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Senza Freni (trilogia di Santa Monica, libro #1)
Senza Freni (trilogia di Santa Monica, libro #1)
Senza Freni (trilogia di Santa Monica, libro #1)
E-book229 pagine2 ore

Senza Freni (trilogia di Santa Monica, libro #1)

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Info su questo ebook

Eva è stata al riparo dai rischi per tutta la vita...e questo dove l'ha portata? Tradita dal marito, madre single con un figlio piccolo, lotta per tenere la testa sopra l'acqua e l'ultima cosa di cui ha bisogno è un altro uomo libertino.

Max ha sempre rincorso l'avventura...fino a rimanerne segnato a causa di un incidente. Durante la convalescenza per le ferite riportate, scopre che la più grande avventura della sua vita può essere più vicina di quanto avesse mai immaginato - la migliore amica di sua sorella.

Il problema? Convincere Eva a rischiare tutto...senza freni.


(Si prega di notare che anche se questo è il primo libro della trilogia di Santa Monica, può essere letto come un romanzo a sé stante).

LinguaItaliano
EditoreJill Blake
Data di uscita17 mar 2016
ISBN9781507123904
Senza Freni (trilogia di Santa Monica, libro #1)
Autore

Jill Blake

Jill Blake loves chocolate, leisurely walks where she doesn't break a sweat, and books with a guaranteed happy ending. A native of Philadelphia, Jill now lives in southern California with her husband and three children. During the day, she works as a physician in a busy medical practice. At night, she pens steamy romances.

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    Anteprima del libro

    Senza Freni (trilogia di Santa Monica, libro #1) - Jill Blake

    Capitolo 1

    Eva aveva 40 minuti per gestire i messaggi più urgenti, terminare lo shopping, scaricare la spesa, e andare di corsa a scuola a prendere suo figlio.

    Era per questo che aveva quasi investito l'uomo.

    Naturalmente non le era stato d'aiuto il carrello della spesa con una ruota traballante e una volontà propria, che girava a sinistra quando lei lo guidava verso destra. Non sarebbe cambiato molto se la corsia fosse stata vuota. Oppure, se fosse stata più brava a gestire tante cose contemporaneamente. Gli ultimi sei mesi le avevano insegnato molto, ma non come spingere un carrello della spesa ribelle mentre lei si metteva al passo con le email sul suo iPhone.

    Ehi, attenzione.

    Alzò lo sguardo in tempo per vedere l'uomo barcollare e cadere all'indietro, prendendo in pieno uno scaffale di cibi biologici, prodotti senza glutine, e fiocchi di quinoa. Alcune scatole volarono.

    Eva si fermò di colpo. Tutto a posto?

    Vide il casino che aveva fatto e poi due occhi verdi sorpresi si puntarono su di lei. C'è una legge contro questo, lo sa?

    Che cosa?

    Niente messaggi mentre si guida

    Io non stavo- si interruppe nel vedere che l'uomo sorrideva. Provò una sensazione di déjà vu. Lo aveva visto prima, ne era sicura, ma non riusciva a ricordare dove. Mi dispiace. Si è fatto male?

    No, disse, appoggiando il suo cesto sul pavimento. C'è di peggio.

    Fu allora che notò la stampella e il modo rigido in cui muoveva la gamba mentre si chinava a raccogliere una scatola. Lasciò cadere il telefono in borsa e corse intorno al carrello per aiutarlo a pulire. Mi dispiace davvero.

    Cosa?

    Non si preoccupi.

    La sua gamba è a posto? Guardò le sue sopracciglia corrucciate, la leggera patina di sudore sulla sua fronte. Fuori c'erano una ventina di gradi, un po' più caldo della media per Santa Monica a metà maggio. Ma nel supermercato, l'aria condizionata manteneva la temperatura molto più bassa, tanto da farle venire i brividi sulle braccia. Se l'uomo stava sudando, probabilmente stava provando più dolore di quanto volesse dimostrare.

    disse, appoggiandosi alla stampella mentre raccoglieva un'altra scatola. Ancora un mese o due di riabilitazione, e sarò come nuovo.

    Aspetti, disse Eva. Lasci che io raccolga le scatole, lei le può sistemare.

    Le loro dita si sfiorarono mentre l'uomo prendeva le scatole, ed Eva ebbe un sussulto. Fu così inaspettato che la scatola le sfuggì di mano e le cadde di nuovo a terra.

    Scusi, mormorò. E poi per mascherare la sua confusione, gli disse, Cosa è successo alla sua gamba, se posso chiedere?

