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Sulla Guerra Civile: De Bello Civili
Sulla Guerra Civile: De Bello Civili
Sulla Guerra Civile: De Bello Civili
E-book414 pagine4 ore

Sulla Guerra Civile: De Bello Civili

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Info su questo ebook

Sulla Gierra Civile - versione 0.5
De Bello Civile di Gaio Giulio Cesare 
Il libro contiene la traduzione in italiano del famoso scritto di Cesare intitolato De Bello Civili. 
Un modo veloce per conoscere la vicenda della guerra tra Cesare re Pompeo in cui Cesare, oltre a raccontarci le vicende belliche, si preoccupa di spiegarci i motivi delle sue azioni ed il suo continuo cercare una mediazione con Pompeo.
Buona lettura 
LinguaItaliano
Data di uscita7 ago 2019
ISBN9788834167359
Sulla Guerra Civile: De Bello Civili

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    Anteprima del libro

    Sulla Guerra Civile - Gaio Giulio Cesare

    lettura

    Contenuto del libro

    li Il bro contiene il testo tradotto in italiano del De Bello Civili, l’opera che narra le vicende dei due anni di guerra civile romana tra Cesare e Pompeo. Oltre ai tre capitoli scritti da Cesare, vi abbiamo aggiunto una ampia sezione di mappe utili a comprendere le strategie belliche.

    SULLA GUERRA CIVILE

    De Bello Civili

    Gaio Giulio Cesare

    Testo in italiano

    Edizione italiana

    Raccolta

    Foro Latino

    4

    LIBRO OTTIMIZZATO PER NON VEDENTI ED IPOVEDENTI

    GBL Grande Biblioteca Latina

    Corso di Porta Nuova 52, 20121 Milano, Italia, UE

    www.grandebibliotecalatina.com

    ISBN  9788834167359

    Prima edizione: luglio 2019, aggiornato: gennaio 2021

    ©c3aeb949-645b-451d-ba96-d857e88dd7d6

    introduzione

    Se conoscete il testo potete tranquillamente tralasciare di leggere questa breve presentazione.

    i veli della Storia

    Gaio Giulio Cesare

    Inutile è dire per l'ennesima volta che Cesare è una figura controversa, questo è noto a tutti coloro che amano la Storia o la politica. Utile è invece capire il perché di tali giudizi controversi.

    Il problema principale è dato dalle parole usate in associazione al nome di Cesare, e il significato da queste assunto col trascorrere degli anni.

    La vicenda cesariana si svolge ormai quasi 2100 anni fa, fu una vicenda importantissima che modificò il corso degli eventi storici e le vite di molte persone. Uno degli aspetti ancor oggi rilevante è il significato delle parole; molte parole cambiarono di significato e assunsero significati diversi e spesso negativi col trascorrere dei secoli.

    Cesare non fu il primo dittatore ma fu quello che, secondo l'opinione comune, portò quella parola al suo significato attuale: il primo dittatore, il primo Imperatore Romano. In realtà le cose sono un pò diverse, la vicenda è ben complicata ed è impossibile sapere se Cesare sarebbe divenuto un vero dittatore nel senso moderno del termine o solo un forte riformatore dello Stato Romano come già Lucio  Cornelio Silla pochi anni prima. La Dittatura in Roma era una carica pubblica prevista dall’ordinamento repubblicano come l’Imperium era una carica militare; queste cariche erano temporanee e per la Dittatura si trattava di una misura emergenziale votata dal Senato.

    Già il fatto che queste due cariche fossero previste dall’ordinamento statale romano cambia il significato dei due termini. L’assassinio di Cesare interrompe l’opera riformatrice dello Stato, la turbinosa confusione che ne segue e i moti altri anni di continui contrasti e guerre civili, renderanno l’imperium di Ottaviano auspicabile o almeno come il minore dei mali.

