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Il riscatto di Lady Faville
Il riscatto di Lady Faville
Il riscatto di Lady Faville
E-book259 pagine3 ore

Il riscatto di Lady Faville

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1821
Quando Lady Daphne Faville si accorge che l'uomo che l'ha salvata ed è rimasto gravemente ferito agli occhi è nientemeno che Hugh Westleigh, il nuovo gestore del Masquerade Club, capisce che è l'occasione giusta per saldare un vecchio debito. Decide dunque di accudirlo, sicura che lui non possa riconoscerla, ma il tempo passato insieme si rivela più piacevole del previsto, al punto che Daphne, per paura che il legame diventi troppo stretto, decide di andarsene. Il tenero sentimento sbocciato tra loro, però, si rivela più forte di qualsiasi precauzione e così, quando apprende che lui è tornato a Londra, ormai guarito, la gentildonna non resiste alla tentazione di andare a trovarlo... Mascherata, ovviamente.
LinguaItaliano
Data di uscita10 mag 2021
ISBN9788830529168
Il riscatto di Lady Faville
Autore

Diane Gaston

Diane Gaston's dream job had always been to write romance novels. One day she dared to pursue that dream and has never looked back. Her books have won Romance's highest honours: the RITA Award, the National Readers Choice Award, Holt Medallion, Golden Quill, and Golden Heart. She lives in Virginia with her husband and three very ordinary house cats. Diane loves to hear from readers and friends. Visit her website at: http://dianegaston.com

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    Anteprima del libro

    Il riscatto di Lady Faville - Diane Gaston

    Copertina. «Il riscatto di Lady Faville» di Gaston Diane

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    A Lady of Notoriety

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2014 Diane Perkins

    Traduzione di Mariadele Scala

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3052-916-8

    Frontespizio. «Il riscatto di Lady Faville» di Gaston Diane

    1

    Ramsgate, Kent, aprile 1821

    «Milady! Milady! Svegliatevi! Il fuoco!»

    Daphne, Lady Faville, si destò di soprassalto alle grida della sua cameriera, avvertendo immediatamente l’odore pungente del fumo e un forte bruciore agli occhi.

    Altre grida e colpi alle porte le giunsero dal corridoio della locanda di Ramsgate, dove aveva preso alloggio per la notte.

    «Il fuoco! Uscite tutti» tuonò una voce maschile.

    Un incendio: la sua paura più grande.

    Daphne balzò dal letto e infilò i piedi nelle babbucce, mentre la cameriera raccoglieva le loro cose e le ficcava alla rinfusa in una piccola valigia.

    «Lascia stare i bagagli, Monette. Dobbiamo uscire immediatamente da qui!» Afferrò il borsellino, si gettò il mantello sulle spalle e allungò la mano verso la maniglia della porta. Ma si sentì trattenere per il braccio.

    «Aspettate! Le fiamme potrebbero essere arrivate in corridoio» disse la ragazza, appoggiando le dita sull’anta. «È fredda. Non c’è pericolo» sentenziò poi, aprendo l’uscio.

    Non era vero.

    Il corridoio era invaso dal fumo e lingue di fuoco lambivano qua e là le pareti. In poco tempo la tappezzeria di carta avrebbe preso fuoco e l’incendio si sarebbe esteso a tutto il resto, travolgendo anche loro.

    Daphne rivisse un altro momento come quello, rivide un altro incendio. Era destinata a morire tra le fiamme?, pensò col cuore in gola.

    «Tieni le gonne lontane dal fuoco» urlò a Monette, mentre avanzavano alla cieca lungo il corridoio. «Sbrigati» sbuffò poi, prendendo la mano della ragazza e pentendosi di aver chiesto al proprietario della locanda le stanze più appartate e tranquille, lontano dalle scale.

    «C’è qualcuno in fondo al corridoio» gridò una voce maschile. Poi un uomo emerse dalla cortina di fumo e corse verso di loro. Le afferrò entrambe per un braccio e le trascinò verso il pianerottolo, mentre altri uomini bussavano alle porte delle varie stanze e altri ospiti uscivano, ancora in camicia da notte.

    Quando arrivarono alle scale, l’uomo spinse avanti Monette, che si precipitò giù. Invece Daphne si tirò indietro alla vista delle fiamme, che di sotto erano più alte e minacciose.

    «Vi ci porterò attraverso» disse l’uomo, sollevandola e scendendo le tre rampe di scale.

