Un uomo da (non) desiderare: Harmony Collezione
Di Lucy Ellis
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Anteprima del libro
Un uomo da (non) desiderare - Lucy Ellis
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Man She Shouldn’t Crave
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2012 Lucy Ellis
Traduzione di Silvia Paola Bazoli
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3050-421-9
1
Era arrivata fino a Toronto per trovare un uomo. Ma non quell’uomo.
O almeno, questo era quello che sperava.
Eppure non poté fare a meno di osservarlo, esattamente come tutte le altre donne presenti in quel locale.
Possente, gli zigomi alti, il naso lungo e diritto, la bocca carnosa e gli occhi neri come il carbone.
L’espressione annoiata che aveva sul viso non faceva che accrescere il suo fascino virile.
Gli abiti eleganti che indossava mettevano in evidenza il suo fisico ben costruito.
Rose sentì che stava per arrossire anche se quello era il momento meno indicato per cedere ai nervi. Sapeva bene a cosa stava andando incontro quando aveva letto che la squadra dei Wolves era in visita a Toronto.
Era una notizia di tale importanza che aveva travalicato la sezione sportiva ed era finita direttamente in prima pagina, corredata da una foto delle due star della squadra.
A Rose lo sport non interessava, invece le stava a cuore quello che le donne volevano ed era esattamente per quel motivo che era lì.
Le donne non seguivano lo sport, però seguivano chi lo praticava e volevano un bell’uomo dal fisico muscoloso che sapeva come usarlo.
I Wolves rispondevano alla perfezione a quella descrizione e in più erano russi, avevano gli sguardi velati dalla malinconia e il caratteristico accento marcato.
A Rose piaceva credere di conoscere quello che le donne volevano. Si riteneva un’esperta e sia lei, sia la banca che le aveva concesso il prestito per avviare la sua attività dipendevano dalle sue capacità.
Voleva provare al mondo, o forse semplicemente alla città di Toronto, che lei sapeva quello che le donne cercavano in un uomo e come ottenerlo.
Non aveva fatto i conti con quell’uomo, però. Lui stava parlando con un altro, ma il suo sguardo vagava per la stanza con aria annoiata.
Interessante, pensò Rose, mentre si faceva aria con il programma che la ragazza all’ingresso le aveva messo in mano.
A quanto pareva, tutta la stampa cittadina si era presentata per sentire ciò che quegli atleti russi, giovani e a disagio negli abiti eleganti, avevano da raccontare.
La nazionale di hockey su ghiaccio americana era al vertice delle classifiche, ma la squadra russa brillava della luce del suo proprietario, Plato Kuragin, la cui ricchezza e reputazione avevano fatto il giro del mondo.
Insieme a lui c’era un ex allenatore della squadra nazionale, ma non i due giocatori gemelli, ai quali si era interessata la Lega Canadese.
A Rose in realtà non interessavano tutti quei dettagli tecnici ed era certa che lo stesso valesse per le altre donne presenti. Quello che contava era che quegli uomini erano incredibilmente sexy.
Tutta quella folla non era lì per lo sport, ma per la carica sensuale di quegli atleti.
Era il sesso a far vendere qualunque articolo.
Le donne desideravano quegli atleti. Gli uomini avrebbero voluto essere come loro.
Lei aveva in mente di chiedere a un paio di giocatori di recitare per lo spot della sua agenzia matrimoniale.
Era una pubblicità che non si sarebbe mai potuta permettere e quindi aveva in mente di non usare il denaro ma altre armi. Una donna del Sud sapeva come agire.
Era quello il motivo per il quale non si era rivolta agli amministratori della squadra e aveva deciso di mettere direttamente alla prova le sue abilità nel trattare gli uomini.
Il problema era che il numero uno di quel gruppo era anche quello con il quale avrebbe dovuto fare i conti e d’un tratto Rose intuì che era nei guai.
