L anello del mistero
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Dal giorno in cui, tre anni prima, suo marito fu ucciso, Julia Carrington ha solo un desiderio: trovare l'assassino e ottenere giustizia. L'unico indizio in grado di far luce sulla vicenda è l'anello che è stato rubato alla vittima e che ora brilla al dito di...Nicholas Chandler. Il sospetto che l'uomo sia coinvolto nel delitto angustia giorno e notte Julia, che non sa come costringerlo a confessare. La vicenda si complica molto più del previsto quando a lei viene l'idea di rapirlo!
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Anteprima del libro
L anello del mistero - Ann elizabeth Cree
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
My Lady’s Prisoner
Harlequin Mills & Boon Historical Romance
© 2001 Ann Elizabeth Cree
Traduzione di Daniela Mento
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2002 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3053-229-8
Frontespizio. «L'anello del mistero» di Cree Ann elizabethPrologo
Londra, 1817
Julia non aveva mai sperato di rivedere quell’anello. E di certo non si sarebbe mai aspettata che fosse al dito di Nicholas Chandler, visconte di Thayne, un uomo che, per quanto ne sapeva, non aveva mai incontrato suo marito Thomas.
Così, quando Thérèse Blanchot glielo aveva riferito, Julia aveva creduto che la sua amica si fosse sbagliata.
«Vieni tu stessa a vedere» era stata la risposta di Thérèse.
Il visconte di Thayne era un cliente fisso della sala da gioco di Thérèse, uno dei luoghi più esclusivi in cui la migliore nobiltà londinese perdeva patrimoni al tavolo verde, circondata dal lusso più raffinato e dalla massima discrezione possibile.
Julia aveva seguito il consiglio di Thérèse e aveva potuto constatare con i propri occhi che l’amica aveva ragione. L’anello d’oro al dito del visconte, che in quel momento stava lanciando con espressione annoiata i dadi sul tavolo da gioco, era proprio quello di suo marito Thomas. Un rubino incastonato fra due piccoli diamanti, dal taglio inconfondibile.
Il visconte di Thayne aveva notato che lei lo stava guardando. Le aveva lanciato un’occhiata incuriosita, ma Julia, come tutte le dame di una certa importanza, non avrebbe mai messo piede in un locale come quello senza una mascherina di seta nera sul viso, che nascondesse le sue sembianze. Il visconte, allora, aveva ripreso immediatamente a giocare a dadi, dimenticandosi subito di lei appena si era allontanata dal suo tavolo per tornare da Thérèse.
1
Julia, contessa di Carrington, sentì che le gambe le tremavano mentre varcava di nuovo la soglia della sala da gioco della sua amica Thérèse Blanchot. Erano trascorsi tre giorni da quando aveva visto il visconte di Thayne che giocava a dadi a un tavolo, con l’anello di suo marito all’anulare destro. Quella sera, forse, sarebbe riuscita a scoprire in quali circostanze Thomas era stato assassinato tre anni prima.
La sala era illuminata da splendidi candelieri che si riflettevano nelle specchiere dalla ricca cornice dorata. Come ogni sera, una buona parte della nobiltà londinese si era data appuntamento in quel luogo esclusivo, dove l’ambiente era ricercato, il cibo squisito e la posta delle scommesse sempre molto più alta che altrove.
Si veniva ammessi alla sala di Thérèse Blanchot solo per invito, e le dame preferivano nascondere le proprie sembianze dietro una maschera, per non essere riconosciute. Eppure Julia non ebbe problemi a individuare la duchessa di Langston, nonostante la mascherina nera, per la sua risata squillante e per l’inconfondibile chioma rossa. Ma era piuttosto improbabile che qualcuno riconoscesse lei, pensò Julia, poiché, dal suo ritorno a Londra, aveva sempre condotto una vita piuttosto ritirata.
Cercò il visconte di Thayne dappertutto. Non stava giocando a dadi come la sera prima e non lo trovò nemmeno al tavolo della roulette, il più affollato.
«Sta giocando in una saletta privata» la informò Thérèse. «Non è certo di buonumore, stasera. Non so perché.»
