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Destino crudele: I Romanzi Storici
Destino crudele: I Romanzi Storici
Destino crudele: I Romanzi Storici
E-book282 pagine4 ore

Destino crudele: I Romanzi Storici

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Info su questo ebook

Inghilterra - Francia, 1889.
Convinta di dover morire a causa di una malattia incurabile, Laura Middlebrook decide di godersi gli ultimi mesi di vita.
Arrivata a Londra, si reca da Sean Wilder, un ex agente di Scotland Yard che ha conosciuto di recente, proponendogli di sposarla e portarla in giro per il mondo. In cambio, lei gli lascerà tutto il suo patrimonio. Commosso e turbato da quel destino crudele, Sean accetta e la porta con sé a Parigi, facendole conoscere un mondo scintillante e pieno di fascino.
Ma un ignoto assassino minaccia di ucciderli e i due sposi devono far ritorno in Inghilterra. Qui, scoprendo che sua moglie non è affetta da alcuna malattia mortale ed è in attesa di un bimbo, Sean comincia a sospettare di essere stato raggirato e si allontana da lei.
Sarà in seguito a un'ultima, terribile prova, che il loro amore uscirà trionfante.
LinguaItaliano
Data di uscita20 giu 2018
ISBN9788858983454
Destino crudele: I Romanzi Storici

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    Anteprima del libro

    Destino crudele - Lyn Stone

    successivo.

    1

    Midbrook Manor, Bedfordshire, Inghilterra

    Settembre 1889

    «Dirai a Laura che deve morire, Lamb?»

    Laura Middlebrook, che era appostata dietro la porta dello studio, divenne cadaverica. Cielo!, pensò tramortita. Era mai possibile? No, doveva aver frainteso ciò che James Maclin aveva detto a suo fratello.

    Il sangue prese a rombarle nelle orecchie con tale impeto che quasi non udì la risposta. «No, no. Quella povera figliola ne rimarrebbe sconvolta. È inutile angosciarla per una cosa contro cui non può lottare. Vorrei non saperlo nemmeno io, visto che non posso fare niente.»

    «È stato il dottor Cadwallader a fare questa prognosi?» domandò James.

    «Sì. Che tragedia, vero? Il dottor Cadwallader afferma che la fine può sopraggiungere in modo rapido e indolore. Prima ci sarà un progressivo senso di debolezza e poi un giorno non si alzerà più. L'unica cosa che posso fare, è renderle i suoi ultimi giorni i più lieti possibile.»

    Laura si appoggiò contro la parete e chiuse gli occhi.

    Non aveva capito male. Parlavano di lei.

    Il dottor Cadwallader era venuto a visitarla due ore prima per cercare di capire che cos'avesse provocato lo svenimento della notte precedente e le aveva consigliato di non allacciarsi troppo stretto il corsetto. Il disgraziato avrebbe dovuto dirle la verità. Ma forse, visto il modo in cui stava reagendo, aveva fatto bene a tacere. Adesso che sapeva, avrebbe preferito restare nell'ignoranza.

    La voce di Maclin ridestò la sua attenzione. «Certo, non si può dire che sia una gran bellezza, ma ha un cuore immenso. L'ammirano tutti. Dev'essere terribile perderla in questo modo. Vuoi che ti versi un altro brandy, Lamb? Hai una faccia che fa paura.»

    Lambdin borbottò il suo assenso e Laura udì tintinnare i bicchieri. Intendevano liquidare la sua fine imminente con un liquore e poche parole di cordoglio?

    Un'ondata di nausea le fece stringere i denti. Era un sintomo del suo male? Lacrime copiose le bagnarono il vestito senza che lei si accorgesse di piangere.

    «Non sarebbe il caso di metterla in isolamento per evitare che contagi gli altri?» domandò Maclin. «Tremo al pensiero del rischio che state correndo.»

    «Il medico assicura che non si tratta di una forma contagiosa» replicò Lambdin. «Dice che è stata causata dal morso di un insetto, cosa non rara in questa zona. In alcuni casi, ha spiegato, la malattia resta silente per anni e poi esplode in tutta la sua virulenza. Laura non deve conoscerne la gravità fino alla fine. Per lei sarà più facile. L'ignoranza circa le sue condizioni le impedirà di cercare una cura inesistente. Povera Laura. Sono addolorato per lei. Tu non le dirai niente, vero, James?»

