Rivalità greca: Harmony Collezione
Di Abby Green
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Info su questo ebook
Dopo anni di esilio newyorkese, Leo Parnassus fa ritorno in Grecia per prendere le redini del suo impero economico e consumare la propria vendetta nei confronti dei Kassianides, responsabili anni prima della caduta in disgrazia della sua famiglia. Ad Atene tutto per lui è una novità, ma le cose si complicano dopo aver scoperto che la sensuale cameriera cui ha strappato un appassionato bacio durante una festa altri non è che Angel Kassianides, figlia del suo rivale. Forse, però, più che una complicazione questo potrebbe rappresentare un vantaggio.
Abby Green
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Rivalità greca - Abby Green
Prologo
Leonidas Parnassus guardò fuori dal finestrino dell’aereo privato. Erano appena atterrati all’aeroporto di Atene. Costernato, si rese conto di provare una senso di oppressione al petto che non gli era per nulla familiare. Era stranamente riluttante ad alzarsi, anche se il personale di bordo si accingeva già ad aprire il portellone e nonostante avesse sempre odiato restare seduto immobile. Si disse che quell’insolito comportamento era imputabile all’aver accettato, suo malgrado, di raggiungere il padre ad Atene per scambiare quattro chiacchiere.
Leo Parnassus non sprecava mai tempo per niente o per nessuno, se lo riteneva un dispendio di energie. In amore come negli affari, ma neppure per un padre che aveva anteposto l’accumulo di denaro e il riscatto del loro buon nome a un rapporto di affetto con il figlio. Fece una smorfia. Non vedeva nulla, se non la foschia sulla pista dovuta al caldo e l’oscurità in cui si dibattevano i suoi pensieri.
Era greco, eppure non aveva mai messo piede sul suolo greco. La sua famiglia era stata esiliata dalla terra natia prima della sua nascita, ma suo padre aveva fatto un ritorno trionfale qualche anno prima, realizzando il sogno covato da tempo di riscattare i Parnassus accusati ingiustamente di un crimine orrendo, e gloriandosi del recuperato stato sociale e dell’inestimabile ricchezza.
Una profonda amarezza mista a rabbia lo colse ricordando il viso segnato dalle rughe dell’adorata nonna, la tristezza che le aveva scavato solchi intorno alla bocca e spento lo sguardo. A lei, il ritorno era stato negato ed era morta in una terra straniera che non era mai riuscita ad amare. Anche se la nonna aveva insistito perché Leo tornasse in Grecia appena possibile, lui odiava Atene per averle spezzato il cuore. Aveva giurato che mai sarebbe tornato in un paese che li aveva cacciati con tanta facilità.
Ad Atene abitava ancora la famiglia Kassianides, responsabile di tutta la loro sofferenza, che adesso stava pagando in misura troppo esigua per il crimine commesso.
Eppure, nonostante tutto, eccolo lì. Perché un’inconfondibile debolezza nel tono di voce del padre gli aveva toccato il cuore, a dispetto di tutto ciò che era accaduto. In poche parole, si era sentito costretto a venire. Forse voleva provare a se stesso di non essere in balia delle emozioni?
Al solo pensiero sudava freddo. Alla tenera età di otto anni si era ripromesso di non lasciarsi mai condizionare dalle emozioni, perché era questo che aveva ucciso sua madre. Sicuramente sarebbe stato capace di guardare in faccia la patria dei suoi antenati e voltarle la schiena una volta per tutte, no? Certo, che ne sarebbe stato capace.
Ma prima era necessario confrontarsi con l’intenzione di suo padre di affidargli la compagnia mercantile dei Parnassus. Da tempo, ormai, Leo aveva respinto quella possibilità, perché aveva abbracciato lo spirito imprenditoriale americano, e ora aveva un’attività che spaziava dalla finanza alle acquisizioni, al mercato immobiliare.
L’unica intromissione negli affari di suo padre si era verificata un paio di anni prima, quando insieme avevano stretto il cappio della loro vendetta intorno al collo di Tito Kassianides, l’ultimo patriarca rimasto della famiglia rivale. Era stata la sola occasione in cui padre e figlio avevano operato insieme, spinti dal comune desiderio di vendetta.
