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Cuori ardenti: Harmony Destiny
Cuori ardenti: Harmony Destiny
Cuori ardenti: Harmony Destiny
E-book151 pagine1 ora

Cuori ardenti: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Phoebe Irene Donovan è diventata da pochi mesi il nuovo membro dell'équipe psichiatrica di uno dei più grandi ospedali di Atlanta. Bella e intelligente, si è trasferita da Boston perché vuole fuggire da un passato crudele che le ha portato via gli affetti più cari: i genitori e il fidanzato, morto in un terribile incidente aereo appena quattro giorni prima delle nozze. Ma il destino continua ad accanirsi contro di lei. Per ritrovare la serenità, Phoebe deve superare un'ultima prova...

Tra le braccia di Jackson!
LinguaItaliano
Data di uscita10 feb 2017
ISBN9788858960745
Cuori ardenti: Harmony Destiny

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    Anteprima del libro

    Cuori ardenti - Carole Buck

    successivo.

    1

    Il tenente Jackson Stuart Miller era sudato e teso.

    Tutto nella norma. Jackson era un vigile del fuoco con quattordici anni di esperienza alle spalle. Sudore e tensione facevano parte del suo mestiere.

    Aveva seguito una tradizione di famiglia.

    C'erano sempre stati dei Miller a combattere contro le fiamme ad Atlanta, in Georgia, da quando il trisavolo di Jackson era entrato volontario nel corpo dei vigili del fuoco nel lontano 1870.

    Al momento, Jackson era sudato perché era una torrida serata di giugno e nell'ultima ora si era dannato per domare un incendio che aveva generato un calore infernale. E tutto questo trasportandosi una ventina di chili di equipaggiamento, fra giaccone, ghette protettive, guanti, gambali ed elmetto, più altrettanti di apparecchiatura per la respirazione. Non esisteva un antitraspirante al mondo capace di bloccare il flusso di sudore dal suo corpo affaticato.

    E non esisteva neppure un prodotto di pronto intervento contro la sua rabbia.

    L'edificio che lui e i suoi colleghi avevano tentato di salvare dalle fiamme era andato distrutto. Ogni volta, per Jackson era una sorta di sconfitta personale. E così sarebbe sempre stato.

    L'incendio non aveva causato né morti né feriti, e di questo, naturalmente, lui ringraziava il cielo. Tuttavia sapeva che le fiamme avevano divorato pezzi delle vite di quelle persone.

    Benché la maggior parte delle vittime fosse in possesso di una completa copertura assicurativa, Jackson era consapevole che non vi fosse risarcimento per certe perdite.

    Il fuoco aveva ingoiato gran parte di un piccolo appartamento abitato da una coppia di professionisti senza figli, con uno spiccato gusto per i soffitti alti, rifiniture eleganti e pavimenti in parquet.

    La stazione di Jackson aveva risposto alla chiamata proprio mentre lui e il suo gruppo stavano consumando una cena già più volte rimandata. Era stata la quarta chiamata che si era susseguita allo scadere del loro turno.

    L'incendio aveva già assunto proporzioni enormi quando erano giunti sul posto. In altre parole, una buona porzione della struttura a tre piani era in preda alle fiamme.

    In qualità di comandante della squadra del turno A, Jackson aveva svolto le operazioni di prassi, riferendo al comandante incaricato. Gli ordini iniziali, impartiti con concitazione, erano stati quelli di indossare le maschere, allungare le scale e puntare gli idranti contro le fiamme.

    Il fumo era fitto come una coltre quando Jackson vi si era addentrato. Tizzoni incandescenti precipitavano da ogni angolo. Si era d'istinto ripiegato su se stesso, curvando le spalle e allungando la testa in a vanti, come una tartaruga. Il suo personale termometro della paura era guizzato sul rosso.

    Il padre di Jackson era morto vent'anni prima, mentre tentava di domare un incendio. L'edificio in fiamme era crollato senza preavviso, seppellendolo.

    Salvarsi sarebbe stato impossibile per il capitano Nathan Miller.