    Frattura alla tibia. Stavo sciando, e quell'albero—giuro, è uscito dal nulla.

    Eva fece una smorfia. Gli alberi possono fare brutti scherzi.

    L'uomo si mise a ridere, un suono caldo e morbido che le fece sentire le farfalle nello stomaco. La prossima volta, cercherò di lasciar perdere gli alberi.

    Lei guardò la sua gamba infortunata, notando alcune deboli cicatrici rosa intorno al ginocchio, appena visibili sotto i pantaloncini militari. Nonostante i vestiti larghi, era chiaro che aveva il corpo di un atleta. Polpacci forti e abbronzati, cosparsi leggermente di peli biondicci, una vita magra e fianchi asciutti, spalle larghe e ben definite, bicipiti che si flettevano sotto la T-shirt bianca quando impilava le scatole che lei gli porgeva. Ginocchio a parte, sembrava un modello per gli sport all'aria aperta: capelli spettinati schiariti dal sole, mascella squadrata con barba di tre giorni, sorriso smagliante incorniciato da labbra screpolate dal vento, e un atteggiamento arrogante che ostentava incurante disprezzo per il pericolo.

    Doveva essere un masochista, pensò, costringendosi a distogliere lo sguardo. Non era una sciatrice, e non riusciva a capire perché uno dovrebbe tornare sulle piste dopo quello che aveva tutta l'aria di essere stato un infortunio abbastanza serio. Forse si trattava di un bisogno dettato dalla necessità di dimostrare a se stesso di essere più forte delle sue paure. O forse si trattava di inseguire quel brivido che gli uomini sembravano provare grazie alla velocità in tutte le sue forme: automobili veloci, moto, motoscafi. Oppure semplicemente poteva essere che l'uomo non avesse il buon senso di capire che era ora di farla finita.

    E comunque, chi era lei per permettersi di giudicare? Era stata al riparo dai rischi per tutta la vita, e questo dove l'aveva portata? Per come la vedeva lei, nei guai. Vedova, madre single con un figlio di otto anni, a malapena in grado di guadagnarsi da vivere dopo anni ai margini del mercato del lavoro, e di fronte a una battaglia legale per aggrapparsi i pochi soldi che erano rimasti.

    L'uomo posò l'ultima scatola sullo scaffale e le tese una mano. Nel vedere che lei esitava, sollevò un sopracciglio, che era una tonalità o due più scuro dei suoi capelli. Sono più forte di quel che sembra.

    Eccola di nuovo, quella sensazione elettrica mentre le loro mani si toccavano. Si rialzò, gli lasciò la mano, e fece un passo indietro. Scusi di nuovo. Spero che si riprenderà presto.

    Lo farò, Eva. Grazie.

    La donna aggrottò la fronte. Ci conosciamo?

    Suo figlio fa la seconda, vero? Nella sezione della signora Brenner?

    Un impulso d'allarme la attraversò. Si avvicinò alla borsa che aveva lasciato nel suo carrello, e frugò per prendere l'iPhone. Non si sa mai sotto quali spoglie si può nascondere un pedofilo, di questi tempi.

    Lui si spostò, appoggiandosi più saldamente al bastone. Mio nipote, Connor, è nella stessa classe.

    Oh. Beh, questo spiegava tutto. Il suo cuore tornò a battere normalmente. Ecco perché l'uomo le era sembrato familiare. Lo studiò più attentamente, notando la somiglianza che prima non aveva colto. Nina, la mamma di Connor, era alta e bionda anche lei, anche se i suoi occhi erano più tendenti al nocciola che verdi, e certamente non così ipnotici.

    Io sono Max, aggiunse, dal momento che lei era rimasta zitta. Veramente, il mio nome è George Maxwell Palmer III. Ma tutti mi chiamano Max.

    Certo. Stava cominciando a tornarle in mente qualcosa. Era il fratello maggiore di cui Nina le aveva accennato, di solito con esasperazione, a proposito delle sue bravate da cattivo ragazzo. Lo zio infame che Connor aveva involontariamente presentato alla sua maestra d'asilo, la signorina Kelly. La povera donna aveva pianto per settimane dopo che l'uomo l'aveva scaricata. Poi toccò alla signorina Schroeder, l'insegnante di arte. E dopo di lei, ci fu la signorina Jacobson, la maestra di prima elementare. Si diceva che la signorina Jacobson avesse chiesto di essere trasferita dopo che Max aveva chiuso con lei. Per fortuna l'anno scolastico era appena iniziato, e il maestro che l'aveva sostituita era di sesso maschile e sposato.