    Saranno quindi i tre secoli successivi di storia romana a connotare negativamente tali cariche e le altre generate tra cui quella di Cesare, dalla quale derivano quella di Kaiser e Zar. In merito a queste evoluzioni dell’apparato statale romano, interessante è la vicenda storica di Costantino, essa è utile a comprendere tali mutamenti percettivi soprattutto presso coloro che erano di fede cristiana. Un altra carica di Cesare era quella di Pontefice Massimo ora ad appannaggio del Papa cattolico. Costantino, appoggiandosi ai romani di fede cristiana, perde definitivamente la connotazione divina, quella caratteristica che Augusto aveva dato alla figura imperiale. Gran parte delle informazioni che noi abbiamo sui vari imperatori romani, ci arrivano da fonti legate al Senato, il conflitto tra priorità del Senato e priorità dell'imperatore, sono l'origine di molta distorsione della storia. Beninteso, non si tratta di un giudizio morale, ma solo di una costatazione; il Senato di Roma era certamente litigioso e prolisso, come ogni parlamento, lungo nel prendere decisioni, ecco perché, ogni tanto, ricorrevano ad un dittatore da loro stessi nominato e per un dato periodo di tempo ed uno scopo preciso. Questa pratica aveva tolto più volte Roma di impaccio, fù Augusto e non Cesare a rompere questa consuetudine. Se per l'impero di Augusto si può parlare di un miglioramento nella gestione dello Stato, si deve anche notare che già durante il suo periodo, la lotta per succedergli, mostra tutti i limiti del sistema dinastico. In seguito, altri imperatori romani cercheranno altre soluzioni che però non risolveranno mai il problema della successione, se non per brevi periodi, alla carica imperiale. Osservando la storia di Roma si possono imparare molte cose, questa è ben documentata anche se non imparziale e ci mostra che la democrazia necessita di un buon ordinamento per ben funzionare ed ha molteplici vantaggi sul lungo periodo. Un sistema dinastico è sempre caratterizzato da conflitti intestini, interni alla famiglia e alla schiera di cortigiani. Non sappiamo come sarebbero andate le cose se Roma fosse rimasta una Repubblica ed è giusto notare che l'impero durò parecchi secoli, Cesare è il punto di congiunzione tra questi due periodi storici ma credo sia sbagliato imputare a lui l'avvento dell'impero, cosa che va invece messa sulle spalle di Ottaviano.

    Con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, la carica imperiale sparirà dall’occidente europeo per lasciar posto ai molti re barbarici, sarà il Franco Carlo Magno a riesumarlo e a lasciarlo in eredità ai suoi litigiosi discendenti che se lo contenderanno per secoli. Ma mentre i re lottavano per la corona del regno italico dei Longobardi ed il conseguente titolo imperiale, le Curie municipali e vescovili di molte città della regione cisalpina, Curie ereditate della Repubblica Romana, lottavano con gli imperatori per ottenere delle limitate libertà amministrative, primi passi delle future Signorie rinascimentali pregne di cultura greca e sopreattutto romana. In epoca moderna la dignità imperiale si sdoppierà più volte, dalla rivoluzione francese emerge un certo Napoleone Bonaparte che si auto incorona, consegnando ai francesi una seconda dignità imperiale che non tardò a riprodursi in altre monarchie estese su più continenti. L’epilogo vede questo titolo finire nelle mani di capi politici spregiudicati e crudeli e causa di molti lutti, fine divenne una connotazione economica.

    La dittatura oggi connota ordinamenti anti democratici e per tanto negativi e con accezione ben più negativa che quella nell’antica Roma, dove aveva una nota più provvidenziale, come narrato dallo stesso Cesare e da altri.

    Apparentemente Cesare abusò del suo potere, appropriandosi di prerogative senatorie ma la storia moderna ci insegna che anche nelle nostre democrazie vi sono pretese autoritarie non dissimili da quelle degli antichi e della richiesta di ordine pubblico.

    Cesare è giustamente considerato un grande condottiero e fu studiato da tutti i generali di varie epoche, il cinema indagò più la sua vicenda amorosa con Cleopatra ed il dramma dei cesaricidi trascurando l’aspetto militare. Il teatro ne descrisse la pesante carica drammatica ed il dilemma tra giustizia e potere.