    Terrorizzata, lei gli nascose il viso contro il petto per non guardare. Ma a un tratto, sentendo l’aria rinfrescarsi, capì che poteva tornare a respirare: erano fuori. Fu deposta a terra e subito abbracciata dalla sua cameriera. Erano vive! Si girò per ringraziare il suo salvatore, ma l’uomo stava già rientrando nella locanda.

    Il valletto accorse. «Siete salva, milady. Venite, allontaniamoci dalla casa» la esortò, guidando lei e Monette verso un capannello di persone sommariamente vestite, che erano accalcate nel cortile. «Io devo tornare ai secchi» soggiunse, quasi volesse giustificarsi.

    «Sì, Carter. Date una mano» approvò Daphne, accennando un sorriso.

    Il valletto si unì al gruppo di uomini che si passavano secchi colmi d’acqua, mentre altri portavano i cavalli fuori dalla scuderia e spingevano le carrozze lontano dalle fiamme.

    Daphne guardò verso la porta della locanda, sperando che il suo salvatore ricomparisse. Non lo aveva visto in viso, ma era certa che lo avrebbe riconosciuto. Alto, con folti capelli scuri e un fisico imponente, indossava una marsina nera e pantaloni chiari. Una tenuta da vero gentiluomo.

    Alla fine, lui comparve con due bambini fra le braccia e una mamma atterrita al seguito.

    Daphne fece un passo avanti, ansiosa di parlargli, di ringraziarlo. Ma lui, dopo aver messo in salvo i bambini, tornò verso la porta. Uno degli altri uomini lo afferrò per un braccio, cercando di fermarlo, inutilmente.

    Daphne si coprì istintivamente la bocca con la mano. Signore, fa’ che torni fuori, ti prego.

    Un signore anziano le si avvicinò. «Lady Faville?»

    Daphne voleva controllare che il suo salvatore uscisse di nuovo, non voleva fare conversazione.

    «Vi ricordate di me?» le fu chiesto.

    Doveva essere uno dei gentiluomini che aveva conosciuto a Londra. «Mi dispiace, io non...»

    «Sono Lord Sanvers» si presentò. «Ci siamo incrociati varie volte al Masquerade Club

    Il Masquerade Club? La casa da gioco di Londra dove ci si poteva recare mascherati per proteggere la propria identità? Daphne voleva dimenticare quel posto; non voleva ricordarsi che lo aveva quasi distrutto provocando un terribile incendio.

    «Lo frequentavo due anni fa, e sono state molte le persone che ho incontrato a quell’epoca» mormorò.

    Non era una valida scusa. Senza dubbio quel tipo, come tutti gli altri frequentatori del Masquerade, era a conoscenza della sua infatuazione per un solo uomo, un uomo che non l’aveva mai amata.

    Per quel motivo era fuggita sul Continente e aveva trovato asilo in Svizzera, nell’Abbazia di Fahr, un monastero di monache benedettine. L’abbazia era stata il suo rifugio e la sua salvezza. Ma lì aveva anche dovuto affrontare i propri difetti e le proprie colpe.

    Poteva cambiare? Poteva diventare altruista come il suo coraggioso salvatore?

    Dopo alcuni minuti, che a lei sembrarono ore, lui uscì di nuovo, portando in salvo altre due persone. Nel frattempo l’incendio si era intensificato e le fiamme sibilavano e mugghiavano come bestie inferocite.

    All’interno della locanda c’era ancora qualcuno? Il suo salvatore avrebbe rischiato un’altra volta la vita per soccorrere chi era rimasto dentro?

    Lui corse ancora verso la porta e, quando varcò la soglia, la sua figura fu illuminata da una massa di tizzoni ardenti che caddero dal soffitto, mentre uno scricchiolio sinistro risuonava nell’aria, come se la casa stesse agonizzando. Alcune travi precipitarono dal tetto e l’uomo sollevò le braccia davanti al viso per proteggersi.

    Daphne vide con orrore che una grossa tavola di legno in fiamme lo colpiva, facendolo cadere a terra. «No!» gridò, correndo in suo soccorso.

    Ma alcuni uomini la precedettero e lo tirarono per la marsina, riuscendo a trascinarlo in cortile poco prima che l’intero edificio crollasse.

    Daphne gli si inginocchiò accanto, mentre gli uomini gli ripulivano i vestiti dalla brace e dalla cenere. «È vivo?» chiese.

