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Le infinite probabilità dell'amore
Le infinite probabilità dell'amore
Le infinite probabilità dell'amore
E-book348 pagine5 ore

Le infinite probabilità dell'amore

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NOTA: QUESTO VOLUME È STATO PRECEDENTEMENTE PUBBLICATO IN EBOOK CON IL TITOLO TI REGALO L'AMORE

Anche se cerchi di sfuggirgli, l’amore è sempre più veloce di te

Single e disoccupata, Clelia trascorre le sue giornate tra serie TV in streaming e lunghe sedute di relax sul divano. Ma la sua vita monotona cambia di colpo quando, per il suo trentesimo compleanno, riceve in regalo una vacanza organizzato dalla Doppio di Cuori, un’agenzia italiana di incontri. Ad accompagnarla in viaggio ci sarà Dante, un ragazzo bello, gentile e misterioso. Il feeling tra i due è destinato a tramutarsi in qualcosa di più profondo. Infatti, nell’assolata campagna umbra e all’ombra dei monumenti della città di Perugia, nascerà una storia sensuale e tenera al tempo stesso. Clelia crede fInalmente di vivere la sua favola ma la realtà, sempre in agguato, busserà ben presto alla sua porta…

«Una dolce commedia romantica contemporanea. Un libro esplosivo e sensuale.»
Emma

«Una storia che non ha bisogno di artifici per appassionare, un racconto spiritoso e con la giusta dose di romanticismo senza risultare melenso. Da leggere con gli occhi a cuoricino.»
Marta
Alessandra Paoloni
vive e lavora in un piccolo paese alle porte di Roma. Le infinite probabilità dell’amore, precedentemente pubblicato con il titolo Ti regalo l'amore, è il suo esordio nella narrativa.
LinguaItaliano
Data di uscita20 nov 2015
ISBN9788854189324
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    Anteprima del libro

    Le infinite probabilità dell'amore - Alessandra Paoloni

    1. Un regalo per la vita

    Clelia non poteva sapere che il suo regalo di compleanno l’aveva osservata per tutto il tempo da sopra il tavolo della cucina, tra un pacchetto di patatine al ketchup e una bottiglia semivuota di vino bianco. Chi l’aveva confezionato non sembrava avergli dedicato la giusta cura: lo racchiudeva infatti soltanto un’anonima busta bianca, una di quelle che nelle cartolibrerie si trovano a pochissimi centesimi di euro. Qualcuno osò addirittura posarvi sopra il proprio bicchiere ed era bastato qualche istante perché l’alone circolare rimanesse ben visibile sulla carta.

    Ma ciò non intaccò le intenzioni di chi aveva lasciato quel biglietto apparentemente incustodito. Era stato deciso all’unanimità che la festeggiata avrebbe dovuto accorgersi da sola della sua presenza, anche se così facendo la busta rischiava di ritrovarsi, a serata finita, sul fondo della spazzatura raccolta in un cestino sotto il lavello. Il suo contenuto era infatti così prezioso e imprevisto che prezioso e imprevisto doveva essere anche il ritrovamento del regalo. E tutti i partecipanti a quella festa erano sicuri che, prima o poi, Clelia avrebbe posato gli occhi sull’insospettabile dono.

    Prima o poi.

    Arianna lanciò un’occhiata all’orologio che teneva al polso, un Rolex da uomo rubato di nascosto alla collezione di suo padre prima di uscire di casa. Non si sarebbe accorto di quel piccolo prestito; avrebbe dato maggior peso alla mancanza in garage della sua Mercedes-Benz, al momento parcheggiata sotto casa di Clelia.

    L’una meno un quarto e il regalo non era stato ancora sfilato via dalla busta. Arianna sbuffò, innervosita. Se non avesse visto subito l’espressione di Clelia nello scartare e ricevere quel dono, sarebbe morta di curiosità. Non aveva nemmeno bevuto quella sera e solo perché voleva restare sobria per non perdersi quella scena che più volte si era figurata e che ogni volta finiva per concludersi in maniera diversa. Nella sua fantasia, Clelia una volta sveniva per l’imbarazzo, generando panico totale tra i presenti, mentre un’altra iniziava a saltare e gridare di gioia, causando la rottura della scarpa tacco dodici che lei l’aveva convinta, con estrema fatica, a indossare.

