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La duchessa di Stonehaven: Harmony History
La duchessa di Stonehaven: Harmony History
La duchessa di Stonehaven: Harmony History
E-book221 pagine3 ore

La duchessa di Stonehaven: Harmony History

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1819
Dopo essersi vista privata di tutti i privilegi, alla lettura del testamento del marito Lady Elizabeth Skeffington scopre che quell'uomo crudele ha perpetrato ai suoi danni l'ultima beffa, lasciando Stonehaven al cugino, il quale insieme alla tenuta ha ereditato anche il titolo di duca. Simon Alexander è un uomo arrogante e di straordinaria bellezza ed Elizabeth si trova costretta, controvoglia, a pregarlo di lasciare a lei l'amata dimora in cui ha vissuto per anni. Simon all'inizio rifiuta, però messo alle strette trova una soluzione inaspettata: sfidare l'avvenente vedova in un duello di scherma. Chi vincerà non otterrà solo Stonehaven, ma con molta probabilità anche il cuore dell'altro.
LinguaItaliano
Data di uscita20 nov 2019
ISBN9788830507753
La duchessa di Stonehaven: Harmony History

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    Anteprima del libro

    La duchessa di Stonehaven - Laurie Benson

    successivo.

    Prologo

    Londra, luglio 1819

    Quando si sedette davanti alla scrivania del notaio, Lizzy ebbe l'impressione di aver atteso di conoscere Mr. Simon Alexander da tutta la vita. E in quanto Duchessa di Skeffington da poco rimasta vedova, non era abituata ad aspettare.

    Finalmente avrebbe visto l'erede del titolo di suo marito, defunto qualche mese prima. Il nuovo Duca di Skeffington, che doveva arrivare per la lettura del testamento e che naturalmente era in ritardo.

    «Sono sicuro che Sua Grazia arriverà fra non molto» pronunciò, imbarazzato, Mr. Nesbit tirando fuori della tasca, almeno per la quinta volta, il suo orologio.

    Lizzy giocherellava con la collana di smeraldi e non faceva nulla per nascondere la propria irritazione. «Siete certo che sappia che la lettura del testamento è per oggi?» domandò, infastidita.

    «Sono stato molto chiaro nella mia lettera» confermò Mr. Nesbit.

    Rimsby, l'impeccabile maggiordomo di Skeffington House, quel giorno l'aveva accompagnata. Lizzy gli lanciò un'occhiata, sembrava più a disagio di lei per il ritardo del suo nuovo padrone.

    Anche Mrs. Thacker, la sua governante, era presente. Arrossiva tutte le volte che veniva menzionato Mr. Alexander, e non era da lei. Al pari del maggiordomo, rivelava molto di rado le proprie emozioni.

    «Per quanto ancora dovremo aspettarlo?» chiese Lizzy a Lord Liverpool, che si era sempre occupato della tenuta di suo marito e che adesso era in piedi davanti alla finestra e osservava distrattamente il traffico londinese. «Potremmo cominciare senza di lui» suggerì subito dopo. «Mr. Nesbit gli farà un riassunto, quando finalmente si degnerà di arrivare.»

    «Sua Grazia il defunto Duca di Skeffington» le ricordò Lord Liverpool voltandosi verso di lei, «ha sempre insistito che il suo testamento venisse letto alle presenza di tutti i beneficiari dei suoi lasciti. Mr. Alexander, come nuovo duca, deve assolutamente essere presente.»

    Mr. Mix, il segretario di suo marito, ascoltava in silenzio. Era piccolo e magro, aveva quarantanove anni, venti più di Lizzy, ed era abituato a tenere per sé le proprie opinioni. Lizzy si era chiesta più volte come mai avesse sopportato così a lungo suo marito e non si fosse trovato un altro padrone. Molti membri della Camera dei Lord avrebbero apprezzato i suoi servigi. Lei era stata costretta a sopportare il duca da quando lo aveva sposato, a diciassette anni, ma se solo avesse potuto liberarsi di lui...

    «Credete che Mr. Alexander vi terrà al suo servizio?» domandò al segretario, tanto per far conversazione.

    L'altro si strinse nelle spalle. «Non ne ho idea. Non ho ancora avuto il privilegio di incontrarlo. È arrivato a Londra solo da pochi giorni.»

    «Mio marito si fidava di voi, e penso che il nuovo duca farà lo stesso» cercò di rassicurarlo lei.

    «Siete molto gentile, Vostra Grazia» rispose lui, e Lizzy notò che muoveva nervosamente una gamba.

    Non era il solo a essere nervoso, pensò Lizzy. Sembrava che il nuovo duca avesse già adottato l'arrogante indifferenza per gli altri dei grandi aristocratici e che gli piacesse farsi attendere. Era un duca, dunque tutti dovevano piegarsi ai suoi capricci.