Il suo istinto le diceva che Plato Kuragin era un uomo al di fuori della sua portata.
Rose non aveva mai conosciuto nessuno che avesse meno bisogno di quell’uomo di un’agenzia matrimoniale.
Aveva un fisico da atleta ed emanava un senso di autorità e di potere che intimidivano.
Oh sì, quell’uomo le avrebbe procurato dei grattacapi...
Non era una donna abituata ad arrendersi ed era per quel motivo che si trovava in mezzo alla folla di giornalisti al Dorrington Hotel di Toronto con la sensazione di avere un nodo allo stomaco.
La gente sparava domande in russo e in inglese e anche se lei non capiva esattamente di cosa parlassero, ascoltò ogni singola parola che lui pronunciò.
Voleva vederlo più da vicino, così provò a scivolare lateralmente per staccarsi dalla folla.
«Mi scusi. Abbia pazienza, scusi...»
Non era necessario, anzi per dire il vero di solito il suo modus operandi era quello di restare invisibile, ma in quel caso voleva avere una buona visuale.
Un’ottima visuale.
Proprio in quel momento, si rese conto che lui aveva smesso di parlare e che la stava fissando.
Aveva uno sguardo profondo ed era puntato su di lei.
D’un tratto Rose si rese conto che involontariamente lei aveva fatto un passo verso di lui.
Era forse meno di un passo, era solo un movimento in avanti, ma lui l’aveva notato.
Intervenne il moderatore sul palco che fece un cenno verso di lei.
«Inglese?» le chiese.
Le si parò davanti un microfono. Rose chinò lo sguardo, poi lo sollevò e si ritrovò di nuovo di fronte a quegli occhi incredibili.
Lei aveva la gola arida e si passò la lingua sul labbro inferiore.
Dal profondo emerse una voce che lei non si aspettava, alta e squillante, con un netto accento texano.
«Lei è single?»
2
Plato non amava i giornalisti, ma sapeva stare al gioco. Si mostrava, usava la pubblicità e non rivelava nulla.
Non che questo tenesse a bada i tabloid sportivi, ma in parte li distraeva dal fiume costante di informazioni che diffondevano su di lui le sue cosiddette fidanzate che raccontavano di feste scatenate a bordo di super yacht.
L’ultima storia che stava circolando era quella di una ballerina che sosteneva di aver fatto il bagno nello champagne per festeggiare il ventottesimo compleanno di lui.
In realtà quella notizia era vera, eppure faceva ben altro effetto pubblicata sui giornali a titoli cubitali.
La vita di Plato ridotta a intrattenimento per la gente.
Il fatto che fosse così appetibile per i media, però, aiutava la squadra. Infatti quel giorno lui si era presentato per sostenere l’allenatore e i ragazzi.
Si trattava solo di una breve presentazione prima della partita, in realtà lui era altrove con i pensieri.
Aveva trascorso la mattina con i suoi avvocati per studiare come tenere lontani dalla prigione due dei suoi migliori giocatori.
In quel momento erano al sicuro in una camera d’hotel. Plato non si fidava di loro e sapeva che era questione di poco, poi la storia sarebbe saltata fuori comunque.
In quel momento, lui aveva bisogno di tenere tutto sotto silenzio.
Era assorto in quei pensieri quando la vide.
Lei lo stava fissando e in quello sguardo lui vide il desiderio semplice e puro.
Smise subito di pensare alla squadra.
Occhi azzurri, guance morbide e rosee, una bocca sinuosa leggermente incurvata in un sorriso naturale.
Lui registrò ogni dettaglio di lei e involontariamente ricambiò quell’abbozzo di sorriso.
Fino a quel momento non aveva avuto un solo motivo per sorridere in tutta la giornata.
Plato si raddrizzò leggermente e spinse all’indietro le spalle.
Quella donna sembrava un angelo e il suo volto ricordava quello delle Madonne del Rinascimento.