    Alzò gli occhi dalle lancette e li fissò su Mara, che le fece un cenno con la testa. Qualcuno doveva correre ai ripari o la festeggiata avrebbe iniziato a pensare che i suoi amici si erano presentati alla festicciola senza nemmeno una borsa incartata assieme a un paio di orecchini.

    Arianna si mosse come un felino tra la vegetazione e l’attenzione di tutti si spostò su di lei. Ad attirare le occhiate dei presenti non fu solo la minigonna vertiginosa che le fasciava le gambe snelle, ma soprattutto l’aria risoluta con la quale attraversò la stanza.

    Clelia sostava davanti alla porta della cucina. In mano teneva un bicchiere di Coca-Cola ancora pieno e spostava di tanto in tanto il peso del corpo da un piede all’altro, sperando che nessuno notasse quel suo movimento. Le scarpe iniziavano a dolerle e le caviglie imploravano una pietà che non poteva ancora concedere. Mentre Antonella, una cugina lontana della quale non ricordava nemmeno l’esistenza, le raccontava qualcosa a proposito del suo nuovo compagno, scusandosi della sua assenza, Clelia pensava che quel compleanno si stava prolungando troppo.

    Ma cosa c’era da festeggiare? Per quanto la riguardava doveva essere emanata una legge in cui si diceva espressamente che, raggiunti i trent’anni di età, i compleanni non dovevano essere più celebrati. Pena: il pagamento di una tassa. Potevano chiamarla imposta sull’età, o qualcosa di simile. Clelia avrebbe firmato subito un referendum a favore.

    Ma, peggio di una festa che non si vuole organizzare, c’è solo l’insistenza di chi al contrario si offre di fare tutto al tuo posto.

    Clelia non aveva potuto nulla contro la volontà e l’esuberanza di Arianna e delle altre. Aveva lasciato, rassegnata, che le sue amiche scegliessero per lei luogo e data della festa, gli invitati e addirittura il suo abbigliamento.

    Le amiche si vedono nel momento del bisogno. Quella frase proverbiale e abusata era diventata il motto dei festeggiamenti, tanto che qualcuno l’aveva fatta incidere anche sullo striscione che pendeva ora dal soffitto del salotto. Era stato affisso da mani maldestre e c’era da scommettere che, prima della fine della serata, avrebbe fatto da cappello e sciarpa a uno degli invitati, staccandosi come una vecchia ragnatela.

    «Dimmi che c’è dell’altra birra in frigo».

    La voce squillante di Arianna fece sussultare Clelia e tutti quelli che assistevano alla scena con il fiato sospeso.

    «Vi siete occupate voi della spesa. Non so se ne avete presa abbastanza».

    Clelia per poco non perse il suo già precario equilibrio, trovato a fatica su quei tacchi filiformi, quando Arianna le afferrò un braccio per trascinarla in cucina. Il bicchiere di Coca-Cola non si rovesciò a terra per miracolo. L’una passata e qualcuno aveva ancora voglia di birra? E lei che credeva la festa stesse finalmente andando verso la sua gloriosa fine!

    «Se non c’è la birra, deve esserci una bottiglia di prosecco. Non abbiamo ancora brindato alla tua salute».

    Come se avesse studiato un copione prestabilito, Arianna si piazzò accanto al tavolo mentre faceva cenno con una mano a Clelia di esplorare il contenuto del frigo.

    «La mia salute sta bene, ringraziando Dio, quindi possiamo anche saltare il brindisi».

    Clelia borbottò, aprendo lo sportello del frigorifero, stufa marcia di quelle insopportabili pretese. Aveva messo i tacchi e un vestito stretto in vita, che le metteva in risalto non solo il seno ma anche i due o tre chili in più che aveva preso negli ultimi mesi. I capelli chiari erano stati costretti a un lungo trattamento di stiratura e subito dopo di acconciatura, e infilzati senza pietà sulla nuca con forcine di ogni colore che la facevano sembrare, quando passava sotto le luci dei lampadari, una stupida palla da discoteca ambulante. Si sentiva in diritto di reclamare un po’ di pace e tranquillità, dopo quelle torture non richieste.

    Arianna posò con assoluta nonchalance la mano sulla busta bianca e prese a tamburellarci sopra con le dita.

    Fastidiosamente e rumorosamente.

