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Orgogliosa passione: Harmony Collezione
Orgogliosa passione: Harmony Collezione
Orgogliosa passione: Harmony Collezione
E-book166 pagine2 ore

Orgogliosa passione: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Valentina Ferranti ha sempre incolpato Giacomo Corretti per la morte di suo fratello, finendo con l'allontanarlo da sé e mettendo una pietra sopra la sua adolescenziale infatuazione per il più giovane componente della nota dinastia siciliana. Ora, però, c'è una sola persona alla quale può chiedere aiuto, ed è proprio quell'uomo appartenuto al suo passato, gli occhi freddi come il ghiaccio ma pur sempre capace di una passione travolgente.
Mettere da parte il proprio orgoglio e tornare da lui non è un problema per Valentina, ma ignorare la scintilla che scatta immediatamente fra loro sarà assai più complicato.
LinguaItaliano
Data di uscita10 lug 2020
ISBN9788830517233
Orgogliosa passione: Harmony Collezione
Autore

Abby Green

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Orgogliosa passione - Abby Green

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    A Shadow of Guilt

    Mb Sicilian Scandals

    © 2013 Harlequin Books S.A.

    Traduzione di Velia De Magistris

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3051-723-3

    1

    Avrebbe dovuto esserci lui in quella bara, non il suo migliore amico.

    Protetto dal tronco di un grande albero, Giacomo Corretti guardò il feretro mentre veniva calato lentamente nella buca scavata a pochi passi dal suo nascondiglio.

    Il gelo che sembrava aver assunto residenza stabile nel suo stomaco dilagò verso le estremità del corpo. Una sensazione che accettò di buon grado, e che considerò come una piccolissima punizione per la sua viltà.

    Il gruppetto di persone cominciò a disperdersi, l’eco della benedizione impartita dal prete che ancora aleggiava nella calda aria primaverile profumata di incenso. Non avrebbe dovuto essere una bella giornata, pensò Giacomo. Il mare non sarebbe dovuto apparire come un’infinita, tranquilla distesa che scintillava alla carezza dei raggi del sole. Desiderò che grosse nuvole nere foriere di tempesta oscurassero il cielo azzurro, che lampi e saette riducessero in cenere quel luogo.

    Che riducessero in cenere lui.

    La madre di Mario, appoggiata al braccio del marito, singhiozzò disperata. Quel suono gli penetrò nel cuore come una lama, lacerandolo. Nessuno avrebbe sofferto tanto per la sua scomparsa, si disse. Un pensiero crudele, ma che non lo indusse all’autocommiserazione.

    Accanto all’anziana coppia, la schiena ben dritta, la testa alta, c’era Valentina, la figlia. I capelli color mogano erano stretti in una lunga treccia, una sciarpa scura le copriva il capo. Il vestito nero che indossava celava l’acerbo corpo di una diciassettenne.

    Gli dava le spalle, ma lui immaginava senza sforzo alcuno il suo viso. Incarnato olivastro, pelle morbida come il petalo di una rosa. Labbra piene e rosse che parlavano di una sensuale femminilità in sboccio. Occhi fantastici, color dell’ambra.

    Gli occhi di una tigre.

    Rammentava quegli occhi illuminarsi d’ira, e anche di paura, ogni qual volta lo aveva colto insieme al suo adorato fratello corteggiare quel pericolo che entrambi avevano amato tanto.

    Quasi avesse percepito l’intensità dello sguardo fisso su di sé, Valentina Ferranti si girò e localizzò immediatamente l’albero sotto il quale Gio era in piedi. Lo vide e socchiuse gli occhi.

    Era troppo tardi per fuggire. Valentina lo fissò per un lungo istante. Il bel volto pallido recava i segni dell’angoscia. Il dolore che si rifletteva nel suo sguardo era immenso, profondo, un dolore che nessuno avrebbe dovuto provare. Ed era stato lui a causarle quel dolore. Lui aveva causato quella perdita incolmabile.

    Le parole che le aveva rivolto con noncuranza quella maledetta sera gli risuonarono assordanti nella mente.

    Tranquilla, farò in modo che torni ai suoi libri prima di mezzanotte, proprio come Cenerentola...

    La sofferenza di Valentina lo raggiunse come una forza tangibile. E poi lei si mosse, le gambe lunghe e snelle che avanzavano svelte, i pugni stretti. Si fermò a pochi passi da lui. Era così vicina che riuscì a percepire il suo fresco profumo. Un profumo del tutto inadatto alla tragedia che si stava svolgendo.

    «Tu non sei il benvenuto qui, Corretti.»