    Gli uomini lo girarono sulla schiena e uno di loro gli appoggiò un dito sulla vena del collo. «È vivo, per il momento.»

    «Lo conosco!» esclamò poi lei.

    Anche se aveva il viso coperto di fuliggine e di bruciature, lo riconobbe all’istante. Era Hugh Westleigh, fratello della signora che lei aveva trattato ingiustamente al Masquerade Club.

    Era arrivato anche lui con il battello postale da Calais? O era diretto laggiù? Comunque fosse, lei aveva il sospetto che non sarebbe stato contento di vederla, dopo tutti i problemi che aveva causato alla sua famiglia. In ogni caso, il fatto che fosse privo di sensi la allarmò.

    «Sarà meglio portarlo da un dottore» disse uno degli uomini, aiutando gli altri a sollevarlo.

    Daphne li seguì, ma il suo valletto e la sua cameriera fecero per fermarla.

    «Milady?» mormorò Monette, spalancando gli occhi.

    «Conosco quest’uomo» spiegò Daphne. «Devo assicurarmi che riceva le cure adeguate. Aspettatemi qui.»

    Lo portarono in quello che sembrava un negozio, ma all’interno diverse persone erano sedute su panche mentre colui che doveva essere il dottore medicava le ustioni che avevano riportato.

    «Abbiamo un ferito grave, Mr. Trask» annunciò uno degli uomini.

    Il dottore fece cenno al ferito che stava medicando di alzarsi dalla sedia e indicò agli uomini di far sedere Westleigh, che era ancora privo di sensi.

    «Vivrà, dottore?» chiese Daphne, serrando le mani.

    «Non lo so, signora» rispose.

    «È stato colpito in testa» riferì. «Ho visto l’asse cadergli addosso.»

    Il dottore esaminò il capo di Westleigh, che si lamentò, facendo respirare Daphne di sollievo. Gli sollevò la testa. «Svegliatevi, signore.» Poi si rivolse a lei. «Qual è il suo nome?»

    «Mr. Westleigh. È parente del Conte di Westleigh.»

    «Davvero?» Uno degli uomini che lo avevano trasportato inarcò le sopracciglia. «Chi si sarebbe aspettato che un aristocratico si comportasse così? È coraggioso, il signore.»

    «Westleigh! Svegliatevi» ordinò il dottore.

    Lui emise un altro lamento.

    «Aprite gli occhi» lo incalzò.

    Westleigh si sforzò di obbedire, fece una smorfia e cercò di strofinarsi gli occhi. «Non posso...»

    Può parlare, pensò Daphne, ringraziando Dio.

    Il dottore gli fece staccare le mani dagli occhi. «Se fate così, mi impedite di esaminarvi.» Lo osservò attentamente e poi si rivolse a Daphne. «Ha subito danni agli occhi.» Gli fece inclinare il capo e glieli lavò con l’acqua contenuta in un catino che aveva accanto. «Deve tenere delle bende sugli occhi per due settimane, altrimenti perderà la vista.» Si strinse nelle spalle e soggiunse: «Potrebbe perderla comunque, ma a volte il recupero è totale. Sono più preoccupato del colpo che ha ricevuto in testa. Deve essere stato molto forte e ha bisogno di stare a riposo assoluto, almeno per una settimana». Gli scrutò l’interno della bocca e del naso e dichiarò: «Non sta sanguinando. Ed è una buona cosa».

    «La testa... fa male» farfugliò Westleigh.

    Il dottore gli applicò dei tamponi di garza sugli occhi e gli avvolse una benda attorno al capo per impedire che si spostassero. Appena ebbe terminato, rivolse le sue cure a un altro ferito che era appena stato portato dentro. «Devo occuparmi di quest’uomo» disse, congedando Daphne. «Assicuratevi che non si tolga la benda dagli occhi e fatelo riposare. Non può viaggiare, mi raccomando. Deve stare tranquillo.»

    Lei tirò fuori alcune monete dal borsellino e le appoggiò sul tavolo, pensando che una ricompensa fosse opportuna.

    Gli uomini che avevano portato Westleigh nell’ambulatorio del dottore lo fecero alzare in piedi. «Coraggio, signore. Dobbiamo andare.» Uno di loro si volse verso Daphne. «Seguiteci.» Doveva pensare che viaggiasse con lui.

    Quando uscirono, l’alba iniziava ormai a rischiarare il cielo.