    Solo che lei era una duchessa.

    Lizzy stava quasi per chiedere un bicchiere di sherry per ingannare l'attesa, quando la porta si aprì e comparve uno degli impiegati di Mr. Nesbit, per annunciare che il Duca di Skeffington era arrivato.

    L'erede di suo marito comparve sulla soglia. Alto, atletico, solo di qualche anno più vecchio di lei. Non era come Lizzy se l'era immaginato.

    Era vestito con semplicità, ma il taglio sobrio della giacca metteva in risalto le spalle muscolose. Un uomo che non badava molto alla moda, estremamente virile. Quando i suoi occhi scuri indugiarono per qualche secondo a contemplare Lizzy, dopo aver esaminato tutti gli altri presenti, lei sentì il cuore che mancava un battito. La stanza sembrò svanire, ed ebbe uno strano senso di vertigine.

    Mr. Nesbit si precipitò ad accogliere il duca, rompendo l'incanto.

    «Vostra Grazia, eravamo preoccupati. Temevamo qualche incidente...»

    «Nessun incidente, Nesbit. Come vedete sono sano e salvo.»

    Sano, salvo e bellissimo, con quei capelli scuri come i suoi occhi, avrebbe voluto aggiungere Lizzy. Un ricciolo gli ricadeva sulla fronte, rendendolo ancora più attraente.

    Non sembrava avere la minima intenzione di scusarsi per il ritardo. Lizzy dedusse che il titolo di Duca di Skeffington apparteneva di diritto solo a uomini egoisti e presuntuosi.

    «È da un'ora che vi aspettiamo» gli fece notare.

    Non era stata sua intenzione rimproverarlo davanti a tutti, ma le parole le erano sfuggite. Un gesto incauto, perché sperava che Skeffington le assegnasse Stonehaven come residenza permanente. Si era permessa di apostrofarlo in quel modo prima ancora che Mr. Nesbit facesse le presentazioni formali.

    Mr. Alexander si voltò a guardarla. «Voi chi siete?» le domandò con un accento del nord, forse del Lincolnshire.

    «Sono Elizabeth, la Duchessa di Skeffington» rispose lei prima che Mr. Nesbit avesse il tempo di intervenire.

    «Eravate sua moglie?» ribatté lui, stupito.

    «Se vi riferite al vostro predecessore, sì, ero sua moglie.»

    Lui la fissò con una tale intensità che Lizzy provò l'impulso di toccarsi i capelli, per essere sicura che fossero perfettamente a posto.

    «Non siete come mi aspettavo» osservò lui.

    «Per quanto mi riguarda io mi aspettavo soltanto che arrivaste puntuale alla lettura del testamento.»

    «Avevo qualcosa di più urgente da fare. Potevate cominciare senza di me.»

    L'irritazione di Lizzy aumentò ancora di più. «Se fosse stato possibile, avremmo letto il testamento sei mesi fa, dopo la morte di mio marito, ma il defunto duca voleva assolutamente che tutti fossero presenti, così siamo stati costretti ad aspettarvi, mentre voi vi divertivate in giro per il mondo.»

    «Mi divertivo in giro per il mondo?» ripeté Mr. Alexander con un tono piuttosto risentito.

    «Sì, vi divertivate» confermò lei prima di distogliere lo sguardo. «Mr. Nesbit, possiamo leggere il testamento di mio marito senza altri indugi?»

    «Certamente» approvò il notaio, e presentò il nuovo duca a Lord Liverpool e a Mr. Mix.

    Mr. Alexander salutò con un cenno il maggiordomo e la governante, prima di sedersi davanti alla scrivania di Mr. Nesbit, accanto a Lizzy.

    Lei ne approfittò per dargli un'occhiata da vicino, ma quando Mr. Alexander si voltò dalla sua parte volse altrove lo sguardo e sperò di non essere arrossita.

    Riportò la propria attenzione sul notaio e su quello che stava per accadere. Finalmente avrebbe saputo quale delle quattro tenute degli Skeffington sarebbe diventata sua. Stonehaven era il suo sogno, ci sarebbe vissuta per il resto dei suoi giorni, tranquilla e senza dover dipendere da nessuno. Era l'unico luogo che considerava davvero come casa sua, il posto in cui si rifugiava quando voleva allontanarsi dal marito.

    Il defunto duca sapeva quanto fosse affezionata a quella residenza, ma era sempre stato molto difficile prevedere le sue decisioni.

    Lizzy incrociò di nascosto le dita mentre Mr. Nesbit cominciava la lettura. I primi lasciti erano i meno importanti.

    La collezione di tabacchiere andava a Mr. Mix, la scacchiera al maggiordomo con cui il defunto duca aveva più volte giocato a scacchi. Un ritratto della prima moglie alla governante, che era stata la cameriera personale della defunta duchessa.

