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101 itinerari da fare in motocicletta almeno una volta nella vita
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E-book483 pagine4 ore

101 itinerari da fare in motocicletta almeno una volta nella vita

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Info su questo ebook

Viaggiare su due ruote: una passione e uno stile di vita. L’Italia, con le strade delle sue valli, le litoranee, i percorsi tra i boschi e le vie cittadine, è una pista ideale per gli appassionati di motociclismo. Si può cogliere un autunno sfavillante sulle sponde del Lago di Varese, seguire la strada che dai boschi di Tivoli porta alla splendida residenza dell’imperatore Adriano, esplorare – con il sottile piacere di farsi beffe del traffico convulso – i confini ormai invisibili della Purfina, un tempo raffineria della Città Eterna, concedendosi un blitz attraverso la Sardegna nuragica, e un altro lungo il tracciato della Targa Florio. Davide Malesi, al ritmo serrato delle ruote che corrono sull’asfalto, ci propone 101 itinerari, noti e insoliti, urbani e distanti dalle mura cittadine e ci racconta storie e personaggi antichi e moderni.
Percorsi adatti al motociclista esperto, ma anche al principiante che su due ruote voglia avvicinarsi, per il puro e semplice piacere della guida, ai luoghi suggestivi e agli scorci paesaggistici meravigliosi del nostro Paese.


Davide Malesi

ha scritto il romanzo Veramente difficile ripetere il medesimo stratagemma (2007). È stato caporedattore, dal 2003 al 2007, della rivista letteraria «Origine». Suoi testi, di genere narrativo e saggistico, sono apparsi su antologie e riviste. Attualmente collabora col quotidiano «Il Corriere Nazionale», il mensile «Stilos» e il trimestrale «Il Reportage». Gestisce il blog licenziamentodelpoeta.splinder.com
LinguaItaliano
Data di uscita16 dic 2013
ISBN9788854132764
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    101 itinerari da fare in motocicletta almeno una volta nella vita - Davide Malesi

    Introduzione

    Vorrei portarti in un posto che so

    se vuoi

    se non vuoi, no

    GUIDO CATALANO

    , Cavallucci nel cortile

    Ho sempre pensato alla moto come a un simbolo di libertà. Non solo perché è un mezzo col quale si può facilmente svicolare nel traffico, e che spesso risparmia dal supplizio di cercare un parcheggio una volta giunti a destinazione. E nemmeno per via del mito cinematografico che raffigura il motociclista come un personaggio che attribuisce all’indipendenza un valore enorme, tale da spingerlo a fare scelte anticonvenzionali o perfino drammatiche: come i due eroi di Easy Rider o Marlon Brando a cavallo della Triumph Thunderbird ne Il selvaggio. E in molti ricorderete i giovanissimi Gael Garcìa Bernal e Rodrigo de la Serna nei panni di Ernesto Guevara e Alberto Granado, che attraversano il Sudamerica a bordo di una Norton 500

    M

    18 ne I diari della motocicletta.

    La ragione che, più d’ogni altra, fa sì che io pensi alla moto come a un mezzo che accresce la libertà di chi la guida è l’emozione che si prova quando, su due ruote, si affronta una curva a doppio raggio lungo la parete scoscesa di una montagna. Quando si viene investiti dai profumi dell’autunno correndo sulle sponde di un lago. Quando ci si inerpica per una serie difficile di tornanti, sapendo che all’arrivo si sarà testimoni di un tesoro nascosto – una chiesa sul cucuzzolo di un monte, una torre saracena, un eremo o semplicemente un meraviglioso paesaggio. Quando, dopo una lunga sequenza di curve difficili che hanno provato il fisico e la concentrazione, ci si ritrova su un rettilineo che corre dritto in mezzo a prati che si allargano a perdita d’occhio. Se libertà è assenza di costrizioni, allora la motocicletta è libertà assoluta, perché ci porta a vivere istanti che, senza di lei, non esisterebbero neppure.

    I centouno itinerari proposti in questo volume tentano di incontrare le molte anime della nostra penisola, attraverso strade e paesaggi molto diversi tra loro, dalle provinciali che aggirano sinuose i fianchi di ripide montagne, alle statali che corrono negli interstizi tra boschi e colline; dalle autostrade che consentono di dare sfogo al desiderio di velocità agli sterrati che si arrampicano lungo balze sconosciute ai più. Troverete poche grandi città, e anche sulle poche che ci sono ho cercato di gettare uno sguardo che consenta di cogliere prospettive non banalmente turistiche, ma che servano da passaporto per lo spirito dei luoghi, permettendovi di scoprire i personaggi e le storie che li rendono vivi. Affinché ciascuno di questi viaggi sia un’esperienza indimenticabile.