    Carter, il valletto, corse incontro a Daphne. «Milady, John Coachman ha trovato una scuderia per i cavalli. Lui e la vostra cameriera vi stanno aspettando con la carrozza, che è rimasta fuori dalla locanda.»

    «Potete aiutarmi a tenerlo in piedi?» gli chiese l’uomo che stava sorreggendo Westleigh. Gli consegnò il fardello, poi se ne andò giustificandosi così: «Devo andare a vedere come sta la mia famiglia, signora».

    Westleigh emise un brontolio.

    «Che cosa devo fare con lui?» domandò Carter, piegato sotto il peso del ferito.

    «Credo che dovremo portarlo alla carrozza e poi trovare qualcuno che si prenda cura di lui» rispose Daphne.

    Alla locanda, gli uomini stavano ancora lavorando per estinguere completamente le fiamme e mettere in salvo le poche cose che erano scampate al fuoco.

    I bagagli di Daphne e della sua cameriera erano rimasti sulla carrozza, così avevano perso solo i beni che erano nella valigetta.

    Carter e John Coachman aiutarono Westleigh a salire sulla carrozza.

    «Verrà con noi?» chiese Monette.

    «Oh, no» rispose Daphne. «Lui non vorrebbe. Doveva viaggiare con qualcuno. Scopriremo chi è.» Si volse verso Carter e soggiunse: «Potete informarvi con chi era, per piacere? Il nome di questo signore è Hugh Westleigh». Vedendo che lui si muoveva e cercava di togliersi la benda dagli occhi, gridò: «No! Non dovete toccare la benda,Westleigh». Salì sulla carrozza e gli fece scostare le mani dagli occhi, poi gli sistemò i cuscini dietro la testa per farlo stare più comodo.

    «Ho sete» mugugnò lui.

    Che sconsiderata, si ammonì Daphne. Avrebbe dovuto immaginare che fosse assetato. «Monette, va’ a prendere della birra e qualcosa da mangiare.»

    Un uomo ferito che cosa doveva mangiare? Lei non lo sapeva, ma tirò fuori dal borsellino alcune monete e le consegnò alla cameriera e al valletto. «Comprate qualcosa da bere e da mangiare anche per voi e per John Coachman, naturalmente.»

    Monette tornò dopo un quarto d’ora con cibo e birra che aveva acquistato in una taverna. «Hanno una stanza dove possiamo cambiarci d’abito» riferì a Daphne. «Ho pagato per la stanza e per un pasto, così potremo mangiare da sole.»

    Era preferibile che mangiare in carrozza, con l’odore del fumo e della cenere che aleggiava ancora nell’aria.

    «Io mi prenderò cura del signore, milady» si offrì John Coachman. «Devo comunque rimanere a guardia della carrozza. Lui starà bene sul sedile, con i cuscini e tutto il resto.»

    Monette si arrampicò sul tetto della carrozza per tirare fuori dai bauli dei vestiti puliti, che arrotolò in un fagotto, poi guidò Daphne fino alla taverna, che si trovava poco distante.

    Il locale era affollato di persone vestite nei modi più disparati, che dovevano essere tutte scappate dall’incendio. L’odore di sudore, fumo e birra rovesciò lo stomaco di Daphne. Una signora del suo rango non poteva sopportare di stare in un posto come quello, pensò, coprendosi la bocca con la mano.

    Poi le parole della badessa di Fahr le tornarono alla mente. Dovete provare indulgenza e comprensione per tutte le persone, milady. Siamo tutti figli di Dio.

    Cara badessa. Le suore di Fahr le avevano detto che era molto vecchia, ma a lei era sembrata incredibilmente giovane, senza età. Per un arcano motivo, la badessa aveva riversato amore e attenzione su di lei.

    Daphne sentì le lacrime salirle agli occhi. La morte della badessa era stata per lei un duro colpo, più della morte di sua madre, o di suo marito. Dopo quella dolorosa perdita, non se l’era più sentita di rimanere a Fahr. Ma le rimanevano le parole di quella santa donna. A volte le sembrava persino che fosse al suo fianco, che le sussurrasse all’orecchio.

    Si guardò attorno, cercando di vedere le persone che affollavano la taverna con gli occhi della badessa. Molte sembravano esauste, altre avevano l’espressione disperata. Altre ancora avevano le braccia o le mani bendate.

    Quella vista le procurò sofferenza. A essere sincera, una parte di lei era grata a Dio per essere sana e salva.