    Mr. Nesbit, a quel punto, volse lo sguardo verso Lizzy.

    «E a mia moglie Elizabeth, che non è riuscita a darmi un erede, lascio la somma di ottomila sterline.»

    Solo ottomila sterline... E la vergogna di essere additata a tutti i presenti come l'unica colpevole delle sue mancate gravidanze. Neppure dalla prima moglie aveva avuto un figlio, quindi come poteva attribuire soltanto a lei la responsabilità di un matrimonio sterile?

    «Secondo il nostro contratto di matrimonio dovevano spettarmi ventimila sterline» obiettò lei stringendo i pugni così forte da conficcarsi le unghie nel palmo delle mani.

    Mr. Nesbit si passò sulla fronte un fazzoletto bianco, come per asciugarsi il sudore.

    «Solo nel caso che voi aveste messo al mondo un erede...» aggiunse il notaio.

    «Mio padre non può aver acconsentito a una simile clausola!» si oppose Lizzy.

    «A quanto pare l'ha fatto. Ho una copia del contratto di matrimonio, Vostra Grazia, se volete vederla.»

    «Mio padre mi aveva detto che avrei ricevuto ventimila sterline alla morte di mio marito!» protestò ancora lei.

    «È vero, ma se voi gli aveste dato un erede. Non avendo concepito alcun erede, vi viene restituita soltanto la vostra dote.»

    Suo padre le aveva sempre taciuto quel particolare. Temeva che lei rifiutasse il matrimonio, e a lui importava soltanto imparentarsi con un duca.

    Era la Duchessa di Skeffington! Come pensavano che potesse vivere con meno di diecimila sterline? Aveva tre carrozze, innumerevoli domestici, dava ricevimenti tutto l'anno e si vestiva sempre all'ultima moda. Aveva una reputazione da mantenere.

    Certo che, vivendo a Stonehaven, le sarebbe stata assegnata anche la rendita della tenuta, che l'avrebbe aiutata a pagare le spese.

    «Alla mia vedova sarà assegnata Clivemoore House come residenza, fino alla sua morte, o fino a quando si risposerà» lesse ancora il notaio.

    Mio Dio, no!

    Lontana dalle sue sorelle, da sua zia e dai suoi amici, in una zona remota del Paese. Perfino dopo la sua morte quell'uomo orribile che era stato suo marito riusciva a farla soffrire.

    Lizzy pregò di aver sentito male.

    Era evidente che la vedova del suo predecessore, la Duchessa di Skeffington, amava le cose belle, aveva pensato Simon, sedendosi al suo fianco per ascoltare la lettura del testamento.

    I capelli scuri erano pettinati alla perfezione, una magnifica collana di smeraldi adornava il suo collo lungo e flessuoso, accompagnata da un paio di orecchini con le stesse gemme. L'abito era dei più costosi, certamente all'ultima moda. Tutto quello che gli avevano raccontato la sera prima a proposito dell'altezzosa Duchessa di Skeffington doveva corrispondere al vero, anche se non si era aspettato che fosse tanto giovane e così bella.

    Probabilmente aveva sposato il vecchio Duca di Skeffington solo perché era nobile e ricco, e ora era molto delusa che le avesse lasciato così poco.

    Poco per modo di dire, perché ai suoi occhi ottomila sterline erano una somma consistente, con cui si poteva vivere molto bene.

    «Mr. Nesbit, potreste rileggere il testamento? Non tutto, solo l'ultima parte» pregò Lizzy.

    «Certamente. Il testamento dice che dovrete vivere a Clivemoore House.»

    «Clivemoore House...» ripeté lei con un tono distaccato e impersonale, come se ancora non riuscisse a crederci.

    «Sì, Vostra Grazia.»

    «Non Stonehaven?»

    «No, Vostra Grazia. Clivemoore House.»

    Simon non riusciva a capire.

    Per tutta la sua vita era vissuto dove capitava, e a volte aveva pregato di poter avere un tetto sopra la testa. Quella duchessa sembrava atterrita all'idea di dover andare a vivere in una residenza certamente degna di lei, senza pagare un soldo, e di poterci stare per il resto della sua vita.

    Adesso i timori di Simon erano finiti. Non avrebbe più dovuto sperare di avere un tetto sopra la testa, perché avrebbe avuto più di una casa. Non sapeva nemmeno quante sarebbero state di sua proprietà, come nuovo Duca di Skeffington. «Quali altre proprietà sono citate nel testamento, Mr. Nesbit?» domandò, curioso.

    «Skeffington House a Londra, Stonehaven nel Dorset e la vostra sede ducale nel Somerset, Harrowhurst Castle.»

    «Costruzioni solide?»

