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L inaspettata scoperta di Annabelle: Harmony History
L inaspettata scoperta di Annabelle: Harmony History
L inaspettata scoperta di Annabelle: Harmony History
E-book250 pagine4 ore

L inaspettata scoperta di Annabelle: Harmony History

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Info su questo ebook

Londra, 1815
Preoccupato per le condizioni di salute di sua sorella, Lytton Staines, Conte di Thornton, chiede aiuto ad Annabelle Smith, le cui competenze nel campo dei trattamenti con le erbe sono note in tutta Londra. Ad Annabelle basta un'occhiata per capire che il problema della ragazza è ben diverso da quello che suo fratello sospetta, ma decide di mantenere il segreto. Nel frattempo la frequentazione tra Lytton e Annabelle si colora di sentimenti nuovi e sconosciuti a entrambi, ma la posizione sociale del conte e il suo imminente fidanzamento impediscono ai due giovani di dichiararsi. Quando però la vita di Annabelle viene stravolta da una rivelazione legata al suo passato e dalla consapevolezza di non essere chi ha sempre creduto, un pericolo inaspettato potrebbe compromettere di nuovo ogni cosa.
LinguaItaliano
Data di uscita20 ago 2019
ISBN9788830501935
L inaspettata scoperta di Annabelle: Harmony History
Autore

Sophia James

Neozelandese, laureata in Letteratura inglese e Storia all'Università di Auckland, ha scoperto la passione per la scrittura leggendo insieme alla sorella gemella i romanzi di Georgette Heyer.

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    Anteprima del libro

    L inaspettata scoperta di Annabelle - Sophia James

    successivo.

    1

    Londra, 1815

    «C'è un signore che chiede di te, ma ti avviso che non ho mai visto nessuno come lui.»

    «Che intendi dire? È sfigurato?» chiese Annabelle Smith, mescolando l'infuso di menta e canfora che stava prendendo bollore e diffondeva i vapori nell'aria. «O è soltanto molto malato?»

    Rosemary Greene rise. «Guarda tu stessa» rispose consegnandole un biglietto da visita. «Indossa un gilè di raso rosa brillante e porta un anello a ciascun dito. I suoi capelli sono acconciati in uno stile che non ho mai visto prima, e in strada c'è una carrozza che sembra uscita da una fiaba.»

    Belle guardò il biglietto. Lytton Staines, Conte di Thornton. Che cosa poteva volere da lei, un nobile, e perché era venuto nella sua umile dimora situata ai margini di Whitechapel? «Fallo accomodare in soggiorno, Rose, e assicurati che non ci sia il cane. Sarò da lui tra un attimo.»

    Rosemary esitò. «Vuoi che ti accompagni?»

    «Perché dovresti?»

    «Il visitatore è un giovane esponente del ton, e tu sei una donna nubile. Non è richiesto uno chaperon, in questi casi?»

    Belle rise alla preoccupazione dell'amica. «Se fossimo in società, sarebbe così, ma non lo siamo, ed è probabile che sia qui solo per acquistare dei medicamenti. Dammi cinque minuti con questo infuso e offrigli una tazza di tè. Se chiede qualcosa di più forte, però, digli che non ne abbiamo, perché tutto l'alcol che resta ci serve per i pazienti.»

    L'altra annuì. «Sembra molto ricco e piuttosto arrogante. Vuoi che dica a tua zia di fargli compagnia? Io non me la sento.»

    Belle sorrise. «Con un po' di fortuna il Conte di Thornton potrebbe avere un ripensamento e andarsene prima che io abbia finito qui.»

    Lytton Staines si guardò intorno nella stanza in cui gli avevano detto di attendere. Era piccola ma molto ordinata, con un tappeto che sembrava fatto di vecchi stracci colorati e brutti dipinti floreali alle pareti. Si chiese perché fosse venuto di persona, invece di mandare un domestico, ma conosceva già la risposta. Era l'ultima speranza, per sua sorella, e non voleva rischiare che qualcun altro rovinasse la possibilità di ottenere l'aiuto di Miss Smith.

    La donna che lo aveva accompagnato in salotto era sparita, lasciandolo con un'anziana signora e un cagnolino peloso che aveva fatto spuntare il muso da sotto la poltrona. Un terrier imbastardito, decise, che mostrava i denti ingialliti. Cercò di allontanarlo con lo stivale e ottenne solo che il cane si avvicinasse di più, lo sguardo fisso su di lui.

