Un debito da saldare: Harmony Collezione
Di Abby Green
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Info su questo ebook
Nessa O'Sullivan è costretta a fare appello alla clemenza del noto milionario Luc Barbier per fare in modo che suo fratello non sia accusato di furto. Ma Luc è l'uomo più spietato e peccaminosamente attraente che lei abbia mai visto e, in cambio del suo aiuto, pretende di tenerla con sé finché il debito non sarà saldato.
... e lui reclama la sua ricompensa!
Quando l'innegabile attrazione che provano li travolgerà, diventerà chiaro come l'innocenza di Nessa sia in realtà l'unico prezzo da pagare.
Abby Green
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Un debito da saldare - Abby Green
successivo.
1
Nessa O'Sullivan non si sarebbe mai ritenuta capace di compiere piccoli reati eppure eccola lì, davanti a una proprietà privata, di notte, pronta a fare irruzione per rubare qualcosa che non le apparteneva.
Ridacchiò. Bene, a voler essere precisi non stava proprio facendo irruzione, perché suo fratello le aveva dato le chiavi degli uffici della scuderia Barbier. Luc Barbier. Solo il pensiero del proprietario di quel posto le provocò un brivido lungo tutto il corpo. Era accovacciata sotto un ramo sporgente, al limitare di un prato immacolato, di fronte all'edificio principale. Aveva lasciato la sua auto malconcia poco distante dai cancelli e aveva scavalcato un muretto.
La casa della sua famiglia non si trovava lontana, ed era per questo che conosceva molto bene i dintorni della scuderia.
Ma qualsiasi elemento di familiarità svanì non appena un gufo bubolò poco distante, facendola trasalire. Si costrinse a fare un respiro profondo e maledisse il fratello dalla testa calda per essere fuggito in quel modo. D'altra parte poteva davvero biasimare Paddy Junior per non essere rimasto ad affrontare Luc Barbier, il minaccioso enfant terrible del mondo delle corse dei purosangue? Del francese erano più le cose che s'ignoravano di quelle che si sapevano.
Il suo cupo fascino era circondato da innumerevoli dicerie sul fatto che fosse stato abbandonato dai nomadi e che avesse vissuto per strada prima di diventare una leggenda nel mondo delle corse grazie alla sua abilità nell'addestrare anche il più difficile dei cavalli.
Aveva raggiunto il successo in un tempo sorprendentemente breve fino ad arrivare a possedere la sua scuderia fuori Parigi, e adesso anche quell'immenso allevamento in Irlanda, dove un numero impressionante di cavalli da corsa veniva allenato dai migliori addestratori sotto il suo sguardo attento.
Alcuni sostenevano che quel talento fosse una sorta di stregoneria, ereditata dai suoi misteriosi avi.
Altri dicevano che era un semplice criminale riuscito a fuggire dai bassifondi fino ad arrivare dove si trovava adesso grazie a un formidabile colpo di fortuna.
Il mistero sulle sue origini non faceva altro che aumentare le speculazioni febbrili su di lui, perché oltre che nel mondo delle corse aveva anche investito in una miriade di altri settori, moltiplicando più volte la sua fortuna in breve tempo e assicurandosi un posto tra i più ricchi imprenditori al mondo. Ma le corse e l'addestramento restavano sempre il suo interesse principale.
Paddy Junior aveva parlato di quell'uomo in tono sommesso e rispettoso durante gli ultimi due anni, da quando Barbier lo aveva assunto in qualità di junior manager di scuderia.
Anche Nessa lo aveva visto, una volta o due all'esclusiva vendita annuale di cavalli in Irlanda, cui partecipavano i nomi più illustri di quell'ambiente.
Quando lo aveva scorto era in mezzo alla folla, testa e spalle che spiccavano al di sopra di chiunque altro. Capelli neri come l'inchiostro, folti e selvaggi, che gli arrivavano al colletto. Pelle scura e un viso dai tratti decisi, l'espressione severa, gli occhi nascosti dietro un paio di occhiali scuri. Le braccia muscolose erano incrociate sul petto ampio, e con la testa stava seguendo i cavalli che venivano fatti sfilare per i possibili acquirenti. Le era sembrato che somigliasse a una delle taciturne guardie di sicurezza che circondavano alcuni degli sceicchi presenti, o a una misteriosa star del cinema.
Non aveva guardie del corpo al seguito, ma persino adesso Nessa riusciva a ricordare l'aria minacciosa che teneva la gente a distanza. Sarebbe stato più che capace di proteggersi da solo.