    Quando si trattava di sesso, Max era l'artista del mordi e fuggi.

    Che fortuna—il primo uomo che aveva acceso la sua libido molto tempo dopo la morte di suo marito era anche l'ultimo uomo con cui avrebbe dovuto pensare di uscire.

    Non che lui gliel'avesse chiesto.

    Guardò l'orologio. Oh, guarda che ore sono! Devo andare. E' stato un piacere parlare con te, Max.

    Dovremmo rifarlo, uno di questi giorni.

    Eva sgranò gli occhi. Non stava dicendo a lei, vero?

    Magari davanti a un caffè, o a cena?

    Oddio, sì! L'intero incontro sembrava surreale. Scosse la testa. Grazie, ma non penso sia il caso.

    Perché no? Dovremo pur mangiare.

    Devo andare a prendere mio figlio, disse, come se introdurre Ben nel discorso potesse bloccare ulteriori avances. Fece un giro largo di fianco a lui, tenendo le mani ben salde sul carrello. Buona fortuna per...tutto.

    Si affrettò verso la cassa,tralasciando gli ultimi prodotti sulla lista. Avrebbe potuto sempre comprare i cereali e lo yogurt il giorno seguente, quando non avrebbe avuto fretta di andare a scuola, e probabilmente non avrebbe incontrato di nuovo Max.

    Capitolo 2

    Guardò Eva andarsene di corsa. In una città in cui le minigonne stavano tornando di moda, la tradizionale gonna al ginocchio avrebbe dovuto apparire sciatta. Ma forse le mode meno rivelatrici avevano il loro perché. Max era in grave difficoltà a immaginare qualcosa di più sexy del modo in cui la stoffa sfiorava il sedere seducente di Eva, dividendosi in basso in uno spacco che lasciava intravedere un paio di gambe perfette che sembravano ancora più lunghe su quel tacco 10 che portava.

    Peccato che lei lo avesse respinto. Se non avesse avuto un ego sano, si sarebbe sentito offeso. La donna chiaramente non voleva avere niente a che fare con lui. Il che era strano, dato il suo solito effetto sul sesso opposto.

    Raccolse il suo cestino messo in un angolo e si avviò lentamente lungo la corsia.

    Ad essere sinceri, lei non era nemmeno il suo tipo. Per prima cosa, non rispettava alla sua regola metà-più-sette - metà dei suoi anni, più sette - che quindi avrebbe collocato la sua partner ideale a venticinque anni. Non era una regola ferrea, ma tendeva a restringere il campo alle donne che erano single e contente di esserlo, e i cui orologi biologici non erano campanelli d'allarme pronti a suonare. Se questo lo rendeva un porco sciovinista, come lo aveva definito sua sorella, bene. Meglio che rischiare di essere coinvolto in qualche casino.

    E non ci provava con le donne con figli. Semplicemente non riusciva ad immaginare se stesso come un padre. Con il suo approccio alla vita malato di adrenalina, l'ultima cosa di cui aveva bisogno era la responsabilità aggiuntiva di una famiglia. Se l'esempio dei suoi genitori gli aveva insegnato qualcosa, era questo. Entrambi erano stati figli di papà che non avrebbero mai dovuto avere avuto figli propri, dato che non sapevano né si interessavano di fare i genitori. Avevano semplicemente abbandonato Max e Nina ad una serie di baby-sitter e governanti, e avevano continuato a girare il mondo in jet da un'avventura all'altra. Speleologia sportiva a Santo Domingo, trekking al campo base dell'Everest, kayak lungo il fiume Zambesi, parapendio a Lima. Alla fine ciò che aveva messo fine al loro stile di vita itinerante era stata una tempesta al largo di Key West che aveva fatto precipitare il Cessna bimotore pilotato dal padre di Max.

    Max a quel tempo aveva sedici anni . In piedi davanti alla tomba dei suoi genitori, aveva giurato di non ripetere i loro errori. Mentre non poteva controllare l'attrazione per gli sport pericolosi, poteva facilmente decidere di non avere figli. Per lui, la scelta era semplice.

    Ma in qualche modo niente di tutto questo importava quando guardava Eva.

    L'aveva già notata molto tempo prima. Come non poteva, quando i loro mondi si erano intersecati ripetutamente nel corso degli anni? Alle feste di compleanno del nipote, dove era stato reclutato per aiutare a contenere il caos di una ventina di bambini in età prescolare alimentati da troppo zucchero, Max si era ritrovato ad ammirare la curva liscia della sua guancia, lo scintillio malizioso nei suoi occhi, l'entusiasmo sconfinato con cui radunava e reindirizzava i bambini intorno a lei. A scuola, le poche volte che aveva aiutato Nina ad accompagnare o ad andare a prendere il nipote, si ritrovava a scansionare il parco giochi in cerca di Eva e di suo figlio.

