse. «A proposito, Wolf, mi ha chiesto di farti i complimenti. Dice che eri grandioso con quel travestimento».

    Lo sguardo di Wolf si spostò su Lily. Lei ricambiò lo sguardo accigliata. Fantastico. Adesso pensava che si vestisse strano. O che fosse gay. Oppure qualcosa che richiedesse una spiegazione.

    «Beh, questa è la mia» disse Hunter mentre il posteggiatore arrivava con una convertibile appariscente. «È stato un piacere, Lily. Spero di rivederti».

    Lily lo guardò mentre si sedeva al volante e svoltava dietro l’angolo.

    «Lascialo perdere» ruggì Wolf. «È uno stronzo, ci prova con tutte le infermiere».

    «Certo che sì» mormorò Lily. «E sono sicura che non sia l’unico».

    Wolf stava per confutare quell’affermazione, poi ci ripensò: non era un ipocrita. Lui non aveva una fidanzata come Hunter. E se una donna non rispondeva al suo tentativo di flirtare, Wolf si tirava indietro. Okay, forse questa volta non l’avrebbe fatto, ma di solito sì.

    Un’altra auto accostò. Wolf osservò la folla che si assottigliava: da un momento all’altro i posteggiatori avrebbero chiesto i loro biglietti.

    Adesso o mai più.

    «Andiamo a pranzo» disse Wolf «così puoi dirmi qualcosa di più su quel documentario».

    «Hanno servito il pranzo alla conferenza».

    «È vero, ma tu non hai mangiato».

    Lily restò a bocca aperta. «Come...?»

    «Ti stavo osservando» le disse. «Allora che ne dici? Conosco un posto dove fanno delle ottime tapas...»

    «Mi dispiace». Guardò l’orologio. «Devo andare all’aeroporto».

    «Oh. A che ora è il volo?»

    Lily esitò. «È un volo notturno. Ma devo andare a casa per fare una doccia e preparare le valigie».

    Un’altra ondata di partecipanti alla conferenza uscì in strada.

    Wolf afferrò il gomito di Lily e la spinse lontano dal flusso di gente, facendo cenno col capo ai nuovi arrivati di proseguire.

    Lily si accigliò, ma prima che potesse protestare, Wolf la lasciò andare e la distrasse. «Dove vivi?»

    «Perché?»

    «Voglio assicurarmi che arrivi all’aeroporto in tempo» le disse. «Dopo pranzo».

    Lily scosse la testa. «Non ti conosco nemmeno. Perché dovrei venire a pranzo con te?»

    «Perché così puoi conoscermi».

    «Ascolta...» s’interruppe e fece un respiro profondo. «Sono sicura che tu sia una persona squisita...»

    «Mia madre lo pensa di sicuro».

    Lily sorrise. Forse per mezzo secondo. Se Wolf non avesse prestato attenzione, se lo sarebbe perso.

    Femmina testarda.

    L’ultima volta che aveva dovuto sudarsi così tanto un appuntamento era stata... beh... mai. Le donne lo adoravano. Alto, coi capelli scuri e bello, magari sembrava un po’ un cliché, ma aveva sempre funzionato. E anche l’appellativo medico dopo il suo nome. Il femminismo non aveva cancellato del tutto il fascino dell’essere la moglie di un dottore e alcune donne si rifiutavano di credere che non fosse interessato a sistemarsi. Pensavano che scherzasse. Oppure vedevano il suo atteggiamento come una sfida.

    Ad ogni modo era un argomento sul quale non scherzava mai. Sesso, politica e religione erano dei bersagli legittimi. Ma la sua indipendenza? Diavolo, no, non in questa vita.

    Gli piaceva essere single, il buffet di femminilità a volontà, con differenti forme e colori per ogni umore e gusto, avere la libertà di allontanarsi da quel tavolo dopo essersi abbuffato per tornare a casa e avere i suoi spazi, dove non doveva rendere conto a nessuno ed era responsabile solo di se stesso.

    La voce di Lily lo riportò alla realtà. «Sei sempre così insistente?»

    «Nooo» le disse. «Sono abbastanza tranquillo, tranne quando voglio davvero qualcosa».

    «E adesso vuoi davvero andare a pranzo».

    «Con te» le disse, nel caso che le fosse sfuggita quella parte.

    Lily si

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