Leo aveva tratto una profonda soddisfazione dalla totale rovina di Kassianides, resa possibile da un’intesa orchestrata da suo padre con Aristotele Levakis, uno dei magnati dell’industria greca. Una vittoria che ora, posati i piedi sul suolo greco, gli pareva stranamente vuota. Non poteva evitare di ricordare la nonna, che aveva tanto desiderato quel momento, ma che non aveva avuto l’opportunità di viverlo.
Un suono discreto lo scosse dai pensieri. «Scusi, signore...»
Leo alzò lo sguardo, irritato per essere stato visto in un momento tanto privato. L’assistente di volo gli stava indicando il portellone aperto. Leo provò di nuovo una costrizione al petto e soffocò la reazione infantile di dare ordine di richiudere e decollare. Sembrava che là fuori qualcosa lo stesse aspettando. Reprimendo emozioni contrastanti, si alzò di scatto, come per scuotersele di dosso.
Si avvicinò al portellone, consapevole degli sguardi del personale di bordo. Normalmente lo lasciavano indifferente, ma ora lo infastidivano.
Per prima cosa fu assalito dal caldo, secco e soffocante. Stranamente familiare. Respirava l’aria di Atene per la prima volta e aveva l’assurda impressione di una qualche familiarità. Aveva sempre considerato il ritorno in Grecia come un tradimento nei confronti della nonna, ma ora pareva che lei gli fosse accanto e che lo sospingesse dolcemente avanti. Per l’uomo razionale che era, si trattava di una sensazione molto fastidiosa.
Si nascose dietro gli occhiali da sole mentre uno strano brivido gli scendeva lungo la spina dorsale. Aveva la sgradevole sensazione che la sua vita stesse per cambiare.
Nello stesso momento, all’altro capo di Atene.
«Delphi, fai un bel respiro profondo e dimmi cosa non va. Non posso aiutarti se non so di cosa si tratta.»
Le parole provocarono un nuovo profluvio di lacrime. Angel, sempre più preoccupata, prese un altro fazzoletto e accarezzò i capelli della sorellastra. «Tesoro, qualunque cosa sia, non sarà certo irreparabile. Parliamone e vediamo di risolverla.»
Angel ne era sicura. Delphi era introversa, tranquilla. Lo era sempre stata e questo tratto del suo carattere si era accentuato dopo la morte della sorella gemella sei anni prima. Da allora si era immersa nei libri e nello studio, così, quando tra i singhiozzi confessò: «Sono incinta...», Angel non riuscì subito a razionalizzare il concetto.
Non ci riuscì finché Delphi non parlò di nuovo, la voce incerta.
«Angel, mi hai sentito? Sono incinta. È questo... è questo il problema.»
Angel fissò la sorella negli occhi scuri, così diversi dai suoi che erano azzurri, e cercò di non mostrare lo shock. «Delphi, com’è successo?» Fece una smorfia. «Voglio dire, so come... ma...»
La sorella le rivolse uno sguardo colpevole, le guance imporporate. «Be’... sai che Stavros e io usciamo insieme da un pezzo...» Alzò gli occhi e Angel si sentì stringere il cuore per la disperazione che vi lesse.
«Lo abbiamo voluto entrambi, Angel. Abbiamo capito che era il momento giusto e volevamo stare con la persona amata...»
Ad Angel mancò il respiro. Era esattamente ciò che anche lei aveva voluto, finché...
«E abbiamo preso le dovute precauzioni, ma...» Delphi arrossì ancora, mortificata di dover discutere di un fatto tanto personale. «... si è rotto. Abbiamo deciso di aspettare per avere la certezza che ci fosse motivo di preoccuparsi... e ora c’è.»
«Stavros lo sa?»
Angosciata, la giovane annuì. «Non te l’ho mai confessato, ma il mese scorso, il giorno del mio compleanno, Stavros mi ha chiesto di sposarlo.»
Angel non era sorpresa. Aveva immaginato qualcosa del genere. «Ne ha parlato con i suoi genitori?»
La sorella annuì e subito le lacrime scesero di nuovo copiose. «Suo padre ha minacciato di diseredarlo se ci sposiamo. Sai che la nostra famiglia non gli è mai piaciuta...»
Angel trasalì. Stavros apparteneva a una delle famiglie più antiche e rispettabili della Grecia e i genitori erano degli snob inveterati. Ma prima che potesse dire qualcosa, sua sorella proseguì, con voce scossa dai singhiozzi.