    Laura si coprì la bocca con la mano e scosse la testa.

    «Sai bene che non aprirò bocca. Quanto tempo le ha dato il medico?»

    «Alcuni mesi, forse meno. Dannazione, James, mi mancherà, lo sai?»

    Laura si staccò dal muro e si diresse barcollando verso le scale. Non sapeva che cosa fare. Il suo primo impulso era stato quello di irrompere nello studio e intimare a Lambdin di riferirle tutto quello che aveva detto il dottor Cadwallader, ma ormai riteneva di saperne abbastanza.

    Forse il medico si sbagliava. Doveva sbagliarsi. Non era mai stata male in vita sua. L'attacco della notte precedente era stato causato dal busto troppo stretto e dal vino che aveva bevuto a tavola. Tuttavia il dottor Cadwallader non avrebbe mai mentito a Lambdin. Per quale motivo avrebbe dovuto farlo?

    Quando squillò il campanello, Laura si voltò di scatto e vide il fratello uscire dallo studio e dirigersi verso il portone d'ingresso.

    «Ah! Siete voi, signor Wilder! Mio padre ci ha scritto avvertendoci del vostro arrivo» esclamò Lambdin. «Non capita tutti i giorni di ricevere una visita da un ispettore di Scotland Yard. Io sono Lambdin Middlebrook.»

    «Non lavoro più a Yard» lo corresse l'uomo in tono pacato.

    «No, no, certo. Mi sembrava che mio padre avesse detto che state indagando su un trasporto marittimo. È così?» domandò Lambdin.

    Laura sperò che suo fratello smettesse di blaterare, pagasse quel che doveva e mandasse via l'importuno. Aveva un bisogno disperato d'apprendere qualcosa di più su ciò che aveva detto il dottor Cadwallader.

    Il visitatore sollevò una valigetta di cuoio che teneva nella mano sinistra. «Sì. La mia ditta, la Wilder Investigation, si occupa di indagini personali e vostro padre ne è al corrente.»

    «Ah, sì, ci sono!» esultò Lambdin. «Voi siete un investigatore privato. Adesso ricordo. Bene, accomodatevi.»

    L'ospite entrò e mentre stringeva la mano protesa di Lambdin, si guardò intorno e infine posò due penetranti occhi verdi su di lei. Notando la sua abbronzatura, Laura immaginò che vivesse in un clima caldo e stesse molto tempo all'aria aperta. Una chioma scura, morbida e ondulata, incorniciava un volto dalle fattezze incisive.

    Lo sconosciuto pareva emettere delle onde di calore che stemperavano la sensazione di gelo che lei provava. Ma all'improvviso il suo sguardo si fece così penetrante che lei dovette lottare per mantenere un certo controllo.

    Si sentiva come una farfalla inchiodata nella teca di un collezionista ed erano quegli occhi a darle quella sensazione sgradevole. Erano occhi vivaci che vedevano tutto e che a tratti parevano velarsi di compassione.

    Possibile che si fosse accorto che lei era condannata? Cha stava morendo? Incapace di trattenersi, Laura emise un singhiozzo e fuggì su per la scala. Mai il corridoio del primo piano le era sembrato tanto lungo. Quando infine arrivò nella sua camera, sbatté la porta, girò la chiave e si buttò sul letto.

    Non stava per morire. Doveva esserci un errore. Il dottor Cadwallader era vecchio e forse si confondeva, oppure Lamb e James, sapendo che le piaceva origliare, avevano deciso d'impartirle una lezione.

    Oh, Dio, non poteva essere moribonda.

    Pur non osando domandare al suo ospite chi fosse quella specie di coniglietto spaventato, Sean Wilder gli rivolse un'occhiata interrogativa. Di solito, anche se la sua mole poteva intimidire, non produceva un simile effetto sulle donne. Modestia a parte, di norma le donne gli correvano incontro, non il contrario, ma quella ragazza gli era sembrata timida e minuta come un topolino.