    Dal corridoio veniva un canto femminile. Lytton avrebbe voluto tapparsi le orecchie per non udire quella voce stonata, ma non sarebbe stato gentile.

    Non avrebbe dovuto recarsi lì. Quell'ambiente non gli era familiare, e a un tratto si sentì fuori posto. Un'ammissione sorprendente, per lui, considerando che si era sempre sentito a proprio agio anche tra i ranghi più alti dell'aristocrazia.

    La tazza di tè che una cameriera gli aveva portato poco prima era sul tavolino accanto a lui e colmava l'aria della sua fragranza.

    Curvò le labbra in un sorriso immaginando cos'avrebbero detto i suoi amici Shay, Aurelian e Edward, vedendolo in quella stanza. Era il primo sprazzo di umorismo che si concedeva da settimane, e sentiva la nostalgia di quella leggerezza, dopo il senso di morte, malattia e confusione che si trovava ad affrontare per la prima volta in vita sua.

    «Grazie al cielo» mormorò tra sé, vedendo che l'anziana signora sollevava lo sguardo.

    Inclinò il capo e lei aggrottò la fronte, facendo scivolare gli occhiali sul naso e permettendogli di vederla bene in viso.

    Doveva essere stata una vera bellezza, pensò, prima che il tempo lasciasse i suoi segni. A un tratto i suoi trentacinque anni gli pesarono sulle spalle, e il decadimento della vecchiaia gli parve terribilmente vicino.

    Allungò la mano verso la tazza solo per avere qualcosa da fare, e bevve un sorso di tè.

    «Il tè è la bevanda preferita di mia madre» affermò, riconoscendo il gusto della varietà nera preferita dalla madre. L'espressione della vecchia si fece meno ostile.

    D'improvviso il cane spiccò un balzo, atterrando prima sulla tazza e poi sul gilè di Lytton. Il tè bollente gli si rovesciò sulla coscia, e la sottile porcellana andò in frantumi sulle assi del pavimento.

    Quando Belle entrò nella stanza, il cane stava addentando gli abiti del visitatore. Udì il rumore della seta che si strappava e si chiese perché zia Alicia non avesse trattenuto il suo animale da compagnia.

    «Stanley! Vieni giù di lì!» gridò inorridita. «Mi dispiace tanto, milord, ma Stanley ama il colore rosa, e il vostro gilè è della tonalità che più lo attira.» Cercò di staccare i denti del cane, ma non ebbe fortuna e ottenne solo che la seta si strappasse ancora di più, mentre lei perdeva l'equilibrio e finiva addosso al Conte di Thornton. Nel groviglio che seguì, con la mano incontrò l'umidità calda della sua coscia prima che lui l'allontanasse.

    «Basta!» La voce del conte rimbombò fra le quattro pareti, e per un attimo Belle si chiese se parlasse a lei, o al cane.

    Stanley obbedì prontamente e trotterellò fuori della stanza con la coda tra le gambe, seguito da zia Alicia.

    Belle rimase in equilibrio precario, nel tentativo di non provocare altri danni a un capo d'abbigliamento che sembrava valere di più di tutta la casa messa insieme. «Cielo, che danno!» ansimò. Seguì una sequela di recriminazioni in francese, indirizzate alla zia.

    Quindi, rendendosi conto di quanto fosse inappropriato, si interruppe e si rialzò per avvicinarsi a un armadietto ed estrarre una banconota da una sterlina dalla sua borsa di velluto. «Naturalmente vi ripagherò il danno, milord. Speravo che Stanley fosse fuori in giardino, vedete, ma purtroppo non era così.»

    «Ha un debole per il colore rosa perché gli ricorda un giocattolo che aveva da cucciolo?» chiese il conte.

    «Parlate francese?»

    «Correntemente. Suppongo che siate voi Miss Annabelle Smith? L'erborista?»

    Quando lei annuì, il conte si fece avanti.

    «Sono Lord Thornton» si presentò, «e sono venuto a chiedere i vostri servigi per mia sorella. È affetta da una malattia debilitante, e nessun medico in Inghilterra è stato in grado di trovare una cura.»

    «E credete che io potrei?»

    «La gente parla di voi con grande rispetto.»

    «Qualcuno che conoscete?» domandò Belle senza riuscire a nascondere l'incredulità.