    «Solide e robuste, Vostra Grazia, ma sarà meglio che le visitiate personalmente e parliate con i vostri intendenti.»

    Era partito dall'Inghilterra a nove anni, senza niente. Tornava da proprietario terriero, padrone di case e perfino di un castello. Non ci avrebbe creduto fino a quando non ci avesse messo piede.

    Terminata la lettura del testamento, tutti si alzarono per andarsene.

    «Il defunto duca era un membro di White's» lo informò Lord Liverpool stringendogli la mano. «Sono sicuro che saranno felici di accettare anche voi, se farete domanda.»

    «Molto gentile da parte vostra, ma non ho intenzione di farla» rispose Simon.

    «Perché no?» chiese Lizzy senza pensarci, anche se non erano cose che la riguardassero.

    «Perché non credo che mi fermerò a lungo in Inghilterra» affermò Simon voltandosi verso di lei. «L'unico club a cui vorrei iscrivermi è quello dei viaggiatori.»

    «Con tutto il dovuto rispetto, Vostra Grazia, una persona come voi dovrebbe rimanere in Inghilterra per occuparsi delle sue proprietà e per partecipare alle sedute in Parlamento» obiettò Lord Liverpool.

    «Mi occuperò delle mie proprietà da lontano. Tornerò al più presto in Sicilia.»

    Lord Liverpool impallidì. «Nella storia di questo Paese ci sono uomini che hanno sempre considerato di grande importanza l'opinione del Duca di Skeffington per guidare la politica e l'hanno guardato come un capo...» cominciò.

    «Dovranno guardare qualcun altro, d'ora in poi» tagliò corto Simon. «Ho altre cose da fare.»

    «Ad esempio?» chiese Lizzy.

    «Permettetemi di dirvi che non sono cose che vi riguardano» replicò Simon.

    Inviperita, Lizzy andò a salutare il maggiordomo e la governante. Probabilmente si sarebbe lamentata del villano che aveva ereditato il titolo di suo marito, pensò Simon.

    «Spero che potremo discutere ancora dell'importanza del vostro ruolo, Vostra Grazia» insistette Lord Liverpool, che non sembrava darsi per vinto.

    Simon invece aveva notato che alcuni riccioli dell'elaborata acconciatura della duchessa erano sfuggiti e le ricadevano sulla nuca, accarezzando la sua pelle perfetta.

    Comunque avrebbe lasciato parlare Lord Liverpool per poi fare quello che voleva, come sempre. Era stata la regola della sua vita: fare di testa sua.

    Non sarebbe rimasto in Inghilterra per molto, di sicuro non abbastanza per andare a far visita al Primo Ministro. Aveva altre cose da fare, molto più importanti, e quell'eredità gli aveva già fatto perdere troppo tempo. Una volta sistemate tutte le faccende che riguardavano il suo nuovo titolo, sarebbe tornato in Sicilia.

    Lord Liverpool gli tese la mano, e Simon la strinse con forza. «Mi auguro di rivedervi presto, Vostra Grazia» lo apostrofò, congedandosi.

    Mr. Mix, il segretario del vecchio duca, era l'uomo con cui desiderava parlare. Aveva amministrato i beni del suo padrone con cura e competenza, aveva bisogno di uno come lui. Inoltre gli avrebbe mostrato la contabilità, per sapere finalmente a quanto ammontava la sua intera eredità.

    Quando Simon era arrivato in Inghilterra, Lord Liverpool lo aveva informato che tutti i debiti erano stati pagati e che rimanevano ancora fondi, ma non si era pronunciato sulla loro entità, né su quanto si ricavava dalle tenute.

    «Mr. Mix» lo chiamò Simon, prima che il segretario uscisse dallo studio del notaio. «Voi siete stato il segretario privato del mio predecessore. Non è così?»

    «È così, Vostra Grazia» confermò Mix dopo una breve esitazione.

    «Chiamatemi pure Simon. Dobbiamo discutere della mia situazione finanziaria e della possibilità che restiate come mio segretario, se volete. Se non sbaglio, dovreste venire a prendere quelle tabacchiere che il defunto duca vi ha lasciato in eredità.»

    «Quando desiderate che venga da voi?» gli domandò Mix accennando un sorriso.

    «Domani sarebbe il giorno ideale, se non avete altri impegni. Alloggio al Pulteney Hotel a Piccadilly. Abbiamo parecchie cose di cui discutere.»

    «Molto bene, Vostra Grazia. Domani verrò da voi» promise Mix rimettendosi il cappello, prima di uscire dallo studio.

    Anche Simon si rimise il cappello in testa. Stava per andarsene a sua volta quando una voce cristallina lo chiamò. Simon chiuse per un attimo gli occhi e scosse leggermente il capo prima di rassegnarsi

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