    E anche molto graziosa, con tutte le curve al posto giusto. Curve che, avrebbe scommesso, erano naturali e non frutto di qualche imbottitura. E i suoi capelli ramati e lucenti avrebbero destato in qualunque uomo il desiderio di scioglierli e acconciarglieli intorno alle spalle. D'improvviso ricordò che, quando era entrato, gli occhi grigi di lei gli erano sembrati umidi. Dunque non era fuggita per colpa sua. Doveva aver ricevuto una lavata di capo da Middlebrook per aver trascurato i suoi doveri.

    «Mia sorella» spiegò il padrone di casa eliminando l'ipotesi che fosse una domestica. «In questi ultimi tempi è un po' nervosa. Scusatemi se vi è parsa maleducata.»

    «Direi che soprattutto mi è sembrata sconvolta» replicò Sean.

    Middlebrook si strinse nelle spalle. «Oh, sapete, le donne accusano strani malesseri, di tanto in tanto. Ho fatto venire il medico a visitarla proprio questa mattina.»

    «Niente di grave, spero?» Con sua grande sorpresa, Sean si trovò ad augurarsi che la risposta dell'uomo lo tranquillizzasse. Che cosa diavolo gliene importava?

    Quella ragazza non significava niente per lui. Dio solo sapeva quante donne angosciate aveva visto. Tuttavia era ansioso di sapere che cosa non funzionasse.

    Middlebrook interpretò la sua domanda come una manifestazione di buona educazione e mentre conduceva l'ospite nel suo studio la ignorò preferendo presentargli l'amico, intento a versare delle bibite. «Questo è il signor Sean Wilder, James. Sir, il mio vicino, James Maclin.»

    Sean notò che le mani di Maclin tremavano nel sollevare la caraffa e che la sua espressione era guardinga. Dunque il giovanotto aveva porto l'orecchio alle chiacchiere che giravano a Londra sul suo conto. Affettando un sorriso enigmatico, Sean chinò la testa in un cenno di saluto, divertito dall'agitazione di Maclin. Avvalersi della sua pessima reputazione era uno dei pochi piaceri che ancora si concedeva.

    «Non fate caso a James» disse Middlebrook. «Si è attardato per vedere il mio nuovo puledro. V'interessate anche voi di accoppiamenti equini?»

    «Per niente» rispose Sean con franchezza. Per lui i cavalli servivano solo per andare da un posto all'altro. Erano animali imprevedibili e non aveva mai avuto il desiderio di possederne uno. Tra l'altro, ogni cosa capace di distoglierlo dal lavoro lo innervosiva e la ragazza piangente che era corsa su per la scala lo aveva già distratto abbastanza. Poteva ignorare la collera, la petulanza, perfino la seduzione più sfrontata, ma le lacrime di una donna lo paralizzavano sempre. Che cosa diavolo le era successo per essersi ridotta in quello stato?

    Middlebrook parve deluso dal suo disinteresse. «Molto bene. Sedetevi. Avete portato le informazioni che mio padre vi ha chiesto prima di partire? Ho l'ordine di spedirgliele non appena sarò a conoscenza del suo recapito.»

    Sean estrasse dei documenti dalla valigetta cercando di non pensare più alla sorella di Middlebrook, ma l'espressione tragica della ragazza continuò a tormentarlo. Dannazione, imprecò tra sé. Quando un uomo comincia a preoccuparsi per una donna, farebbe meglio a porgere la gola alla lama di un rasoio.

    No, i legami affettivi non facevano per lui. Aveva già avuto due relazioni con giovani donne di rango. La prima era stata devastante; la seconda, avendo imparato la lezione, aveva solo ferito il suo orgoglio.

    La sua ambizione maggiore era evitare ogni coinvolgimento affettivo. Un rapporto fisico sarebbe stato il benvenuto, ma la signorina Middlebrook non sembrava il tipo da accettare una breve avventura di letto. Meglio concludere l'affare per cui era venuto e andarsene.