Thérèse era ancora una bellissima donna, nonostante avesse superato da un pezzo la trentina. I suoi capelli erano rimasti corvini grazie all’aiuto del suo parrucchiere di fiducia, e gli occhi viola erano ancora capaci di stregare un uomo. Julia si riteneva fortunata di avere un’amica come lei.
«Non so quali siano i tuoi piani, mia cara» le mormorò Thérèse, «ma vorrei tanto che ne parlassi con me, prima di fare qualcosa di cui potresti pentirti. Il visconte di Thayne non è un uomo con cui si possa scherzare.»
«Non voglio che tu sia implicata in alcun modo in quello che farò, mia cara Thérèse» rispose Julia. «Preferisco non dirti nulla.»
«Non credo che lui sappia qualcosa delle sfortunate circostanze in cui tuo marito ha perso la vita.»
«Può darsi. Però, una cosa è certa: quello che aveva al dito era proprio l’anello di Thomas. Non posso rinunciare a fare anche quest’ultimo tentativo per scoprire chi lo ha ucciso. Sarò prudente, te lo prometto.»
«Non vorrei che ti mettessi in pericolo.»
«Non correrò alcun rischio. Eduardo mi sta aspettando qui fuori, con la carrozza. Mi fido ciecamente di lui.»
Eduardo era il servitore di Julia, un uomo dalla statura imponente che era stato fedelissimo a suo marito. Tuttavia, anche dopo le assicurazioni della sua amica, Thérèse non sembrò troppo convinta.
«È meglio che tu faccia finta di non conoscermi, Thérèse» aggiunse Julia. «D’ora in poi, mi chiamerai lady Jane.»
«Un nome così comune?»
«Sarà più facile da ricordare.»
Mentre seguiva l’amica verso il salotto dove il visconte di Thayne stava giocando, Julia notò che al tavolo della roulette era seduto lord George Kingsley, il figlio del padrino di battesimo di suo marito. Se qualcuno poteva riconoscerla nonostante la mascherina nera che indossava anche quella sera, quel qualcuno era proprio lui. Ma, per fortuna, lord George sembrava troppo occupato al gioco per badare a quello che stava accadendo intorno a lui.
«Non vuoi cambiare idea?» le chiese Thérèse, quando furono entrambe davanti alla porta della saletta privata.
«È inutile che cerchi di convincermi. Stasera, se la fortuna mi sarà amica, conoscerò finalmente la verità.»
Nicholas Chandler, visconte di Thayne, vuotò il suo bicchiere di brandy e chiese al suo avversario se volesse fare un’altra partita.
Henry Benton rispose con un deciso diniego.
«No, grazie. Sono sicuro che mi porteresti via anche la camicia. Più bevi e più diventi bravo a carte, e stasera sembri intenzionato a ubriacarti.»
Nicholas rise, tuttavia la sua risata non aveva nulla di allegro.
«Allora, ancora un paio di bottiglie di brandy e poi farò saltare il banco» rispose.
«Ma perché stasera bevi tanto? Di solito non ti ubriachi, quando vieni qui a giocare.»
«Stasera è una serata speciale» commentò lui amaramente.
«Non pensi a come ti sentirai domani mattina? Sempre che ci arrivi...»
«Pensa che fortuna, se non ci arrivassi affatto...»
Tre anni prima, proprio quel giorno, era morta Mary. Anche dieci bottiglie di brandy non gli sarebbero bastate per sopportare quel tragico anniversario, per non desiderare di seguire la sua amata nel luogo dove adesso si trovava.
«Non vuoi che ti accompagni a casa?» si offrì Benton.
«No» tagliò corto Nicholas, deciso. Benton non insistette. Sapeva che nessuno avrebbe convinto il suo amico a lasciare il tavolo da gioco prima dell’alba. Così lo salutò e uscì dalla saletta privata, proprio mentre entrava Thérèse seguita da una dama mascherata.
Nicholas alzò gli occhi e vide la dama. Chissà perché gli sembrò familiare, anche alla debole luce del piccolo candeliere sul tavolo. Poi si ricordò dove l’aveva vista. Era la donna che lo aveva spiato tre sere prima, mentre giocava a dadi.
