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Guida curiosa ai luoghi insoliti di Milano
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E-book333 pagine4 ore

Guida curiosa ai luoghi insoliti di Milano

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Rossa, verde, gialla e lilla: Milano si racconta attraverso i colori. Un viaggio lungo le vie metropolitane per scoprire, ancora, una città che non vuole smettere di stupire. Da Molino Dorino a Precotto, da Affori a Rogoredo, da Comasina a San Donato, dallo Stadio di San Siro al Parco Nord: ogni fermata un racconto, una storia, una curiosità. Il villaggio degli spazzini, la Vergine delle Rocce del Borghetto, la scuderia Turner, Villa Mirabello, il Museo del Cinema; una drogheria, una torrefazione, una biblioteca o una tipografia: Milano continua a essere una continua fonte di incontri e ci trasporta lungo un percorso avvincente, insolito, sempre appassionante attraverso la Storia e i suoi protagonisti. Tutte insieme queste storie compongono un quadro multiforme e variopinto in incessante evoluzione. Un quadro che intende divertire e appassionare il lettore, magari perfino spingerlo a continuare la ricerca, conoscere, approfondire.

Dietro le quinte. Il deposito ATM di BBPR
Da Mutinelli sulle orme del feltro
Un anello è per sempre… da Chiaravalli
Un pomeriggio alla scoperta di Trenno
Sacro e profano in via Paolo Giovio
Dove un tempo Berta filava, tra sushi e raclette
Help the planet, help the future: il villaggio degli spazzini
“Milan col coeur in man”: l’asilo Mariuccia
Luci al neon e marionette in via neera
Speranze al capolinea: la forza di piano city
A Villa Mirabello, alle origini dell’audible
La scuderia turner

Giacinta Cavagna di Gualdana
è storica dell'arte e collabora con l'Università degli Studi di Milano. Nel 2010 ha curato la prima monografia su Giovanni Ariboldi, allievo di Gio Ponti. Affascinata dalla storia di Milano, cura visite guidate, sia per adulti che ragazzi, alla scoperta della città e dei suoi capolavori, attraverso itinerari inconsueti. Con la Newton Compton ha pubblicato Alla scoperta dei segreti perduti di Milano e La storia di Milano in 100 luoghi memorabili.
LinguaItaliano
Data di uscita15 ott 2019
ISBN9788822738738
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    Guida curiosa ai luoghi insoliti di Milano - Giacinta Cavagna di Gualdana

    1

    La linea Rossa

    Precotto – Dietro le quinte. Il deposito atm di bbpr

    Avviso: Sciopero atm. Dove sono i treni? Nei depositi. Ogni linea ha i suoi (quelli di Gorgonzola, Cologno Nord e Famagosta per la verde; di Rogoredo per la gialla, Bignami per la lilla,), collocati in prossimità dei capolinea. Per quanto riguarda la rossa, la prima linea sotterranea della città, realizzata tra la fine degli anni Cinquanta e la prima metà degli anni Sessanta, il deposito è Precotto (un secondo deposito, Gallaratese, a Molino Dorino, entra in funzione nel 1986). L’antico borgo rurale, annesso al Comune di Milano nel 1923, si trova al confine tra Milano e Sesto San Giovanni, dove era stato previsto il termine delle corse. Qui, non lontano dalla fermata della metropolitana viene costruito il primo deposito. Mentre Franco Albini, Franca Helg e Bob Noorda si occupano dell’allestimento delle stazioni, lo studio bbpr (Banfi, Belgiojoso, Peressutti, Rogers) viene chiamato a progettare il complesso architettonico, costituito da una sottostazione elettrica per la centrale termica, una rimessa vetture, un’officina, i magazzini e un anello di prova di un chilometro di lunghezza. Gli autori della Torre Velasca, del restauro e dell’allestimento dei musei del Castello Sforzesco, ora sono alle prese con difficili questioni ingegneristiche: «Durante lo studio preliminare, è emerso che la caratteristica essenziale delle strutture edilizie di un organismo industriale come il deposito, è che esse si prestino a quei cambiamenti di organizzazione interna che potrebbero essere ritenuti necessari durante la gestione»: così si discuteva sulle pagine di Casabella del febbraio 1963. Flessibilità e modularità guidano le loro scelte. Il risultato è una struttura in cemento armato mossa da ampi lucernai in vetro in alto che illuminano il grande capannone. Quando viene inaugurata la primissima tratta, Lotto-Sesto Marelli, il 1° novembre 1964, anche il deposito entra in funzione. Qui si parcheggiano 135 vetture, allineate su 12 binari; all’esterno trova posto un’altra quarantina di vagoni. Non è però solo un garage: in via Anassagora vengono eseguite operazioni di manutenzione e riparazione dalle più semplici alle più complesse. Grazie ad attrezzature all’avanguardia, la manutenzione dei convogli della metropolitana è assicurata grazie a un ponte di soffiatura robotizzato, un tornio per le ruote, una smerigliatrice. Un reparto è dedicato alla revisione generale: a scadenza ciclica i treni vengono smontati, revisionati o sostituiti; gli apparati, riverniciati e reimmessi in servizio come nuovi; sul tracciato esterno, che corre intorno al capannone, si prova il perfetto funzionamento dei treni. In origine una bretella collegava il deposito alla ferrovia, tramite la Stazione di Sesto San Giovanni, così da agevolare il passaggio dei convogli della metropolitana dalle infrastrutture.

