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I prigionieri della fortezza nazista
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E-book428 pagine5 ore

I prigionieri della fortezza nazista

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Info su questo ebook

La storia vera e mai raccontata dell’uomo che impedì alle spie naziste di vincere la guerra

La fortezza di Colditz, stando a quanto affermano i tedeschi, è inespugnabile. Il carcere più sicuro d’Europa, perfetto per rinchiudere i nemici. Ma, nel pieno della seconda guerra mondiale,
la posta in gioco è ogni giorno più alta e gli ufficiali inglesi sono pronti a tutto per proteggere i loro segreti. Hanno messo a punto un piano di evasione ingegnoso e rocambolesco per salvarsi da quell’inferno senza uscita, e per metterlo in atto possono contare sull’aiuto prezioso dei due agenti più brillanti dell’MI9: il capitano Julius Green e il sergente John “Busty” Brown. Proprio quando sono pronti a entrare in azione la Gestapo, nel tentativo di ottenere informazioni preziose e arginare qualsiasi iniziativa, piazza una spia tra i detenuti. È l’infiltrato perfetto: così insospettabile da mettere a repentaglio la riuscita dell’intera missione...
Una storia straordinaria e mai raccontata, che accende una luce inedita sugli sviluppi della seconda guerra mondiale.

Evasioni, tradimenti e spionaggio internazionale.

Il racconto dell’impresa eroica che ha permesso agli alleati di affrontare e smascherare il doppio gioco nazista.

«Un racconto sorprendente con personaggi straordinari. Molte cose suoneranno nuove anche per gli appassionati del genere... Verkaik ha fatto un ottimo lavoro scavando negli archivi dei servizi segreti e portando alla luce oro narrativo...»
Sunday Telegraph

«Una lettura affascinante.»

«Ti tiene incollato fino all’ultima pagina.»

«Si legge come un romanzo.»
Robert Verkaik
È un giornalista. Scrive per i più importanti quotidiani inglesi, tra cui «Independent», «Times», «Observer» e «Guardian». Già autore di diversi libri d’inchiesta, i suoi reportage sono stati inseriti nella lista dei vincitori del Premio Orwell e del Premio Paul Foot. Si è classificato secondo nella categoria giornalisti specializzati ai National Press Awards 2013.
LinguaItaliano
Data di uscita29 gen 2024
ISBN9788822780546
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    Anteprima del libro

    I prigionieri della fortezza nazista - Robert Verkaik

    capitolo 1

    Il marinaio fascista

    Il centro civico di Olympia, nel West End di Londra, era stracolmo e dal fondo Oswald Mosley osservava sprezzante la folla. Le luci si abbassarono e la banda attaccò una lenta marcia tedesca²⁷. Poi dal palco le lampade ad arco furono rivolte verso il corridoio, a illuminare una fila di uomini vestiti in uniformi nere. Con trentacinque minuti di ritardo, il leader dell’Unione britannica dei fascisti Oswald Mosley si avviava verso il podio accompagnato da bandiere britanniche in nero e oro. Era il 1934 e i diecimila londinesi presenti riuscivano a stento a contenere l’eccitazione. «La nostra sarà la generazione eroica che scalerà le vette del tempo e della storia per vedere nuovamente la luce dell’immortalità», declamò Mosley, «la luce del sacrificio e di grandiose imprese che attraverso grandi peripezie chiamano l’anima dell’umanità al sublime e all’eterno. La nostra epoca ci impone una scelta, eroismo oppure oblio. Non esistono strade facili nella storia delle grandi nazioni. Possiamo, quindi, dubitare di quale percorso scegliere?».

    Mosley fece un passo indietro, con la mano sinistra sul fianco e la destra alzata nel saluto fascista.

    Poi si scatenò l’inferno. Alcuni comunisti infiltrati iniziarono a gridare insulti contro Mosley. Branchi di camicie nere si lanciarono in una caccia brutale e misero a tacere gli intrusi a calci e pugni, per poi buttarli fuori dall’edificio. Nel caos della rissa, donne e bambini urlanti si precipitarono verso le porte. Uno dei contestatori arrampicatosi su un travetto del soffitto continuava a urlare ingiurie a Mosley. Seppur fuori dalla portata dei gorilla in camicia nera, il comunista perse improvvisamente l’equilibrio e fece un volo di quarantacinque metri fino al suolo. Fingendo di non notare il subbuglio, Mosley tutto impettito fece due passi indietro, lisciandosi con le dita il baffo alla Errol Flynn. Quando l’ordine fu ristabilito, le camicie nere diedero il via al coro «Vogliamo Mosley».

