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L uomo che vorrei: Harmony Bianca
L uomo che vorrei: Harmony Bianca
L uomo che vorrei: Harmony Bianca
E-book156 pagine2 ore

L uomo che vorrei: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

Louisa: Da quando suo padre ci ha lasciati, tutto quello che desidero è vedere Tyler felice, anche a costo di sacrificare me stessa. E Dominic è un uomo favoloso, oltre che un dottore esperto, ma innamorarmi di lui sarebbe l'errore più grande della mia vita. Perché non potrei sopportare di vederlo andare via.



Dominic: Tyler è un bambino molto coraggioso e sua mamma lo è ancora di più. Amo la sua forza, la sua determinazione, i suoi occhi neri e profondi. Amo tutto di lei e non so come convincerla a fidarsi di me. Perché solo così potrò rendere il suo Natale, e quello di suo figlio, decisamente speciale.
LinguaItaliano
Data di uscita10 ott 2017
ISBN9788858973448
L uomo che vorrei: Harmony Bianca
Autore

Kate Hardy

Autrice inglese, consulta spesso riviste scientifiche per verificare i dettagli tecnici dei suoi romanzi.

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    Anteprima del libro

    L uomo che vorrei - Kate Hardy

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    A Christmas Knight

    Harlequin Mills & Boon Medical Romance

    © 2010 Pamela Brooks

    Traduzione di Giovanna Seniga

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5897-344-8

    1

    «Ti offro un caffè e poi ti accompagno a visitare il reparto e ti faccio conoscere i colleghi» le disse sorridendo Essie, la caposala.

    «Grazie. Ecco... Ho preso un po’ di biscotti per la stanza del personale» rispose Louisa porgendole un largo vassoio.

    «Grazie mille.» Essie si illuminò. «Splendido. Ci sono anche quelli alla cioccolata. Ti troverai bene qui» continuò guardandola con simpatia. «Il primo giorno è sempre il peggiore, vero? Come ritornare sui banchi di scuola.»

    Louisa le restituì il sorriso. «Gli ultimi tre mesi ho lavorato per un’agenzia di collocamento, così dovrei essere abituata ai cambiamenti. Ma è vero, è proprio come il primo giorno di scuola quando non conosci nessuno e non sai qual è la routine. Ammesso che in Pronto Soccorso si possa parlare di routine.» In realtà sapeva benissimo che ogni giorno era diverso dagli altri.

    «Hai perfettamente ragione» convenne Essie. «Ti ho assegnato ai casi meno gravi, ma se succede qualcosa di grosso dovrò spostarti in Rianimazione.»

    «Perfetto» annuì Louisa. Era un’infermiera professionale e occupandosi dei casi meno gravi poteva seguire un paziente dal ricovero alla dimissione – raccogliere la sua storia clinica, visitarlo, ordinare e interpretare le analisi, diagnosticare la malattia e predisporre un piano curativo. Le piaceva essere responsabile di tutto questo quando era in servizio, ma si trovava bene anche a lavorare insieme agli altri nell’ambiente frenetico della Rianimazione.

    «Oggi in Rianimazione l’aiuto responsabile è Dominic» le spiegò Essie, un ampio sorriso. «È affascinante come un principe azzurro.»

    Uno che faceva battere il cuore alle donne, allora. Anche Jack faceva battere il cuore alle donne. Ma era tutt’altro che un principe azzurro. Se n’era andato proprio quando Louisa aveva più bisogno di lui. Dopo averle giurato eterno amore, rispetto e tenerezza. Jack aveva lasciato lei e Tyler perché non poteva accettare l’idea di avere un figlio con la sindrome di Asperger. Appena aveva sentito il pediatra parlare di problemi alla personalità di tipo autistico Louisa gli aveva letto negli occhi la voglia di fuggire. E aveva capito che il suo matrimonio stava per rompersi in modo irreparabile senza che lei potesse farci nulla. Tempo due mesi e lui se n’era andato chiedendo il divorzio.

    Louisa poteva sopportare di essere stata respinta da Jack, ma non gli avrebbe mai perdonato di avere abbandonato il loro vivace, particolare, splendido figlio.

    Essie parve non accorgersi dell’improvviso silenzio di Louisa. «È con noi da otto anni ormai. È arrivato che era un novellino e si è fatto strada.» Sospirò. «Anche se non sembra avere nessuna voglia di sistemarsi, il nostro Dominic. E sì che avrebbe anche molte pretendenti pronte a cadere ai suoi piedi, ma fino a ora non ha mai chiesto nemmeno un appuntamento. È completamente preso dal lavoro. Peccato perché sarebbe un meraviglioso padre e il marito ideale.»