    Nel concludere l’analisi su come generalmente è percepito Cesare, siamo costretti ad ammettere che solo gli storici di professione riescono a sollevare tutti i veli che il tempo a steso sul personaggio che peraltro, essendo molto affascinante, porta molti di essi a lasciarsi coinvolgere e a perdere la scientifica distanza emotiva che deve caratterizzare il loro lavoro. Per questo vi invitiamo a ricercare una pluralità di giudizi storici e a non chiudere la porta a nuove riletture fatte da storici contemporanei che, essendo più mediatici, sono costretti a motivare il loro lavoro con i colleghi di pari grado, unico vero antidoto alla deformazione culturale del singolo individuo.

    Credo sia giusto concludere questa breve analisi sull'influenza storica del personaggio ricordando che, essendo un uomo come tutti noi, era soggetto alla medesima biologia che ci caratterizza. Sappiamo che era affetto da una forma di epilessia e che cercava di nascondere ai più, ma vi si possono riscontrare molte altre caratteristiche tipicamente umane. Dopo la vicenda della guerra alessandrina ci appare meno razionale, la relazione con la giovane regina corrisponde alla consueta attrazione dell'uomo maturo per ragazze molto più giovani. Nel De Bello Africo, vediamo un Cesare imprudente, sembra evidente che si è un po' montato la testa, anche se riesce a cavarsela egregiamente rischia moltissimo. Contemporaneamente ci appare appannata la sua capacità di giudicare le persone intorno a lui, la sua proverbiale clemenza di cui andava orgoglioso, sembra ritorcersigli contro, concedi onore a chi non li meritava ed è difficile capirne il motivo; tutte queste cose ne mostrano l'aspetto umano, un uomo che sembra aver perso il contatto con la realtà. La vicenda di Cesare va vista anche da un punto di vista biologico, il giovane uomo, l'uomo maturo, l'uomo arrivato; le capacità di giudizio di una persona non sono sempre costanti ma variano al cambiare della biologia nel suo corpo e dei conseguenti stati mentali collegati al vivere.

    Questo non sminuisce il personaggio ma semplicemente lo rende più comprensibile ripulendolo da quella patina mitologica che lo vuole sempre perfetto e martire, oppure, crudele tiranno soppressore della libertà; Cesare era soprattutto un uomo politico, capo di un partito, con una sua idea di Stato che contrastava con quella di coloro che lo hanno assassinato. In quegli anni le regole della democrazia erano poco rispettate dalla stragrande maggioranza di quelli che venivano definiti uomini nuovi, l'assassinio di Cesare fu, da questi, preso a pretesto per usurpare il potere, ufficialmente in nome del popolo. Ottaviano mantenne le apparenze di una Repubblica ma, silenziosamente, esautorò il Senato da molte delle sue prerogative, l'altalenante lotta tra Senato e imperatori continuerà per secoli ma Roma non sarà più quella che fu prima di Cesare, l'accordo tra Cesare, Crasso e Pompeo, noto con il nome di primo triunvirato, aveva cambiato per sempre il modo di fare politica.

    Il piede di roma

    Noi tutti oggi consideriamo le varie espressioni artistiche di Roma antica come arte classica ma per loro era simbolo di modernità. I Romani furono soprattutto coloni, gram parte della Vita politica romana si basava sulla distribuzione di terre e la fondazione di nuove colonie. Nel caso dei Greci, la fondazione di colonie, era soprattutto legata al commercio; essi fondavano veri e propri nuovi insediamenti in luoghi strategici a supporto dei loro mercanti. Nel caso dei romani si tratta quasi sempre di rifondazioni, le città romane sorgono vicino o sopra insediamenti preesistenti, il loro scopo era soprattutto di presidio del territorio che veniva presto messo a coltura secondo uno schema già collaudato nella centuriazione romana, ben visibile lungo la via Emilia.

