Sedotta da un playboy: Harmony Collezione
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Info su questo ebook
Holly Valiant ha bisogno di una nuova e geniale idea per risollevare le sorti di Rock!, la rivista per cui lavora come giornalista. E l'occasione non tarda ad arrivare: per uno scherzo del destino, si ritrova infatti a dividere l'appartamento con Ruiz Acosta, irresistibile playboy argentino e soggetto perfetto per una rubrica. Quale donna non vorrebbe conoscere ogni aspetto della vita accanto a un vero seduttore latino, fra sogni, sorprese e imbarazzi?
Holly sa bene di dover tenere le giuste distanze da un tipo del genere: Ruiz è diverso da ogni altro uomo che ha frequentato, così come lei è lontana anni luce dalle ragazze che lui ama sedurre, ma per una qualche strana ragione Ruiz sembra avere un particolare interesse proprio nei suo confronti.
Susan Stephens
Autrice di origine inglese, è un ex cantante professionista oltre che un'esperta pianista.
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Anteprima del libro
Sedotta da un playboy - Susan Stephens
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Shameless Life of Ruiz Acosta
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2012 Susan Stephens
Traduzione di Laura Premarini
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5898-659-2
Londra, diario:
Una ricerca. È questo che intendo fare. Non vorrei certo infrangere la regola numero due, quella che stabilisce niente uomini. Io mi limiterò semplicemente a osservare questo tizio da un punto di vista puramente clinico. Vita con un playboy sarà come una specie di quei documentari verità. Io non sarò parte attiva, dovrei essere troppo fortunata. Cercherò con tutte le mie forze di scoprire informazioni, mentre tento di fare la mia parte per salvare la rubrica dei problemi personali. (Sebbene non possa negare che il pensiero di vivere così vicina a questo playboy in particolare abbia fatto davvero meraviglie al mio metabolismo. Pensate che nonostante abbia mangiato un tubo intero di praline al doppio cioccolato, mentre aspettavo che lui tornasse, riesco ancora a entrare nei miei jeans...)
(Immaginatevi un po’ quanto sarei magra se vivessi qui permanentemente...)
(Non che io abbia mai considerato di vivere con qualcuno, dopo l’amara esperienza con il mio ex...)
Vita sentimentale? Vissuta con la fantasia.
Pensieri lussuriosi? Ne esistono di altro genere?
E il playboy? Domani tutto questo potrebbe essere già finito. Lui non sembrava esattamente elettrizzato di vedermi e devo ancora scoprire come si sente, quando tornerà dalla palestra e mi troverà ancora qui.
Prologo
Stiracchiando le membra possenti, Ruiz Acosta rispose alla chiamata di suo fratello Nacho, dall’Argentina. Dalla finestra della sua elegante casa di città, osservò il sofisticato paesaggio urbano e seppe che ormai era arrivato ad amare Londra, tanto quanto i tratti selvaggi delle pampas, se non di più. Il contrasto era estremo e le sfide diverse, ma altrettanto stimolanti. E le donne? Pallide, tormentate e così infagottate, che era impossibile immaginarle libere dei molti strati di vestiti per fare l’amore.
«Arriverò a casa in tempo per l’annuale partita di polo?» chiese lui, concentrandosi per rispondere alla domanda di Nacho. «Mi butterò nella mischia con qualunque cavallo selvaggio, ma assicurati solo di farmi avere uno stallone che possa superare quel mostro sputafuoco di Nero e sarò di ritorno in tempo per guardarti il fianco, fratello...»
«E gli affari?» lo interruppe una dura voce maschile.
«Alla grande, ho finito con la riorganizzazione. Devo solo incontrare uno o due nuovi membri del personale. In futuro dividerò il mio tempo tra l’Argentina e Londra, ma...»
«Purché non dimentichi la tua famiglia dall’altra parte del mondo, Ruiz» lo interruppe Nacho. «Tu sei la colla che tiene insieme tutti noi...»