    Dagli inizi del xxi secolo il deposito di Precotto viene utilizzato anche come deposito tranviario. L’atm (Azienda Trasporti Milanesi S.p.A.) infatti gestisce tutto il trasporto pubblico della città: dalle linee metropolitane ai tram, dallo storico 1 ai jumbotram, fino a quelli dotati delle tecnologie di ultima generazione, dagli autobus, sempre più ibridi ed ecologici, sino ai più recenti trend di car e bike sharing. atm tra qualche tempo festeggerà i novant’anni di storia: era il 22 maggio 1931 quando l’allora Azienda Tranviaria Municipale divenne azienda autonoma. Da allora le vetture fanno parte della quotidianità di milioni di persone, trasportando i milanesi dappertutto: giustificato anche per loro un po’ di riposo!

    Villa San Giovanni – Miracolo a Milano?

    La straordinaria storia del pane quotidiano. E non solo

    Dacci oggi il nostro pane quotidiano: una lunga e ordinata coda colpisce chi esce alla fermata della metropolitana: in viale Monza 335 ogni giorno circa 1500 persone si presentano per ricevere frutta, verdura e qualche provvista da cucinare a casa. Tutto il merito va all’Associazione Pane Quotidiano Onlus, che da centoventi anni, tutti i giorni, offre generi alimentari di prima necessità a chiunque ne richieda, senza alcun tipo di distinzione. «… Sorella, fratello, qui nessuno ti domanderà chi sei, né perché hai bisogno, né quali sono le tue opinioni…».

    Mustafà ha tredici anni ed è con la mamma e i suoi fratelli: viene di nascosto perché teme di essere preso in giro dai compagni di scuola. Sta cercando un paio di scarpe per andare in gita. Allegra è una prostituta: vive alla giornata, non ha una casa e non mangia tutti i giorni. Giacomo ha bisogno di una cravatta per fare un colloquio. Giovanna ha una famiglia numerosa e i suoi risparmi non sono sufficienti. Marisa è stata chiamata da un volontario: hanno trovato un tailleur da cerimonia. Viene a ritirare l’elegante vestito e la bottiglia di vino da offrire in dono agli sposi: è al settimo cielo e si sente una regina. Lella vive con il marito e la figlia in un umido scantinato, dove ha imparato a convivere con la muffa: al Pane Quotidiano trova un pasto, vestiti puliti e giocattoli per la bambina. Mister X arriva dal dormitorio: non viene spesso ma ogni volta trova qualcosa di utile, che sia una coperta, una confezione di pasta o una giacca calda. Ma soprattutto, parole sue: «Trovo sempre un sorriso».

    Laica, apolitica, senza scopo di lucro: l’organizzazione ha un unico fine, come si legge all’articolo 2 dello Statuto: la distribuzione gratuita di pane ai bisognosi. L’opera pia nasce nel 1898 – in un contesto di grande difficoltà economica (quando anche il pane era diventato merce rara) per iniziativa di cittadini milanesi con il ricavato di una pubblica raccolta di denaro, grazie a donazioni spontanee e al legato testamentario della vedova di Arrigo Valentini, a cui da allora è dedicato l’ente. La prima sede è in via Terraggio 15: qui, tutte le mattine, dalle 8 alle 10, si distribuiscono, gratuitamente, 200 grammi di pane ai bisognosi. Nel primo anno sono oltre 86.000 le persone sfamate. Le sedi negli anni cambiano (nel 1906 si spostano in via Monforte, nel 1913 sono ai bastioni di Porta Genova, poi in viale Papiniano 46), fino al 1934, quando si apre la sede in viale Toscana. Il punto di distribuzione di viale Monza (qui, per mancanza di spazio, al momento in cui si scrive non si distribuiscono vestiti) è successivo: posti ai due punti estremi di Milano, garantiscono una capillare presenza in città.