L'unica ragione per cui lei era lì quella notte era perché suo fratello le aveva assicurato che Luc Barbier era in Francia. Non aveva alcun desiderio di ritrovarsi faccia a faccia con quell'uomo, perché nelle rare occasioni in cui lo aveva visto a distanza aveva provato una sensazione sconcertante nel ventre, una sorta di consapevolezza che le era sconosciuta e decisamente inappropriata nei confronti di un perfetto sconosciuto.
Fece un altro respiro profondo poi s'incamminò verso l'edificio. Una volta che l'ebbe raggiunto attraversò l'architrave che portava all'interno della corte, in cui si trovavano gli uffici amministrativi.
Seguendo le indicazioni di Paddy trovò l'ufficio principale e usò le chiavi per entrare. Il cuore le martellava nel petto ma riuscì ad aprire la porta senza fare il minimo rumore. Non c'era l'allarme. Nessa era troppo sollevata per chiedersene la ragione.
Dentro era buio ma lei riusciva a scorgere le scale, così salì i gradini fino al piano di sopra, usando la torcia del cellulare per farsi luce e tirando un sospiro di sollievo quando trovò il suo ufficio. Aprì la porta con la chiave, richiudendosela subito dopo alle spalle. Quando fu all'interno della stanza si appoggiò al battente per un momento, il sudore che le colava lungo la schiena.
Allorché fu abbastanza calma si mosse nell'ufficio, usando sempre la torcia del telefonino per trovare la scrivania che Paddy le aveva detto essere la sua. Le aveva spiegato che il laptop era nel primo cassetto, ma Nessa lo aprì e lo trovò vuoto. Cercò negli altri, ma non vi trovò nulla. Frugò anche nelle altre scrivanie, ma non vi era alcun segno del portatile. Le parole agitate di Paddy le tornarono in mente: Quel laptop è l'unica possibilità che ho di provare la mia innocenza, se solo potessi rintracciare le mail per risalire all'hacker...
Nessa rimase in mezzo alla stanza mordendosi un labbro, sempre più agitata.
Non vi fu alcun segno d'avvertimento, nessun suono che indicasse che non era da sola così, quando un'altra porta all'interno dell'ufficio si aprì e ne uscì una luce che pervase la stanza, Nessa ebbe a malapena il tempo di girarsi su se stessa e sbattere le palpebre stupita alla vista di una figura imponente.
La sua mente registrò a malapena che si trattava di Luc Barbier.
Era l'uomo più bello che avesse mai visto così da vicino, e c'era da dire che suo cognato era lo sceicco Nadim Al-Saqr di Merkazad.
Luc Barbier era vestito di nero, un paio di jeans e una maglietta a maniche lunghe, che sembravano solo accrescere la sua energia minacciosa. I suoi occhi erano profondi e così scuri da sembrare pozzi senza fondo. Del tutto indecifrabili.
Teneva in mano un laptop che Nessa fissò stupidamente.
«Immagino che sia per questo che è venuta qui.»
La voce di lui era bassa e roca, con un accento sensuale e fu quella, finalmente, a far sì che la realtà la colpisse come una mazzata. A quel punto girò sui tacchi e prese a correre verso la porta, ma si ritrovò un gigantesco agente di sicurezza che le sbarrò la strada, un'espressione cupa dipinta in volto.
La voce venne da dietro di lei, stavolta con un inconfondibile punta d'acciaio. «Chiuda la porta, non andrà da nessuna parte.»
Quando lei non si mosse, la guardia la superò e la chiuse a tutti gli effetti nell'ufficio con Luc Barbier, che evidentemente non era in Francia.
Con estrema riluttanza si voltò verso di lui, consapevole del fatto che stava indossando una tuta nera e di avere i capelli nascosti sotto un cappellino con la visiera. Doveva sembrare colpevole come il peccato.
Luc Barbier aveva chiuso la porta, il laptop sulla scrivania accanto a lui. Aveva incrociato le braccia sul petto e le gambe leggermente divaricate, come se si stesse tenendo pronto per il suo prossimo tentativo di fuga.
Le domandò: «Allora, chi è lei?».
Il cuore di Nessa riprese a battere forte. Tenne la bocca serrata e lo sguardo puntato sul pavimento, nella speranza che il cappellino le coprisse il viso.
Lui sospirò spazientito. «Potrei far venire qui la polizia in dieci minuti, così dovrebbe dire a loro chi è e come mai ha fatto irruzione nella mia proprietà... ma sappiamo entrambi che era per prendere questo, non è vero?» Tamburellò le dita sul laptop. «Ovviamente, lavora per Paddy O'Sullivan.»
