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I capricci dello sceicco: Harmony Collezione
I capricci dello sceicco: Harmony Collezione
I capricci dello sceicco: Harmony Collezione
E-book156 pagine2 ore

I capricci dello sceicco: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Quando era esplosa la passione fra loro, anni addietro a Parigi, Jamilah Moreau sognava un abito nuziale e il classico lieto fine. Innamorata da sempre di Salman Bin Kalid Al Saqr, non poteva immaginare che lui, invece, non fosse intenzionato a metterle un anello al dito.
Così le loro strade si sono divise.


Sceicco di un regno nel deserto, Salman ora può soddisfare ogni capriccio che gli passa per la testa, ma è ancora Jamilah la donna che desidera veramente. Il tempo trascorso non ha spento il fuoco che arde tra loro, ma adesso anche Salman sembra pronto per qualcosa di più.
LinguaItaliano
Data di uscita10 lug 2018
ISBN9788858984123
I capricci dello sceicco: Harmony Collezione
Autore

Abby Green

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    I capricci dello sceicco - Abby Green

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Secrets of the Oasis

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2011 Abby Green

    Traduzione di Maria Elena Vaccarini

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-412-3

    Prologo

    Una bambina di sei anni è in piedi, da sola, accanto a una tomba. Il volto mortalmente pallido, i grandi occhi azzurri luccicanti di lacrime non versate, i capelli una lucente cascata nera che scende fino alla vita. Un bel ragazzo scuro, Salman, si stacca dal gruppo più grande e le si avvicina per prenderle la mano.

    La guarda in modo solenne, troppo solenne per i suoi dodici anni. «Non piangere, Jamilah, ora devi essere forte.»

    Lei lo guarda in silenzio. I genitori di entrambi sono morti nello stesso incidente aereo. Se lui riesce a essere forte, può esserlo anche lei. Trattiene le lacrime e annuisce brevemente, una volta, e non smette di fissarlo nemmeno quando lui sposta lo sguardo sulla tomba dove sono appena stati sepolti i suoi genitori. Si tengono stretti per mano.

    1

    Sei anni fa, a Parigi.

    Jamilah Moreau dovette trattenere l’impulso di mettersi a correre allegramente mentre risaliva il boulevard francese con la Torre Eiffel in lontananza. Fece una smorfia. Sì, era un cliché, ma quella era Parigi, in primavera, e lei era innamorata. Voleva gettare in aria la borsa della spesa e ridere fragorosamente e sollevare il volto verso i fiori che cadevano lentamente dagli alberi.

    Voleva abbracciare tutti. Trattenne a fatica un sorriso. Aveva sempre pensato che la gente esagerasse sul fascino romantico di Parigi, ma adesso capiva perché. Bisognava essere innamorati per comprenderlo. Non c’era da stupirsi che suo padre francese e sua madre merkazadi si fossero innamorati proprio lì.

    Non notava nemmeno gli sguardi di ammirazione dei passanti, uomini e donne, per i suoi capelli neri, l’esotico colorito olivastro e gli occhi di un azzurro straordinario. Il suo cuore batteva troppo forte per l’eccitazione e si rendeva conto che doveva calmarsi, ma aveva solo voglia di spalancare le braccia e gridare al mondo: Sono innamorata di Salman Al Saqr e anche lui mi ama!

    A quel pensiero, tuttavia, il suo passo esitò e sentì rimordere la coscienza. In realtà, lui non le aveva detto che l’amava, nemmeno quando lei glielo aveva confessato quella mattina mentre erano insieme a letto e Jamilah aveva temuto di svenire per la felicità e l’appagamento dei sensi. Non si era potuta trattenere. Le parole le tremavano sulle labbra da giorni.

    Tre settimane. Era stato così da quando era andata letteralmente a sbattere contro Salman nella via uscendo dall’università dove aveva appena terminato gli esami finali. Era cresciuta praticamente con lui, ma non lo vedeva da qualche anno, e trovarsi di fronte l’oggetto dell’infatuazione di una vita aveva causato quasi un terremoto in lei. Bello com’era sempre stato, forse perfino di più. Perché adesso era un uomo. Alto, le spalle larghe, possente.

    Lui le aveva afferrato le braccia con le mani per sorreggerla, e stava per lasciarla andare con un luccichio di apprezzamento negli occhi scuri quando all’improvviso aveva corrugato le sopracciglia e socchiuso gli occhi. «Jamilah!» aveva esclamato, incredulo. Lei aveva annuito, con il cuore che le martellava nel petto e un improvviso rossore. Per tanto tempo aveva fantasticato su di lui che la guardava in quel modo.