    Il ticchettio delle unghie richiamò l’attenzione della dozzina di invitati, che s’alternarono sulla porta a sbirciare. Mara saltellò in cucina e si aggiustò gli occhiali sul naso, come se non mettesse bene a fuoco e non volesse perdersi un solo fotogramma di quello che stava per accadere. Quando Clelia se la ritrovò accanto le domandò se avesse sete, e lei rispose con un forse troppo enfatizzato.

    Arianna picchiettò, se possibile, ancora più forte. Se Clelia non si fosse accorta di quel movimento, le unghie avrebbero presto aperto un varco prima sulla busta e poi sul ripiano stesso del tavolo. E quando ciò avvenne, quando lei posò gli occhi assonnati sulla mano di Arianna, lamentando un certo disappunto disse soltanto:

    «Sveglierai tutto il palazzo con quel rumore».

    Era decisamente troppo.

    Bastò un’occhiata veloce tra Arianna e Mara per decidere che il momento non poteva essere più rimandato. Prima che qualcuno potesse irrompere nella cucina e fermarla, Arianna acciuffò la busta e la sventolò davanti al naso della festeggiata.

    «Per te, da parte di tutti noi!», gridò.

    Una singolare esplosione di ilarità risollevò il morale degli invitati, tutti curiosi di scoprire la reazione di Clelia a un regalo di compleanno da far invidia a qualunque altro dono avesse ricevuto in vita sua.

    «Spostiamoci di là».

    Mara si aggiustò di nuovo gli occhiali sul naso e, prima che la cucina venisse invasa, ordinò a tutti di restare dov’erano.

    Clelia posò gli occhi sulla busta bianca e aggrottò la fronte. Soldi. Quelli dovevano essere soldi, e se ne risentì. Aveva perso il lavoro da poco, ma non era ridotta proprio sul lastrico tanto da accettare una colletta fatta da amici ed ex colleghi. Non voleva la carità da nessuno. Non l’aveva accettata dai suoi genitori, e non l’avrebbe fatto nemmeno da Arianna e compagnia bella.

    Ma, pur di arrivare al termine di quella serata, decise di seguire le due ragazze in salotto e di sedersi sul divano, come da loro richiesto. Non ebbe nemmeno il tempo di scansare di lato la borsetta di qualcuno e, quando posò le natiche su quella pochette argentata, sperò che dentro non vi fosse nulla di fragile.

    Clelia aveva sempre sospettato che ci fosse qualcosa sotto. Arianna e le altre avevano organizzato quella festa nei minimi dettagli, e si era rifiutata di credere che non avessero prestato la stessa cura maniacale alla scelta del regalo. Non vedendo pacchetti all’orizzonte, aveva addirittura immaginato che in dono avrebbe ricevuto uno spogliarellista in carne e ossa o magari, nella più ottimistica e sentimentale delle ipotesi, la presenza a quella festa dei suoi genitori, che non vedeva da circa un paio di settimane. Entrambi, spogliarellista o genitori, sarebbero entrati dalla porta d’ingresso in pompa magna con tanto di musica abbinata a coriandoli che piovevano dal soffitto.

    Al contrario, Arianna le stava porgendo solo una busta bianca, così sottile da farle intendere che all’interno non vi fosse nemmeno una somma in denaro degna di considerazione. A meno che quello non fosse un assegno da incassare prima del suo prossimo compleanno. Ma forse la busta conteneva solo un biglietto d’auguri, che riportava una frase prestampata per l’occasione e le firme di tutti i partecipanti con qualche messaggio spiritoso.

    Tanti auguri a te....

    La canzone di rito partì stonata e stonata si concluse. Clelia subì l’applauso che seguì e ringraziò commossa, domandandosi come mai avessero aspettato così tanto per rivolgerle quelle classiche attenzioni.

    «Prendila!», la incitò Arianna.

    Prendila, prendila, prendila....

    Partì un coro di voci. Clelia osservò i presenti uno a uno, poi allungò il braccio per afferrare con dita incerte la busta tanto osannata e attesa. Seguì un secondo applauso, come se avesse compiuto chissà quale gesto importante.

    Che diamine poteva esserci dentro quella busta di così eclatante, tanto da incendiare gli animi assopiti dalla noia di una serata che sembrava non avere mai fine?

    «Speravamo da ore che tu la notassi. E invece come al solito contro le cose ci devi sbattere il muso».

    Le parole di Sergio in un’altra occasione l’avrebbero irritata e spinta a rispondergli per le rime. Ma era troppo curiosa per lasciarsi distrarre.