    Naturalmente a quel tempo era sposata, e questa era un'altra cosa che la rendeva inaccessibile. Certi limiti che nemmeno lui osava trasgredire.

    Non che suo marito si vedesse molto in giro. In effetti, Max li aveva visti insieme solo due volte. Una volta, in un bar nelle vicinanze. E poi di nuovo circa un anno e mezzo fa, quando l'uomo era stato portato al pronto soccorso. Era stata una notte intensa, grazie ad un tamponamento a catena sulla 405. Max stava cercando di stabilizzare un paziente con fratture multiple prima di consegnarlo alla squadra ortopedica, così era stato l'altro medico del pronto soccorso ad occuparsi del marito di Eva. Max l'aveva vista di sfuggita, una breve visione di lei col volto pallido e labbra serrate, le mani strette tanto forte da avere le nocche bianche. Poi avevano tirato la tendina per la privacy, isolando il letto dal resto del pronto soccorso. Aveva sentito parlare del caso tempo dopo, al centro tumori. Glioblastoma multiforme di nuova insorgenza.

    In seguito, Eva sembrava essere scomparsa per un po'. Gli era capitato di rivederla di sfuggita di tanto in tanto, ma oggi era stata la prima volta in cui le era stato abbastanza vicino per parlarle, per toccarla.

    Sentiva ancora il tremore delicato che le aveva attraversato le dita quando lui l'aveva aiutata ad alzarsi da terra. L'impeto di lussuria che l'aveva travolto in quel singolo punto di contatto lo aveva colto di sorpresa. Anche adesso, non riusciva a capire. Cosa c'era in lei che da farlo desiderare di farla sua, nonostante fosse così diversa dalle sue solite mire? Era il fatto che lei lo aveva rifiutato ad alimentare ancor di più il suo interesse? O era semplicemente il fatto che dopo tutto questo tempo, lei era finalmente disponibile?

    Max non era andato al funerale del marito, ma sua sorella e suo cognato sì, lasciando Connor con Max. Era successo verso il giorno del Ringraziamento, pochi mesi prima dell'incidente di Max con gli sci.

    Bastavano sei mesi ad una donna per superare la morte di suo marito? Probabilmente no, nonostante avesse avuto un anno per prepararsi alla probabilità. La diagnosi di glioblastoma non era una condanna a morte automatica, ma la prognosi era indubbiamente grave. Eva avrebbe dovuto aspettarselo.

    La domanda era: lei era pronta a voltare pagina? Avrebbe giurato che c'era stata una scintilla di interesse reciproco nei suoi occhi, una consapevolezza fisica che aveva subito mascherato quando si era alzata e si era allontanata.

    Max scaricò i suoi acquisti sul nastro trasportatore della cassa veloce, imprecando tra sé e sé con la stampella. Avrebbe dovuto lasciarla in macchina. Il problema era che il ginocchio e la caviglia gli facevano un male fottuto. Un carrello sarebbe stato più facile da usare, ma gli ricordava troppo il girello di cui si era finalmente riuscito a sbarazzare sette settimane dopo l'intervento chirurgico. In più non aveva bisogno di molti generi alimentari. Nina si era presa l'incarico di rifornirgli il frigo dopo l'incidente, e si fermava ancora regolarmente per portargli le nuove ricette che sperimentava ogni giorno.

    Ad un certo punto, avrebbe dovuto dirle che era perfettamente in grado di badare ai suoi pasti. Ma era bello avere qualcuno che lo viziava, senza doversi preoccupare di secondi fini.

    Quella giovane infermiera carina - come si chiamava? - con cui era uscito per un periodo, era andata a trovarlo a casa dopo essere stato dimesso, offrendosi di aiutarlo in qualunque modo avesse voluto. Lui aveva rifiutato. Niente di meglio di un fastidioso tutore di metallo attorno alla gamba per smorzare la libido. Inoltre, anche se era stordito dagli antidolorifici e appena in grado di stare in piedi sulle stampelle, era troppo furbo per cadere in trappola e credere che tutto quel tubare e coccolare non sarebbero diventati qualcosa di più impegnativo.

    Sua sorella almeno si preoccupava sinceramente per lui. Anche se aveva passato molto tempo in bilico tra la disapprovazione e la rassegnazione in merito alle sue scelte di vita. Non capiva, data la loro infanzia e quello che era successo

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