«La colla può sciogliersi» rispose Ruiz ironico.
Ignorando la sfida alla propria autorità, Nacho cambiò argomento. «Hai avuto notizie di Lucia recentemente?»
«No, perché? C’è qualche problema?» chiese Ruiz.
«Nostra sorella è scomparsa di nuovo, ha cambiato il suo numero e...»
«Lucia è sempre stata complicata.» E chi poteva biasimarla con quattro fratelli più grandi che le guardavano le spalle?, rifletté Ruiz. Tuttavia la sicurezza di sua sorella era di capitale importanza. «Ci penso io. Più tardi farò un salto nel suo appartamento per vedere se è tornata, o ha lasciato qualche indizio.»
Nacho sembrava soddisfatto e la sua voce si addolcì. «Ti sei già trovato una donna?»
Ruiz rise. «No, ma un cane ha trovato me.» Ci fu un’imprecazione all’altro capo della linea, che lui ignorò. «Questo grosso bastardo nero vagava in strada, mentre mi stavano consegnando dei mobili e si è messo comodo di fronte al fuoco. Non è vero Bouncer?»
«Hai già dato un nome al cane?» lo interruppe brusco Nacho.
«Non solo un nome, una casa. Bouncer è parte dell’arredamento ora.» Ruiz gli strofinò le orecchie.
«È proprio tipico di te, Ruiz» replicò Nacho. «Sei sempre stato un tenero con i trovatelli. Se a qualcuno serve aiuto, tu arrivi ancor prima che sappia di averne bisogno. Sbarazzati subito di quel bastardo!» sbraitò suo fratello, il maggiore di tutti loro.
«Piantala di intrometterti» replicò Ruiz. Non erano più ragazzi ora per prendere ordini da Nacho. Suo fratello avrebbe dovuto sapere che quando si trattava di animali, lui non lasciava mai perdere.
«Ci vediamo alla partita di polo» ringhiò Nacho, «e senza il bastardo.»
«Addio, fratello» rispose, sospirando. Nacho aveva seri problemi. Essendosi preso la responsabilità dei suoi fratelli da quando erano morti i loro genitori, qualche volta dimenticava che ora erano tutti adulti e che, vivendo a Londra invece che nelle pampas, Ruiz si era reso del tutto indipendente. Avvertendo la sua irritazione, Bouncer uggiolò. Lui si affrettò ad accarezzarlo. «Dovrei mostrarmi comprensivo con Nacho?» chiese, mentre gli occhi espressivi del cane lo invitavano ad andare a fare una passeggiata. Suo fratello gestiva una estancia in Argentina, cioè una grande fattoria per l’allevamento di bestiame, delle dimensioni di un piccolo paese, e Ruiz suppose che Nacho avesse diritto ad avere i suoi giorni di riposo. «Okay ragazzo, hai ragione. Andiamo» decise, alzandosi. Un animale grosso come Bouncer necessitava di molte ore di movimento. Come il suo padrone, rifletté Ruiz, cogliendo nello specchio l’immagine riflessa del proprio viso scuro, non rasato. Era stata un’altra lunga e deludente notte. Nessuna delle donne che aveva conosciuto a Londra lo attraeva, con quei fisici ossuti, il trucco pesante e i capelli biondi tinti. Forse aveva ragione Nacho, sarebbe dovuto tornare in Argentina per trovarsi qualche sofisticata sirena dagli occhi neri, piena del fuoco e della passione del Sudamerica, che non solo facesse faville a letto, ma condividesse il suo entusiasmo per la vita. Quello era il genere di donna con cui avrebbe dovuto rapportarsi suo fratello Nacho per scuotersi dai suoi abituali modi da guerriero, rifletté Ruiz chiudendo la porta d’ingresso.
Non poteva certo sapere che un simile risveglio lo attendeva proprio dietro l’angolo...