    Quando aprì la busta, calò un silenzio quasi surreale. Clelia si guardò attorno di sottecchi e abbozzò un sorriso. La consapevolezza che tutti in quella stanza pendessero dalle sue labbra, le conferì un potere tale da frenare di proposito i movimenti e sfilare il contenuto a rallentatore.

    Un biglietto. Fin qui ci aveva visto giusto. Ma al primo impatto capì subito che non si trattava di un biglietto qualunque. Era piuttosto una sorta di volantino pubblicitario, uno di quelli che intasano la posta e che finiscono nel cassonetto senza se e senza ma.

    «Cos’è?», si trovò a chiedere.

    Alla sua domanda scoppiò una nuova risata.

    «Leggi».

    Clelia ubbidì e lesse l’unica frase scritta in stampatello blu elettrico: Doppio di Cuori. Un regalo per la vita. A lato della scritta, un ragazzo seminudo vestito da cowboy sembrava ammiccare compiaciuto. Clelia inarcò un sopracciglio. Ma che diamine era quella roba? L’invito gratuito in uno strip club maschile? Alzò lo sguardo, sempre più confuso, verso la sua amica che ridacchiava coprendosi la bocca con una mano.

    «Lo sapevo che non avrebbe capito. Ve l’avevo detto io!».

    Mara si sedette accanto a Clelia e, quando posò gli occhi sul ragazzo raffigurato nel volantino, si passò la lingua sulle labbra proprio come se lo volesse assaporare.

    «Clelia, tesoro, hai mai sentito parlare della ddc?».

    Mara le fece quella domanda senza staccare gli occhi dalla figura del cowboy. Nella sua testolina forse quel fotogramma a colori accesi si era appena animato e stava giocando al lazzo davanti a lei, muovendo i fianchi e lanciando fischi di approvazione.

    La ddc. Lei conosceva la dc Comics ma era certa non c’entrassero i supereroi, anche se quello raffigurato sul volantino doveva avere qualche super arma in un punto che l’immagine, un mezzo busto, teneva nascosto allo sguardo.

    «Mai sentita. È un locale? Ditemi che non è un pub di spogliarellisti».

    Un’altra risata si elevò nella stanza, breve e fastidiosa, come le risate registrate in sottofondo di certe sitcom americane. A Clelia avevano sempre dato sui nervi.

    «È molto di più».

    Arianna si sedette dall’altro lato del divano e, con le amiche al fianco e quel foglietto tra le mani, Clelia si sentì come in trappola. Perché aveva la sensazione di essere vittima di uno scherzo o addirittura di qualcosa di peggio?

    «La Doppio di Cuori è un’agenzia di meetings and holidays. La prima sul mercato italiano».

    Meetings and holidays. Incontri e vacanze. No, quel foglietto che teneva sotto gli occhi non prometteva nulla di buono.

    In un inglese per nulla perfetto, Mara ripeté quelle due parole straniere, come se Clelia attraverso di esse potesse capire ogni cosa.

    «Questo biglietto vale una fortuna», spiegò Mara agitando le mani, eccitata come se fosse davanti a una vetrina di saldi di fine stagione. «Vale una vacanza in una località nostrana da passare con uno dei fighi dell’agenzia. Tipo questo qui».

    E indicò con l’indice il cowboy che le sorrideva da sotto il suo ridicolo cappello.

    Clelia pensò che tutti in quella stanza si stessero prendendo gioco di lei. Aveva da poco perso il lavoro ed era single da qualche mese; un’infinità di mesi in realtà, ma nessuno trovava che fosse di buon gusto sottolinearlo. Potevano essere delle buone giustificazioni per decretare il fatto che, a trent’anni da poco compiuti, una persona con quei requisiti era da considerarsi fallita. Finita.

    Mara proseguì: «È una vacanza organizzata dalla ddc. Loro mettono a disposizione auto, hotel, cene, pranzi e ciliegina sulla torta... un figaccio da compagnia! È una nuova vacanza trendy. In America ce ne sono a centinaia di agenzie simili, ma questa è la prima in Italia. Tu devi solo preparare la valigia e rilassarti. Ah, devi firmare un contratto prima di partire. Ma le clausole ti consiglio di non leggerle tutte».

    Vacanza. Contratto. Figacci da compagnia.

