Il patto del signor Hood: Brevi racconti neri
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Anteprima del libro
Il patto del signor Hood - Mauro Lo Sole
Amorire
Introduzione
Talvolta, quello che accade intorno a noi può sembrare diverso dalla realtà e non sempre si specchia con quello che riusciamo a vedere a percepire a sentire a fare. C’è sempre qualcosa che ci sfugge, che non torna, là dove non riusciamo a darci una risposta. Così, alcune volte, dobbiamo rivolgerci, a forze diverse da quelle che normalmente conosciamo per attendere una soluzione.
Mauro Lo Sole
Avevo conosciuto Maria Sole a Milano, mentre aspettavo i miei amici in Brera, davanti al bar dove di solito ci incontriamo per bere una birra e passare qualche ora insieme.
Ero con Sissi, la mia cagnolina, proprio nel mio primo giorno di ferie, alla fine di luglio.
All’improvviso notai quella bellissima ragazza e mi fermai a guardarla rimanendo affascinato, mentre leggeva le sue carte dei Tarocchi seduta davanti a un piccolo tavolo.
Mi disse di chiamarsi Maria Sole e di essere appassionata della cartomanzia, della magia e del Dianismo, che è una corrente spirituale incentrata sui misteri femminili.
Cartomanzia e magia erano per me argomenti nuovi e allo stesso tempo sconosciuti. Ma vista la bellezza di Maria Sole, mi lasciai coinvolgere dai suoi modi di fare.
Maria Sole mi disse che praticava sopratutto la Cartomanzia, quel gioco dei Tarocchi che in un certo qual modo e in quel momento mi aveva incuriosito.
E quella volta, a Brera, mi feci convincere dal fascino di Maria Sole.
E mi feci leggere le carte.
Mi disse che avrebbero svelato il mio destino in amore.
Maria Sole mescolò le carte, le mise sul tavolo e mi chiese di tagliare il mazzo, poi le girò una per una sul tavolo, prima tre carte di faccia, la ruota, la luna e le stelle, poi un’altra, il Bagatto. Mi disse: «T’innamorerai della luce di una donna.» Poi accadde un imprevisto.
Quel pomeriggio andai a trovare Maria Sole. Era al suo tavolo, nella via nel centro di Brera, e stava leggendo i Tarocchi e parlando alle stelle. La salutai quando Sissi, la mia cagnolina, le rubò una carta dal tavolo, proprio il Bagatto, lo prese tra i denti e non volle più mollarlo. Lei è gelosa delle altre donne, così fa dispetti se mi danno troppa confidenza. «Mi dispiace» le dissi.
«Noo» gridò Maria Sole, «il Bagatto no!» Poi, dopo aver recuperato la carta dalle fauci di Sissi, mangiucchiata, la posi sul piccolo banco e Maria Sole la prese e la guardò attentamente. Poi si mise una mano sopra la fronte, come se si disperasse.
«Non c’è da disperarsi, è solo una carta da gioco, ne troveremo un’altra, cosa vuoi che sia» cercai di tranquillizzare Maria Sole.
Lei rispose: «Non sai cosa stai dicendo, non si può sostituire una carta con un’altra, è una tragedia, dovrò perdere una parte del genio del mio tessuto, non è possibile cambiarla! Questo è un mazzo dei Tarocchi Marsigliesi, uno dei più noti e classici e ha più di vent’anni. Ha parlato a migliaia di persone e sopra ogni carta c’è il sudore di una vita, e i suoi poteri sono racchiusi nella storia dei sogni di tutti gli Arcani. Ora dovrò ripararlo e cercare di recuperarlo, anche se malandato.»
Così diedi a Maria Sole la mia disponibilità per aiutarla a riparare la carta. Un’ora più tardi, dopo un accurato lavoro, sistemammo il povero Bagatto che, restaurato, riprese il suo posto nel mazzo pronto a raccontare presagi ed emozioni ai passanti della via.
Maria Sole rimase soddisfatta della riuscita del lavoro e le ritornò il sorriso. Mentre Sissi se la cavò soltanto con una brutta figura.
Dopo essermi scusato ancora per l’accaduto, salutai Maria Sole. Perché in quel momento avevo visto arrivare i miei amici e non volevo far notare a loro che mi ero fatto fare i Tarocchi.
Mi avrebbero preso in giro.
Poi chiesi a Maria Sole il suo numero di telefono. Ma lei mi disse che era sempre in Brera la sera, se avevo bisogno l’avrei trovata nel suo solito posto. Mi disse: «Cosa ne dici se mi lasci tu il tuo numero? Ti chiamerò io. Ci sentiamo domani» mi salutò Maria Sole. Mi sembrava interessata.
«Certo» risposi. «A domani!»
Quella sera passai una bellissima serata con i miei amici, parlammo del più e del meno. Poi, dopo una birra, ci salutammo promettendoci di vederci il prossimo sabato.