    «Dovreste far pervenire subito questa relazione a vostro padre, in modo che possa correre ai ripari al più presto. Mentre parliamo sta perdendo un capitale.»

    Due amministratori stavano derubando a man bassa il vecchio Middlebrook, ma l'anziano signore lo aveva pregato espressamente di non ucciderli. Qualcuno doveva aver aggiunto alla lista dei suoi talenti la voce assassino su commissione, pensò Sean nascondendo un sorriso.

    «Immagino che abbia lasciato delle istruzioni circa la mia remunerazione» concluse in tono blando.

    Una volta un suo cliente banchiere si era rifiutato di pagargli un lavoro e il giorno successivo un vicino di casa aveva scoperto il suo cadavere crivellato di coltellate. Non importava che avesse dovuto trascorrere tutta la sera con un capo ispettore di Scotland Yard. Non importava che il vero colpevole fosse stato catturato e impiccato. La gente aveva detto che Wilder si era fatto giustizia da solo e a lui non era dispiaciuto. La reputazione di duro era basilare nel mondo degli affari.

    «Oh, sì, certo. Provvedo subito.» Middlebrook aprì il cassetto dello scrittoio e gli consegnò una busta contenente un assegno. Sean verificò che la cifra fosse esatta e i due si strinsero la mano. «Il tè verrà servito tra un'ora. Restate, vero?»

    L'invito era solo una manifestazione di gentilezza ma, sebbene lo sapesse, Sean accettò. Avrebbe rivisto la ragazza e avrebbe capito se nel frattempo si era ripresa.

    Non che gl'importasse poi tanto. La sua era solo una curiosità. Tra l'altro l'idea d'affrontare un viaggio di quattro ore a stomaco vuoto non lo allettava.

    «James e io stavamo andando nelle scuderie. Se volete unirvi a noi, sarete il benvenuto.»

    Sean sorrise. Quella proposta giungeva a fagiolo. Aveva già l'assegno in tasca e un'ora da riempire in qualche modo. «Sì, ho voglia di fare una camminata dopo il viaggio in carrozza. Che tipo di cavalli allevate?»

    Middlebrook si lanciò in una lunga dissertazione, mentre Maclin gli rivolgeva occhiate ansiose come se si aspettasse di vederlo fuggire con tutto il branco. Sorridendo tra sé, Sean si limitò a rispondere con qualche battuta.

    Di norma non avrebbe perso tempo con quel ragazzino e i suoi cavalli. Avrebbe intascato la sua parcella e se ne sarebbe andato. Era stata la fame a impedirglielo, si disse. Non la sorella di Middlebrook in lacrime.

    Farsi coinvolgere da quella ragazza sarebbe stata pura follia. Gli era bastata Camilla Norton, ricordò con un sogghigno.

    Adesso conduceva la vita che voleva e non avrebbe permesso a nessuno di sconvolgerla. L'autocontrollo era la chiave di volta. Aveva lavorato per anni per conseguirlo e intendeva conservarlo. Niente più donne capaci di mettere a soqquadro i suoi sentimenti o quel poco che ne era rimasto.

    Per Laura Middlebrook provava solo una semplice curiosità. All'ora del tè la ragazza sarebbe apparsa più serena e lui, rinfrancato da uno spuntino e constatato che lei stava bene, si sarebbe messo in viaggio.

    Il tè si rivelò una faccenda interessante.

    La calda bevanda venne servita dalla signorina Middlebrook e versata non solo nelle tazze, ma su tutto il tavolo. Sean dovette alzarsi di scatto per non esserne inondato, ma lei parve non accorgersene e non registrò nemmeno l'imprecazione del fratello.

    Chiamò una cameriera perché rimediasse al danno, poi si sedette su una seggiola con la tazza in mano e le spalle afflosciate e sprofondò nei suoi cupi pensieri.

    Pur desiderando chiederle quali affanni la turbassero, Sean mangiò tutto quello che gli diedero rispondendo in modo distratto alle domande di Middlebrook e concentrandosi sulle fette di manzo speziato e sulla torta.

