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Ghost generation
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E-book70 pagine56 minuti

Ghost generation

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Ghost generation è un viaggio nella condizione dei trentenni italiani, i nati negli anni Ottanta, una generazione fantasma fatta di precari, emigranti e nichilisti, schiacciata da un senso di inadeguatezza alimentato da sogni «bucati» come quello americano del puoi diventare ciò che vuoi e quello profondamente italiano del posto fisso. Questo libro cerca di spiegare le ragioni che hanno permesso tutto questo, andando a scavare nell'immaginario culturale collettivo con cui questa generazione si è affacciata allo spietato mondo degli adulti, cercando al contempo di delineare possibili istruzioni per l'uso della disillusione.
LinguaItaliano
EditoreRogas
Data di uscita16 giu 2021
ISBN9791220815888
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    Anteprima del libro

    Ghost generation - Stefano Scrima

    Nota

    Quando stavo scrivendo questo libro, nei primi mesi del 2019, avevo la sensazione che non potessi vivere peggio. Sensazione stupida e presuntuosa, perché io, perlomeno, un lavoro l’avevo (unico modo per campare se non sei ricco di famiglia) – più o meno. Stavo vivendo uno di quei limbo che caratterizzano il mondo del lavoro attuale, rimbalzato da un’azienda all’altra perché il committente istituzionale – appaltatore per passione – non perdesse con me il filo delle attività per cui ero stato formato. Contratti di collaborazione di sei mesi, rinnovi comunicati cinque giorni prima della scadenza, disoccupazione, contrattini di prestazione occasionale per far finta che fai ancora parte della squadra, nuovi concorsi per riprenderti il tuo lavoro nella stessa azienda che ti aveva già selezionato una e più volte, nuovo contratto a tempo determinato ma di soli dodici mesi perché per via del decreto dignità (in minuscolo per scelta) l’azienda, a meno che non ti assuma a tempo indeterminato (e non lo fa), o ti proroga per un altro anno con causale (e non lo fa) o ti deve lasciare a casa. E così fu. Pronti per un altro giro?

    Da pochi mesi mi ero trasferito con la mia compagna in un bilocale che avevamo trovato soltanto grazie a una sua amica che lo stava lasciando. Per mesi e mesi avevamo infatti cercato casa a Roma, ma nessun proprietario si fidava di noi, più che altro non si fidava dei nostri contratti precari che di lì a qualche tempo avrebbero potuto compromettere il sacro pagamento dell’affitto. Addirittura, un’agenzia immobiliare cercò di truffarci trattenendosi la caparra che avevamo versato per fare la nostra proposta di locazione. Fummo così costretti, dopo più di un mese di traccheggi, a presentarci un giorno in agenzia senza appuntamento e pretendere indietro i nostri soldi, altrimenti quelli non si sarebbero più fatti vivi. Insomma, il futuro per noi non solo era incerto, ma particolarmente sfiduciante: la mia prospettiva migliore era quella di essere assunto a tempo indeterminato dall’azienda per cui lavoravo da anni, ma se devo essere sincero non era un pensiero che mi rendeva felice, essenzialmente perché non era «il mio lavoro», solo un’attività faticosa che a fine mese mi dava e mi avrebbe dato da mangiare – perlomeno, però, avrei potuto programmare e costruire qualcosa senza vederlo crollare poco dopo.

    A farmi cambiare idea – del fatto che non potessi vivere peggio – fu la pandemia del 2020. E chi se la sarebbe potuta aspettare? Qualcuno la stava paventando da anni, è vero, ma chi ci credeva veramente? La pandemia ha colpito tutti. Ho due fratelli un po’ più grandi di me, entrambi lavoratori autonomi, che per mesi non hanno praticamente potuto lavorare e si porteranno dietro per anni gli strascichi di questa situazione. Anch’io sono stato colpito indirettamente: proprio a marzo 2020 è scaduto il mio famoso contratto a tempo determinato di cui sopra, e naturalmente l’azienda ha dovuto ripensare le sue priorità occupandosi dei lavoratori in forze.

    Questa pandemia è stata probabilmente il colpo di grazia a un sistema insostenibile (oggetto d’analisi di questo libro) di sfruttamento del pianeta e (soprattutto) degli esseri umani. Tuttavia, più delle difficoltà che mi aspettano per credere di realizzarmi o del fatto che non sono potuto andare ai concerti e al cinema (le poche cose che mi mantenevano sano di mente), a preoccuparmi è la sensazione – questa volta legittima – che nessuno abbia o voglia imparare nulla. Il cosiddetto smart working, ad esempio, non è un modo per riorganizzare il lavoro e quindi, banalmente, lavorare meno e lavorare tutti, ma solo un lavorare, uguale a prima, ma da casa. Anzi, peggio: è un lavorare da casa sempre, a qualsiasi ora, un modo per cementificare ancor di più il lavoro come dimensione unica delle nostre vite (oggi immiserite da una socialità tutta da reiventare), escludendo i disoccupati dalla possibilità di vivere dignitosamente. La sensazione è dunque che il sistema così com’è, agonizzante per la pandemia, andrà avanti indefesso a replicare i suoi schemi fino all’apocalisse. E allora, quello che posso fare io, oltre a sperare che questa apocalisse arrivi presto, è scrivere un saggio di filosofia nel quale cerco di capire come siamo arrivati fino a questo punto, focalizzandomi sulla mia generazione – i trentenni, i nuovi e ormai quasi vecchi adulti di oggi – e come poter immaginare (e non ci vuole molto) qualcosa di meglio per il nostro futuro, o perlomeno per quello dei nostri figli o nipoti.

    Febbraio 2021

    Trentenni

    It’s my generation, baby.

    The Who

    Questo libro parla della condizione dei trentenni italiani: quella fascia di popolazione, di cui faccio parte, che ha grosso modo dai trenta ai quarant’anni – potremmo dire, per semplificare, i nati negli anni Ottanta –, e che si ritrova

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