    Louisa aveva già notato la fotografia sulla scrivania di Essie. La sua nuova collega stava sorridendo orgogliosa verso la macchina fotografica, accanto a suo marito e ai suoi due figli. Sembrava il tipo di persona che desidera che tutti siano felici come lei. Ebbene Louisa si disse che si sentiva felice e sistemata, anche se non era in coppia. «Il matrimonio non è una buona soluzione per tutti.»

    «Allora tu non sei sposata?»

    «Non più.» Non aveva voglia di parlarne e cercò di spostare il discorso. «Ma ho un figlio meraviglioso. Tyler.» Prese una foto dal portafogli e la mostrò alla collega.

    «Ha un’aria dolcissima. Ed è uguale a te.»

    «È un bambino bravissimo» convenne Louisa sorridendo. «Sono veramente fortunata.»

    «Quanti anni ha?»

    «Otto. Ha cominciato la scuola la settimana scorsa, quindi questa estate è stato il momento migliore per trasferirci qui da Londra.» Louisa sospirò. «È per questo che ho preso servizio oggi. Volevo stargli vicino mentre si ambientava nella nuova scuola.»

    Essie annuì. «È sempre difficile cambiare scuola, che si tratti o no delle elementari. Ma sono sicura che si farà un mucchio di amici.»

    Louisa sarebbe stata veramente sorpresa se fosse successo. Tyler era molto chiuso in se stesso. Essere affetto dal morbo di Asperger voleva dire vedere il mondo in bianco e nero, senza nessuna sfumatura. Gli altri bambini se ne accorgevano in fretta, specialmente perché Ty era un’enciclopedia ambulante dei suoi soggetti preferiti e non esitava a correggere chiunque, invece di lasciar perdere per evitare di attirarsi troppe antipatie. Lei aveva cercato di aiutarlo, di invitare a casa qualcuno dei suoi compagni di scuola, ma nessuno aveva restituito l’invito. Probabilmente perché tutte le volte Tyler perdeva molto presto interesse per i suoi ospiti, a qualunque gioco giocassero, e andava a rintanarsi in camera sua a disegnare. «Forse» rispose.

    «Dagli tempo una settimana e lo vedrai giocare a calcio con tutti gli altri» disse allegramente Essie.

    «Non gli piace molto giocare a pallone. Quello che gli interessa davvero sono i cavalli. Voglio informarmi sulle scuderie locali dove si possono prendere lezioni.» Louisa aveva letto un articolo sugli effetti positivi che cavalcare produceva sui bambini affetti da Asperger. Doveva solo trovare la scuderia giusta. E forse suo figlio sarebbe riuscito a fare amicizia con altri ragazzini che condividevano la sua passione per i cavalli.

    «Cavalli?» chiese Essie. «Allora devi assolutamente parlare con Dominic. Possiede un cavallo e ti saprà sicuramente indicare il miglior maneggio della zona.»

    Louisa sorrise educatamente, ma non aveva nessuna intenzione di chiedere aiuto a un rubacuori. Aveva già imparato fin troppo bene che i rubacuori non erano affidabili e non aveva nessuna intenzione di mettere a rischio suo figlio.

    Essie l’aveva presentata a tutti meno che al gruppo della Rianimazione, quando il suo cercapersone iniziò a suonare.

    «Hanno bisogno di me.» Sospirò, guardando il display. «Mi dispiace. Posso lasciarti con Jess per gestire la zona di primo intervento?»

    «Certo. Nessun problema.»

    Il primo caso di cui dovette occuparsi fu quello di una bambina di sette anni che il giorno prima era caduta e aveva la mano molto gonfia e dolente.

    «Adesso mi rendo conto che avrei dovuto portarla prima, ma pensavo che non fosse niente di grave e volesse solo essere coccolata e poi tutto si sarebbe sistemato.»

    «Spesso succede dopo una caduta» la rassicurò Louisa. «Le ha dato qualcosa per il dolore?»

    «Paracetamolo. E impacchi di ghiaccio sulla mano.»

    «Benissimo.» Si accucciò per essere allo stesso livello della bambina. «Ciao, io sono Louisa. Adesso devi essere coraggiosa, Pippa.» Le sorrise. «Posso dare un’occhiata alla tua mano, in modo da poter vedere cosa c’è che non va?»

    La piccola impallidì, ma annuì.