    Erano andati a prendere un caffè. Dopo, usciti nella via, Jamilah era stata sul punto di allontanarsi, con la sensazione che il cuore le fosse strappato dal petto, ma Salman l’aveva fermata. «Aspetta... ceniamo insieme stasera?»

    E così erano iniziate le tre settimane più magiche della sua vita. Aveva risposto subito di sì. Troppo in fretta. Jamilah fece una smorfia, tornando alla realtà. Si sarebbe dovuta mostrare più calma, più sofisticata, ma sarebbe stato impossibile dopo averlo idolatrato per anni da lontano: una cotta infantile che si era trasformata nell’ossessione di un’adolescente e ora nel desiderio di una donna adulta.

    Quel primo fine settimana Salman l’aveva portata nel suo appartamento e aveva fatto l’amore con lei per la prima volta... e perfino in quel momento il suo corpo fu pervaso da un’ondata di calore al solo ricordo.

    Scosse la testa per scacciare quelle immagini, continuando a camminare. Stava andando nell’appartamento di Salman a preparargli la cena. Provò un altro rimorso di coscienza. Salman non l’aveva espressamente invitata quella sera, in realtà era stato stranamente silenzioso quella mattina. Ma Jamilah era sicura che quando l’avesse vista con il cibo delizioso che aveva comprato le avrebbe rivolto quel suo sorriso sensuale e le avrebbe spalancato la porta.

    Mentre aspettava di attraversare la strada, ripensò alle occasioni in cui Salman era diventato improvvisamente cupo: ogni volta che lei aveva nominato Merkazad, da dove provenivano entrambi, o il fratello maggiore, lo sceicco Nadim, sovrano di Merkazad.

    Salman aveva sempre avuto un’aria tenebrosa che però non aveva mai intimorito Jamilah. Da quanto poteva ricordare aveva sempre provato un’affinità con lui e non si era mai chiesta perché lui fosse un solitario e non sembrasse avere la naturalezza del fratello maggiore in società. Ma in quelle settimane Jamilah aveva imparato presto a evitare di parlare di Nadim o di Merkazad.

    Ci sarebbe dovuta tornare entro una settimana, ma quella sera intendeva dire a Salman che sarebbe rimasta a Parigi se lui avesse voluto. Non era quello che aveva progettato di fare, ma il suo mondo era cambiato da quando lo aveva rivisto.

    Arrivò davanti al portone riccamente ornato dell’edificio dove Salman viveva all’ultimo piano, in uno straordinario appartamento a pianta aperta. Il portiere fece per salutarla calorosamente quando lei entrò, ma poi sul suo viso comparve una strana espressione. «Excusez-moi, mademoiselle, lo sceicco l’aspetta questa sera?»

    Sentendo definire Salman lo sceicco, Jamilah sussultò leggermente. Si era quasi dimenticata che veniva subito dopo Nadim nella linea di successione al trono di Merkazad. Merkazad era un piccolo sceiccato indipendente all’interno del paese più grande di Al-Omar, nella penisola arabica. Era stata la patria di sua madre, e Jamilah era cresciuta lì, dopo essere nata a Parigi. Suo padre aveva lavorato come consigliere del padre di Salman.

    Jamilah gli rivolse un ampio sorriso e sollevò le borse della spesa. «Cucino la cena.»

    Il portiere ricambiò il sorriso, ma sembrò un po’ a disagio, e salendo in ascensore Jamilah provò un brivido di inquietudine lungo la schiena, senza un vero motivo. Quando le porte si aprirono, quell’inquietudine aumentò. La porta di Salman era socchiusa e, mentre l’apriva del tutto, le giunse il suono di una risatina di gola, molto femminile.

    Le ci vollero alcuni secondi per assimilare la scena che si trovò di fronte. In piedi, con la testa china, Salman stava per baciare una bellissima rossa che gli stava aggrappata addosso come l’edera. Jamilah provò un improvviso imbarazzo con i suoi jeans e la sua maglietta da studentessa.

    Le loro bocche si unirono e la mano di Salman si posò sulla vita sottile della donna per attirarla contro di sé. Esattamente come aveva fatto con Jamilah.

    Doveva avere fatto un rumore. Solo più tardi si rese conto che aveva lasciato cadere le borse della spesa.

    Salman sollevò la testa e si guardò intorno. Ma Jamilah notò che non tolse le mani dalla donna, che ora la fissava a sua volta con un lampo di disappunto negli occhi verdi per quell’interruzione.