    Jackson era ben consapevole di quanto alto fosse per un pompiere il rischio di rimanere ferito o ucciso. Lui stesso si era beccato una pioggia di lapilli dietro la schiena, quattro anni prima, mentre era alle prese con un incendio di modeste proporzioni come quello.

    Tuttora, restare intrappolato da un crollo improvviso era il suo incubo peggiore. Così, quando sentì una trave scricchiolare dietro le sue spalle, appena una trentina di secondi dopo che era entrato nell'appartamento, l'adrenalina salì a mille.

    Jackson sapeva che, prima o poi, avrebbe disprezzato se stesso per quella paura. Fortunatamente aveva imparato tanto dai tempi in cui non era che un allievo. E una delle lezioni più importanti acquisite era che la paura, come un gancio, una scala o un idrante, poteva essere uno strumento prezioso per combattere il fuoco.

    Una buona dose di sana fifa salvava più vite e preservava più proprietà del coraggio indomito e della sventatezza.

    Alla fine, l'offensiva di avvicinamento ordinata dal capitano si stava rivelando troppo rischiosa. Il fuoco avanzava, avanzava veloce, e Jackson e gli altri avevano dovuto indietreggiare. Si erano dislocati sul retro dell'edificio e avevano attaccato le fiamme dall'esterno.

    Circondare e annegare era la denominazione lieve mente sardonica di quella strategia.

    Jackson bevve un sorso d'acqua dal contenitore che sorreggeva e gettò un'occhiata alla casa distrutta. Mentre si avvicinava la notte, la luce grigiovioletta dell'imbrunire riusciva ben poco ad attenuare l'orrore che il fuoco si era lasciato dietro.

    Una troupe televisiva di un'emittente locale riprendeva l'edificio in macerie. Jackson si chiese quanto spazio sarebbe stato dedicato a quella storia nel notiziario delle undici. Venti secondi? Forse trenta, se non fosse accaduto nient'altro di rilevante.

    La troupe avrebbe lasciato la scena prima dei vigili del fuoco. Come Jackson ben sapeva, il lavoro dei pompieri non si concludeva con l'estinguersi dell'incendio.

    Dopo avere ripreso fiato e ingerito liquidi a sufficienza per compensare almeno in parte quelli persi con la sudorazione, bisognava controllare che non vi fosse brace rovente o qualsiasi altro elemento di pericolo. Contemporaneamente, bisognava informarsi sulle condizioni delle persone che erano state tratte in salvo dalle loro abitazioni. Inoltre, andava formulata un'ipotesi sull'eventuale causa dell'incendio. Se ciò non fosse stato possibile o se vi fosse il sospetto di una natura dolosa, sarebbe stato richiesto l'intervento della polizia.

    E una volta tornati al comando, bisognava ispezionare tutto l'equipaggiamento e riportarlo alle condizioni iniziali di intervento prima di potersi rilassare un po'.

    Fino alla successiva chiamata, naturalmente. Che poteva riguardare un tamponamento a catena o il salvataggio di un gattino rimasto intrappolato su un albero.

    Jackson bevve ancora dalla borraccia, poi la offrì a un collega di colore di nome Ralph Fridge Randall, che stava alla sua destra. Di corporatura robusta, grosso come un frigorifero, come qualcuno scherzosamente gli aveva detto, e con un paio di folti baffoni, Fridge faceva parte del gruppo di Jackson. In possesso di una portentosa voce dai toni bassi e vibranti, cantava gospel ogni domenica, in chiesa, se non era di servizio, al comando, se invece lo era.

    «Grazie, amico» disse Fridge accettando la borraccia e prosciugandola con un lungo sorso.

    «Faresti meglio ad attaccarti a un idrante» scherzò Jackson. Con il suo metro e novanta di altezza e i suoi ottanta chili di muscoli, era abituato a essere il più grosso in ogni gruppo. Eppure tendeva a sentirsi un tantino in ombra quando stava accanto a Fridge, tranne nelle occasioni in cui si trovavano a fianco a fianco all'interno di un edificio in fiamme, il che accadeva piuttosto sovente, dal momento che facevano coppia fissa durante le ricerche delle vittime. E in quei frangenti non poteva che essere contento di avere un collega così in gamba. Jackson si fidava di Fridge ciecamente.