    I due modelli di colonizzazione sembrano essere abbastanza complementari, mentre i Greci colonizzarono tutte le coste del Mar Mediterraneo, i Romani colonizzarono tutte le pianure che conquistarono. Solo nella Magna Grecia si vede una colonizzazione greca della terra coltivabile, non v'è dubbio che i Romani si appropriarono delle conoscenze elleniche. Ma il modello ingegneristico romano era strettamente collegato a quello etrusco, credo non sia sbagliato sostenere che a Roma si realizzò una sintesi dei due modelli che peraltro non erano poi molto dissimili, eccezion fatta per il sapiente uso delle acque da parte egli Etruschi.

    Lasciamo ad altri l'analisi della genealogia urbanistica romana per occuparci degli aspetti culturali legati all'insediamento di colonie latine in Europa. Innanzitutto bisogna sfatare il mito secondo cui Roma conquistò tutta l'Italia, sarebbe più giusto dire che Roma divenne la capitale di una coalizione di popoli italici, comprendente al suo interno molte popolazioni del centro-sud Italia, la galassia di città stato etrusche ed anche tribù semi celtiche. Già gli Etruschi si erano espansi in zona padana, Como e Mantova risultano infatti essere etrusche, appare chiaro che esistessero delle consolidatre rotte commerciali tra la Toscana e i territori oltre le Alpi, da cui arrivava la preziosa Ambra. Tutto questo discorso è funzionale a far comprendere che la colonizzazione romana della penisola italica, era a tutti gli effetti un ricalco di colonizzazioni precedenti. Ciò che cambia notevolmente queste colonizzazione e la costruzione di strade consolari, unitamente al presidio militare per il mezzo di campi trincerati.

    Le strade consolari, in principio, si dirigono verso il Mar Adriatico e lungo la costa tirrenica, con la costruzione della Via Emilia, i Romani, prendono a lottizzare il territorio pianeggiante della Val Padana. Soprattutto in quei territori si vede sorgere a fianco dell'antico insediamento preesistente celtico, un campo fortificato permanente dalla tipica struttura ortogonale. La trasformazione di questo insediamento militare in centro urbano, è spesso considerata data di fondazione della città, ovvero di un'entità giuridica avente una sua curia composta da cittadini. La presenza di un Senato cittadino e di un perimetro urbano, facevano dell'insediamento un Municipio, questo poteva essere di diritto romano o latino, a seconda degli abitanti che colà venivano stanziati. In questi nuovi municipi, Roma era solita stanziare i veterani congedati, l'origine di questi determinava il diritto, ovvero le leggi che i cittadini dell'insediamento dovevano rispettare, ma soprattutto, i doveri verso Roma.

    Tutti gli agglomerati abitativi avevano un loro grado civico, quasi fossero dei soldati di una legione, se l'insediamento ben si comportava verso Roma, ne riceveva in cambio miglioramenti dello status civico che portava con sé miglioramenti dello Stato civico dei suoi cittadini. Molte delle città italiche si vantano ancora oggi della data in cui hanno ottenuto lo status di municipio o di colonia romana.

    Nel De Bello Civili di Giulio Cesare, si trovano molti esempi della libertà di cui godevano questi municipi e di come partecipassero alla vita politica capitolina, legandosi ad un specifico uomo politico che poi, poteva ricompensarli con opere pubbliche o diritti amministrativi. Non credo si possa parlare di meritocrazia municipale ma comunque il sistema creava forti legami tra Roma e i territori da essa controllati, sia per mezzo dei cittadini ivi stanziati che degli indigeni che partecipavano alla vita del municipio. Nel giro di pochi anni era ben chiaro a chiunque volesse contare qualcosa, che non poteva isolarsi, se anche si era di nobili origini tribali, ora era Roma a distribuire la dignità e questa era legata al bene operare nella propria comunità, ovvero nella curia municipale.

    Dopo la pianura padana toccò alla Galia veder sorgere nei pressi dell'originale collina fortificata celtica, un centro urbano con strade ortogonali ai piedi della collina con la tradizionale porta d'ingresso principale rivolta verso la strada proveniente da Roma.