    Jamilah notò a stento i capelli scuri ribelli di Salman, che si erano sempre arricciati un po’ troppo vicino al colletto, o il lampo negli intensi occhi scuri, che per Jamilah avevano sempre celato un universo di ombre e segreti. La linea dura della mascella e l’eleganza degli zigomi, che tuttavia non toglievano nulla all’aspra virilità del viso, erano marginali allo choc.

    Inebetita, Jamilah rimase lì impalata come una stupida a osservare Salman che sussurrava brevemente qualcosa alla donna. Lei fece un verso contrariato prima di allontanarsi e prendere la borsetta e la giacca.

    Passò accanto a Jamilah nell’uscire, lasciandosi dietro una sgradevole ondata di profumo. «Je te vois plus tard, cheri» mormorò con voce roca.

    Ci vediamo più tardi, tesoro.

    La porta si chiuse alle spalle di Jamilah e la reazione incominciò a farsi strada in lei. Ora Salman la fronteggiava, con le mani sui fianchi, vestito con un completo scuro, camicia inamidata e cravatta. Era la prima volta che lo vedeva con un abbigliamento così formale, e gli dava un’aria austera. Jamilah sapeva che era un banchiere, ma lui non ne aveva mai realmente parlato. Solo ora Jamilah si rendeva conto che Salman non aveva mai discusso niente di personale con lei, l’aveva soltanto sedotta.

    Incominciavano a tremarle le gambe, ma prima che potesse parlare Salman la interruppe. «Non mi aspettavo di vederti stasera. Non avevamo progettato niente.»

    Non avevano progettato nemmeno di sconvolgere la sua vita nello spazio di tre settimane! La mente intorpidita di Jamilah cercava una somiglianza fra quell’estraneo così freddo e l’uomo che aveva fatto l’amore con lei meno di dodici ore prima, sussurrandole all’orecchio parole affettuose.

    Jamilah era sul punto di piangere. «Volevo farti una sorpresa. Intendevo preparare la cena...»

    A quel punto abbassò gli occhi e vide il macello che aveva combinato. Uova rotte erano sparse sul pavimento di parquet. Una bottiglia di vino, che per fortuna non si era rotta, era rovesciata di lato. Alzò di scatto la testa, sentendo la voce di Salman. «Non puoi entrare semplicemente qui quando ne hai voglia, Jamilah.»

    Un muscolo che gli guizzava nella mascella rivelava la sua contrarietà. L’istinto di autoconservazione spinse Jamilah a reagire, sebbene il mondo incominciasse a crollare tutt’intorno a lei. Sollevò il mento. «Naturalmente non sarei venuta se avessi saputo che eri... occupato.» Poi non riuscì a trattenersi. «Vedevi... lei mentre vedevi me?» domandò con una fitta al cuore.

    Salman scosse bruscamente la testa, spazientito. «No.»

    «Però la vedevi adesso. Evidentemente ti sei già stancato. Tre settimane devono essere il tuo limite massimo.»

    Era consapevole che il dolore le incrinava la voce, ma non poteva trattenerlo. Riusciva solo a pensare a come aveva aperto il suo cuore e la sua anima a quell’uomo nelle prime ore dell’alba. Ti amo, Salman. Credo di averti sempre amato, gli aveva confessato con voce roca ed esitante.

    Lui aveva sorriso. Non essere assurda, aveva risposto, mi conosci appena.

    Jamilah allora era stata ancora più sicura. Ti conosco da tutta la vita, Salman... e so che ti amo. Ed era stato allora che lui si era tirato indietro e aveva incominciato a rispondere a monosillabi. Adesso lo capiva. Era chiaro come il giorno.

    «Che cosa ti aspettavi esattamente, Jamilah?» le chiese ora Salman con una soavità micidiale.

    Jamilah nascose le proprie emozioni. «Niente. Sarebbe stato stupido da parte mia aspettarmi qualcosa, no? Stai già passando oltre. Avevi intenzione di dirmelo?»

    Salman serrò le labbra. «Che cosa c’è da dire? Abbiamo avuto una piacevole avventura. Fra una settimana tu tornerai a Merkazad e, sì, naturalmente io passerò oltre.»

    Per Jamilah fu come un pugno allo stomaco. Quell’uomo era stato il suo primo amante... definire un’avventura quello che c’era stato fra loro riduceva ogni istante a una parodia. Riduceva a niente il dono della propria innocenza che gli aveva fatto.

    Salman corrugò la fronte e si avvicinò di un passo. «Tu tornerai a Merkazad, vero?» imprecò sommessamente, un’imprecazione

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