Ero rimasto fulminato dalla bellezza di Maria Sole e aspettavo con ansia la sua chiamata. Speravo proprio che mi chiamasse, non ero riuscito a togliermela dalla testa.
Il giorno dopo, verso le sei di sera, mentre stavo guidando per tornare verso casa, mi apparve sul display del telefono la scritta Sconosciuto. Risposi, era Maria Sole. «Ciao Yuri» mi disse. «Come va?»
«Ciao Maria Sole, bene, è tutto ok.» Mi colse di sorpresa e subito non seppi cosa dire, così le dissi: «Mi fa molto piacere sentirti» e subito approfittai per invitarla a uscire, per il sabato, per una pizza. Maria Sole mi disse che le avrebbe fatto piacere, ma era impegnata per il suo lavoro nel fine settimana, al solito posto a Brera.
«Ok» le risposi, «sarà per un’altra volta, spero!» Poi le dissi che sarei passato a trovarla, sul tardi la sera di sabato, a Brera. «Ci beviamo un drink insieme.»
«Bene, ti aspetto» mi rispose Maria Sole. «Ci conto!»
Non stavo più nella pelle, non vedevo l’ora che arrivasse sabato per rivedere Maria Sole. Così, quel sabato sera, salutai i miei amici per andare a trovare Maria Sole, dopo essermi vantato con loro di aver conosciuto quella bellissima ragazza e che, presto, gliel’avrei presentata. Mi presero un po’ in giro, loro sono fatti così.
Arrivai in Brera dopo circa quindici minuti, verso le 23:45. Lei era al solito posto, seduta davanti al suo tavolo, elegante e molto bella, avvolta in uno scialle. Stava leggendo le sue magiche carte.
Mi avvicinai a lei e le dissi: «Ciao, cosa fai?»
Mi rispose che stava parlando con le stelle, che quella sera disegnavano i presunti effetti dei corpi celesti e loro relativa influenza e psicosi delle teorie della superstizione, della predizione del futuro e il destino delle anime degli uomini.
Non capii nulla, comunque le dissi che tutto era chiaro e molto interessante.
Poi invitai Maria Sole a bere un drink, nel bar della via Brera, e lei accettò. Le dissi che, vista ormai l’ora tarda, dopo il drink, se le avesse fatto piacere, l’avrei accompagnata a casa. «Grazie, va bene» mi disse.
Lei aveva qualcosa che mi attraeva, i suoi occhi bellissimi profondi e sorridenti, le sue mani lunghe, aveva un piccolo tatuaggio sul polso destro che rappresentava una stella ed era bellissima, non era certo una ragazza che passava inosservata. Comunque quella sera le dissi che avrei avuto il piacere di conoscerla meglio, le feci capire che mi piaceva e le regalai una rosa blu brillanti nata. Lei, felice, mi disse che l’avrebbe conservata come se fosse la cosa più preziosa che aveva. Io ero al settimo cielo, mi stavo innamorando di lei, poi subito dopo ci avviammo a prendere l’auto e la accompagnai a casa.
Arrivati sotto la sua casa, le proposi di salire da lei, ma lei mi disse che stavo correndo troppo e che il buio dell’oscurità della luce della notte nella realtà dell’inconscio e della mente dovevano ancora attendere, incoscientemente, le ombre infinite del nostro viaggio.
Come al solito non capii nulla e le dissi: «Va bene», senza insistere. «Sarà per un’altra volta.» Poi le baciai la mano, sfiorandola, tenendo le punte delle sue dita con le mie, accarezzandole le sue. Poi lei scese dall’auto, non mi diede il tempo di dire altro e andò via. Non si girò più fin davanti al portone, che aprì e vi entrò dentro.
Io rimasi un po’ di gesso, poi andai via un po’ deluso, comunque con tanta speranza, mi piaceva da impazzire, ripensai alle parole che mi aveva detto. Forse aveva ragione, stavo correndo troppo.
Nei giorni successivi non stavo nella pelle e passai più volte, di giorno, a trovare Maria Sole, ma non riuscii a mettermi in contatto con lei. Pensai che forse lei doveva esserci solo la sera.
Così andai più volte anche di sera in Brera, con la speranza di incontrarla, ma ogni tentativo fallì, non la trovai più, di lei nessuna traccia.
Ero disperato. Tra l’altro non avevo nessun riferimento e neanche il suo numero di telefono per poterla contattare. Infatti, quando mi chiamò, lo fece con numero sconosciuto. Che strano, non capivo, pensai a una coincidenza, ma con il passare dei giorni mi resi conto che Maria Sole era scomparsa nel nulla. Allora tornai a Brera e chiesi qua e là, a persone che frequentavano abitualmente il posto, se la conoscevano o se l’avessero vista.
Cosa poteva esserle accaduto?! Non mi rendevo