    Clelia era indignata oltre che stordita. Un’agenzia di incontri e di viaggi. E se fosse stata tutta una truffa?

    «Di’ qualcosa!».

    Arianna, come tutti i presenti, si aspettava un commosso ed esagerato grazie, qualche salto di gioia e un mancamento plateale di fronte all’immagine del cowboy, con tanto di bava alla bocca al pensiero di poterci trascorrere anche solo qualche ora assieme. Al contrario, Clelia era rimasta in silenzio. Un silenzio preoccupante e deludente.

    «Io... non so cosa dire. Davvero. È un regalo che non mi aspettavo».

    Di fronte a un set di pentole da cucina si sarebbe mostrata più entusiasta.

    Una dozzina di occhi la fissavano impietosi. Per tutti loro, amici ed ex colleghi di lavoro, quello era il super regalo, il regalo alfa, e chiunque l’avesse ricevuto era tenuto a esultare e ringraziare con caldi abbracci e teneri baci.

    Clelia scattò in piedi, con il volantino ancora stretto tra le dita. Ripensandoci, un gruzzoletto in denaro lo avrebbe accettato di buon grado e senza fare storie.

    «Grazie a tutti... mi avete lasciato senza parole».

    Era la pura e semplice verità. Cosa poteva dire di fronte a un dono simile? Le cose che le venivano in mente, come: Siete tutti da internare, erano da escludere a priori. Mentre dispensava ai presenti ringraziamenti, sorrisi e baci sulle guance, dentro di sé cercava il modo giusto per dire: Ehi, questo è troppo. Posso cambiarlo?.

    Ma che era passato nella testa di Arianna, Mara e compagnia bella? A chi era venuta la brillante idea di ricorrere a quell’agenzia? E poi: esistevano davvero agenzie che organizzavano quel genere di vacanze? Lei era a conoscenza di crociere per single, un’idea quella che la faceva sorridere e provare una sorta di compassione verso chi decideva di spendere il proprio denaro in quel modo. Quella Doppio di Cuori andava oltre, superando ogni limite immaginabile. E ora Clelia non poteva in alcun modo cavarsela, senza rischiare di offendere chi invece a quel regalo sembrava tenere così tanto. Quando le toccò ringraziare Arianna, dilungò il suo abbraccio e lo stesso fece con Mara. C’era lo zampino di quelle due, ne era convinta.

    «Io vi ringrazio, ma volete spiegarmi cosa devo aspettarmi da questa Doppio di Cuori? Dove andrò in vacanza? Quando?».

    E soprattutto con chi?

    Clelia non voleva nemmeno pensarci, a quel chi. Arianna la invitò a rimettersi seduta sul divano, e questa volta Clelia schivò con abilità la povera pochette spiaccicata dalle sue natiche. L’attenzione dei presenti era arrivata alle stelle. Sembrava che quella trovata stuzzicasse più la loro curiosità e i loro sensi che quelli della festeggiata.

    «Dovrai scegliere tu il luogo e la data. È scritto nel contratto».

    Fu Mara a cacciar fuori dalla sua borsa una pila di fogli stampati. Clelia, quando li vide, aggrottò la fronte. Quanti saranno stati? Dieci? Venti? Cosa stava per firmare, un contratto con il diavolo?

    «Noi abbiamo solo pensato a prenderti la brochure, ora tu devi fare il resto. Qui nel contratto ci sono dei dati personali, una password e un numero di identificazione. Accedi al sito e segui le istruzioni che ti verranno date. Lì sceglierai il luogo e la data della tua vacanza, tra quelle messe a disposizione. Poi risponderai a una serie di domande sul tuo tipo ideale, e il database troverà il ragazzo che ti accompagnerà in questa avventura. Non te lo mostrerà però. Quella sarà una sorpresa».

    Clelia era sempre più confusa, e una sorta di inquieto terrore iniziò a impossessarsi di lei. In vacanza, se poteva permetterselo, ci era sempre andata con le sue amiche o al massimo con una coppia di cugini. Invece adesso sarebbe dovuta partire con un perfetto estraneo. Ma c’era davvero al mondo chi prenotava vacanze di quel tipo? A lei era stata regalata, dono abbastanza discutibile, ma c’era davvero chi sceglieva di rivolgersi a quell’agenzia di sua spontanea volontà? Non poteva crederci.

    «Ok... datemi solo il tempo di leggere questo malloppo di pagine».