    «E così vostra madre vive in Cornovaglia? Bel posto, mi hanno detto. Io non ci sono mai stato, anche se gli zii della mia fidanzata risiedono a Trevlynton, lungo la costa» chiacchierò volubilmente Middlebrook. «Dovete sapere, caro Wilder, che mi è stata proposta una moglie adorabile. Diciannove anni sono pochi per sposarsi, ma ho avuto la fortuna di trovare una perla rara come Jillian e non posso lasciarmela sfuggire. Voi siete ammogliato, sir?»

    «No.» Di colpo Sean ebbe voglia di andarsene. Quella conversazione vacua lo annoiava a morte. Perfino la sua curiosità circa i problemi della piccola Middlebrook si era spenta. «Oggi non sono di buona compagnia, temo. Dovete scusarmi, ma ho diversi affari che mi attendono in città» dichiarò dopo una pausa. «Credo che adesso me ne andrò.»

    «Ma certo» convenne Middlebrook cortesemente. «Siete stato gentile a venire fin qui per portarci la vostra relazione.»

    Sean chinò la testa. «Vostro padre mi ha ben ricompensato. Fa parte del mio lavoro.»

    «Laura, sii gentile, va' a prendere il cappello e il bastone del signor Wilder.»

    La ragazza si alzò come una molla, fece due passi precipitosi e al terzo inciampò nel tappeto. Sean la sostenne prima che cadesse per terra e lei tremò tra le sue braccia come un uccello ferito. Sean avrebbe voluto calmare il suo tremito e strapparle un sorriso, ma comprendendo che si trattava di un impulso pericoloso, lo soffocò.

    Che cos'aveva quella figliola per essere tanto sconvolta da non saper più camminare?

    «Avete ritrovato l'equilibrio?» le domandò facendola sedere su una panca e prendendole la mano. «Vi siete fatta male?»

    Laura scosse il capo. «Sto bene» mormorò trasalendo.

    Middlebrook si era avvicinato e le aveva posato una mano sulla spalla con fare rassicurante. A Sean non rimase che andarsene. «Ne siete certa?» insistette. «Allora non disturbatevi. Troverò la strada da solo.»

    Lei annuì e raddrizzò le spalle come un soldatino coraggioso. «Arrivederci, signor Wilder» mormorò. «Vi prego... tornate.»

    Tornare? Mai. Sean trovò il suo cappello vicino a un vaso orientale nell'ingresso, ma il bastone mancava. Sebbene fosse il suo preferito, dopo una breve ricerca ci rinunciò. Quella perdita gli sembrava un piccolo prezzo da pagare per poter uscire da Midbrook Manor in fretta. Aveva concluso i suoi affari e non aveva alcun bisogno di preoccuparsi per la signorina Middlebrook. Molto presto se la sarebbe tolta dalla mente.

    «Non sai chi sia, non è così?» domandò Maclin a Lamb quando si udì la porta d'ingresso chiudersi. «Non ne hai la più pallida idea.»

    Incapace di alzarsi e di articolare parola, Laura si appoggiò al bracciolo imbottito della panchetta. Sperava solo che il fratello e James se ne andassero da un'altra parte e la lasciassero in pace.

    «L'hai sentito» ribatté Lamb. «Fa l'agente investigativo. Un tipo mortalmente noioso, vero?»

    «Noiosa è mia zia Fanny. In città quell'uomo è sulla bocca di tutti. Tu non sai niente perché vivi fuori del mondo, ma è un bastardo, nato in una casa di dubbia reputazione.» Maclin si chinò in avanti, l'indice proteso. «Non puoi immaginare nemmeno lontanamente chi sia suo padre.»

    «Dimmelo tu.» Lambdin ripulì il piatto con meticolosità e si leccò le dita sporche di crema.

    «Il principe. Sì, il vecchio Bertie in persona!»

    Ridendo, Lamb si alzò e si stiracchiò. «No, Bertie era incapace di tradimento. Un essere pedante come pochi, altrimenti la regina lo avrebbe costretto a fare fagotto.»

    «Non sai niente, vecchio mio. Dicono che la madre di Wilder provenga da una famiglia altolocata e che quando rimase incinta sia stata buttata fuori di casa per evitare il disonore e che lei...»