    Per le popolazioni prevalentemente celtiche sottomesse, doveva essere uno spettacolo dalle emozioni contrastanti, per i più vecchi vi era la perdita di identità, ma per le giovani generazioni, l'edilizia romana, era qualcosa di stupefacente, non deve essere difficile immaginare questi ultimi, in età matura, essere orgogliosi del loro teatro, dell'arena e soprattutto della piazza centrale dove facevano bella mostra i meriti acquisiti dai cittadini alla causa di Roma.

    La società romana non fù mai cristallizzata, mantenne sempre una certa fluidità tra le classi sociali, gran parte delle lotte politiche in Senato erano proprio dovute a questo. Ad esempio, Cesare era propenso a permettere l'ingresso nella società romana della nobiltà provinciale spesso d'origine celtica, fù lui a concedere la cittadinanza Romana alla provincia Cisalpina, per i meriti acquisiti da molti dei suoi abitanti servendo nelle sue legioni. L'acquisizione di diritti era cosa assai seria perché ben regolamentata dal Diritto Romano, alcuni senatori avevano capito che per mantenere un saldo controllo sui territori occupati bisognava gradatamente farli partecipare alla vita politica, almeno a livello locale; altri invece osteggiavano fortemente questa tendenza, temendo un imbarbarimento dell'Urbe ma forse ancor più, una riduzione delle loro priorità di prevaricare i diritti dei territori assoggettati.

    Questo modo di operare di Roma, porta abbastanza rapidamente alla creazione di una rete di strade, cadenzate da città distanti una giornata di cammino, ma con varie stazioni di sosta. Sempre lungo la via Emilia, questa cosa si vede benissimo, fra due città di una certa importanza, ve n'è una più piccola, più o meno a metà strada. Nella toponomastica di molti paesi intorno alle città, si trovano dei Quinto, Sesto, Settimo, eccetera, si finiscono alle miglia di distanza dalla città, erano ulteriori punti di sosta lungo la strada che risultava quindi essere ben sicura, essendo costellata di stazioni di sosta funzionali ad agevolare il cammino. Eufemisticamente si potrebbe dire che Roma lasciava la sua impronta ovunque arrivava. La logistica era il suo grande punto di forza, quello che migliorava la vita dei cittadini liberi, permetteva un sistema economico più efficiente, univa la produzione al commercio.

    Quello che si vede fatto in grande scala in molte province dell'impero, era già presente sulle coste del Mar Tirreno, come detto prima, non si può affermare che siano stati i Romani o gli Etruschi a codificare questo modo di agire. I primi esempi di razionalizzazione del territorio, sono da ritrovare in area ellenica, ma sembra che i Greci abbiano voluto sempre portare una sorta di rispetto al paesaggio naturale. Anche questo vuole dei distinguo, non si può dimenticare che l'Egitto conosciuto dei Romani era un regno ellenico, fondato da Alessandro Magno, abituato da secoli a gestire le acque del Nilo; l'urbanistica di Alessandria d'Egitto ne è la dimostrazione. Quello che invece sembra essere un apporto tipicamente romano all'urbanistica ortogonale d'origine greca, è la gerarchizzazione degli elementi che la compongono. Le strade romane non sono tutte uguali. Il cardo e il decumano sono gli assi principali, sono collocati al centro ed hanno una loro caratteristica; vengono intersecati da strade di minore importanza ma non tutte uguali, ognuna ha un suo grado di importanza, anche qui si trova una sorta di militarizzazione del tessuto urbano, questa forse è la caratteristica prima della colonizzazione romana, tutto viene inserito in gerarchie, cosa che sembra essere la vera peculiarità della Repubblica romana.

    Va poi fatta un'ultima osservazione, la Repubblica si preoccupava soprattutto di non aumentare le tasse ed evitava spese ingenti, erano dei privati cittadini a finanziare opere pubbliche che poi venivano donate alla città, in epoca imperiale, questo divenne istituzionale e quasi un obbligo per gli imperatori, ciò che in epoca repubblicana era tutto sommato misurato, civico, funzionale ed infine anche elegante, in epoca imperiale, diverrà monumentale, stupefacente, eccessivo e qual volta poco pratico. Naturalmente non bisogna pensare che tutto ciò che fu fatto in epoca imperiale fosse superfluo, era semplicemente una mediazione tra l'utile e la necessità di creare consenso.