    «Il mio cameriere personale, in realtà. Un paio d'anni fa il vostro intervento è stato determinante per concedere a suo padre qualche anno di più in buone condizioni.»

    «Ma più spesso non posso intervenire nei piani del Signore.»

    «Siete una donna religiosa?»

    «Più che altro sono una donna pratica. Se credete che io rappresenti la risposta a tutte le vostre preghiere, vi avverto che potreste rimanere deluso.»

    «Non confido troppo nelle preghiere, Miss Smith.»

    «In cosa confidate, allora?»

    Per un attimo a Belle parve di vedere un lampo di collera attraversargli il volto, prima che lui lo nascondesse. «Nel brandy, nel gioco, nei cavalli e nelle donne» rispose lui.

    C'era un luccichio malvagio nei suoi occhi ambrati, e Belle fece un passo indietro.

    Miss Annabelle Smith sembrava sconvolta, ma Lytton non era interessato ai sentimenti altrui, al momento. In ogni caso, quella donna aveva gli occhi azzurri più sorprendenti che lui avesse mai visto e quando gli aveva sfiorato la coscia nel tentativo di staccare il cane dal suo gilè, il contatto gli aveva provocato un accesso istantaneo di lussuria.

    Diavolo.

    Nel tè doveva esserci qualche erba afrodisiaca che gli aveva mandato in confusione il cervello.

    Respinse il denaro che gli offriva e si alzò, calpestando con lo stivale i frammenti di porcellana.

    Non sapeva cosa l'avesse spinto a rispondere in modo così rude alla sua domanda, ma a un tratto si sentiva come il cane, con il pelo ritto e in preda a un istinto che cancellava il libero arbitrio. Provò l'impulso di fuggire da lì.

    Miss Smith, tuttavia, non sembrava intenzionata a lasciarlo andare tanto facilmente. In quel momento, infatti, gli stava tamponando la coscia con un panno.

    Era impazzita? Non si rendeva conto che non era accettabile? Con orrore sentì che il proprio corpo lo tradiva e comprese che lei se n'era accorta quando la vide ritrarsi di scatto.

    «Perdonate.» Lei gli tese il panno e gli voltò le spalle. «È meglio che facciate da solo, signor conte.»

    Non sapeva nemmeno come rivolgersi a un Pari del Regno! Lytton si strofinò in fretta la coscia e inalò a fondo. Miss Smith gli voltava ancora le spalle e sotto il vestito leggero si delineavano le forme di un fondoschiena ben modellato. Una delle tasche laterali era macchiata, e una pianta spuntava dall'orlo.

    Anche lei odorava di erbe. Non era un odore sgradevole, considerò Lytton fra sé, ma molto insolito. La maggior parte delle donne di sua conoscenza usava profumi alla violetta, alla rosa o alla lavanda. «Ho finito di asciugarmi, Miss Smith» annunciò.

    Lei si voltò, e la donna goffa e imbarazzata tornò a essere schietta e determinata, senza alcuna traccia di umorismo. «Dovrei vedere vostra sorella prima di prescriverle qualcosa» lo informò. «Una malattia debilitante è un'etichetta che comprende molte malattie, diverse tra loro come la notte dal giorno.»

    «Si tratterrà qui a Londra per tutta la settimana, quindi se riuscite a trovare il tempo...»

    «Venitemi a prendermi domani mattina alle nove. Devo preparare alcune medicine, ma...» Miss Smith esitò un istante prima di aggiungere: «Non mi faccio pagare poco, signore. Un consulto costa tre sterline».

    Lytton ebbe l'impressione che trattenesse il fiato, mentre lo diceva, ma si sarebbe potuto sbagliare. «Affare fatto. Sarò qui alle nove.»

    «Vi auguro una buona giornata, allora.»

    Gli tese la mano. Mentre la stringeva, Lytton sentì delle piccole callosità sulle dita e si chiese che tipo di lavoro gliele avesse procurate. Non erano le mani morbide di una gentildonna, e neanche la stretta era femminile. Portava solo un piccolo anello d'oro, che lo fece vergognare dell'eccesso di gioielli che indossava.

    Poco dopo appoggiava il capo alla morbida pelle del sedile della sua carrozza. Aveva un urgente bisogno di bere.