    Ogni itinerario contiene le informazioni necessarie a seguire il percorso nel migliore dei modi. Alcuni sono accompagnati da cartine esplicative, mentre per tutti è stato accluso uno schema, ridotto all’osso, delle strade da seguire. Per esempio:

    Da Domodossola (

    PARTENZA

    ) – Seguite la

    SS

    307 fino a Santa Maria Maggiore Craveggia Malesco (

    ARRIVO

    ).

    Alcuni punti dell’itinerario sono indicati in neretto; inserendoli nel vostro navigatore satellitare, o come tappe di percorso su un sito come Google Maps (

    MAPS.GOOGLE.IT

    ), ViaMichelin (

    WWW.VIAMICHELIN.IT

    ) o Mappy (

    IT.MAPPY.COM

    ) avrete la possibilità di ricostruire la mappa dell’itinerario in digitale.

    Molti percorsi sono seguiti da segnalazioni di libri, film, musica e videogiochi che in qualche modo hanno a che vedere con il tragitto o con quello che c’è scritto nel testo. Le ho chiamate bonus tracks, come quei brani musicali che vengono inclusi solo in alcune versioni o riedizioni di un album già pubblicato. Mi piaceva il gioco di parole tra i diversi significati che la parola track ha in inglese: oltre che traccia, significa anche sentiero, percorso. E aggiungerli mi sembrava un modo per far sì che l’itinerario proseguisse, oltre la strada, nelle vostre letture, negli ascolti e nel vostro tempo libero.

    ITINERARI BREVI E BREVISSIMI (FINO A 30 KM CIRCA)

    1. Il giro del lago di Varese, in autunno. Alla scoperta del Paese d’ottobre

    Partite dalla Schiranna, poiché è da lì che si gode una delle viste più suggestive su questo specchio d’acqua: in autunno, in particolar modo, i canneti s’indorano o s’abbrunano, e la vegetazione assume colori che vanno dal grigioverde ai toni rossastri, passando per il terra di Siena delle sterpaglie.

    La neve non è ancora caduta, la

    SP

    1 è ampia e di agevole percorrenza, pensata anche per l’escursionismo paesaggistico.

    Il lago, lo vedrete sulla destra quasi durante l’intero tratto, mentre fate il giro passando per la rotonda di Capolago, fino a Cascina Galgino e Bodio Lomnago. Ed è su questa strada, la

    SP

    36, che avrete le occasioni più esaltanti di intravedere, tra le case e gli alberi, scampoli di quello che lo scrittore Ray Bradbury amava chiamare il Paese d’ottobre: un luogo dell’anima più che della geografia, o forse un luogo del tempo, in cui le giornate si accorciano, la sera arriva presto e la luce si va facendo più soffusa rispetto a quella dei mesi caldi; posti e cose appaiono sfumati, e il vento si mescola all’umidità nel portare alle narici odori inattesi, come «la polvere dell’astrea che dà l’addio all’estate» (il virgolettato è di Bradbury, come quelli che seguono).

    Così val la pena di rallentar l’andatura, per annusar l’aria e cogliere «un sentore di mele inacidite sotto gli alberi» mescolato a quello «d’erba di palude», e scivolare dolcemente sui pneumatici tra le foglie cadute, «simili a tizzoni scrollati dalla vampata fulva degli aceri».

    Un gioiello si annida lungo questo tratto. Di poco lontano dal percorso principale, all’altezza di Cascina Galgino, un dritto sentiero alla vostra destra immerso nella campagna e costeggiato da alberi sottili – con le chiome in disfacimento, o già disfatte – conduce alla chiesa della Madonnina del lago di Azzate: luogo di culto dall’apparenza modesta, le pareti chiare e una cupola che nell’autunno avrà preso toni grigioverdi.

    Sulla sua fondazione si narra una leggenda. Il cavaliere Niero delle Rose tornava dalle crociate; c’era un gran freddo, e desolazione attorno: terra spoglia e gelata, vento pungente, ululati di lupi dalle colline distanti. Ma a Niero tutto ciò doveva sembrare poco più che un fastidio: stava infatti per tornare dalla sua incantevole sposa, che la leggenda vuole egli amasse perdutamente. E, leggenda a parte e testimonianze alla mano, pare che in effetti la sposa di Niero, Fazia degli Oberti, fosse molto bella sul serio.