    Effettivamente, l'impronta di Roma che più è giunta fino a noi, è quella imperiale, più grande e pesante di quella semplice e pratica d'epoca repubblicana.

    L'Autore

    Gaio Giulio Cesare

    Nasce il 12 agosto del 101 a.C. o forse il 13 agosto del 100 a.C. a Roma; ebbe quattro mogli: Cossuzia, dall'86 all’84; Cornelia, dall'83 al 68, dalla quale ebbe una figlia, Giulia; Pompea Silla, dal 68 al 62 e Calpurnia dal 59 al 44. Gli si attribuiscono molte amanti tra cui una famosissima, Cleopatra, da cui ebbe un figlio noto come Cesarione, anche se v'era chi riteneva non fosse figlio naturale di Cesare, tra questi Gaio Oppio un suo ufficiale.

    Morì nelle famose Idi di Marzo, ovvero il 15 marzo del 44 a.C., durante una riunione del Senato che per motivi logistici era convocata presso il Teatro nel Foro di Pompeo, un punto oggi quasi ignorato nei Fori Romani.

    Il cognome Cesare, a seconda degli studiosi, ha tre possibili origini: la prima ci racconta di un antenato che uccise un elefante in battaglia, che il latino è denominato con una parola simile; un'altra opzione è quella che Cesare nacque da un parto cesareo, resosi necessario dalla morte della madre; l'ultima ipotesi è quella che il capostipite della famiglia nacque con capelli lunghi e occhi celesti molto vivaci. Tutte queste ipotesi sul nome sono interessanti e suggestive; la cosa certa è che poi questo nome fu fortunato ed è a tutt'oggi un nome proprio diffuso sia come cognome che come primo nome. Ovviamente non bisogna dimenticare la onnipresente propaganda cesariana che potrebbe aver alimentato queste molte suggestive origini della famiglia, così come il vanto di discendere da Iulio e dalla stessa Venere.

    Il padre di Gaio Giulio Cesare portava lo stesso nome e pare abbia rivestito la Pretura nel 92 a.C.. I Cesare, pur essendo aristocratici, non godevano di molte sostanze e questo fu inizialmente d'ostacolo alla carriera politica del futuro divo Giulio. Sembra che il padre avesse anche due fratelli, Sesto Giulio Cesare che fu console nel 91 a.C., ed una sorella, Giulia, che nel 110 sposò Gaio Mario, quello famoso per la riforma militare che sconfisse Cimbri e Teutoni, leader dei Populares ma che però attirò sulla famiglia l'inimicizia dei senatori più ricchi, detti Optimates.

    La madre era Aurelia Cotta; apparteneva ad una famiglia molto importante della nobiltà romana che diede a Roma molti consoli.

    Cesare ebbe anche due sorelle: Giulia Maggiore che sembra abbia avuto due figli menzionati nel suo testamento; Giulia Minore, che andò in sposa a Marco Azio Balbo con il quale ebbe due figlie, Azia Minore e quell’Azia Maggiore madre di Ottaviano.

    La famiglia di Cesare viveva in quel quartiere turbolento noto col nome di Suburra. Li fu educato da un grammatico originario della Gallia, tale Antonio Gnifone. In quegli anni Roma era travagliata dalla guerra civile tra Optimates e Populares, quest'ultimi capeggiati dallo zio Gaio Mario, mentre gli aristocratici avevano come leader quel Lucio Cornelio Silla, il futuro dittatore di Roma.