    «Da White's» ordinò al cocchiere, felice di allontanarsi dalla povertà di Whitechapel e da quella donna singolare che rispondeva al nome di Miss Annabelle Smith.

    Il club era affollato, quando arrivò. Vedendo Aurelian de la Tomber seduto a parlare con Edward Tully, andò verso di loro.

    «Pensavo fossi ancora nel Sussex con la tua bella moglie, Lian.»

    «C'ero, fino a stamani. Sono qui solo per oggi e tornerò a casa domattina presto.»

    «La vita coniugale ti si addice, allora» commentò Lytton. «Eri molto più vagabondo, prima.»

    «Ci si abitua in fretta alla filosofia una casa e una sola donna

    «Allora sei un uomo fortunato.»

    Lytton vide Edward lanciargli una strana occhiata e si augurò di non essere sembrato troppo brusco. Gli era sempre più difficile essere gentile, pensò, vuotando il bicchiere di brandy che un cameriere gli aveva portato e ordinandone un altro. Si sentiva inquieto e giù di corda, dopo la visita nell'East End londinese. «Ho appena avuto un incontro con una donna che prepara medicamenti a base di erbe nei dintorni di Whitechapel» spiegò agli amici. «Bisognerebbe fare qualcosa per quel quartiere, perché è più maleodorante che mai.»

    «Questa erborista si è mostrata fiduciosa di trovare qualche rimedio per tua sorella?» si informò Edward con genuino interesse.

    «Pare di sì» rispose lui, perché gli era impossibile immaginare il contrario e perché in quel momento aveva bisogno di speranza, più che di onestà.

    «Come si chiama?» volle sapere Lian.

    «Miss Annabelle Smith. Il mio cameriere personale mi ha consigliato i suoi servizi.»

    «Ha curato anche lui? Per che cosa?»

    «Ha prolungato la vita di suo padre, e la famiglia gliene è riconoscente. Anche se non riesco a immaginare come abbiano fatto a pagarla.»

    «Quanto chiede per una visita?» si informò Edward.

    «Tre sterline. Mi è sembrato un prezzo piuttosto alto.»

    «Le avevi dato il tuo biglietto da visita prima che ti dicesse il prezzo?»

    Lytton annuì. «E sarei stato disposto a pagare anche di più, se me l'avesse chiesto.»

    «È la legge della domanda e dell'offerta, allora» commentò Lian. «Quanti anni ha?»

    «Non lo so, ma non è giovanissima. Parla anche francese, stranamente.»

    L'informazione suscitò l'interesse dell'amico. «Smith non è un nome francese.»

    «No, ma c'era anche una donna anziana, che sembrava francese. Mi pare che l'abbia chiamata zia, dopo che il cane mi aveva attaccato.» Lytton si slacciò i bottoni della giacca per mostrare agli amici il gilè rovinato.

    «Con un simile colore, meritava di essere strappato» decretò Edward, ma Lian rimase serio.

    «Non ho mai sentito parlare di questa donna, o della zia francese. Forse vale la pena di svolgere qualche indagine?»

    «No» rifiutò Lytton con un tono che lasciò gli altri due perplessi. «Nessuna indagine. Deve vedere Lucy domani.»

    Edward stava cercando di mostrarsi disinteressato, ma era evidentemente curioso. «Che aspetto ha?» domandò.

    «È forte. Sicura di sé, diretta. Molto diversa dalle donne dell'aristocrazia. Il suo abito era fuori moda di almeno dieci anni, e i capelli erano legati con una sciarpa. Sono scuri e ricciuti e le arrivano fino alla vita. È... insolita.»

    «Pare che ti abbia colpito» commentò Edward. «Poco fa ho visto Susan, e mi ha detto che dovete vedervi stasera.»

    «Sì, andremo al balletto.»

    Susan era la sua amante da quattro mesi, ma Lytton cominciava a essere stanco di tutte le sue richieste. Esigeva molto di più di quanto lui fosse disposto a darle e, nonostante la notevole bellezza, si era già stancato di quella relazione. Il pensiero lo fece raddrizzare in poltrona. Era a causa di Lucy, probabilmente, e della presenza costante della sua tristezza e della malattia.

    Gli sarebbe piaciuto che la vita tornasse a essere facile come un tempo, senza un ostacolo e con tutto da prendere. Infilò un dito nel buco del gilè e per un istante si chiese cosa l'avesse spinto ad acquistare un indumento di un colore così sgargiante.