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    Il logo dell’associazone Pane Quotidiano.

    Da allora Pane Quotidiano Onlus, grazie all’impegno dei volontari e alla generosità delle aziende che la sostengono, riesce ad assicurare, sempre gratuitamente, cibo alle fasce più povere e vulnerabili della popolazione: un numero purtroppo in costante crescita. Da qualche tempo infatti in coda ci sono anche anziani soli, famiglie, disoccupati e cassintegrati, separati e divorziati. Pane e latte sono assicurati tutti i giorni; per il resto ci si affida, non alla provvidenza, ma alle ben più concrete e variabili eccedenze alimentari (sempre un’incognita, perché soggette a insondabili condizioni) e alla generosità di aziende, associazioni, enti e benefattori.

    Le proposte sono le più varie e originali, ci si inventa di tutto per poter continuare la propria missione: lo scorso dicembre, per esempio, Vergani ha lanciato l’iniziativa del Panettone sospeso: chi entrava nelle boutique della storica pasticceria poteva lasciare pagato un panettone, come già si usa fare con il caffè a Napoli (usanza da qualche tempo arrivata anche da noi) così da regalare a chi non se lo poteva permettere il dolce natalizio simbolo della città meneghina.

    Non molto più in là, nel quartiere di Greco, un teatro degli anni Trenta abbandonato, annesso alla parrocchia di San Martino, è oggi un refettorio aperto al dialogo, un luogo dove l’arte incontra la solidarietà, la buona cucina la cultura: il Refettorio Ambrosiano. L’idea nasce per l’Expo di Milano 2015 come una risposta concreta al tema Nutrire il pianeta, energia per la vita: lo chef stellato Massimo Bottura e il curatore artistico Davide Rampello hanno l’intuizione, la Diocesi di Milano e la Caritas rispondono con entusiasmo e riescono a tradurre in concreto questa originale idea di solidarietà, coinvolgendo la città: il Politecnico ne cura la ristrutturazione, importanti aziende donano materiali e forniture, designer di fama internazionale (da Mario Bellini a Michele De Lucchi, da Alessandro Mendini a Fabio Novembre, da Gaetano Pesce a Patricia Urquiola, solo per citarne alcuni) progettano i dodici tavoli per il grande salone centrale, i grafici Franco Origoni e Anna Steiner pensano al logo, grandi artisti contemporanei impreziosiscono gli ambienti con opere d’arte create per l’occasione (strizzando gli occhi all’Ultima Cena di Leonardo da Vinci). Un grande portale d’ingresso in terracotta accoglie gli ospiti: è la Porta dell’Accoglienza di Mimmo Paladino dove acqua, pane, terra, piedi e l’eterno trasmigrare dei popoli diventano simboli degli elementi primari della vita. Tutto è pronto: il 4 giugno 2015 la mensa apre. Qui, durante il semestre espositivo, i migliori chef del mondo hanno preparato menu a partire dalle eccedenze alimentari raccolte ogni giorno in Expo. Ciò che era destinato ad essere gettato via, veniva trasformato in piatti di alta cucina, grazie al talento e alla creatività. Un’iniziativa unica per la città, che non si è conclusa con la fine della manifestazione. Il Refettorio Ambrosiano continua a funzionare, grazie alla Caritas Ambrosiana che garantisce la continuità del progetto, inserendolo in una rete integrata di servizi alla persona capace di offrire un percorso completo di accompagnamento e promozione umana. I cuochi del Refettorio ripropongono le ricette dei grandi chef, i volontari tutte le sere servono un pasto caldo a 90 persone. Solo nel 2017 sono state recuperate e cucinate per i poveri 100 tonnellate di cibo, nobilitando alimenti buoni che per ragioni commerciali devono essere scartati dalla vendita.

    Un progetto che è molto di più, fatto non solo di solidarietà ma anche di convivialità, educazione alla carità, coinvolgimento della comunità in un’ottica di responsabilità e partecipazione attiva: il Refettorio è oggi una realtà vivace ed è uno dei luoghi che, con la sua multiforme attività sociale e culturale, custodisce e tiene vivi gli impegni assunti dalla città in occasione dell’Esposizione universale: un centro di eccellenza perché – come ha detto l’allora Arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola, alla conferenza stampa il giorno dell’inaugurazione – «L’uomo ha fame non solo di cibo, ma di dignità».