    Clelia afferrò il contratto ed ebbe la netta sensazione di capire cosa dovevano provare le cellule quando venivano analizzate al microscopio. Un religioso silenzio scese nella stanza mentre lei sfogliava il documento, leggendone qualche frase estrapolata qui e là.

    Il contratto spiegava a grandi linee come la Doppio di Cuori era nata in Italia, quale fosse la sua politica, i servizi che offriva e le finalità che si proponeva. Il linguaggio utilizzato non era differente da quello che poteva essere usato in un qualsiasi altro contratto lavorativo o informativo, e questo convinse Clelia che forse si trattava di un’agenzia seria.

    Un viaggio con un ragazzo sconosciuto. Quel regalo andava oltre ogni sua aspettativa, contro ogni previsione di vedersi trascorrere la vita sotto gli occhi in maniera monotona e triste.

    La quotidianità la stava uccidendo, ma Clelia non l’avrebbe mai ammesso. Tuttavia Arianna e gli altri dovevano aver intuito che aveva necessità di una scossa, di una bella scrollata di spalle. Quel regalo dava anche un calcio nel sedere e un invito a uscire dall’ordinarietà una volta per tutte.

    I dati personali, che cambiavano da contratto a contratto, erano riportati sulla penultima pagina. Clelia desiderò che il suo portatile si materializzasse davanti a lei, e che tutti nella stanza scomparissero con uno schiocco delle dita. No, non avrebbe mai fatto il test dell’uomo ideale davanti a qualcuno, nemmeno davanti ad Arianna, che credeva di conoscere i suoi gusti in fatto di maschi.

    «Ragazzi, grazie davvero. Non mi aspettavo una cosa del genere. Ma per favore, non chiedetemi di registrarmi adesso. Sono troppo stanca e...».

    Arianna scattò in piedi come un soldato pronto all’appello.

    «Fuori tutti, la festa è finita. Via. Lasciamo che Clelia inizi a godersi il suo regalo».

    Levare le tende e andarsene doveva far parte del piano.

    Clelia, con il cowboy ancora stretto in mano, si affrettò a salutare e ringraziare tutti e il suo appartamento si sgomberò come dopo una prova d’evacuazione. Arianna fu l’ultima a uscire.

    «Domani aggiorna il tuo profilo Facebook, e facci sapere dove hai scelto di andare e quando. Guarda che ci tengo».

    Le fece l’occhiolino e svanì prima che Clelia potesse risponderle che lei, il suo profilo Facebook, non lo aggiornava da settimane e nemmeno ci teneva a farlo. Aveva avuto ben altro da fare che prendersi cura della sua bacheca. Seguire serie tv può rivelarsi una fatica olimpionica quando ci si appassiona a quattro, cinque o a sei di esse contemporaneamente.

    Ma il cowboy ammiccante sembrava suggerirle che ben presto avrebbe staccato la spina, e che nel farlo rischiava addirittura di saltare in aria.

    2. Dove, quando, con chi?

    La prima cosa che fece una volta rimasta sola, fu sfilarsi via i tacchi maledetti, lanciandoli con diabolica soddisfazione in un angolo del salotto. Quando i suoi piedi toccarono terra, poté quasi sentire le caviglie sospirare, felici per l’atterraggio. Clelia non era mai stata così entusiasta di tornare al suo metro e sessantacinque d’altezza. Abbassò gli occhi sul volantino, che teneva in una mano, poi guardò il contratto che stringeva nell’altra.

    Pazzi. Solo dei pazzi potevano fare un regalo simile. Una borsa nuova, o una delle numerosissime trousse della Pupa, sarebbe andata bene lo stesso. A pensarci bene l’eyeliner nero le stava finendo, e si rammaricò di non aver segnato una lista di oggetti che effettivamente le potevano tornare utili.

    Clelia si spostò in camera, accese la luce e si sedette alla scrivania. Il cowboy continuava ad ammiccare nella sua posa plastica che, se lo si osservava a lungo, risultava ridicola. Scosse la testa e, prima di afferrare il portatile e accenderlo, cercò di levarsi via dai capelli le forcine colorate. Quando ritirò le dita, abbandonando quella che giudicò un’impresa da portare a termine solo davanti a uno specchio, notò che ai polpastrelli le si erano appiccicati dei fastidiosi brillantini. Arianna doveva essersi divertita a utilizzare su di lei qualche nuovo fissante per capelli.