    La voce di Valentina era roca per il pianto e lo colpì con la violenza di uno schiaffo in pieno viso. Gio si chiese come riusciva a restare in piedi visto che l’aria aveva smesso di arrivargli ai polmoni. Ma riprese a respirare, il meccanismo innescato da un innato istinto di sopravvivenza.

    «Io...» Lasciò la frase in sospeso quando il familiare contrarsi delle corde vocali lo avvertì dell’imminente umiliazione. «Lo so.»

    Il fatto che non avesse incespicato enunciando quelle due inutili parole gli fu di ben poco conforto. Mario, il suo miglior amico, il fratello di Valentina, con tanta pazienza lo aveva aiutato a superare la balbuzie che lo aveva afflitto fino ai dodici anni. Ora ne aveva ventidue, ma il ricordo di anni di vergogna non si era affievolito. Valentina non si era mai presa gioco di lui, non lo aveva mai ridicolizzato per il suo problema, come invece avevano fatto tutti gli altri, incluso – e forse soprattutto – i suoi familiari.

    All’improvviso Valentina allungò il braccio, colpendolo con il pugno in pieno petto con abbastanza violenza da farlo vacillare. «Lui era tutto per noi, e grazie a te ora non c’è più» lo accusò. «Si sarebbe laureato l’anno prossimo, avrebbe avuto successo, e tu... Che cosa puoi fare tu per noi adesso? Niente. Vattene, Corretti. La tua presenza è un insulto per questo luogo!» esclamò, poi scosse la testa. «Se tu non lo avessi incoraggiato a uscire...» S’interruppe e si morsicò il labbro inferiore.

    «Mi dispiace» mormorò Gio. «Mi dispiace tanto.»

    Valentina raddrizzò la schiena. «È colpa tua» ripeté. «Io ti disprezzo, Corretti, e ti disprezzerò per sempre perché tu sei vivo e lui no.»

    Parole aspre e taglienti che agirono come una raspa sulla pelle di Gio. Lei lo stava guardando con una luce di odio negli occhi, quasi fosse pronta a spingerlo giù dalla vicina scogliera per poi godersi lo spettacolo del suo corpo sfracellato sulle rocce.

    «Coraggio, Valentina, andiamo» la esortò suo padre, materializzandosi al suo fianco. «Non sono questi il posto né il momento giusti.»

    L’energia che l’aveva sorretta fino a quell’istante sembrò abbandonarla di colpo. Valentina chinò il capo e si lasciò condurre via dal padre. L’anziano uomo però, dopo aver mosso qualche passo, si girò e gli lanciò uno sguardo pieno di un’indicibile tristezza. Uno sguardo che gli fece più male di una qualsiasi aggressione fisica.

    Ma la verità era una, e indiscutibile, pensò Gio. Se non avesse stretto quell’improbabile amicizia con Mario, se non lo avesse convinto a seguirlo quella notte, il giovane sarebbe stato ancora vivo.

    Desiderò morire anche lui, lo desiderò con tutta l’anima. La persona che aveva amato non c’era più, e con lui era svanito tutto ciò che di buono aveva avuto nella vita.

    Ma il suicidio era una via di uscita troppo facile, molto più comoda del sopportare il suo strazio per ogni giorno che sarebbe seguito. Lo strazio dato dalla consapevolezza di aver distrutto una famiglia. Era quella la sua punizione, e con quella punizione avrebbe dovuto convivere.

    Sette anni dopo

    Erano le nozze del decennio. Due delle più potenti famiglie siciliane stavano per unirsi nel sacro vincolo del matrimonio. Valentina strinse le labbra in una linea di cinismo. Tutti però sapevano che non c’era amore fra Alessia Battaglia e Alessandro Corretti. Si trattava di un patto d’affari, del mezzo che avrebbe assicurato ai Corretti il potere per le generazioni a venire. E se legarsi ai rivali di sempre era quello che ci voleva per raggiungere lo scopo, allora andava bene così.

    Si appoggiò una mano sullo stomaco. Anche solo pensare ai Corretti le dava un senso di malessere. Un malessere amplificato dal fatto che ora lavorava per loro.

    E per quanto avrebbe voluto rifiutare la proposta di Carmela Corretti – la madre dello sposo – proprio non poteva permettersi quel lusso. Possedeva una piccola agenzia di catering che cercava di gestire con il minimo del personale e con grande fatica. I proventi del suo lavoro erano l’unico sostegno economico per gli anziani genitori.

    Nonostante l’enorme ricchezza dei Corretti, Carmela era nota per la sua avarizia, in effetti era anche per questo che le aveva affidato l’incarico, per i prezzi modici che offriva ai clienti. Esageratamente modici. Ma non era il guadagno che contava di più al momento – anche se contava – bensì la visibilità che un contratto simile le avrebbe dato.