    Gorla – In vacanza sulla Martesana tra ville di delizie, moussaka e clarisse

    Si avvicinano le vacanze e la Grecia rimane una delle mete più ambite, sempre perfetta, per tutte le età e per tutte le tasche: dai più squattrinati, amanti della tenda, ai più spendaccioni in resort dotati di ogni tipo di comfort. Che siano compagni di classe che festeggiano la maturità e la fine della scuola, single in cerca di movida, famiglie con bambini o nonni in cerca di riposo, tutti si innamorano del suo mare cristallino, delle sue spiagge paradisiache e della sua cucina, fatta di tzatziki, souvlaki e gyros pita. I ristoranti greci a Milano aumentano, ma lungo il Naviglio della Martesana, vicino alla fermata di Gorla, c’è una trattoria greca che ormai è entrata nella storia: tra gli avventori c’è chi deve partire a breve, c’è chi è appena tornato, c’è chi sogna. L’acqua è vicina: non è quella delle isole Cicladi o del Dodecaneso, ma l’atmosfera è comunque di vacanza. Una sensazione che ha una storia antica: il Naviglio della Martesana, costruito in epoca sforzesca per facilitare il collegamento con l’Adda, era infatti, a partire dal Settecento, meta di villeggiatura. Tra sciostre (magazzini per il carico e scarico delle merci), lavatoi e osterie compaiono, sempre più numerose, le ville di delizie, dall’aspetto elegante e aristocratico e circondate da giardini: a pochi passi da casa, facilmente raggiungibili, i nobili milanesi vi trascorrono i mesi caldi dell’anno, immersi in un contesto sano, verdeggiante, piacevole e divertente. Sono ville di delizie: mondanità e divertimento sono assicurati.

    Così per esempio accade alla famiglia Batthyany: il conte Giuseppe, un ussaro di origine austro-ungarica giunto a Milano all’inizio dell’Ottocento (vive in corso di Porta Orientale – l’attuale corso Venezia), presto, in linea con le tendenze del momento, sente la necessità di avere anche una abitazione in campagna, e nel 1814 è proprietario di un terreno lungo la Martesana. Una semplice cascina si trasforma in una villa neoclassica circondata da un grande parco romantico. Grazie alla presenza del fontanile Acqualunga, che attraversa la proprietà prima di giungere in città, è possibile creare anche una grotta e un laghetto, in mezzo al quale, su un’isoletta, campeggia un tempietto, detto dell’Innocenza (successivamente spostato in un altro punto del giardino). Quando il conte muore, nel 1836, i figli vendono la villa a Prospero Finzi: Fanny Finzi vedova Ottolenghi è l’ultima proprietaria. Oggi è di proprietà del Comune, il parco è pubblico e l’edificio è un centro sociale per anziani.

    Da qui si può iniziare una passeggiata, ricca di sorprese e di storie, alla scoperta di Gorla: il borgo viene fondato dai Romani, come punto di presidio in armi sulla strada che conduce a Monza e il nome pare derivi dal latino (contrazione o di gulula, anfratto, o di gurgula, vortice) per indicare una piccola gola: un avvallamento (oggi via della Torre) in cui scorre un rigagnolo diventa per gli ingegneri romani uno sbarramento naturale per presidiare militarmente e commercialmente il territorio.

    In pochi passi si incrocia viale Monza e si raggiunge lo studio di Zelig, punto di riferimento dal 1986 del cabaret milanese; superato l’antichissimo ponte a schiena d’asino che attraversa il canale, ecco piazza Piccoli Martiri che ricorda l’eccidio del 20 ottobre 1944, quando i bambini della scuola elementare Francesco Crispi vengono colpiti da una bomba, mentre, al suono degli allarmi, stanno scendendo veloci le scale per raggiungere i rifugi aerei; più in là troviamo il monastero delle clarisse: vuole la tradizione che spetti a loro l’arduo compito, di rosario in rosario, di assicurare il bel tempo il giorno del matrimonio. Bisogna però portare alle monache le uova. Quante? Si va a dozzine, sta alla generosità della famiglia degli sposi. Si sappia che attualmente sono una trentina gli stomaci da sfamare…