1
Ho sempre tenuto un diario. Qualcuno mi definirebbe una scrittrice compulsiva, ma ho sentito che in assenza di qualcuno con cui confidarsi, la gente spesso registra i propri pensieri.
Questo è il giorno numero uno della mia nuova vita a Londra e il treno si sta fermando alla stazione, quindi devo farla breve. Per essere certa che tutto sia in linea con il principio FFS, che nel caso il mio diario venga scoperto tra un migliaio di anni sta per Falla Facile Stupida, seguirò solo due regole:
Non contare su nessuno se non te stessa.
Niente uomini, almeno finché non ti sarai affermata come giornalista e potrai comandare tu!
Holly sentiva del nevischio gocciolarle lungo il collo, mentre un uomo decisamente anziano aveva appena deciso che doveva aiutarla. Stava per caso cercando di capire quale autobus l’avrebbe portata alla stazione? «No, ma grazie per avermelo chiesto. Sono appena arrivata» spiegò lei impavida e sorridente. Basta inserire nel telefono appunti per il suo diario, doveva metterlo via. «Sto aspettando un’amica» aggiunse per rassicurare l’anziano samaritano. Del resto, era quasi vero. Stava aspettando di mettersi in contatto telefonico con un’amica. L’uomo le augurò ogni bene e andò per la sua strada, ma passato quel breve momento di contatto umano, lei si sentì doppiamente persa. Forse era il rumore di Londra, il traffico continuo e la folla di gente, a cui bisognava abituarsi, quando si era appena arrivati da una piccola città di provincia. Non era certo d’aiuto che il suo cappotto fosse tutto inzuppato. Era intirizzita e i lunghi capelli rossi le pendevano sulla schiena fradici e ingarbugliati.
Com’era possibile che andasse tutto così male? Eppure, quando aveva accettato un incarico alla rivista Rock!, si era data da fare per organizzare meticolosamente il suo arrivo a Londra. Aveva concordato la data d’inizio del suo nuovo lavoro, in funzione della meravigliosa offerta che le aveva fatto Lucia, la sua migliore amica dai tempi della scuola: finché non avesse trovato una sistemazione stabile, avrebbe abitato nel suo appartamento nel centro di Londra. Non riusciva quindi a capire perché il taxi nero, che l’aveva prelevata alla stazione, l’avesse lasciata davanti a una porta che le era stata aperta da una sconosciuta la quale non conosceva nemmeno il suo nome.
Asciugandosi la pioggia dal viso, Holly tirò fuori il telefono e cercò di richiamare di nuovo Lucia. «Lucia?» esclamò agitata, cercando di schivare gli spruzzi delle macchine. «Lucia, riesci a sentirmi?» gridò, sopra un assordante suono di corni, ingranaggi stridenti e tamburi di latta...
Tamburi di latta?
«Holly!» urlò lei. «Sei davvero tu?»
«Dove sei Lucia?»
«St. Barts! Non riesci a sentire il mare? Holly, è incredibile qui! Ti piacerebbe da impazzire...»
«St. Barts nei Caraibi?» la interruppe lei tremando, mentre chinava la testa sotto un nuovo assalto furioso di vento e nevischio ghiacciato. Lucia proveniva da una famiglia argentina molto ricca, quindi tutto era possibile. «Ma che ora è lì...?»
«Non lo so, stiamo ancora facendo festa!» gridò Lucia.
«Quindi... non hai avuto il mio messaggio?» chiese Holly cauta.
«Quale messaggio?» L’amica sembrava sconcertata.
«Quello dove ti confermavo che ero felice di accettare il tuo invito a fermarmi da te questa settimana, finché non avessi trovato un posto dove stabilirmi.»
«Smettetela... basta...» stava gridando Lucia nel frattempo, ridendo con la mano sopra la cornetta. «La linea è terribile, Holly» osservò poi. «Perché non salti su un aereo e non fai altro che raggiungermi?»
