Il riscatto dell'italiano: Harmony Collezione
Di Abby Green
5/5
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Info su questo ebook
Diego non è l'uomo che Lara ricorda: un'esperienza devastante lo ha segnato nel profondo rendendolo spietato. Eppure il fuoco della passione che bruciava tra loro non si è mai spento e le sue carezze la risvegliano a piaceri sconosciuti. È possibile che quell'accordo rappresenti l'occasione del loro riscatto?
Abby Green
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Il riscatto dell'italiano - Abby Green
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1
Lara Templeton era immensamente grata alla veletta nera, che celava i suoi occhi asciutti agli sguardi maligni dei presenti, radunati intorno alla tomba aperta. Potevano sospettare che non si stesse struggendo per la morte del marito, il poco onorevole Henry Winterborne, ma non voleva dare loro nessuna conferma. E così si era nascosta. Vestita di nero da capo a piedi, come si addiceva a una vedova.
Una vedova addolorata cui il marito non aveva lasciato nulla e che negli ultimi due anni era stata più che altro una schiava. Un dettaglio su cui sicuramente quella folla di sciacalli si sarebbe gettata, se mai fosse diventata di pubblico dominio.
Suo marito aveva avuto delle buone ragioni per lasciarla senza nulla, ma Lara non avrebbe comunque voluto i suoi soldi. Non era per questo che l'aveva sposato, nonostante quella fosse la convinzione generale. Non le aveva lasciato nulla perché non gli aveva dato quello che voleva. Se stessa. Ed era stata colpa sua se lui era rimasto su una sedia a rotelle per tutta la durata del loro matrimonio.
Non è stata colpa tua. Se lui non avesse tentato di...
I pensieri agitati di Lara s'interruppero di colpo, quando si rese conto che tutti la fissavano, in attesa.
Il sacerdote la richiamò all'ordine con un discreto colpetto di tosse. «Se vuole gettare un po' di terra sulla bara, signora Winterborne...»
Lara sentì una fitta allo stomaco, sentendo il suo nome da sposata. Il matrimonio era stato una farsa e lei l'aveva accettato solo perché era stata ricattata da suo zio. Anche se era l'ultima cosa che voleva fare, perché si sentiva un'ipocrita, si chinò, raccolse una manciata di terra e poi la fece cadere sulla bara.
Per un istante ebbe l'assurda visione di suo marito che si sollevava dalla tomba per trascinarla con sé, così barcollò sull'orlo della fossa.
Ci fu un sussulto tra la folla e il sacerdote le afferrò il braccio per sostenerla.
Incredibile, pensò l'uomo dall'aria disinvolta che se ne stava in piedi poco distante, con la schiena appoggiata a un albero e le braccia incrociate sul petto. Teneva gli occhi fissi sulla vedova ma lei non l'aveva notato, compresa com'era nel suo ruolo. Troppo occupata a recitare la parte, fingendo addirittura di volersi gettare nella tomba.
L'uomo strinse le labbra in una linea dura. Doveva dargliene atto: interpretava magistralmente la parte. In gramaglie, con i lunghi capelli biondi raccolti, indossava un piccolo cappello rotondo con tanto di veletta a nasconderle il viso. Oh, non aveva dubbi sul fatto che fosse davvero in lutto... ma non per suo marito. Per la fortuna che non le aveva lasciato.
D'un tratto Lara sentì un pizzicore alla base del collo. Una consapevolezza che non avvertiva da molto tempo. Alzò gli occhi, scrollandosi di dosso quella strana sensazione, e fu sollevata nel vedere che i presenti si stavano disperdendo, parlottando sommessamente tra loro. Era finita.
Un movimento in lontananza catturò il suo sguardo. Notò un uomo alto e robusto, che si allontanava verso le macchine. Indossava il berretto di quella che sembrava un'uniforme. Era solo uno degli autisti.
Ma qualcosa in quell'imponente figura dalle spalle larghe... per un istante ebbe le vertigini... le ricordava... no! Cancellò quel pensiero assurdo. Non poteva essere lui.
Frammenti di una conversazione sussurrata lì vicino la distrassero dallo sconosciuto e per quanto non volesse ascoltare le fu impossibile evitarlo.
«Ma è proprio vero? Non avrà nulla?»
«Non avrebbe mai dovuto sposarla...»
«Lei cercava solo di rifarsi una reputazione, dopo essere stata sul punto di sposare quel famoso playboy dalle origini molto discutibili...»
Quell'ultimo commento avrebbe potuto aprire il Vaso di Pandora dei suoi più dolorosi ricordi, ma negli ultimi due anni Lara era diventata esperta nell'ignorare i commenti perfidi. Contrariamente a quanto credevano quelle persone, lei si sentiva sollevata dal fatto di non aver ereditato un solo centesimo della fortuna di Winterborne.