    Tra gli entusiasti sostenitori del leader fascista c’era il figlio di un operaio portuale delle Docklands. Walter Purdy era uno delle centinaia di giovani della classe operaia che si erano radunati per la causa fascista quella sera del 7 giugno del 1934. Mosley li aveva attirati con la promessa di una fratellanza maschile guidata da un leader carismatico, che li avrebbe apprezzati e non condannati per la loro giovinezza.

    Per la prima volta nella vita, il giovane e irrequieto londinese dell’East End si sentiva a casa.

    Roy Walter Purdy era nato il 16 maggio 1918 a Barking. Suo padre Edward era un fabbro e lavorava presso l’autorità portuale di Londra²⁸.

    Walter era arrivato tardi in famiglia, ultimo di undici figli di Edward e Alice Purdy, sebbene quattro dei figli Purdy fossero morti prima di compiere due anni.

    Alla nascita di Walter, la sorella maggiore Rose aveva ventidue anni e la sorellina più piccola, Millicent, dieci anni. Suo fratello maggiore lavorava già come apprendista meccanico per auto. I Purdy erano squattrinati, ma Alice adorava il suo ultimogenito e lo viziava senza ritegno.

    Walter se la cavò bene alla Barking Abbey School e ne uscì poco prima del suo sedicesimo compleanno con un numero minimo di sufficienze²⁹. Tuttavia Walter si trovava a entrare nel mondo del lavoro in un periodo di recessione per la Gran Bretagna, con tre milioni di persone disoccupate, quasi il settanta per cento della forza lavoro in alcune zone del paese.

    Gli anni Trenta videro l’alba di un nuovo movimento politico europeo che mescolava tendenze di estrema destra e di estrema sinistra. Il fascismo diede origine ai partiti populisti nazionalsocialisti guidati da Benito Mussolini in Italia e Adolf Hitler in Germania. I fascisti britannici si riunivano attorno alla controversa figura di Oswald Mosley, un lontano parente dei reali inglesi, che era stato senatore sia del Partito conservatore che del Partito laburista.

    Nel 1932 Mosley fondò l’Unione britannica dei fascisti. Il nuovo partito di Mosley combinava fanatismo anticomunista e patriottismo, e con il sostegno del «Daily Mail» e del «Daily Mirror» arrivò a oltre cinquantamila membri. I politici di estrema destra come Mosley sfruttavano la situazione economica promettendo posti di lavoro e prosperità come risultato di politiche radicali e nazionaliste.

    Alla fine della scuola, Purdy ribolliva della rabbia tipica degli adolescenti. Era disoccupato e si sentiva inutile all’interno della comunità. Così, quando suo padre gli disse che gli ebrei sembravano essere gli unici a non risentire della recessione, Walter gli credette. Mosley si presentava spesso nell’East End per tenere discorsi e aizzare le folle. Purdy lo aveva ascoltato e le parole del leader fascista gli piacevano. Si divertiva anche nelle inevitabili scazzottate con i comunisti, che seguivano ovunque i fascisti. Quando Purdy decise di unirsi al partito, fu subito assegnato alla sezione di Ilford³⁰, collocata di proposito nel cuore di una delle più grandi comunità ebraiche del paese.

    Fu qui che il sensibile Purdy rimase affascinato da un altro oratore carismatico: William Joyce.

