L'illusione della libertà
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L'illusione della libertà - Mirco Mariucci
Mirco Mariucci
L'ILLUSIONE DELLA LIBERTÀ
StreetLib SelfPublish
Quarta di copertina
L'illusione della libertà è una raccolta di saggi di carattere socio-economico che sono stati pubblicati all'interno del blog Utopia Razionale e hanno riscosso un grande successo.
Il tema principale è la libertà negata all'umanità a causa delle assurde dinamiche inerenti al lavoro.
Lo scopo è di stimolare i lettori a ripensare la società, in modo tale che il mondo possa trasformarsi in un luogo più sensato dove vivere la vita.
E per far questo l'autore suggerisce di cominciare da una nuova visione del lavoro concepita a misura di essere umano.
Mirco Mariucci (1987) è un libero pensatore italiano, autore del blog Utopia Razionale.
Dedicato a tutti quelli che a forza di lavorare non dispongono più del tempo necessario per vivere;
ma anche a coloro che ritengono di non avere più un futuro perché sono rimasti senza lavoro;
nella speranza che i primi comprendano l'importanza del tempo della vita, mentre i secondi non si lascino trascinare nel vortice della disperazione,
affinché ciascuno di essi possa ritrovare la lucidità e il coraggio per superare la follia sociale indotta dalle odierne logiche del mondo del lavoro.
INDICE GENERALE
PREFAZIONE
INTRODUZIONE
L'incredibile messaggio per coloro che pensano di essere liberi.
ASPETTI SOCIO-ECONOMICI
Il fallimento di una vita normale
.
L'esigenza di restituire il giusto valore al tempo della vita.
Le ferie e l'illusione della libertà.
L'ipocrisia del culto dei morti in un mondo che non rispetta i vivi.
Essere o avere? Il valore delle cose e degli esseri umani.
L'iper-consumo e le indesiderabili conseguenze per la società.
Il falso mito della crescita.
La crescita: una soluzione che non ci salverà.
Le menzogne del potere sulla decrescita.
Le menzogne del potere sul denaro.
Il lavoro come mezzo di controllo sociale.
La follia delle fontane pubbliche a pagamento.
Il profitto è il cancro della nostra società.
Le spiacevoli conseguenze delle società basate sul merito.
PROPOSTE E SOLUZIONI
L'eterna lotta tra sfruttati e sfruttatori.
Possiamo porre fine allo sfruttamento dell'uomo sull'uomo?
Lavorare meno lavorare tutti mantenendo gli stipendi invariati.
I robot ci ruberanno il lavoro? Era ora!
Sulla proprietà dei mezzi di produzione.
Il reddito d'esistenza e le conseguenze per l'umanità.
Il libero pensiero salverà l'umanità?
La rivoluzione comincia da te!
CONCLUSIONI
Riflessioni per una Nuova Società a misura di essere umano.
APPENDICE
Automazione, disoccupazione, abbondanza e libertà.
BIBLIOGRAFIA - SITOGRAFIA
PREFAZIONE
Il saggio L'illusione della libertà è stato interamente auto-prodotto e auto-pubblicato.
Il testo può essere diffuso liberamente, in parte o nella sua totalità, citando la fonte, senza essere modificato né venduto.
La versione in formato pdf dell'opera può essere scaricata gratuitamente al seguente indirizzo:
http://utopiarazionale.blogspot.it/
Costacciaro,
17 Gennaio 2016
L'autore:
Mirco Mariucci
INTRODUZIONE
Siamo fermamente convinti di avere la libertà d'espressione, di stampa e di culto, il libero mercato, le frontiere libere, la libertà di poter scegliere il percorso di studio preferito e di cercare, o inventare, liberamente il nostro lavoro.
La parola libertà riecheggia quotidianamente nelle case dei lavoratori assopiti davanti alla Tv, insinuandosi perfino nelle menti malinformate di chi legge gli articoli scritti dai pennivendoli asserviti al potere.
Ma che strano: perché tutta questa necessità di rimarcare il concetto di libertà?
Se vivessimo realmente in condizioni di libertà che bisogno ci sarebbe di sottolinearlo continuamente?
Siamo davvero così liberi come ci dicono o forse ci stiamo soltanto illudendo di esserlo?
Per cercare di rispondere a queste domande, vorrei raccontarvi la storia di un normale essere umano che visse per tutta la vita credendo di essere libero.
Una storia che riguarda da vicino un po' tutti noi...