    Clelia si decise ad accendere il portatile dopo aver lanciato un’occhiata all’orologio appeso alla parete. Era tardi. All’una e mezza della notte di solito era già in fase rem. Il pc impiegò qualche istante di troppo ad accendersi. Clelia ne approfittò per leggere le note in fondo al contratto, dalle quali Mara l’aveva messa in guardia.

    Nota numero 1:

    La Doppio di Cuori si solleva da ogni incidente o infortunio (di natura fisica o sentimentale) accaduto durante il soggiorno di vacanza.

    Nota numero 2:

    La Doppio di Cuori si solleva altresì da ogni responsabilità di smarrimento oggetti o documenti.

    Nota numero 3:

    La Doppio di Cuori considera valido, per la durata del vitto e dell’alloggio, il periodo pattuito alla firma del contratto. Si solleva da spese extra di qualunque genere.

    Nota numero 4:

    La Doppio di Cuori avverte che, qualunque coinvolgimento sentimentale, aumenta il costo complessivo del M&H del 30%.

    Clelia rilesse più volte quell’ultima nota con un sopracciglio alzato e la voglia di mandare tutto al diavolo. Non sapeva se scoppiare a ridere o incavolarsi come una iena e chiamare subito Arianna per intimarle di riportare contratto e volantino dove li aveva presi. All’improvviso la sua quotidianità, e il fatto che era rimasta senza un lavoro, le sembrarono le cose più eccitanti che le fossero mai accadute.

    Il pc la richiamò con il suo beep, e l’immagine di uno Stephen Amell nei panni di Arrow ad arco teso la salutò dallo schermo.

    Se il figaccio da compagnia è come questo però, quasi quasi..., pensò. Clelia sorrise della sua stessa ingenuità e, senza perdere altro tempo, digitò il nome del sito sulla barra di ricerca di Google.

    Il link della Doppio di Cuori svettava in alto fiero e gagliardo, deridendo quasi gli altri indirizzi internet che portavano di sicuro a siti più innocui e seriosi.

    Cliccò sul link e subito la voce di Barry White, e della sua Can’t Get Enough Of Your Love Baby, uscì dalle casse del pc. Clelia si lisciò la fronte con una mano.

    Ditemi che è uno scherzo, rifletté sconsolata.

    La musica faceva il paio con una homepage alquanto esilarante, colorata ma ben organizzata, dove alcune foto di ragazzi presero a sfilare davanti ai suoi occhi come se fossero su una passerella digitale. Volti di ragazzi biondi, bruni, calvi che dovevano avere un’età compresa tra i venticinque e i trentacinque anni, ammiccavano in pose statuarie, degne del modello più pagato del mondo. Clelia si grattò i capelli incastrati a forza tra le forcine. Non poteva essere tutto vero. Lei, ragazza tutta d’un pezzo, che era andata in chiesa con assiduità almeno fino a ventun anni, ora si trovava davanti al suo pc a fissare visi barbuti, addominali scolpiti e spalle disegnate.

    Photoshop. Non c’era altra spiegazione. Un’agenzia italiana, ancora sconosciuta per lo più, non poteva vantare una gamma di figacci da compagnia vasta come quella.

    Clelia cercò il tasto del volume e zittì la voce di Barry.

    «Scusami, ma tu rendi tutto ancora più assurdo».

    Concentrò l’attenzione su cose serie come le voci della home, e cliccò sulle info. Lesse velocemente le informazioni, che trovò più o meno simili a quelle riportate nel contratto.

    Decise quindi di andare al sodo. Ragazzi stragnocchi e reali oppure no, lei era curiosa di conoscere le mete turistiche che quell’agenzia proponeva. Cercò nel contratto i dati con i quali accedere alla sua area personale, e li inserì. Pensò che non sarebbe approdata da nessuna parte e che sullo schermo sarebbe comparso a chiare lettere lampeggianti l’avviso lasciaperderetuttoquestononfaperte. Invece i dati magici la condussero in un’area riservata che le dava un caloroso benvenuto e la invitava a iniziare a valutare le opzioni per il suo personalissimo pacchetto vacanza. Clelia cliccò sulla voce il viaggio che vorresti e le si presentarono tre opzioni: città d’arte, località balneari e hotel nel verde.

    Scartò a priori le località balneari. Non che le

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