    «Basta così» lo interruppe Lamb premendogli una mano sulla spalla. «In questo momento Laura non è in grado di sopportare questi discorsi e non è il caso di turbarla. Dico bene, cara?» domandò chinandosi sulla sorella. «Perché non vai di sopra a sdraiarti? Sei un po' pallida.»

    Laura si lasciò condurre fino alle scale e mormorando un ringraziamento cominciò a salire i gradini. Il racconto che James aveva abbozzato circa i natali di Wilder aveva peggiorato il suo malessere.

    Era grata al fratello per le sue attenzioni, ma anche se capiva perché avesse deciso di confidarsi con James Maclin, non poteva perdonarglielo. Lamb aveva rivelato la sua malattia anche all'uomo che si era fermato a bere il tè con loro? Sapete che la mia povera sorella sta per morire? Ecco perché prima è scappata via in quel modo. Non riesce a controllarsi. Dovete perdonarla.

    No, Lamb non poteva aver fatto una cosa simile. Tuttavia il signor Wilder le era sembrato un po' troppo curioso. Un bell'uomo di città non avrebbe guardato due volte una ragazza di campagna che veniva definita poco attraente.

    A quel punto una tale ferita alla sua vanità importava poco. Lei era vecchia, brutta e moribonda. Facendo uno sforzo sovrumano, si svestì e s'infilò la camicia da notte.

    Era inutile rimuginare quei pensieri, si disse con forza. Doveva dimenticare i discorsi che aveva udito. Non rispondevano al vero. Lei stava bene. Proprio bene.

    Il letto le sembrò troppo morbido. Avrebbero imbottito la sua bara rivestendola di raso bianco come si usava per le ragazze illibate? Doveva scacciare quei pensieri e godersi il tempo che le restava. Ammesso di dover morire per davvero.

    Rannicchiandosi su un fianco, nascose la testa sotto le coperte. Aveva ancora tante cose da fare! I suoi venticinque anni di vita li aveva trascorsi in quel posto a occuparsi di Lamb, mentre i suoi genitori viaggiavano o vivevano a bordo di una nave, e ormai aveva imparato a gestire una proprietà terriera meglio della maggior parte degli uomini.

    Una volta che lei se ne fosse andata, l'altezzoso signor Williams avrebbe potuto prendere il suo posto come amministratore. Fino a quel momento, tutto quello che aveva dimostrato di saper fare era stato respingere gli scarsi pretendenti di lei e tenere Lamb fuori dei guai. Ma quando il suo compito di cane da guardia fosse stato dimezzato, avrebbe potuto dedicarsi alla gestione della proprietà.

    Perché lei se ne sarebbe andata. No, di più. Sarebbe morta.

    Per lunghe ore Laura rimase a letto a pensare e un po' alla volta riuscì ad accettare il verdetto del destino. Strano che riuscisse a tollerare quel pensiero terribile. Non che desiderasse morire, ma un'accettazione, per quanto riluttante fosse, era meglio dell'isteria. Non poteva permettersi di perdere la testa.

    Suo fratello aveva accolto la notizia con forza sorprendente e lei comprese che non gli avrebbe chiesto di parlarle di quella faccenda. Il desiderio di Lamb di risparmiarle altri tormenti era una manifestazione di maturità inconsueta per lui.

    Il dottor Cadwallader lo aveva avvertito e i due uomini ritenevano di far bene a fingere che lei fosse in buona salute. Il minimo che poteva fare era evitare di affliggerli e cercare di mostrarsi serena.

    La cosa che la disturbava di più nel fatto di dover morire, era il non aver mai vissuto per davvero. Per lei la vita era stata un susseguirsi di giornate noiose e di anni noiosi. Non aveva avuto intorno nemmeno una famiglia felice che la ricompensasse.

    Ogni tanto le erano arrivati dei regali costosi che non erano serviti a ripagare lei o Lamb dell'assenza dei genitori. Tuttavia due doni erano stati graditi. Lo stallone arabo, Caesar, per Lamb e la sua amata giumenta Cleopatra. I loro genitori li avevano spediti via mare dall'Egitto non solo per migliorare la razza,

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