    Turro – Sulle tracce di Luca Comerio, alle origini

    del cinema

    Quello che oggi è un quartiere periferico della città, ben collegato al centro dalla linea rossa che corre lungo viale Monza, fino al 1918 era un Comune con una sua identità e autonomia. Proprio da queste parti, all’inizio del xx secolo, il cinema milanese muove i primi passi, grazie all’intraprendenza di Luca Comerio (Milano 1878 - Mombello di Limbiate 1940), pioniere dell’industria cinematografica. Nato in via Volta nel 1878, cresce tra il caffè del padre e gli ambienti della Scapigliatura e guarda il mondo dalla lente della sua macchina fotografica. Il giovane ha talento: nel 1894, a sedici anni, riprende re Umberto i durante una visita a Como: il re, dopo aver visionato la foto, ne ordina cinque copie in formato gigante. Presto è nominato fotografo ufficiale della Casa Reale, ammesso tanto nell’intimità della vita di corte, quanto all’ufficialità di cerimonie e celebrazioni. Poco dopo è anche fotografo ufficiale de «L’Illustrazione Italiana», rivista fondata dai fratelli Treves. La storia italiana scorre davanti al suo obiettivo. La rivolta del maggio 1898 viene documentata, passo dopo passo: dall’uscita delle sigaraie dallo stabilimento di via Moscova ai primi agglomerati in via Turati, dagli assalti ai tram alle barricate, dagli accampamenti militari in piazza Duomo alla breccia nel muro della chiesa dei Cappuccini di viale Piave, fino agli arresti dei rivoltosi e alla tragica conclusione con le cannonate sulla folla, decise dal generale Bava Beccaris. L’Expo 1906, la grande Esposizione Internazionale, organizzata a Milano in occasione dell’apertura del traforo del Sempione, rivive nelle immagini del cantiere, dei padiglioni, delle feste e delle visite ufficiali. Nel 1908 è a Messina a documentare il terremoto, e poi sull’Etna per l’eruzione del vulcano. Da fotoreporter a cineasta il passo è breve. Le sue foto in maniera quasi naturale si aprono alla ripresa in movimento. L’invenzione dei fratelli Lumière è stata presentata a Milano nel marzo 1896 nelle sale del Circolo Fotografico; il baraccone di Porta Genova di Italo Pacchioni è sempre pieno, le grandi famiglie milanesi sono pronte a scommettere e investire sul cinema. Comerio vince un concorso dedicato alle immagini della città ambrosiana e parte per un viaggio a Parigi. Torna con una cinepresa, con cui studia, sperimenta e si specializza. Nel 1908 è pronto per fondare una propria casa di produzione, la saffi (Società Anonima Fabbricazione Films Italiane-Comerio, poi trasformata in Milano Films). Le prime star del cinema girano proprio a Turro: qui Comerio allestisce un grande teatro di posa, sembra il più grande al mondo (22.000 metri quadrati): per coprire l’immane spazio acquista la tettoia, rigorosamente in vetro per questioni di scena, della stazione romana di Trastevere. Ciak, si gira: da Attila a Lucrezia Borgia, da Brivido fatale a Il marito in campagna fino al balletto Excelsior del 1913-1914, per il quale vengono scritturate fino a cinquecento comparse. Documentari, drammi, farse deliziano il grande pubblico; tra le stelle del cinema assoldate da Comerio c’è anche Edoardo Ferravilla, uno degli attori più acclamati del momento: i suoi personaggi comici Tecoppa e el Sur Panera sono protagonisti delle primissime serie della storia del cinema. Comerio è un vulcano: nel 1911 si fa legare con la cinepresa all’aereo di Mario Caldara e realizza la prima ripresa aerea (ecco il primo drone); poi è in Libia per documentare le mire espansionistiche coloniali del governo Giolitti; allo scoppiare della prima guerra mondiale lascia il teatro di posa ed è l’unico civile autorizzato a fare riprese nei campi di battaglia, documentando un capitolo della nostra storia; nel 1919 riprende l’impresa di Fiume e nel 1920 è sull’auto di Antonio Ascari per seguire la prima Coppa delle Alpi (in questa occasione rimane ferito). Poi, nel 1922 la casa di produzione si scioglie: la storia del cinema marcia su Roma, a Cinecittà. Il destino di Comerio, invece, sarà all’Ospedale psichiatrico provinciale di Mombello, dove muore, in solitudine, nell’estate del 1940.

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    Luca Comerio in un ritratto fotografico del 1901.