«... e adesso è ancora peggio, perché i Parnassus sono tornati e tutti sanno cosa è successo. Poi con nostro padre ridotto alla bancarotta...» Si interruppe, disperata.
Una familiare sensazione di vergogna assalì Angel al nome Parnassus. Molti anni prima, la sua famiglia aveva commesso un crimine nei loro confronti, accusandoli falsamente di un omicidio. Solo di recente la verità era emersa, quando il prozio Costas, il vero colpevole dell’omicidio, prima di suicidarsi aveva lasciato una confessione scritta di quel che aveva fatto. I Parnassus, che nel frattempo erano diventati straordinariamente ricchi, avevano colto l’occasione per vendicarsi. Erano tornati ad Atene dall’America e lo scandalo, insieme al potere conquistato con la ricchezza, aveva fatto sì che suo padre, Tito Kassianides, cominciasse a perdere denaro e commissioni al punto da trovarsi sull’orlo della bancarotta. Inoltre, i Parnassus avevano reso pubblico il modo vergognoso in cui, anni prima, i Kassianides avevano abusato della propria autorità incolpando degli innocenti.
«Stavros vorrebbe che fuggissimo...»
Angel riportò la mente al presente e cercò di intervenire, ma Delphi la interruppe subito. «Non posso permetterglielo.»
Angel chiuse la bocca.
«Non voglio essere la causa della sua rovina, sapendo quanto è importante per lui farsi strada nel campo della politica. Un gesto del genere gli toglierebbe qualsiasi opportunità.»
Angel fu colpita dalla generosità della sorella. Le prese le mani. «E per quanto riguarda te, Delphi? Anche tu meriti la felicità. E un padre per il tuo bambino.»
Al piano di sotto sbatté una porta ed entrambe sobbalzarono.
«È tornato...» sussurrò Delphi, il panico nella voce nell’udire i passi del padre sulle scale.
Sua sorella era incinta, si disse Angel, e doveva essere protetta a ogni costo dallo scandalo e dall’eventualità di perdere Stavros. La scosse delicatamente, costringendola a guardarla negli occhi.
«Tesoro, hai fatto bene a confidarti con me. Per ora comportati normalmente mentre troviamo una soluzione. Vedrai, andrà tutto bene...»
Il tono di Delphi aveva una nota isterica. «Ma papà perde sempre più il controllo e la mamma è a pezzi...»
«Ssh... Non ti sono sempre stata vicina?»
Dicendo queste parole, Angel provò una morsa allo stomaco. Non c’era stata quando sua sorella aveva avuto più bisogno di lei dopo la morte di Damia, la gemella, e per questo motivo si era ripromessa di stare a casa finché Delphi non avesse raggiunto l’indipendenza. Adesso sua sorella si stava mordendo le labbra, gli occhi sempre bagnati di lacrime, e guardava Angel con una tale fiducia che lei dovette reprimere una sensazione di panico.
«Tra qualche mese hai gli esami: tu preoccupati di questo. Al resto penso io.»
Delphi le buttò le braccia al collo e Angel la strinse a sé. Doveva fare in modo che nel giro di qualche mese lei e Stavros si sposassero. Delphi non era forte e coraggiosa come lo era stata sua sorella. Tanto una era stata esuberante, tanto l’altra era tranquilla. Per quanto riguardava il loro padre, se lo avesse scoperto...
Delphi parve leggere nella mente della sorella. «E se papà...?»
Angel la interruppe. «Non succederà, te lo prometto. Adesso perché non vai a riposarti? E non ti preoccupare, penso io a tutto.»
1
Penso io a tutto.
Una settimana dopo queste parole riecheggiavano ancora nella mente di Angel. Era andata dal padre di Stavros per perorare la causa dei due giovani, ma lui non l’aveva neppure ricevuta. Era evidente che non li riteneva alla propria altezza.
«Kassianides!»
La voce del suo capo distolse bruscamente Angel dai propri pensieri. Doveva essere la seconda o la terza volta che la chiamava, a giudicare dal tono impaziente.
«Quando tornerai tra noi comuni mortali, vai alla piscina e accertati che sia tutto a posto e che sui tavolini ci siano le candele.»
Angel borbottò delle scuse e si affrettò a ubbidire. In effetti, le paure per la sorella l’avevano