    Ella attendeva il suo sposo in un castello della Valtravaglia, e Niero la stava raggiungendo a cavallo. Di colpo, davanti a lui apparve un vastissimo campo innevato, che attraversò al galoppo. La neve era alta, e aveva affaticato il destriero: l’aria s’era di colpo riscaldata e dal cielo stava cadendo, addosso a cavallo e cavaliere, una immensa pioggia di neve sciolta. Così, intravedendo alcune case in mezzo alla foschia, Niero sperò di trovare in una di esse aiuto e riparo: ciò che puntualmente accadde. Un contadino di Azzate accolse Niero che, rifocillandosi alla sua mensa, gli narrò del viaggio e dell’ultima sfiancante cavalcata in mezzo alla distesa di neve.

    A sentir quella storia, l’uomo impallidì spiegando a Niero che egli aveva corso, non sapendolo, un rischio tremendo. Il campo ricoperto di neve da lui attraversato altro non era che il lago ghiacciato, la cui lastra avrebbe potuto spaccarsi in ogni momento. Il cavaliere capì di esser scampato per miracolo alla morte. Niero si convinse che la Madonna dovesse averlo protetto, così diede al contadino una borsa ricolma d’oro affinché venisse eretta una cappella, in voto, proprio nel punto che egli aveva raggiunto incolume al termine della sua forsennata corsa.

    Quanto a voi, evitate andature troppo sostenute e proseguite con calma sulla

    SP

    36 fino a Bodio Lomnago. L’abitato si fa più fitto, e il lago si perde di vista: poche le occasioni di scorgerlo. Solo da Cazzago Brabbia in poi, tornerete a immergervi nel Paese d’ottobre che, fino a Biandronno, continuerà a mostrarsi suggestivo.

    In questo punto cominciano le sorprese più avvincenti. Già all’uscita dell’abitato di Biandronno, in direzione Bardello-Gavirate, si può ammirare una magnifica veduta del lago con alle spalle il monte Campo dei Fiori. E da Gavirate in poi comincia la parte più squisitamente panoramica dell’anello. Seguendo i cartelli che indicano Varese lago e che riportano alla Schiranna – il vostro punto di partenza –, lo sguardo è libero di perdersi tra i canneti e i campi che attorniano il lago, con la campagna che esplode in un tripudio di rossi accesi o più sfumati, di tronchi color del rame o del bronzo, dell’abbraccio grigioazzurro dell’acqua sottocosta. E vale la pena di forzare un poco l’andatura, affinché la mescolanza delle tinte si faccia caleidoscopica e vorticosa, mescolandosi al grigio dell’asfalto e ai rivestimenti metallici delle carrozzerie, ubriacando gli occhi mentre il motore aumenta i giri.

    Se siete fortunati, e la giornata è limpida, la vista può spaziare fino al monte Rosa. Purtroppo, la strada è spesso un po’ trafficata, perciò il miglior momento per percorrerla è di domenica mattina, possibilmente sul presto.

    La pena di una levataccia, la vale senz’altro.

    ITINERARIO 1

    DISTANZE: 27 km.

    PERCORSO: dalla Schiranna (

    PARTENZA

    ) – Seguite la

    SP

    1 fino alla rotonda di Capolago, in prossimità dell’Hotel Capolago – Svoltate su via Verdi e procedete sulla

    SP

    36 fino a Bodio Lomnago Cazzago Brabbia – Seguite le indicazioni per Biandronno Gavirate Schiranna (

    ARRIVO

    ).

    QUANDO ANDARE: da fine settembre a metà novembre.

    BONUS TRACKS DA LEGGERE: Ray Bradbury, Paese d’ottobre, Mondadori 2001; Ray Bradbury, Molto dopo mezzanotte, Mondadori 1979; Maura Picinich – Sergio Bozzi, Le leggende del lago di Varese, Edicolors 2002; Lidia Beduschi, Leggende e racconti popolari della Lombardia, Newton Compton editori 2010.