Nessa udì a malapena l'ultima frase. Era assurdo, ma l'unica cosa su cui riusciva a concentrarsi erano le sue belle mani. Grandi e mascoline, ma aggraziate. Mani capaci. Mani sensuali.
Di nuovo tra loro calò il silenzio e improvvisamente Barbier imprecò in francese e prese il laptop, avviandosi verso la porta.
L'aveva quasi raggiunta quando Nessa realizzò che coinvolgere la polizia sarebbe stato un vero disastro. Il fatto che Barbier non l'avesse ancora chiamata le lasciava un briciolo di speranza che quella situazione potesse essere salvata.
«Aspetti!»
Lui si fermò, dandole le spalle. Poi si voltò, lentamente. «Che cos'ha detto?»
Nessa cercò di calmare il proprio cuore impazzito. Aveva paura di alzare lo sguardo e usava il cappellino per nascondersi il più possibile.
«Le ho chiesto di aspettare. Per favore.» Abbozzò una smorfia. Come se una gentilezza da parte sua potesse tirarla fuori da quell'impiccio.
Ci fu ancora silenzio poi un incredulo: «È una ragazza?».
Quello colpì Nessa in qualche punto estremamente vulnerabile. Sapeva di essere vestita di nero da capo a piedi e di indossare un cappello, ma era davvero così androgina? Era consapevole della propria mancanza di femminilità, avendo trascorso la maggior parte della vita inginocchiata tra fango e stivali di gomma. Sollevò il mento e lo fissò, troppo arrabbiata per ricordarsi di preservare la propria identità. «Ho ventiquattro anni, non sono proprio una ragazza.»
Lui sembrava scettico. «Strisciare tra i cespugli per violare una proprietà privata ben difficilmente è un'azione che si addice a una donna adulta.»
Il pensiero del tipo di donne che un uomo del genere potesse frequentare, un mondo a parte rispetto a quello di Nessa, le fece venire i brividi.
«Lei sarebbe dovuto essere in Francia...» si ritrovò a borbottare.
Luc Barbier era scioccato. Ed era un uomo difficile da scioccare. Ma quella ragazza, donna?, gli stava parlando come se non fosse stata appena colta in flagrante, con evidenti intenzioni criminali.
«Ero in Francia, ma adesso non lo sono più.»
Concesse al proprio sguardo di ispezionarla più da vicino, e mentre lo faceva sentì che il suo sangue si stava scaldando. Perché ora riusciva a vedere. Sì, era una donna. Seppure magra ed esile quasi quanto un ragazzino. Poteva scorgere i suoi seni, piccoli e perfetti, che premevano contro la stoffa della maglietta nera.
Si chiese come non avesse fatto ad accorgersene prima. Notò anche il morbido labbro inferiore, che adesso era tra i denti di lei, e provò un impulso di desiderio sgradito e il bisogno di vedere di più.
«Si tolga il cappellino» le ordinò prima di aver anche solo registrato quell'impulso.
Il piccolo mento si sollevò e quel dolce labbro venne liberato dai denti bianchi. Vi fu un momento teso in cui non fu certo di ciò che quella donna avrebbe fatto. Poi, come se avesse realizzato di non avere altra scelta, lei sollevò una piccola mano e si tolse il cappellino.
A quel punto vide il resto del suo viso e rimase ancora più sconvolto. Di belle donne ne aveva viste tante, alcune delle quali considerate tra le più belle al mondo, ma in quell'esatto istante tutte si persero in una nebbia indistinta nella sua memoria...
Lei era stupenda. Zigomi alti. La pelle chiara e perfetta. Il naso dritto. Enormi occhi nocciola, striati di verde e oro, con lunghe ciglia scure. E quella bocca, grande e seducente.
Luc si irrigidì, e lo shock dato dalla reazione provata di fronte a quella ragazza lo sconvolse. Non reagiva alle donne, a meno che non fosse secondo le sue regole.
Lui stava reagendo in quel momento solo perché era tutto così inaspettato.
Il tono della sua voce si fece duro. «Adesso mi dica chi è, o chiamo la polizia.»
Nessa bruciava nei punti in cui si erano posati gli occhi di lui. Si sentiva esposta senza il cappellino, ma non riusciva comunque a distogliere lo sguardo. Era come se fosse stata ipnotizzata dal sole. Lui era semplicemente bellissimo, peraltro in un modo virile