Come allora, ebbe l’impressione che fosse del tutto fuori posto in quel locale. Non era tipo da frequentare tavoli da gioco, in lei c’erano una dignità e una grazia riservata del tutto estranee a un luogo del genere.
«Posso presentarvi lady Jane?» chiese Thérèse. «Gradirebbe giocare a carte con voi.»
Per qualche ragione imprecisata, Nicholas preferì rifiutare.
«Non gioco volentieri con le signore» disse per giustificarsi, e pensò che avrebbe gradito rimanere solo per il resto della serata e scolarsi in santa pace qualche altra bottiglia.
«Lady Jane mi ha assicurato di essere una brava giocatrice. È venuta qui stasera proprio per giocare con voi. Non vorrete deluderla, vero?»
Gli sembrò che la presunta lady Jane fosse molto tesa e nervosa, dal modo in cui le sue mani stringevano la borsetta.
«Non spreco il mio tempo con dilettanti» rispose, rivolto a Thérèse.
«Ma non è una dilettante» protestò questa.
Solo allora, intervenne Julia.
«Io non perdo mai» dichiarò in tono di sfida.
Come aveva sperato, il visconte si sentì punto sul vivo.
«Davvero? Voi non perdete mai? Vedremo. Sedetevi!» le ordinò.
Quando Julia si sedette, Nicholas percepì un forte profumo di rosa. Anche Mary profumava di essenza di rose, e questo gli fece rimpiangere di avere accettato la sfida con la dama misteriosa. Sarebbe stato ancora più difficile dimenticare quello che era successo tre anni prima.
Thérèse se ne andò, lasciandoli soli.
«Quale gioco preferite?» chiese Nicholas, con il mazzo di carte in mano.
«Piquet.»
«Bene. Allora giocheremo a piquet. Qual è la posta?»
Julia si fece coraggio.
«Se perdete, dovrete esaudire tutti i miei desideri» rispose.
Dunque, era questo il suo scopo? Lui ne fu un po’ deluso. Non l’avrebbe mai creduta una donna del genere e, del resto, non gli era mai capitato che una dama ricorresse al gioco delle carte per manifestargli il proprio interesse.
Nicholas avvertì l’impulso di rifiutare, ma si trattenne. In quei tre anni si era sempre tenuto lontano dalle donne, se si eccettuava qualche accondiscendente fanciulla di facili costumi che si accontentava di venire pagata. Era l’anniversario della morte di Mary, e l’ultimo suo desiderio sarebbe stato trascorrere quella giornata fra le braccia di una sconosciuta.
O forse era quello il modo migliore per dimenticare il passato?
Così accettò.
«Immagino che il vostro vero nome non sia Jane» le disse, mentre distribuiva le carte.
«Che cosa c’è che non va in Jane?»
«Non vi si adatta. È troppo semplice... Una donna come voi deve chiamarsi in un modo molto più esotico. Forse è per questo che avete scelto un nome comune come Jane.»
Lei non rispose.
«Come vi chiamate? Penelope? Hermione?»
«Giochiamo, vi prego» tagliò corto Julia.
«V’informo che non ho alcuna intenzione di perdere» le fece sapere. «Giocherò al meglio e mi aspetto che lo stesso facciate voi. Se perderete, dovrete fare quello che voglio io. Siamo intesi?»
«Sì» rispose lei.
«Perché guardate con tanto interesse le mie mani? Non avete mai visto un uomo distribuire le carte?»
«Sono solo incuriosita dall’anello che portate al dito. È piuttosto inusuale.»
«Credete?»
«Chi ve l’ha dato?»
«Non si può giocare a carte e chiacchierare. Avete promesso di impegnarvi seriamente nel gioco. Perciò, giochiamo e basta.»