    2. Da Trastevere vicentino all’altra sponda del Bacchiglione. Back Door Man

    Da sempre, la tradizione del blues è cara a chi ama viaggiare in motocicletta. Di motivi blues era imbevuta la colonna sonora del film Easy Rider, pellicola che ha valore di feticcio per ogni biker che si rispetti (include capolavori come Born to Be Wild degli Steppenwolf e Don’t Bogart Me dei Fraternity of Man). Era il 1969, e da allora le cose non devono esser cambiate molto se il brillante sceneggiatore e soggettista Kurt Sutter, nel dar vita al serial televisivo Sons of Anarchy – dedicato alle imprese di una gang di motociclisti d’oggidì – ha scelto, come sigla di apertura, This Life (gioiellino blues eseguito da Curtis Stigers & The Forest Rangers). Ora, la domanda è: come mai parlando di blues si arriva fin dentro il cuore del Veneto? Dopotutto, qui siamo nella Vicenza traboccante di oreficerie e opifici, chiese e capolavori d’arte palladiani, ben lontana in apparenza dai paesaggi scabri e selvatici degli Stati Uniti del Sud, terra d’origine del blues.

    In proposito, c’è una storia da raccontare. Ed è una storia che dimostra come tra Roma e Vicenza, e tra Vicenza e il Delta del Mississippi, ci sia poi meno distanza di quella che si potrebbe credere.

    Anzitutto, che nella città di Vicenza sia mai esistito un quartiere chiamato Trastevere, come nella Città Eterna, è già cosa che può stupire di per sé.

    E in effetti sono gli abitanti a battezzarlo così verso la fine del

    XIX

    secolo, con chiaro riferimento al quartiere popolare romano, chiassoso e sovraffollato, reso celebre dalla letteratura e dalla drammaturgia.

    Con esso, il Trastevere vicentino ha in comune il carattere e la rumorosità: si compone infatti delle contrade di Santa Lucia, di San Pietro, di San Domenico e di Porta Padova; e, con una sortita fuori dalle mura cittadine, San Giuliano. Luoghi che ospitavano, fin dalla metà del Cinquecento, genti artigiane e operaie (dai sarti ai tessitori, dai pellettieri ai muratori). Nascono in queste contrade i primi ricoveri per i vecchi e gli emarginati, che dopo l’alluvione del 1882 e l’epidemia di colera del 1886 non fanno che riempirsi sempre più. Saranno questi disagi a cementare l’identità popolare del Trastevere vicentino, dove nasce un giornaletto chiamato proprio «Il trasteverino» a narrare fatti di cronaca, orientare l’opinione pubblica e dare avvisi utili alla gente del luogo.

    E la moto è certo più comoda dell’automobile per girare per le strade di questo rione e scoprire i tesori d’arte che esso nasconde in mezzo ai vecchi caseggiati popolari.

    Si può cominciare dalla chiesa di San Pietro sulla piazza omonima. Imperdibile anche la facciata del palazzo Magrè Angaran, che incombe su piazza

    XX

    Settembre, così come il convento di San Domenico, di recente eletto a sede del Conservatorio Arrigo Pedrollo; la chiesa annessa – recentemente fatta oggetto di un radicale restauro – è stata riadattata, nel 2010, ad auditorium.

    Il nome Trastevere è in disuso da decenni. La vecchia denominazione della contrada viene rammentata da pochissimi vicentini e il torrente Bacchiglione non rappresenta più un netto confine tra i quartieri bene e quelli abitati dalla gente di più modesta estrazione. Però certe leggende urbane restano, in special modo quella per cui, a cavallo tra Ottocento e primi del Novecento, le annoiate signore della buona società vicentina non disdegnassero le visite di vigorosi amanti dediti a lavori manuali (o perfino ad attività criminose) che provenivano dal quartiere popolare, facendoli ovviamente entrare in casa (e uscirne, va da sé) non per la porta principale, ma dall’ingresso di servizio.

    Nulla di diverso, insomma, dalla figura di quel back door man (uomo della porta sul retro, appunto) che, nel linguaggio storico del blues, designa l’amante di una donna sposata, spesso un vigoroso lavoratore coinvolto in una relazione clandestina con una signora perbene. E allora si vede come basta poco – un territorio in cui la distanza tra ricchi e poveri è grande, dove gli eccessi alcolici risvegliano passioni violente, e i percorsi del desiderio in mezzo a tali contrasti si fanno più ardui e segreti – a colmare il divario che c’è tra il Veneto e il delta del Mississippi.