    Louisa esaminò le sue dita con delicatezza. «Puoi chiudere il pugno?» chiese mentre mostrava a Pippa quello che intendeva.

    La bambina fece del suo meglio, ma stringere le dita le dava evidentemente troppo dolore.

    «Brava, tesoro. Smetti pure di provare. Non ti farò nulla che ti faccia sentire male» la rassicurò. «Per capire cosa ti è successo devo mandarti a fare una lastra. Niente di doloroso. C’è una macchina fotografica speciale che permette di avere una fotografia delle tue ossa in modo da vedere se hai una frattura o qualcosa ai legamenti, che sono quelli che ti permettono di piegare le dita.» Accarezzò Pippa arruffandole i capelli. «Quando saprò cosa ti è successo potrò decidere come intervenire. Se è una frattura modesta basterà una fasciatura rigida, cioè bloccare il tuo dito malato con quello vicino, per aiutarlo a guarire.»

    «Se invece la frattura è più grave, dovrà ingessare?» chiese la madre.

    «Dipende dal tipo di frattura. Comunque deve assolutamente tenere il braccio al collo, in modo da non affaticarlo. Se attende un attimo compilo la richiesta per la lastra di Pippa.»

    La madre accarezzò la sua bambina. «Intanto che aspettiamo ti racconto una storia. Va bene?»

    Louisa compilò la richiesta e si assicurò che non ci fosse molto da attendere, poi ritornò dalla sua piccola paziente. La madre stava finendo di raccontarle la favola e lei rimase ad ascoltare. «È molto brava a raccontare.»

    «È una delle sue favorite. L’ho letta tante di quelle volte che la conosco a memoria.»

    Louisa sorrise e spiegò alla madre di Pippa dove si trovava la Radiologia.

    Era una mattina impegnativa, con un sacco di pazienti. Quando la madre di Pippa tornò con la lastra, Louisa la sistemò sul tavolo luminoso e sospirò di sollievo vedendo che si trattava di una frattura composta.

    «Vedi questo piccolo segno?» le chiese. «È dove il tuo dito si è rotto. Così basterà che lo blocchi con quello vicino.» Eseguì il bendaggio con grande delicatezza. «Devi tenere la mano a riposo, tesoro. Ti darò una benda da appendere al collo così potrai tenere la mano sollevata e sentire meno dolore. Ti farò tornare fra una settimana. Faremo un’altra lastra e valuteremo come va la frattura.»

    «Per quanto tempo dovrà tenere il bendaggio?» chiese la madre.

    «Di solito per tre o quattro settimane, e poi è opportuno tenere la mano a riposo per un altro paio di settimane. Non deve usarla troppo e temo che questo escluda l’uso della console dei videogiochi.»

    «Meno male che è successo a te e non a tuo fratello, o saremmo stati davvero nei guai» sospirò la madre.

    «È questa la mano con cui scrivi, Pippa?» chiese Louisa.

    La bambina scosse il capo. «Allora posso ancora disegnare?»

    «Certamente.»

    «Quando torno ti porterò un disegno» le promise.

    «Mi farebbe piacere. Sono appena arrivata in questo dipartimento e ho una parete tutta bianca da riempire di disegni.»

    Nel pomeriggio il lavoro si fece meno frenetico. Essie entrò nella stanza dove Louisa stava finendo di compilare i vari rapporti. «La quiete dopo la tempesta, vero?» le chiese.

    «Così sembra. È per questo che sto cercando di portarmi avanti con i rapporti» rispose Louisa indicando la pila di moduli che aveva davanti.

    «Posso rubarti un minuto per farti incontrare il gruppo della Rianimazione? Sono in pausa e volevano conoscerti e... ringraziarti per i biscotti.»

    Essie continuò a chiacchierare allegramente finché non raggiunsero la stanza del personale della Rianimazione e cominciò a fare le presentazioni. «Questa è Sally, la nostra studentessa di infermieristica.»

    Sally la salutò con calore e quindi Essie si diresse verso un uomo che sedeva in disparte leggendo una rivista medica.

    «Louisa, questo è Dominic Hurst, il nostro aiuto primario. Louisa Austin, la nuova infermiera specializzata.»

    Essie lo aveva definito una specie di principe azzurro e Louisa pensò che non avesse affatto esagerato. Dominic Hurst sembrava il principe medievale di un dipinto preraffaellita, tutto riccioli neri, pelle chiara, viso cesellato e occhi blu. Anche vestito in modo anonimo, camicia bianca e pantaloni scuri, era

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