    Rovereto – Nolo, prima fermata

    All’inizio dell’anno il Consiglio Comunale ha approvato un emendamento che ribattezza alcuni quartieri della città: tra gli altri, Tortona diventa Porta Genova, la zona di via Washington Porta Magenta, a Rogoredo si aggiunge la dicitura Santa Giulia. Nolo, quartiere in grande crescita e trasformazione, entra nei documenti e nelle mappe ufficiali: è la zona a Nord di Loreto, incastonata tra via Padova, viale Monza e i binari della Stazione Centrale. Operai, immigrati (di tutte le razze e religioni), creativi, galleristi, musicisti e designer hanno invaso il quartiere. Questi giovani, attratti dai costi abbordabili, si sono trasferiti qui, e, con grande spirito d’iniziativa, hanno aperto studi, negozi, laboratori. L’entusiasmo è travolgente: è diventato il quartiere più multietnico e trendy della città. Urge scendere alla fermate Rovereto e Pasteur per perdersi tra caffè, hub e kebab in un avvincente viaggio nella storia e nel presente che fa della diversità un motore di ricerca.

    Le radici affondano in un passato lontano, tra la chiesa di origine seicentesca di Santa Maria di Loreto (è Federico Borromeo a commissionarla a Francesco Maria Richini nel 1616) e i due rettifili tracciati in epoca asburgica, durante gli anni della Restaurazione. Da una parte corre la Postale Veneta (oggi via Padova) diretta a Bergamo e a Venezia, dall’altra la Strada Militare diretta verso la Villa Reale di Monza. Qui, lungo il viale alberato, dal 1876 corrono sui loro binari i tram a cavallo: nonostante la linea ferroviaria Milano-Monza sia in piena attività (viene inaugurata nel 1840), l’ippovia, complici le frequenti corse e i biglietti economici, rimane a lungo un mezzo di collegamento molto usato dai lavoratori che quotidianamente giungono in città. Considerato il forte sviluppo industriale dopo la prima guerra mondiale, tra il 1919 e il 1923 i comuni di Turro, Greco e Precotto vengono annessi a quello di Milano. Formalmente questa zona diventa periferia, ma mantiene un’identità e un’autenticità ancora oggi percepibili passeggiando per le vie affollate, perdendosi tra locali, palazzi, osterie, botteghe e laboratori artigianali.

    Pochi passi dalla fermata di Rovereto e siamo alla BienNolo: gli spazi dell’ex laboratorio di panettoni Giovanni Cova, in via Popoli Uniti, ospitano la prima biennale d’arte contemporanea di Nolo. Negli affascinanti spazi di archeologia industriale (con un po’ di fantasia possiamo immaginare di essere all’Arsenale di Venezia) gli artisti riflettono sui temi legati alla sostenibilità ecologica. Era il 1930 quando i Cova, Giovanni insieme ai cognati Rosa e Augusto, decidono di costruire sul terreno agricolo di famiglia, ormai inglobato nel Comune di Milano, l’edificio che comprende la fabbrica, gli uffici, i magazzini, il laboratorio di produzione dei panettoni di lusso.

    Milano dal primo Dopoguerra è al centro di grandi rivolgimenti che coinvolgono anche l’area che corre verso Monza. Quando, nel 1919, il Comune di Milano rileva l’ippodromo gestito dalla Società Trotter Italiana, qui si sperimenta un progetto di didattica all’avanguardia: nasce la scuola all’aperto più grande d’Italia. La Regia Scuola Speciale Umberto di Savoia accoglie fino a 1400 bambini gracili (160 sono residenti presso il Convitto la Casa del Sole) malati di tubercolosi o fortemente a rischio. Qui, immersi nel verde, possono crescere forti, sapienti e all’aria aperta grazie a metodi di insegnamento avanzati: oggi è il Parco Trotter, prezioso polmone verde della caotica città.

    A Nolo può succedere di tutto, gli abitanti del quartiere sono dalle mille risorse e dalle idee esplosive: se gli spazi abbandonati della fabbrica di panettoni possono ospitare una Biennale e una vecchia fabbrica di cioccolato diventa uno spazio di smartworking, bike hostel e bistrot (capita da Hug in via Venini 83), allora è possibile anche incontrare un museo a cielo aperto dedicato alla street art. Accade in via Pontano, sotto i binari della ferrovia a pochi passi da via Padova. Il progetto out, a cura degli artisti Urbansolid, nasce nel 2016 spinti dall’iniziativa del Comune Muri Liberi, che ha assegnato cento muri alla creatività degli artisti di strada. Un cartellino indica il titolo e l’anno di realizzazione delle

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