L'incredibile messaggio per coloro che pensano di essere liberi
Salve, io sono un essere umano e so di essere libero, proprio come voi che state leggendo questa storia! Come faccio a esserne certo? Oh, è molto semplice: basta ripercorrere le tappe fondamentali della mia vita, o meglio, della nostra vita...
La libertà permea così a fondo l'esistenza da manifestarsi sin dal preciso istante nel quale veniamo al mondo.
Nostro padre è talmente libero da non riuscire a trovare il tempo necessario per veder nascere suo/a figlio/a. No, non è una scusa! Vorrebbe essere proprio lì con noi, ma non può perché è troppo impegnato con il lavoro.
Tornati a casa dall'ospedale, pochi mesi più tardi, anche nostra madre ci abbandona per molte ore al giorno, perché il congedo di maternità finisce, ed è di nuovo libera di tornare a lavorare.
I papà e le mamme sono talmente poco condizionati dalle rispettive attività lavorative, che non possono veder crescere i loro figli se non in modo fugace, sfruttando quei rari momenti di vigore e lucidità recuperati nei giorni festivi.
Quasi sempre, in virtù esclusiva della loro libertà, i nostri genitori sono costretti a consegnarci a delle apposite strutture: prima gli asili nido e poi gli asili d'infanzia.
Difficilmente un genitore può permettersi il lusso di rimanere a casa, perché con un solo stipendio si è liberi di non riuscire ad arrivare a fine mese.
E per fortuna i nostri genitori ce l'avevano un lavoro, stabile e sicuro, altrimenti sarebbero stati talmente liberi, che non avrebbero neppure pensato di metterci al mondo, visto che poi non sarebbero riusciti a sfamarci.
Poco dopo aver iniziato a camminare e a proferire parola, siamo talmente liberi che i nostri genitori ci spediscono diritti a scuola.
E meno male che ci sono i rientri pomeridiani, altrimenti quegli stacanovisti dei nostri genitori avrebbero dovuto assoldare i nonni, bene che vada, o una baby-sitter.
A scuola siamo talmente liberi di scoprire il mondo e di formare la nostra visione personale, che fin dai primi giorni ci costringono a stare seduti per tutto il tempo, al fine d'inculcarci delle verità precostituite, avvalendosi di meccanismi traumatici e ricattatori, come le note disciplinari o, peggio, la bocciatura.
Lo fanno a fin di bene, ovviamente! Se non fosse che i programmi scolastici sono stabiliti dal Ministero dell'Istruzione, un dicastero fondamentale del governo italiano, al servizio del benessere di tutti gli esseri viventi.
Scusate, mi sono confuso, quello avviene nel mondo delle fiabe! Già, perché nella realtà lo Stato è il più potente strumento al servizio del capitale.
Così, in un'economia capitalistica, i suoi mezzi saranno liberamente utilizzati per favorire gli interessi di una élite, non di certo della collettività.
A tal fine, i programmi e i metodi d'insegnamento vengono stabiliti così bene e in modo così libero, che a scuola c'insegnano che non si deve esercitare lo spirito critico, e che si devono imparare a memoria le presunte verità che l'insegnante ci presenta esattamente come sono, senza discutere, sulla base di un validissimo principio di autorità.
La logica, la matematica, l'approccio scettico-razionale e quello scientifico? No, quelle sono cose inutili, ostiche, difficili, che interessano solo le menti geniali, che conducono alla pazzia e all'emarginazione sociale.
Nei programmi inseriscono pure qualche ora d'indottrinamento religioso, l'IRC, tanto per esser sicuri che i membri delle nuove generazioni non imparino mai a pensare, e invece credano in modo acritico-fideistico a ogni sorta di assurdità.
Ovvio, se non fosse così, il giovane studente, divenuto adulto, potrebbe esercitare il suo spirito critico per rimettere in discussione il potere, e questo, come tutti sanno, è bene che non accada in una società dove regna la libertà di asservire i propri simili esercitando il controllo sociale.
Abbiamo la libertà di culto, eppure siamo così liberi, ma così liberi di scegliere la nostra religione, che stranamente quasi tutti praticano il medesimo credo dei propri genitori, salvo rare eccezioni.
Siamo talmente liberi che arrivati a 13/14 anni già bisogna scegliere un indirizzo per la scuola superiore, senza neanche avere la più pallida idea di che cosa significhi realmente quella scelta per il nostro futuro.
Eppure, ci dicono, è bene che decidiamo liberamente in prospettiva del lavoro che vorremmo fare da grandi.
Siamo talmente liberi che a scuola iniziano a catalogarci e a etichettarci, impartendoci un sapere settorializzato e marchiandoci a vita con delle valutazioni.