    Quando raggiunsero la porta della stanza privata, un gentiluomo si alzò da un tavolo a cui sedeva solo. Era lo stesso che poco prima aveva detto di averla incontrata al Masquerade Club. Come si chiamava? Lord Sanvers.

    «Cara signora, siete qui. Ero preoccupato per voi» disse.

    Daphne notò che era perfettamente pettinato e che doveva essersi cambiato d’abito, perché era impeccabilmente abbigliato. «Sono sana e salva, signore.»

    «Posso esservi di aiuto? Sono al vostro servizio» si offrì.

    Avrebbe potuto prendersi cura di Westleigh! Sarebbe stata la soluzione migliore per tutti.

    Daphne guardò il tavolo e le sedie che Lord Sanvers aveva a propria disposizione, mentre un gran numero di persone erano costrette a stare in piedi. Le avrebbe accordato aiuto e assistenza se non fosse stata la bella e ricca vedova di un visconte? «I miei domestici hanno provveduto a tutto, signore. Ma vi ringrazio» rispose, congedandosi con un inchino.

    Appena entrò nella stanza privata, dove Monette l’aveva preceduta, si lasciò cadere su una sedia con un respiro di sollievo e un forte senso di colpa. Perché doveva disporre di quella stanza privata, mentre tante persone non avevano nemmeno uno sgabello su cui sedersi? Pensava solo a se stessa, come Lord Sanvers?

    Si tolse la camicia da notte che aveva sotto il mantello e indossò il vestito che Monette aveva portato per lei. Anche la sua cameriera si cambiò e poi fecero una rapida colazione. Quando pagò il proprietario, gli consegnò alcune monete in più e gli chiese di mettere la stanza a disposizione delle persone che erano più stanche e provate. Ma non rimase a controllare se l’uomo eseguiva la sua richiesta perché era ansiosa di ritornare alla carrozza e uscì immediatamente dalla taverna, seguita da Monette.

    Carter e il cocchiere le attendevano.

    «Avete trovato i compagni di viaggio di Mr. Westleigh?» domandò Daphne, sbirciando all’interno della carrozza, dove vide il ferito ancora abbandonato contro i cuscini.

    «Ho parlato con il proprietario della locanda, milady, e mi ha detto che Mr. Westleigh viaggiava solo, senza nemmeno un valletto.»

    Allora chi poteva occuparsi di lui?

    «Come sta?» chiese al cocchiere.

    «Dorme. Ha parlato e si è agitato, ma sempre nel sonno. Però ha bevuto un poco di birra.»

    «Dobbiamo trovare qualcuno che si prenda cura di lui.»

    Carter scosse il capo. «Non credo sia possibile. L’incendio ha provocato troppi danni. Ci sono tanti feriti e senzatetto, la locanda è distrutta e sarà difficile trovargli una stanza, o stanze per noi.»

    «Dobbiamo partire oggi stesso, milady» intervenne John Coachman. «Se ci mettiamo subito in viaggio, potremo trovare alloggio lungo la strada e arrivare a casa dopodomani.»

    Avrebbero impiegato tre giorni per raggiungere la sua proprietà di Vadley, nei pressi di Basingstoke. Suo marito le aveva lasciato l’intera proprietà della casa e della tenuta di campagna, invece di relegarla nella casa della vedova a Faville.

    Lei aveva trascorso a Vadley solo poche settimane dopo la morte del marito, ma ora aveva intenzione di stabilirsi laggiù. Forse aveva maturato quella decisione per espiare la vita leggera e sconsiderata di un tempo, ma non ne era certa.

    «Non possiamo portarlo con noi. Il dottore ha detto che non può viaggiare» insistette. Ma mentre pronunciava quelle parole le sembrò di sentire la voce della badessa. Dovete trovare la grazia di dare aiuto al momento opportuno.

    «Non abbiamo scelta, milady» osservò Carter.

    «Dico che dovremmo metterci in viaggio e chiedere a tutti i proprietari delle locande che incontreremo se possono accoglierlo e prendersi cura di lui» propose il cocchiere. «Sarà più facile trovare qualcuno disposto ad assisterlo, quando saremo fuori da Ramsgate.»

    «Non possiamo abbandonarlo» dichiarò Monette con occhi imploranti.

    I suoi domestici erano pronti ad accudire un estraneo, ma lei pensava solo al modo di liberarsi di lui perché sapeva che a Westleigh non sarebbe piaciuto essere assistito da una signora che si era comportata male nei confronti di sua sorella. O stava solo pensando al proprio

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