    Così avrete occasione di osservarlo anche dall’altra sponda del Bacchiglione, questo Trastevere vicentino, in sella alla vostra due ruote: magari canticchiando proprio Back Door Man, capolavoro del blues firmato da Willie Dixon e portato al successo da Howlin’ Wolf. E pensando a quando il ponte degli Angeli, che separa Trastevere dai vecchi quartieri bene di Vicenza, era attraversato da uomini rudi e mascolini: i quali, reduci da una giornata di fatica, erano diretti alla porta di servizio di quelle dame dalla pelle candida il cui desiderio doveva riempir loro il cuore e la testa.

    Da Trastevere vicentino all’altra sponda del Bacchiglione

    ITINERARIO 2

    DISTANZE: 6 km.

    PERCORSO: l’itinerario si svolge interamente nella città di Vicenza. Da (1) piazza San Pietro (

    PARTENZA

    ) – Svoltate a sinistra per (2) contrà San Pietro – All’incrocio con (3) viale Margherita, svoltate a destra – Davanti al Bacchiglione, svoltate a sinistra su via Schio e proseguite su (4) viale dello Stadio fino al Bacchiglione – Attraversate il Bacchiglione e svoltate subito a destra su (5) borgo Berga – Raggiungete (6) piazzale Torquato Fraccon – Prendete viale Risorgimento Nazionale e svoltate alla prima a destra per (7) contrà San Silvestro – Svoltate subito a destra su (8) via Antonio Chinotto – A sinistra per (9) contrà San Tomaso – Procedete per (10) contrà del Guanto– Tenete la destra lungo contrà Mure San Michele e (11) contrà della Piarda – Su (12) viale Antonio Giuriolo svoltate a sinistra – Proseguite fino al (13) ponte degli Angeli – Seguite (14) via 4 Novembre – Alla prima a destra svoltate per (15) contrà Mure Santa Lucia – Alla prima a destra svoltate per (16) contrà San Domenico – Alla prima a destra svoltate per (17) stradella delle Cappuccine (

    ARRIVO

    ).

    QUANDO ANDARE: tutto l’anno.

    BONUS TRACKS DA ASCOLTARE: Easy Rider, col. sonora, dur. 37:38 min.; Sons of Anarchy, col. sonora, dur. 58:42 min. (contiene la canzone This Life); Howlin’ Wolf, Howlin’ Wolf (1961), dur. 31:57 min. (contiene la canzone Back Door Man).

    BONUS TRACKS DA VEDERE: Easy Rider, film dir. Dennis Hopper (1969), dur. 94 min. Con Peter Fonda, Jack Nicholson, Karen Black, Dennis Hopper, Luana Anders; Sons of Anarchy, serie

    TV

    ideata da Kurt Sutter (2008-in produzione). Con Charlie Hunnam, Ron Perlman, Katey Seagal, Maggie Siff, Ryan Hurst.

    3. Da Limone Piemonte a Borgo San Dalmazzo. Nella terra di Pinocchio

    Limone Piemonte, qualcuno la chiama la Regina delle Alpi Marittime. Fu una delle prime stazioni sciistiche italiane ad attrezzarsi seriamente, quando la passione dello sci si diffuse anche da noi, e diventò di moda al principio del Novecento, grazie a una novità importante, almeno in alta montagna: il treno. Le strade che portano qui erano piene di tornanti e soggette al capriccio degli elementi, e una volta che fu costruita la stazione ferroviaria le cose per chi voleva venir qui a sciare si semplificarono molto.

    Ma noi siamo affascinati proprio dalle strade, e nello specifico dalla SS20, che imboccheremo in direzione Vernante: altro paese adagiato in una conca verdissima tra le vette, che meriterebbe forse maggior fama – è infatti punteggiato di deliziosi murales che rappresentano scene e bozzetti delle avventure di Pinocchio. La circostanza è dovuta al fatto che Attilio Mussino, il più famoso illustratore delle avventure del burattino inventato da Collodi, scelse questo paesino per trascorrervi gli ultimi anni della sua vita – dal 1944 al 1954.

    Per omaggiare il celebre illustratore, subito dopo la sua morte, i due pittori Bartolomeo Cavallera e Bruno Carletto – soprannominati dai compaesani il Gatto e la Volpe, in quanto affiatati amici e autori di furbeschi scherzi - decisero di far rivivere le scene del romanzo di Collodi sui muri del paese, dipingendo dei murales che riproducessero le illustrazioni della prima edizione di Pinocchio, integralmente illustrata da Mussino. Negli anni, poi, i murales sono andati moltiplicandosi - oggi più di centocinquanta fanno capolino tra muri, porte e finestre. Vi sono anche statue nei giardini pubblici e sulle scalinate - la Fata Turchina, Geppetto, il Gatto e la Volpe e gli altri personaggi accompagnano turisti e curiosi, consentendo a ciascuno di ripercorrere le avventure del burattino di legno.