Ma non era certo il gioco l’interesse principale di Julia. Voleva sapere in che modo il visconte di Thayne era venuto in possesso dell’anello di suo marito ed era disposta a tutto pur di riuscirci. Aveva sperato invano di convincerlo a parlare, mentre giocavano a carte. Era chiaro che il visconte non intendeva discutere dell’anello e forse non sarebbe riuscita a strappargli una parola in più su quell’argomento, neppure se fossero rimasti a giocare a carte fino al mattino. Quindi, doveva passare alla seconda parte del suo piano, cioè convincerlo a seguirla fino alla carrozza che li aspettava fuori dalla sala da gioco. Con l’aiuto del fidato Eduardo, l’avrebbe portato a Foxwood e lì lo avrebbe costretto a rivelarle quanto sapeva dell’anello. Purtroppo, però, era molto improbabile che riuscisse a batterlo a carte. Nonostante quello che aveva detto Thérèse, Julia era davvero poco più che una dilettante.
«Voi non vi impegnate nel gioco!» protestò Nicholas dopo un po’.
La sedicente lady Jane sembrava sempre più distratta. Ormai Nicholas era convinto che giocasse le sue carte a casaccio.
«Se c’è una cosa che non sopporto è sprecare il tempo in questo modo con una bella donna.»
La sua avversaria sembrò gradire il complimento.
«Che cosa vorreste fare, allora, per non sciupare il tempo con me?»
Julia gli sorrise. Le sue labbra erano invitanti come un frutto maturo, pensò lui. Era da molto tempo che non si sentiva così attratto da una donna. Forse il modo migliore perché quel triste anniversario passasse senza troppo dolore era trascorrere la notte insieme a lei.
Nicholas, per tutta risposta, mise sul tavolo tutte le carte che aveva in mano.
«Vi do forfait» le disse.
«Che cosa?»
«Non avete capito? Avete vinto. Ora farò tutto quello che voi volete.»
«Tutto? Davvero tutto?»
La sua voce era calda e suadente, pensò Nicholas. E lui provò un’eccitazione insolita cercando di immaginare quello che lo attendeva.
«Tutto. Vi do la mia parola d’onore. Sono ai vostri ordini.»
«Bene. Allora andiamo» decise lei, mettendo anche le sue carte sul tavolo e alzandosi.
«Dove?»
«Lo saprete se mi seguirete.»
Uscirono in fretta dalla sala da gioco di Thérèse. Lady Jane sembrava avere molta premura di raggiungere il luogo dove intendeva portarlo.
«Mia cara, non c’è alcuna ragione di correre» le disse Nicholas, mentre scendevano le scale. «Sono tutto vostro fino a domani mattina.»
Lei sorrise, ma non riuscì a nascondere il nervosismo. Nicholas aveva notato, mentre uscivano, che aveva lanciato uno sguardo preoccupato verso il tavolo dove stavano giocando lord George Kingsley e Carleton Wentworth. Li conosceva? Che cos’era? Una prostituta d’alto bordo? Non sembrava...
«La mia carrozza ci aspetta qui dietro, in una via secondaria» gli disse quando furono sulla strada.
Non era più seduttiva. Adesso pareva intenzionata a dargli solo degli ordini e Nicholas cominciò ad avere dei sospetti. Che cosa voleva veramente da lui, quella donna? Dove lo avrebbe portato?
Arrivarono finalmente alla carrozza, dove un cocchiere, un uomo dotato di un fisico imponente che avrebbe potuto essere anche una guardia del corpo, li stava aspettando.
«Chi siete voi?» chiese Nicholas alla bella dama, ancora più sospettoso.
«Salite» gli ordinò lei, indicando la carrozza invece di rispondergli.
«Un momento! Prima di salire sulla vostra carrozza, voglio sapere...»
Nicholas ammutolì, sgomento, perché in mano a lady Jane era comparsa una minuscola pistola. L’aveva tenuta nascosta nella borsetta per tutto quel tempo, e ora era giunto il momento di usarla.
«Vi ho detto di salire» ribadì lei. «Non pagate i vostri debiti di gioco, milord? Avete promesso di fare tutto quello che vi avrei chiesto. Non è così?»
«Che cosa avete in mente?»
«Lo saprete quando saremo arrivati a destinazione. Adesso salite, o sarò costretta a spararvi.»
«Sapete davvero usare una pistola?»
«Volete che ve ne dia la prova?»
Era abbastanza nervosa per lasciarsi sfuggire un colpo anche contro la sua volontà, pensò Nicholas. Se non voleva essere davvero costretto a seguirla, doveva agire subito. Con un rapido balzo