Senza un soldo e nemmeno un bikini nella valigia? E nessun desiderio di tirarsi indietro da una vita che era già stata abbastanza difficile... Holly si trattenne dallo spiegare a Lucia che potevano anche avere frequentato la stessa scuola, ma mentre lei era un’allieva con borsa di studio, Lucia possedeva un palazzetto dello sport personale, con piscina e maneggio completo di arena coperta. Oh sì, la St. Bede’s School for Girls aveva una preside molto perspicace.
«Allora, dove sei, Holly?» chiese Lucia.
«Fuori dal tuo appartamento. Ci vediamo all’appartamento 12, il 20 novembre.» Holly lesse il suo sms dal proprio telefono, tralasciando la frase non vedo l’ora, con una dozzina di punti esclamativi.
«L’ho mandato io?» chiese Lucia perplessa.
«Sì, ma non c’è problema» mentì lei disinvolta.
Lucia gemette. «È vero, l’ho mandato! Ho detto anche che sarebbe stato fantastico se rimanevi, ricordo ora. Ma ho subaffittato la mia parte della casa. Oh, povera cara, me ne sono del tutto dimenticata. Sono stati sgarbati con te?»
«No, effettivamente...»
«Ma tu puoi andare in un hotel, vero?» trillò Lucia, prima che Holly riuscisse a spiegarle che la donna che le aveva aperto la porta era stata abbastanza gentile, ma anche un po’ sconcertata nel trovarsi davanti una sconosciuta sulla soglia con una valigia e lo sguardo speranzoso. «Naturalmente» rispose Holly. «Mi spiace davvero di aver interrotto la tua vacanza...»
«No. Aspetta!»
«Cosa?»
«L’attico!»
«L’attico?» chiese Holly.
«L’attico di famiglia è libero. Ne sono sicura.»
«L’attico dove?» domandò Holly stupita.
«Proprio lì allo stesso indirizzo» spiegò Lucia trionfante. «C’è una chiave di scorta nella cassetta accanto alla porta di servizio. Dammi dieci minuti per fare una telefonata, assicurarmi che sia vuoto e scoprire qual è il codice.»
«Sei sicura?»
«Non ti ho forse detto che a St. Barts splende sempre il sole?» gridò Lucia ridendo. «E c’è un caffè proprio attraversata la strada» spiegò. «Lo vedi?» chiese eccitata ora che aveva trovato una via d’uscita al problema. «Prenditi un caffè e aspetta che ti richiami...»
Holly rimase a fissare il suo telefono silenzioso. Solo un membro del potente clan degli Acosta poteva avere un attico vuoto a Londra, pensò con una smorfia. Mise via il telefono, guardò attraverso la strada e vide il bar che aveva nominato Lucia. Le vetrine erano tutte appannate, sembrava invitante e caldo, ma anche molto elegante, pensò lei dubbiosa. Il bar era tutto in vetro nero e bronzo, il genere di posto che il suo ragazzo doveva avere frequentato, quando si occupava della mediazione di quei colossali contratti di cui era solito raccontarle. Il suo ex ragazzo, ricordò Holly a se stessa, mentre iniziava a trascinare la sua ingombrante valigia lungo il marciapiede. Non era necessario essere stanche donne di mezza età per cadere preda di un affascinante imbroglione, aveva scoperto. Capitava anche a giovani ambiziose che pensavano di sapere tutto, ma lei non avrebbe permesso che un solo errore influenzasse la sua vita. Aveva intenzione di dimenticare che quel verme aveva affondato le sue avide, piccole zampe nel suo conto in banca, e avrebbe ricominciato daccapo. In quel momento il suo scopo era raggiungere quel caffè, bere qualcosa di caldo e asciugarsi, mentre aspettava la chiamata di Lucia.
Scegliendo il momento giusto, si lanciò attraverso la strada, ma la valigia si bloccò sul marciapiede opposto, proprio mentre passava un camion che la spruzzò da capo a piedi. Stava ancora sputacchiando in preda allo shock, quando un enorme cane nero apparve