    Joyce incuteva un tipo di timore diverso rispetto a Mosley. Il suo tratto più distintivo era una cicatrice che andava dal lobo dell’orecchio destro all’angolo della bocca, che diceva essere il segno di una coltellata ricevuta durante l’attacco di una folla di ebrei inferociti a un incontro del Partito conservatore nel 1924. In realtà, l’aggressore era un mite comunista antifascista che lo aveva ferito con un rasoio perché non gli piacevano i suoi discorsi. Joyce era nato a New York e cresciuto a Galway, in Irlanda, dove la famiglia di suo padre aveva forti radici unioniste. Durante la guerra d’indipendenza irlandese, Joyce fu reclutato dai servizi segreti dell’esercito britannico come spia all’interno della resistenza cattolica. Dopo la dichiarazione di indipendenza del 1921, Joyce lasciò l’Irlanda per arruolarsi nell’esercito britannico, ma fu congedato quando si scoprì che aveva mentito sulla propria età. Perciò dedicò tutte le sue energie allo studio, laureandosi a pieni voti in inglese al Birkbeck College di Londra e facendo esperienza al centro di addestramento ufficiali dell’università.

    Dodici anni dopo, Joyce si unì all’Unione britannica dei fascisti, dove perfezionò le sue capacità oratorie e accrebbe il suo antisemitismo, che gli valsero un fedele seguito tra le camicie nere. Purdy fu solo uno dei tanti giovani affascinati dalla sua eloquenza.

    Joyce parlava di una nuova gioventù che avrebbe potuto rendere di nuovo grande la Gran Bretagna, e Purdy si sentì chiamato in causa. La giovane camicia nera seguiva Joyce ovunque tenesse discorsi e alla fine riuscì a incontrarlo a un raduno nell’East End. Secondo i documenti dell’mi5³¹, i due fecero conoscenza ma non è chiaro quanto fossero effettivamente vicini. È improbabile che Joyce, astro nascente tra i membri dell’Unione britannica dei fascisti, avesse tempo da perdere con quel giovanotto inesperto. Ma nella breve vita di Purdy, persino quella effimera relazione rappresentò un momento di grande orgoglio.

    Nel 1936, due anni dopo il raduno a Olympia, le simpatie nei confronti dell’Unione britannica dei fascisti iniziarono a svanire. Il punto di svolta fu la battaglia di Cable Street, in cui centinaia di persone rimasero ferite nel tentativo di bloccare una marcia delle camicie nere verso l’East End. C’erano anche tensioni interne tra Joyce e Mosley, che si contendevano la direzione politica del movimento.

    Nel 1937 Mosley tolse a Joyce il ruolo di responsabile della propaganda, in una palese manovra di ristrutturazione politica, liberandosi del suo miglior oratore per gestire il partito in autonomia.

    Allo stesso tempo le sorti lavorative di Walter Purdy erano migliorate, poiché aveva ottenuto un apprendistato come ingegnere presso la Concrete Piling Company al numero 10 di Westminster Palace Gardens³², nel sud-ovest di Londra. Era un lavoro stabile che gli metteva soldi in tasca e il giovane Purdy fu presto abbagliato dalle luci della città nel West End e dalle squallide ombre di Soho. Qui iniziò a frequentare truffatori, papponi, gentiluomini dell’alta società, ricconi dalla vita dissoluta e gente comune in cerca di divertimento. L’aspetto attraente di Purdy e la sua arroganza genuina lo rendevano una calamita per le donne. Nonostante ciò, Purdy scoprì che preferiva pagare per la compagnia femminile.

    In un rapporto della polizia metropolitana di Londra si legge che era «amante dell’alcol e, per sua stessa ammissione… spesso in compagnia di prostitute». Pare che da sbronzo diventasse «offensivo e litigioso»³³, in particolare con le maîtresse e i papponi che gestivano i bordelli. Quando veniva sbattuto fuori, continuava a cacciarsi nei guai per strada.

    Nella primavera del 1939 Walter Purdy si era stancato di quella vita di bagordi e sregolatezze e decise di ampliare i propri orizzonti. Grazie alla sua formazione da ingegnere, appena compiuti i ventun anni si candidò per un posto di apprendista meccanico con la Blue Star Line³⁴, che gestiva navi da crociera di lusso in rotta tra la Gran Bretagna e l’America, viaggi che promettevano una vita di emozioni e avventure transoceaniche.

    Quando fu dichiarata la guerra nel settembre 1939, Purdy fu trasferito su una nave più grande della flotta della Blue Star Line³⁵.