    «Altroché.» Fridge agitò il contenitore vuoto. «Trovami un idrante dalla gomma tenera, e comincerò a masticarlo.»

    «Fame?»

    «Diciamo pure che fra un minuto o due la mia pancia strofinerà contro la spina dorsale. Pensi che il nostro turno prima o poi si concluderà e che potremo mettere qualcosa di decente sotto i denti?»

    Jackson si spinse l'elmetto all'indietro e si passò il dorso della mano sulla fronte. Anche lui sentiva un certo languorino. «Chi lo sa...»

    Si interruppe di colpo. Avvertì uno strano brivido dietro la schiena. Un istante dopo, udì una voce. Era flebile e tremante e sembrava sopraggiungere da qualche metro dietro di lui.

    «N... no» pronunciò la voce. «Oh, mio Dio... No!»

    Jackson piroettò, rigido. Nel voltarsi, le sue narici catturarono quel che lui giurò fosse profumo di fiori. Novantanove volte su cento, immediatamente dopo lo spegnimento di un incendio, quel che annusava era solo fumo. Eppure, quel che il suo naso aveva odorato era un'inconfondibile fragranza fiorita.

    La tremula esclamazione proveniva da una rossa alta ed esile, sulla trentina. I lineamenti delicati erano tesi, il colorito spettrale. Teneva gli occhi fissi sull'appartamento in macerie, l'espressione angosciata.

    Jackson era abituato a quegli sguardi persi. Per un terribile istante temette che lui e gli altri avessero commesso qualcosa di ben più tremendo del non essere riusciti a salvare l'edificio. Forse c'era qualcuno dentro, qualcuno di cui si ignorava la presenza, qualcuno che non avevano tratto in salvo.

    Sentì le viscere contorcersi.

    Non osava pensare chi fosse quel qualcuno per la rossa. Un parente? Un amico? Un... fidanzato?

    La donna sollevò le mani, senza anelli, tremanti, e se le portò alla gola. Scosse la testa articolando suoni inudibili.

    Jackson si mosse lentamente, per evitare di spaventarla. Il suo primo infortunio sul lavoro gliel'aveva procurato una donna che aveva perso il marito tra le fiamme. In preda a un attacco isterico, la donna aveva tentato di gettarsi dentro all'edificio, in mezzo al fuoco. Lui l'aveva trattenuta, beccandosi una pioggia di pugni da parte della signora fuori di sé, che gli avevano fatto saltare l'elmetto e fratturato il setto nasale.

    «Signora?» pronunciò con voce bassa e dolce.

    Nessuna risposta. La rossa continuava a fissare l'abitazione e a scuotere il capo. Sembrava sotto shock.

    «Signora?» ripeté Jackson con tono un po' più insistente. «Abita qui?» Mosse con circospezione un passo verso di lei. Con la coda dell'occhio, vide che Fridge era indietreggiato di un po'. Capiva perché. La triste realtà era che tanta gente sconvolta rimaneva intimidita dalla mole di Ralph Randall, quando se lo trovava davanti all'improvviso.

    Dopo qualche istante, la rossa staccò lo sguardo dalle macerie. Jackson avvertì una certa vibrazione quando i suoi occhi si posarono, alla fine, su di lui. Non aveva mai provato nulla di simile. Neppure la volta in cui aveva conosciuto la bionda esuberante che era diventata sua moglie e gli aveva dato una figlia.

    Aveva come la sensazione di conoscere quella rossa. Una sensazione strana, viscerale. Sì, proprio di conoscerla. Il che era assurdo. Come poteva conosce re una donna che non aveva mai visto prima in vita sua?

    «Signora?» le chiese di nuovo, accorgendosi di avere irrobustito la voce mentre il cuore accelerava i battiti. Benché l'oscurità e la dilatazione delle pupille della donna gli rendessero impossibile accertare di che colore

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