    Lasciata Vernante continuate sulla SS20 fino a Borgo San Dalmazzo: le Alpi Marittime si allontanano alle vostre spalle, Cuneo è a un tiro di schioppo, e avete l’occasione preziosa di godervi una strada che si snoda attraverso un paesaggio che nell’arco di pochi chilometri digrada dalla montagna verso la pianura sottostante.

    ITINERARIO 3

    DISTANZE: 20 km.

    PERCORSO: Seguite la SS20 da Limone Piemonte (partenza) – passando per Vernante – a Borgo San Dalmazzo (arrivo).

    QUANDO ANDARE: il periodo invernale è caratterizzato da clima rigido e forti nevicate. I periodi più piacevoli sono la primavera e l’autunno.

    BONUS TRACKS DA LEGGERE: Carlo Collodi, Le avventure di Pinocchio, illustrato da Attilio Mussino, Giunti 2018.

    E LA STRADA CONTINUA… con l’itinerario n. 18: Da Borgo San Dalmazzo al Lago della Rovina.

    4. Da Ivrea a Biella. Su e giù per la Serra Morenica

    Un itinerario appassionante dal punto di vista strettamente motociclistico, che comincia a farsi impegnativo subito dopo Bollengo, quando lungo la

    SS

    338 vi troverete ad affrontare una fantastica serie di curve – di particolare fascino l’ultima, cieca, a gomito, strettissima – che accompagnano la salita verso Broglina, piccola frazione di una ventina di case sulla cresta della Serra Morenica, immersa in una cornice di boschi di castagni, roveri e betulle dove vivono anche tassi, scoiattoli e volpi. La strada, avvincente sul piano tecnico con asfalto sempre in ottime condizioni, il sabato e la domenica viene purtroppo scambiata per una pista da gruppi di irresponsabili che si credono Valentino Rossi. Ciò ha allertato le forze dell’ordine, che hanno rafforzato la loro presenza, piazzando per di più diversi autovelox lungo il tragitto.

    A Broglina siete proprio sulla dorsale, a 500 metri di altitudine; la strada comincia subito a scendere, serpeggiando nella valle – verdissima, incuneata nell’anfiteatro morenico e sovrastata dalle Alpi in lontananza – costeggiando il famoso golf club Le Betulle progettato dall’architetto inglese John Morrison. La cosa più bella è forse la primissima tripletta dopo Broglina, con la prima curva decisamente ad ampio raggio e geometria ad ansa, seguita da una coppia di curve destra-sinistra pressoché a novanta gradi, nette come la lama di un coltello. Di seguito troverete una lunga teoria di curve non troppo tecniche fino a Mongrando, che presentano un andamento ideale per gli amanti della guida sciolta e rilassata. Da lì in avanti siete sul fondovalle e la strada cambia di conseguenza, prendendo la foggia di lungo rettilineo che prosegue fino a Occhieppo Inferiore e, più oltre, piega a destra su Biella.

    Da Ivrea a Biella

    ITINERARIO 4

    DISTANZE: 31 km.

    PERCORSO: da (1) Ivrea (

    PARTENZA

    ) – Prendete la

    SS

    228 fino a (2) Bollengo – Salite, lungo la

    SS

    338, fino a Broglina – Discendete nella valle costeggiando il golf club Le Betulle, sempre lungo la

    SS

    338, attraverso (3) Zubiena Mongrando Occhieppo Inferiore – Raggiungete (4) Biella (

    ARRIVO

    ).

    QUANDO ANDARE: il periodo invernale è caratterizzato da clima rigido e forti nevicate. I periodi più piacevoli sono la primavera e l’autunno.

    E LA STRADA CONTINUA… con l’itinerario n. 39: Da Biella a Champdepraz.

    5. Da Chioggia a Codevigo. Tre sono le cose imperdibili

    Il grande vantaggio di questo breve percorso: una strada quasi tutta dritta, in teoria facile, la

    SS

    309 (via Romea) fino allo svincolo di Conche per la Corte Fogolana. Lo svantaggio: la Romea è considerata tra le statali più pericolose d’Italia, se non la più pericolosa in assoluto, per via del fondo stradale pessimo in più punti, del traffico talora convulso e dell’andatura sostenuta che, con i suoi lunghi rettilinei e le anse ampie, la

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