Non l'avrebbe mai sposato in un milione di anni, se non si fosse trovata in una situazione impossibile per l'odioso tradimento di suo zio. Non era un mostro tale da non provare alcuna emozione per la morte di Winterborne, ma soprattutto si sentiva vuota. Stanca. Infastidita dalle proprie emozioni confuse.
Era addolorata, ma per qualcos'altro. Qualcosa che le era stato strappato, qualcuno... qualcuno che aveva amato, più di quanto avesse creduto possibile amare un uomo. Era stato ferito e torturato, a causa sua. Era quasi morto. Non aveva avuto scelta, se non quella di fare ciò che doveva, per salvarlo da altro dolore e forse da qualcosa di peggio.
Lara ingoiò il nodo che le chiudeva la gola, si allontanò dalla tomba e si diresse verso la sola auto rimasta in attesa. Non l'aveva pagata lei. Non se lo sarebbe potuto permettere. Sapeva che, una volta tornata nell'elegante appartamento che aveva condiviso con il marito, il personale l'avrebbe scortata fuori dal palazzo, armi e bagagli. Lui aveva voluto mantenere la facciata sino alla morte, ma ora la commedia era finita. Era sola.
Cercò di controllare il panico. Ora doveva pensare a dove andare e cosa fare.
Hai meno di mezz'ora per agire, Lara...
Ignorò la voce.
Un addetto delle pompe funebri l'aspettava accanto alla macchina e le aprì la portiera. Lara vide la figura oscura del conducente sul sedile anteriore. Ancora una volta sentì quel pizzicore alla nuca e si diede della sciocca. Stava pensando a lui solo perché era finalmente libera dal peso che le era stato imposto, ma non poteva permettere che i suoi pensieri prendessero quella direzione.
Ringraziò l'uomo, poi salì sulla lussuosa berlina nera. Era l'ultimo baluardo della ricchezza che stava per lasciarsi alle spalle. Non che le importasse. Molti anni prima, quando i suoi genitori e suo fratello erano morti in un tragico incidente, aveva capito che, in confronto, niente al mondo avrebbe più avuto importanza.
Purtroppo, quella lezione non era stata sufficiente a impedirle di innamorarsi.
L'auto partì e Lara si abbandonò contro lo schienale.
Non doveva pensare a lui solo perché uno sconosciuto glielo aveva vagamente ricordato, ma la curiosità ebbe la meglio. Guardò l'unica parte del volto dell'autista che poteva scorgere nello specchietto retrovisore. Era seminascosto dagli occhiali da sole, ma Lara notò il naso aquilino e le labbra carnose. La mascella dura e squadrata...
Il suo cuore prese la rincorsa, anche se razionalmente sapeva che non poteva essere...
In quel momento lo sconosciuto sembrò percepire il suo sguardo e un istante dopo Lara vide il vetro divisorio sollevarsi con un sibilo.
Per qualche motivo, ebbe l'impressione che lui l'avesse fatto di proposito. Ridicolo! Era solo un autista! Probabilmente aveva pensato che lei volesse un po' di privacy.
Eppure l'inquietudine rimase.
Anzi peggiorò quando si rese conto che si stavano allontanando dal suo appartamento a Kensington. Avevano lasciato la strada principale e imboccato una parallela, fiancheggiata da una schiera di grandi ville lussuose.
Non era la sua strada. L'autista stava sbagliando indirizzo.
Quando l'auto si fermò davanti a una delle ville, Lara si chinò in avanti e bussò sul vetro. Per un momento non successe niente. Bussò di nuovo e il vetro si abbassò con un ronzio metallico.
L'autista guardava ancora avanti, la mano sinistra sul volante.
«Scusi, non siamo nel posto giusto. Io abito dietro l'angolo, in Marley Street» disse, nervosissima.
Lara vide l'uomo serrare la mascella. «Al contrario, tesoro. Siamo proprio nel posto giusto.»
Quella voce. La sua voce...
Le si fermò il respiro in gola. Nello stesso momento, l'uomo si tolse il berretto, gli occhiali e si voltò.
Non era sicura di quanto a lungo fosse rimasta seduta lì, stupefatta.
Le parole che le aveva detto due anni prima si erano calcificate nella sua mente. Ti pentirai di questo per il resto della tua vita, Lara. Diego Sant'Angelo era lì per godersi la sua umiliazione.
Non mi pentirò di niente, gli aveva urlato quel giorno. E invece, da allora in poi, si era pentita ogni secondo della sua vita. Ma era disperata e non aveva avuto scelta.
Lui era stato aggredito, quasi ucciso.
E solo perché lei aveva avuto la temerarietà di innamorarsene, andando contro i piani che suo zio aveva orchestrato a sua insaputa.