Sì, era indiscutibilmente una bella ragazza.
Conscio che lei l’aveva distratto dall’evento in corso, chiese che domanda avesse da porgli.
Vedendo l’espressione sgomenta di lei, Plato stava per rivolgere la sua attenzione a qualcun altro, poi quella donna deliziosa si passò la lingua sulle labbra carnose, aprì la bocca e fece l’unica domanda che non aveva bisogno di risposta.
Tutti quanti sapevano che lui era single.
In quel preciso momento, grazie alla sua ex ragazza indispettita, la vita privata di Plato era sulla bocca di tutto il pianeta.
Tutti i presenti scoppiarono a ridere e la ragazza ne approfittò per guardarlo negli occhi.
La ricchezza e la bellezza gli avevano concesso dei vantaggi nei confronti delle donne, anche se ultimamente lui preferiva non farvi ricorso.
Ma non era il caso che lei lo sapesse. Per un attimo lui si concesse la fantasia di immaginarla nella sua suite. Le avrebbe affondato le mani fra quei capelli folti, si sarebbe avvicinato a quella bocca carnosa e...
Lui aveva perso completamente la testa!
A quel punto gli fecero un’altra domanda, qualcosa riguardo la squadra nazionale.
Conosceva le risposte a memoria ed era un bene perché quella donna dagli occhi azzurri si stava spostando verso il centro della stanza privandolo della concentrazione necessaria per tener testa ai giornalisti.
Era sfrontata, di questo doveva atto. Un membro della sicurezza la intercettò e con la coda dell’occhio lui vide che la donna si stava ribellando.
Un reporter del Moscow Times alzò la mano e chiese se era vero che Sasha Rykov stava per firmare un contratto con la squadra canadese.
Plato era soddisfatto di quella domanda. Fino a quando tutti si fossero interessati a Rykov, non si sarebbero accorti dell’assenza di due dei migliori giocatori.
Anatole Medvedev, l’allenatore della squadra, si occupò della domanda seguente e finalmente giunse il momento dei saluti.
Plato era un esperto nel gestire quel tipo di situazione, limitando il più possibile i contatti. C’erano alcuni sponsor e molti giornalisti e lui doveva tener d’occhio i ragazzi, anche se la barriera linguistica avrebbe impedito qualunque fuga di notizie.
Occhi Azzurri era svanita portando via con sé le fantasie sessuali di Plato.
Rose si sentiva un po’ scossa dopo l’incontro con il proprietario dei Wolves e si guardò intorno, conscia che doveva togliersi il pensiero il più in fretta possibile.
Aveva bisogno di due pezzi da novanta.
Per un attimo pensò che non era troppo tardi. Poteva andarsene, tornare a casa, lasciar perdere la pubblicità.
Era fastidiosamente consapevole che il suo comportamento poteva apparire un po’ subdolo.
Ma qui non erano in gioco solo i suoi affari.
Si trattava anche del centro per le povere donne maltrattate dove lei prestava servizio volontario e al quale sperava tanto di poter offrire qualcosa di più della sua consulenza professionale. Se solo lei avesse avuto successo, esisteva la seria possibilità che di lì a fine anno il centro potesse finalmente traslocare in una sede più grande e più bella.
Non c’era alcuna possibilità di avvicinare quei giocatori in modo regolare. Rose ci aveva provato, ma nessuno le aveva rivolto la parola.
A livello personale quella giornata le serviva per affermare la sicurezza in se stessa. Se lei fosse riuscita a conquistare un’intera squadra di hockey su ghiaccio russa con il suo fascino e le sue chiacchiere, avrebbe finalmente potuto impacchettare il suo passato e spedirlo diretto nello Utah.
Avrebbe chiuso per sempre con la ragazza infelice e umiliata che era arrivata da Houston due anni prima.
Vide un paio di giocatori della squadra con un bicchiere di vino in mano e l’espressione persa, chiaramente a disagio per via della