    Nell'86 a.C. morì lo zio Gaio Mario; nell'85 il padre Gaio Giulio Cesare detto il vecchio. Nell'87 Cesare ripudiò Cossuzia per sposare Cornelia Minore, figlia di Lucio Cornelio Cinna. Questa nuova parentela con un importante seguace di Gaio Mario portò al giovane Cesare nuove difficoltà. Silla, dopo aver sconfitto Mitridate VI (sesto), che in quegli anni minacciava le province orientali, rientrò a Roma e nell'82 sconfisse a Porta Collina i seguaci di Gaio Mario. Dopo questa vittoriosa battaglia, il già proclamato dittatore dagli aristocratici senatori si proclamò Dittatore Perpetuo con l'intento di riformare e restaurare la Repubblica Romana, chiaramente da intendersi come oligarchia aristocratica. Pare che Silla abbia meditato seriamente di uccidere Cesare e che, cedendo alle richieste di clemenza delle Vestali e di Caio Antonio Cotta, abbia affermato che Cesare sarebbe stato letale agli Optimates, affermando che in lui v’erano molti Gaio Mario.

    Ad ogni modo, Cesare lasciò Roma; prima si diresse in Sabina, poi dopo aver raggiunto la giusta età si arruolò nell'esercito e fu impiegato come Legato in Asia, presso il pretore Marco Minucio Termo. Fu questi ad ordinargli di recarsi presso la corte di Nicomede IV (quarto), sovrano del minuscolo stato della Bitinia. A quella missione appartengono le voci di omosessualità di Cesare; a Roma si disse che il giovane avesse avuto una relazione con quel sovrano. La cosa è riportata da molte fonti ma non v’è certezza: Cesare, pur prolisso nel raccontare se stesso, non l'ha mai confermata. Certo è che durante quel servizio militare Cesare partecipò all'assedio di Mitilene, ove si distinse in battaglia tanto da meritarsi la Corona Civica. Questa onorificenza militare, in seguito a una riforma di Silla, garantì a Cesare l'ingresso in Senato.

    Nonostante il ritorno a Roma del pretore Minucio, Cesare resto con incarichi militari in Asia partecipando alle operazioni contro i pirati che infestavano la Cilicia.

    Il dittatore di Roma, Silla, dopo due anni di potere assoluto ristabilì il governo repubblicano, ma Cesare rientrò a Roma solo dopo la morte dello stesso, avvenuta nel 78 a.C.,.

    Il ritorno avvenne mentre a Roma era in atto una rivolta capeggiata da Marco Emilio Lepido, bloccata da Gneo Pompeo. Pur affermandosi come esponente dei Populares, evitò di farsi coinvolgere da Lepido e si concentrò invece sulla sua carriera di accusatore nel Foro, naturalmente contro gli Optimates. Anche se perse due importanti cause, pare che le sue oratorie abbiano avuto un notevole effetto, tanto da essere studiate fino al secondo secolo dopo Cristo, aumentando la sua fama nella fazione politica.

    Nel 74 decise di lasciare nuovamente Roma diretto a Rodi, isola meta di molti patrizi romani che desideravano approfondire la cultura greca. Durante il viaggio fu rapito dai pirati che lo portarono sull'isola di Farmacussa; l’episodio è famosissimo: si racconta che Cesare trattasse i suoi carcerieri come subalterni; ad ogni modo, mandò i propri compagni a trovare i soldi per pagare il riscatto. Durante questi 38 giorni di prigionia compose poesie, ma una volta liberato si recò a Mileto ove raccolse una flotta e uomini, torno dai suoi carcerieri, li catturò e poi, disubbidendo agli ordini, li strangolò prima di crocifiggerli così come aveva promesso di fare; nel contempo, anche col bottino dei pirati, restituì i soldi offertigli per pagare il suo riscatto.

    Nel 73 partecipò alla guerra contro Mitridate VI (sesto); in questo periodo fu eletto nel consiglio dei pontefici.

    Tornato a Roma, nel 72 fu eletto Tribuno militare per l'anno seguente e con un notevole risultato elettorale risultò il più votato. In questo periodo si adoperò per fare approvare la legge che permetteva il rientro in patria di coloro che avevano partecipato alla sommossa di Marco Emilio Lepido. I diritti della plebe o dei Populares furono ristabiliti solo nel 70 durante il consolato di Gneo Pompeo e Marco Licinio Crasso. Quest'ultimo aveva stretti rapporti con Cesare e, pur essendo ricco, si avvaleva delle capacità del giovane nuovo leader della plebe.

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