Non esiste un corso di studio il cui scopo sia far esprimere il vero potenziale racchiuso in ogni essere umano, perché chi detiene il potere non ha bisogno che fioriscano simili individui, ma di specifici automi, omologati e non-pensanti, disposti a sacrificare la propria esistenza asservendosi liberamente alle loro necessità.
Il capitale pretende che scuola e università sfornino macchine programmate per svolgere un preciso ruolo, che devono essere intercambiabili l'una con l'altra, in modo da avere uno scarso valore commerciale ed essere così maggiormente ricattabili.
Gli studenti non devono capire di essere umani
, vale a dire individui unici e irripetibili, che hanno un valore intrinseco incommensurabile.
Non devono neanche comprendere il reale valore del tempo della vita, la straordinaria importanza della libertà, e tanto meno il fatto che la complessità dell'esistenza gli riserverà uno spettro pressoché infinito di possibilità.
Ma la cosa più importante è che si convincano nella maniera più assoluta che non possa esistere un'altra realtà, altrimenti non sarebbero più disposti ad accettare in modo libero e volontario le assurdità dell'odierna società.
Dopo 5 ulteriori anni di studi demotivanti, noiosi e forzosi, che finiscono per allontanare quasi tutti gli studenti dal libero pensiero e dalla vera sete di conoscenza, saremo talmente liberi da dover effettuare un'altra gravosa scelta:
andare a lavorare oppure continuare gli studi per poi andare a lavorare, sempre in virtù esclusiva della libertà di poter scegliere che cosa fare della nostra vita.
Ovviamente prima d'iniziare a lavorare, sia chiaro, sempre e comunque in modo volontario, dovremo cercare il
lavoro che pensiamo di voler fare, che però dopo qualche mese di ricerca diventa un lavoro che vogliamo fare che, dopo un altro po' di attesa, diventa un
lavoro, che per molti si trasforma in un apprendistato sottopagato, in un tirocinio non retribuito, in un'attività di volontariato o nella disoccupazione.
Iniziamo così a sperare liberamente di poter lavorare a qualsiasi condizione. Qualcuno è perfino eroicamente disposto a darsi per mare per cercare fortuna in terre lontane.
Ma siamo liberi, quindi, se il lavoro non c'è possiamo inventarcelo, diventando imprenditori di noi stessi!
Esattamente, siamo talmente liberi che le attività che possiamo pensare di avviare devono essere necessariamente remunerative, altrimenti non sarebbero economicamente sostenibili.
Quindi, se per disgrazia ciò che ci piace fare non genera profitto, l'economia di libero mercato c'impedisce di farne la nostra principale attività di vita.
Pazienza, chiuderemo liberamente i nostri sogni in un cassetto, perché la nostra scelta libera è di lavorare e non di fare ciò che vorremmo fare!
Così, se non possiamo vivere di rendita, né sfruttando gli altri, e siamo anche così sfortunati da non avere abbastanza capitale, o idee adatte, per avviare un'attività che generi profitto, bisognerà, sempre in tutta libertà, mendicare il lavoro da chi invece di capitale ne possiede perfino in abbondanza, a causa della libertà d'impossessarsi di risorse e beni comuni e di accumulare in eccesso rispetto alla media, nonostante moltissimi esseri umani stiano liberamente vivendo in povertà da qualche altra parte del mondo.
Li chiamano imprenditori, datori di lavoro o benefattori, perché ti offrono la possibilità di poter lavorare in cambio della maggior parte della tua vita e del frutto del tuo lavoro, che gli vengono riconosciuti grazie alla tua volontà di donarglieli.
Dopo mesi di libere ed estenuanti ricerche, finalmente riusciremo a trovare un lavoro.
Una volta firmato un contratto, con il quale legalizzeremo e puntualizzeremo le modalità del nostro sfruttamento, saremo liberi d'iniziare a lavorare.
Per ringraziati del fatto che con il tuo lavoro manterrai lui e la sua famiglia, consentendogli perfino di vivere nel lusso, il capitalista, o chi per lui, sarà libero di sottoporti a ritmi di lavoro disumani, e sarà anche libero di licenziarti, se per disgrazia ti rifiutassi di svolgere diligentemente le mansioni che ti verranno assegnate.
Tu invece, essendo un lavoratore subordinato, sarai libero di ringraziare per la possibilità di essere sfruttato, o di rimanere senza lavoro, rischiando di diventare povero e finire per strada.