    Il transatlantico Vandyck venne convertito in nave mercantile armata, con in dotazione un unico cannone risalente alla prima guerra mondiale e due mitragliatrici Lewis, e a tutto l’equipaggio vennero fornite uniformi della Marina. Purdy si ritrovò a essere un sottotenente della Royal Navy sul punto di entrare in battaglia contro la flotta tedesca. Ma non era stato lui a chiedere di arruolarsi in Marina e certamente non si aspettava di trovarsi così rapidamente a dover impugnare le armi contro i fascisti tedeschi.

    capitolo 2

    Busty Brown

    John Owen Henry Brown aveva già colto tutti i segnali dell’ascesa di Hitler e del conflitto inevitabile tra la Gran Bretagna e la Germania. All’inizio del 1939 si arruolò nelle forze di terra³⁶. John Brown si disse che se la Gran Bretagna fosse entrata in guerra, un po’ di addestramento militare non poteva che tornare utile.

    Alto quasi un metro e novanta, era perfetto per l’artiglieria, che tra i suoi ranghi vantava omoni robusti capaci di spingere a mano l’affusto di un cannone.

    Ma John Brown non era soltanto forza fisica e patriottismo.

    Il più giovane di quattro fratelli, Brown era nato in una famiglia proletaria a Tooting, nel sud di Londra. James e Priscilla Brown avevano pianificato attentamente la nascita di tre figli, a tre anni di distanza l’uno dall’altro. Nella primavera del 1908 Priscilla, ormai trentaseienne, disse al marito che ci sarebbe stato un arrivo inatteso in famiglia, sei anni dopo la nascita dell’ultimo figlio. James Brown, quarant’anni, un tipografo la cui famiglia proveniva dai cantieri navali di Woolwich, accolse la notizia con serenità. Si era tirato fuori dalla povertà partendo dal basso, lavorando prima come umile tuttofare in una tipografia di Londra, poi come compositore e ora come revisore³⁷, il cui compito era verificare e correggere le forme di stampa. Si trattava di un notevole traguardo per un uomo non istruito e il nuovo incarico gli aveva garantito anche un piccolo aumento di stipendio, grazie al quale si era trasferito con la sua famiglia dai bassifondi dell’East End alle nuove case in costruzione più a ovest lungo il fiume.

    Ma con un quarto figlio inaspettato da vestire e sfamare, i soldi sarebbero stati di nuovo un problema.

    Quando il piccolo John aveva due anni, suo fratello Henry di quattordici fu mandato a lavorare come meccanico³⁸. James Brown adorava il figlio più piccolo, per cui nutriva grandi speranze. Tutti quegli anni trascorsi in tipografia gli avevano insegnato quanto fosse importante l’istruzione per partire avvantaggiati nella vita, ed era determinato a far ottenere a John un posto nel liceo di zona. Il figlio minore si dimostrò all’altezza, grazie anche alle nuove leggi che volevano assicurare ai bambini poveri l’accesso all’istruzione. Nello specifico John entrò alla Small Wood Road School, una scuola elementare costruita in fondo alla strada in cui i Brown vivevano nella loro casa a schiera di due piani di nuova costruzione. Le guglie edoardiane della scuola si stagliano ancora oggi sul quartiere. Spronato dall’ambizione del padre, John ottenne un posto alla Battersea Grammar School, dove ebbe una carriera brillante e infine si iscrisse agli esami di ammissione per Cambridge. Quando il postino consegnò ai Brown la lettera che confermava l’ammissione del figlio all’università, l’orgoglio della famiglia fu condiviso con grande gioia con il resto degli abitanti della via.

    A Cambridge, il divario tra le radici proletarie di John Brown e le vite privilegiate degli altri studenti si rivelò fin troppo evidente, ma questo non lo avrebbe fermato. James Brown aveva ben inculcato al figlio l’idea che un posto a Cambridge sarebbe stato un biglietto di prima classe per il resto della sua vita, e che avrebbe dovuto sfruttare al massimo i rapporti con le famiglie benestanti e influenti i cui figli frequentavano la scuola.