    Mentre sistemava le ultime tartine al caviale in un vassoio, le parole che Carmela le aveva rivolto qualche settimana prima riecheggiarono nella sua mente.

    «Questo dovrà essere l’evento più esclusivo degli ultimi dieci anni, signorina Ferranti. Il budget per l’acquisto delle materie prime è illimitato, ovviamente. Se non si dimostrerà all’altezza, stia pur certa che non avrà più la possibilità di lavorare in Sicilia.»

    Lei aveva cercato di restare impassibile mentre invece era stata divorata dal panico. La possibilità di trasferirsi altrove, lasciando i genitori sull’isola, non era nemmeno da prendere in considerazione. Tuttavia Carmela non si era sbagliata. Con un insuccesso di quella portata, sarebbe stata fortunata se qualcuno le avesse offerto un posto di cameriera in una pizzeria.

    «Certo, signora Corretti, sono consapevole della delicatezza di questo compito» aveva replicato, esibendo una sicurezza che era ben lungi dal provare.

    E ora lei e i suoi dipendenti avrebbero ricevuto un compenso ridicolo per creare il più ricco buffet di tutti i tempi. Valentina ricordò con un brivido il momento in cui aveva sottoposto il menu a Carmela Corretti – uno dei momenti più terribili in tutta la sua carriera – che la donna poi aveva approvato con un annoiato gesto della mano dalla perfetta manicure.

    Ovviamente, il salmone era stato ordinato direttamente in Scozia, la carne per la pietanza principale in Irlanda e il caviale in Russia. Lo champagne dal prezzo astronomico riservato al tavolo degli sposi e dei loro familiari datava 1907. Per gli ospiti invece erano state acquistate decine di casse di Bollinger.

    No, il denaro non era un problema se il punto era esibire la ricchezza, ma il discorso cambiava quando si trattava di corrispondere il dovuto ai dipendenti.

    Valentina soffiò per scostare una ciocca di capelli che le era ricaduta sul viso accaldato e arretrò.

    «Sono dei piccoli capolavori» sentenziò Franco, uno dei suoi due aiutanti, indicando i vassoi di antipasti. «Questa volta ti sei superata.»

    Valentina sorrise. «Non basta l’aspetto, noi vogliamo che siano anche buoni.» Doveva ammettere però che i canapè di salmone e caviale avevano un’aria davvero appetitosa. Sollevò lo sguardo verso l’orologio appeso alla parete e sussultò, poi si strappò il grembiule di dosso. «Franco, assicurati che i cuochi stiano preparando la portata principale» disse mentre cercava il borsone nel quale aveva riposto la sua uniforme. «E, Sara, accertati che i camerieri siano pronti per iniziare a portare i vassoi degli antipasti in sala. Manda qualcuno di sopra per controllare se tutte le bottiglie sono nei cestelli e per sostituire il ghiaccio, nel caso si fosse sciolto.»

    Detto ciò, corse fuori, lieta che il ricevimento fosse stato organizzato nell’albergo più lussuoso della catena Corretti – situato proprio accanto all’antica basilica dove sarebbe stato celebrato il matrimonio – poiché nel ristorante a cinque stelle lavoravano i migliori cuochi della città. Il suo compito consisteva fondamentalmente nel supervisionare il loro operato ma, alla fine, era comunque lei la responsabile della buona riuscita del buffet.

    Entrò in uno degli spogliatoi riservati al personale, si tolse i jeans e la maglietta e indossò un semplice tailleur nero completo di camicetta di seta bianca. Carmela era troppo scaltra per esporre il nome dei Corretti, nel caso in cui il ricevimento fosse stato meno che perfetto, ragionò. Meglio addossare la responsabilità a un catering esterno. Tuttavia, quella restava la grande occasione della sua vita, si disse, e per trarne il maggiore beneficio doveva soltanto accertarsi che tutto filasse liscio come l’olio. Più semplice di così...

    Lanciò uno sguardo alla sua immagine riflessa nello specchio e notò le ombre scure che le cerchiavano gli occhi. Prese dal borsone la trousse del trucco e, con mani tremanti per l’ansia, fece del suo meglio per nascondere i segni delle tante notti insonni. Notti popolate da incubi durante i quali gli ospiti si soffocavano con i canapè, o restavano vittime di un avvelenamento da cibo avariato. Biasimandosi per la sua troppo fervida immaginazione, Valentina scosse la testa, costrinse i capelli in un complicato chignon e controllò di nuovo lo specchio. Niente gioielli, un filo di trucco, un aspetto studiato per apparire il meno possibile e confondersi nello sfondo. Ripose le proprie cose nel borsone, e calzò un paio di decolleté dal tacco medio.

    Fu solo mentre tornava verso le

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