Prima di tutto, però, per meritarti l'assunzione, dovrai liberamente sottoporti a dei ridicoli test psico-attitudinali, come se fossi una cavia da laboratorio.
Perché ci fanno questo? Siccome non c'è posto per tutti, sono costretti a scegliere il migliore, ovvero quello che dimostra di essere più schiavo degli altri.
Ovviamente quelli che rimangono fuori sono liberi di trovarsi un altro lavoro, ammesso che ci riescano.
Proprio così! Perché in un mondo dove regna la libertà, gli esseri umani non hanno la certezza di trovare un lavoro dignitoso che gli permetta di vivere serenamente la vita, no!
In un mondo veramente libero, il lavoro è mal ripartito: invece di lavorare tutti 4-6 ore, c'è chi lavora 8-12 ore e chi niente;
così gli esseri umani devono competere per farsi assumere, provocando la disperazione degli altri e la propria - illusoria - felicità, che durerà ben poco.
Infatti, chiunque riesce a trovare un lavoro, ben presto si accorge di essere talmente libero, ma talmente libero, da non avere più tempo per fare niente al di fuori dell'ambito della propria attività lavorativa.
Il lavoro diventa la sua vita e la sua vita diventa il suo lavoro: è questa la massima espressione di libertà per un lavoratore subordinato.
Ma come ci ricorda quella scritta in ferro battuto tristemente nota: «Il lavoro rende liberi». O forse no?
Di norma, chi lavora è talmente libero, ma talmente libero, che si comporta come un carcerato temporaneo, che si rinchiude volontariamente nella propria cella per 8-10 ore al giorno per 40 anni, bene che vada.
Che lavorare sia estremamente bello, salutare e divertente è un fatto altrettanto evidente.
Lavorare piace così tanto alle persone che stranamente non perdono occasione per allontanarsi da esso ogni qual volta si presenti una festività.
Altri, invece, da quanto sono innamorati del proprio lavoro, inveiscono contro il governo non appena l'età pensionabile viene spostata un po' più in là.
Il lavoratore medio è così motivato, e si reca talmente liberamente al lavoro il lunedì mattina, che i medici si sono dovuti inventare un nome per una nuova sindrome che, con molta fantasia, hanno deciso di chiamare sindrome del lunedì
¹.
Quando un lavoratore si ammala, il medico gli prescrive dei giorni di riposo forzosi. Infatti, come tutti sanno, lavorare fa così bene alla salute che per guarire è meglio stargli lontano.
Ma in molti amano talmente tanto il proprio lavoro da chiedere un certificato di malattia anche quando non sono ammalati.
Lavorando, prima o poi, ci si accorge che il ruolo che pensiamo di aver scelto liberamente tra quelli disponibili e rispetto al quale abbiamo avuto la libertà di adattarci, non è stato concepito per essere bello, piacevole o motivante, ma è stato ideato per essere funzionale alla realizzazione del profitto.
Così, pur subendo volontariamente un furto da parte dei capitalisti e nonostante svolgeremo un ruolo incompatibile con la nostra natura umana e il nostro essere, avremo un misero stipendio, con il quale compreremo una bella macchina da usare tutti i giorni per andare a lavorare;
una casa, che utilizzeremo per dormire quando non saremo al lavoro; del cibo per mantenerci in vita, in modo tale da poter lavorare in modo efficiente;
dei vestiti firmati, che però resteranno quasi sempre in armadio perché non avremo neanche il tempo per indossarli;
un non ben precisato numero di oggetti, anche inutili e di scarsa qualità, acquistati e riacquistati di continuo a seguito di pressanti condizionamenti mentali dovuti alla pubblicità, all'invidia o ad altri meccanismi quali l'obsolescenza programmata².
Già, perché i produttori sono liberi di indurre il bisogno al consumo e di commercializzare beni appositamente concepiti per deteriorarsi rapidamente, o per guastarsi allo scadere della garanzia senza possibilità di essere riparati.
Lavorando saremo liberi e felici di far arricchire i nostri benefattori, coloro che ci hanno concesso la possibilità di farci rubare una parte consistente del tempo della nostra vita e del frutto del nostro lavoro;
di pagare un mutuo, che ci costringerà amorevolmente
a lavorare per altri 20-30 anni, con somma gioia degli strozzini della banca verso la quale ci siamo indebitati;
e di alimentare i processi consumistici, che innescheranno ritmi di produzione-consumo sempre più rapidi, in modo da generare un maggior profitto per i capitalisti, oltre che un indesiderabile inquinamento ambientale per l'intera umanità.
Con il nostro