    Perciò si mise all’opera per entrare nelle grazie dell’aristocrazia britannica. Brown, raro e genuino rappresentante della classe operaia a Cambridge, stuzzicava la curiosità e attirava l’interesse dei suoi compagni di corso più facoltosi. Ben presto l’ordinario John Brown si trovò in compagnia di un’illustre schiera di socialisti radical chic del tempo, tra cui Maclean, Burgess, Philby e Blunt, che avrebbero poi fatto parte dei famosi Cinque di Cambridge. Brown era determinato a sfruttare tutti questi contatti a proprio vantaggio.

    Dopo la Grande Depressione causata dal crollo di Wall Street del 1929, i lavori pagati, per non parlare dei sogni di carriera, scarseggiavano anche per un laureato di Cambridge.

    Tuttavia, a ventidue anni Brown riuscì a ottenere una posizione come impiegato junior al birrificio Truman³⁹ a Brick Lane, nell’est di Londra. Qui incontrò Dorothy Oakley, un’altra giovane impiegata di ventun anni, un’orfana che era stata cresciuta nella famiglia di un capofficina. I due divennero intimi e il 24 ottobre del 1931⁴⁰ si sposarono nella chiesa di St. Bartholomew a Battersea, in presenza delle loro famiglie. Grazie ai redditi di entrambi, John e Dorothy si trovarono una casetta al 106 di Wycliffe Road. John si era sistemato e sembrava che il resto della sua vita fosse ormai tracciato davanti a lui, ma la sua ambizione lo portò a desiderare qualcosa di più di una monotona vita domestica.

    Dopo essere uscito da Cambridge, si era sforzato di mantenere i contatti con i suoi ricchi amici socialisti, e nei mesi successivi al matrimonio si fece coinvolgere in politica.

    Alcuni vecchi amici universitari di John erano tra i nuovi seguaci di Oswald Mosley e non passò molto tempo prima che Brown fosse invitato alla Casa Nera di Chelsea, ex istituto di formazione per insegnanti e attuale quartier generale dell’Unione britannica dei fascisti. Brown non sapeva bene cosa pensare di Mosley e di quei delinquenti delle camicie nere⁴¹. Faceva solo visite occasionali e prima del 1938 Brown aveva tagliato ogni legame con Mosley, Joyce e l’Unione britannica dei fascisti.

    Brown, sposato e ormai quasi trentenne, si era innamorato.

    La donna in questione era Nancy Mason, figlia di un noto designer di carte da parati. Con le sue origini borghesi Nancy aveva destato l’attenzione di Brown, che si era innamorato di lei e della promessa di un ingresso nel ceto medio londinese. I due iniziarono una relazione clandestina e nell’estate del 1938 Nancy rimase incinta. Brown accettò di lasciare Dorothy e di trasferirsi con la più facoltosa Nancy. L’anno seguente diede alla luce una figlia che chiamarono Marion, e John divorziò da Dorothy per sposare Nancy⁴².

    John Brown si godeva la vita e stava facendo carriera nel reparto contabilità del birrificio, anche grazie al suo recente ingresso nella massoneria⁴³. A Brown piacevano le riunioni segrete delle logge, l’abbigliamento rituale e i preziosi accordi commerciali che ne ricavava. Presto i Brown poterono permettersi una casetta nei verdi sobborghi di Sunbury-on-Thames, proprio di fronte all’ippodromo di Kempton. Soprannominarono la nuova casa The Wee Hoose, la casina piccina, e si adagiarono nella loro tranquilla vita famigliare.

    Nei fine settimana John partecipava alle esercitazioni delle forze di terra con il 57° reggimento (East-Surrey) anticarro (226° batteria), che era stato formato in fretta nel 1938 dai soldati che vivevano nel Surrey e nel sud-ovest di Londra.

    I suoi compagni cannonieri lo soprannominavano Busty, cioè Brown il robusto, per le sue dimensioni e per la somiglianza con il corpulento musicista americano Busty Brown.

    Il 3 settembre del 1939 il sogno di pace domestica dei Brown andò in frantumi quando Hitler invase la Polonia e Gran Bretagna e Francia dichiararono guerra alla Germania. Il governo dichiarò la mobilitazione generale e al 57° fu ordinato di presentarsi al quartier generale del reggimento a Wimbledon per poi radunarsi all’ippodromo di

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