    Era stata Susan, ovviamente, con la sua mania per la moda. Era più facile adeguarsi ai suoi gusti che lottare per qualcosa di più sobrio. Si chiese quando avesse cominciato a rinunciare alle proprie opinioni, e si fece scuro in volto. Avrebbe eliminato dalla sua vita i gioielli eccessivi e il colore rosa.

    Miss Annabelle Smith era una donna singolare. Era difficile anche solo immaginare che permettesse a qualcuno di dirle cosa indossare, o cosa fare. Pur con le scelte limitate dalla povertà, sembrava aver trovato la sua strada nella vita ed esserne contenta.

    Belle si svegliò nel mezzo della notte, sudata e ansimante. Ancora quell'incubo. Cercò di allontanare il panico e si mise a sedere, accendendo la candela per scacciare le ombre.

    La stessa gente che gridava, la stessa paura, lo stesso intorpidimento che la coglieva nella stanza di un palazzo che non conosceva. Voleva fuggire il più in fretta possibile. Credeva di odiare quelle persone e, anche se non riusciva mai a vederle, sapeva che le assomigliavano. Ignorava da dove le venisse quella certezza, ma era sempre stata presente, fin da quando erano iniziati gli incubi, molti anni prima. A volte udiva quella gente pronunciare il suo nome.

    I rumori che venivano dalla strada l'aiutarono a calmarsi, così come il lieve russare della zia nella stanza accanto. In momenti come quello era grata che le pareti fossero così sottili, perché si sentiva meno sola.

    Le tornò alla mente anche il volto di Lytton Staines, Conte di Thornton, con il suo sorriso così diverso dagli abiti che indossava.

    Ricordò di avergli toccato per errore la coscia, e si sentì avvampare. Cielo, non era mai stata così vicina a un uomo, e sapeva che lui aveva notato il suo imbarazzo, quando si era ritratta.

    L'incidente del tè rovesciato raggiunse proporzioni gigantesche nella sua mente. Probabilmente l'avrebbe rivissuto ogni volta che lo guardava, e ormai era solo questione di ore, perché lui sarebbe venuto a prenderla alle nove. Doveva rimettersi a dormire. Aveva bisogno di essere al meglio, in compagnia di Lord Thornton, perché c'era qualcosa in lui che la inquietava.

    Per cominciare, era molto bello e aveva il portamento che ci si aspettava dal suo titolo. Era anche vigile. Belle aveva notato come si era guardato intorno, senza dubbio valutando le sue ristrettezze economiche.

    Si chiese cos'avesse pensato dei suoi dipinti appesi alle pareti. Disegnare i fiori l'aiutava a rilassarsi. Anni prima aveva disegnato volti, ritratti di sconosciuti che aveva gettato via, ma adesso preferiva le piante. Allontanò il ricordo di quei primi dipinti, che rievocavano il sogno.

    La settimana seguente avrebbe compiuto trentadue anni, e la sua attività di guaritrice stava andando sempre meglio. Fece una smorfia al pensiero della cifra che aveva chiesto al conte, ma quello che avrebbe ricavato da un uomo che poteva permettersi di pagare una somma esorbitante per la sorella le avrebbe permesso di curare molti altri gratuitamente. Non erano in molti quelli che potevano pagare anche solo un penny.

    Il conte sembrava molto ricco. Si chiese dove vivesse, a Londra. Forse in una di quelle belle piazze nel centro di Mayfair, luoghi in cui si era avventurata di rado. Era in uno di quei palazzi che l'avrebbe portata per visitare la sorella? Sarebbe stata presente la famiglia? Alicia le aveva detto che il conte aveva accennato a sua madre, dicendo che amava il tè.

    Belle sapeva di non essersi rivolta a lui nel modo appropriato. L'aveva capito subito dopo che se n'era andato, perché aveva chiesto a Milly, la cameriera che aiutava in cucina e che aveva lavorato in casa di nobili, come ci si doveva rivolgere a un conte.

    Signor conte era un errore. Secondo Milly avrebbe dovuto usare milord, Vostra Signoria, o Lord Thornton. Belle aveva deciso che la volta successiva avrebbe usato il primo titolo.

    Chiarito quel punto, il sonno sembrava più a portata di mano. Aveva preparato tutte le tinture, i medicamenti e gli unguenti da

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