A essere sincera, aveva sognato quel momento. Aveva sognato che sarebbe tornato a cercarla, ma non era preparata. Non sarebbe mai stata preparata per un uomo come Diego Sant'Angelo. Non lo era stata allora e non lo era adesso.
Sentì crescere il panico. Cercò alla cieca la maniglia della portiera, ma non si aprì. Provò l'altra. Chiusa. Si voltò a guardarlo, senza fiato. «Apri le porte, Diego, tutto questo è pazzesco.»
Lui abbozzò una smorfia ironica. «Dovrei essere lusingato che ti ricordi di me, Lara?»
Se non fosse stata così stordita lei avrebbe potuto ridere. Diego Sant'Angelo non era un uomo che si poteva dimenticare. Alto e muscoloso, trasudava carisma e autorità. Il suo viso era dominato da due penetranti occhi neri e da una bocca scolpita per il peccato. La linea dura della mascella e un profilo leggermente aquilino sovrastavano ogni possibile traccia di gentilezza.
Sarebbe stato la perfezione personificata, se non fosse stato per la cicatrice bianca e frastagliata che correva da sotto l'occhio destro fino alla mascella. Lara lo guardò con un lacerante miscuglio di orrore e dolore. Era lei la responsabile di quello sfregio.
Diego inclinò il viso in modo che lo potesse vedere meglio. «Ti disgusta?»
Lara scrollò la testa lentamente. Non toglieva niente alla sua bellezza, casomai aggiungeva una nota selvaggia. Pericolosa.
«Diego...» sussurrò, mentre prendeva coscienza che quello non era un miraggio. «Cosa ci fai qui? Che vuoi?»
Voglio quello che è mio!
Quelle parole gli esplosero dentro, mute, acute come un colpo di clacson. Il sangue di Diego Sant'Angelo ribolliva come lava.
Lara Templeton... Winterborne era lì. A portata di mano. Dopo due lunghi anni. Anni nei quali non era mai riuscito a cancellare dalla mente il suo bellissimo viso da traditrice.
Un volto che aveva bisogno di guardare, in quel momento, per poter rispondere alla sua domanda. «Levati quel cappello.»
I suoi brillanti occhi azzurri scintillavano dietro il velo. Poteva vedere la guancia delicata e la bocca che gli aveva fatto venir voglia di peccare non appena aveva posato lo sguardo su di lei. Piena e turgida. Un promemoria sensuale, per ricordare che sotto quell'involucro biondo ed elegante... quasi etereo, era tutta fuoco.
Lara strinse le labbra per un attimo, poi sollevò lentamente la mano e si tolse il cappello.
E anche se Diego si era preparato ad affrontarla, gli tolse il fiato. Non era cambiata affatto in due anni. Era ancora bellissima. Enormi occhi blu con lunghe ciglia... gli zigomi alti e il naso dritto... e quella bocca... un bocciolo di rosa sensuale che smentiva il messaggio di innocenza e ingenuità del suo sguardo.
Si era innamorato a prima vista di quel volto. Come un pazzo.
Quasi fatalmente...
«Non qui» disse gelido, arrabbiato con se stesso per l'effetto che aveva ancora su di lui. «Entriamo e parliamo dentro.»
Dentro dove?, stava per chiedere Lara, ma Diego si stava già dirigendo a grandi passi verso la casa. Lo vide salire fino alla porta d'ingresso, che venne aperta da un uomo in uniforme, forse il vero autista, e a lei non restò che scendere dalla macchina.
Mentre si avvicinava, notò due uomini dall'aspetto minaccioso, vestiti di nero, con gli auricolari. Sicurezza. Certo.
Diego era sempre stato sprezzante nei confronti della propria sicurezza, ma dopo il rapimento qualcosa doveva essere cambiato.
Il rapimento...
Un brivido freddo le scivolò lungo la spina dorsale. Due anni prima, Diego Sant'Angelo era stato rapito e ridotto quasi in fin di vita. Lara era stata rapita con lui, ma era stata rilasciata nel giro di poche ore. Gettata da un furgone sul ciglio di una strada, alle porte di Firenze. Era stata un'esperienza terrificante e lei ne era stata la causa.
Per un attimo Lara esitò, in fondo ai gradini che portavano all'ingresso. Attraverso la porta aperta, poteva vedere le piastrelle bianche e nere dell'atrio circolare. Un interno dall'aspetto grandioso.
«Il signor Sant'Angelo la sta aspettando» disse uno degli addetti alla sicurezza, indicando la porta. Sembrava molto gentile, ma a Lara non sfuggì che si trattava di una cortesia molto superficiale.
Salì gli ultimi scalini ed entrò. Un'elegante donna