Il colore dei soldi: Harmony Collezione
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Michelle Reid
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Il colore dei soldi - Michelle Reid
successivo.
1
«Adozione?» ripeté Claire. «Vuoi che faccia adottare Melanie?»
Pallida e tremante, ritta nello squallido soggiorno di un appartamentino ugualmente squallido, Claire fissò la zia esterrefatta. Le sembrava di vivere in un incubo: nelle ultime settimane, infatti, le era parso che la sua vita fosse andata in pezzi.
«Farò finta di non avere sentito ciò che hai detto, zia Laura» aggiunse stringendo la piccola a sé come se volesse proteggerla da ciò che le era stato appena proposto.
«E invece mi ascolterai» ribatté la zia. «Pensi sul serio che suggerirei una cosa simile se sapessi che te la puoi cavare?»
«Io me la sto cavando» insistette Claire.
Laura Cavell, elegante col suo tailleur firmato, ben truccata e pettinata, volse intorno gli occhi con uno sguardo malevolo.
Quel posto era un disastro. Dappertutto, sul tavolo, sul pavimento, sulle sedie e sulla credenza della piccola cucina, c'erano i tipici oggetti che servono a un neonato.
Era solo ottobre ma l'imprevedibile clima inglese era già invernale. Il poco calore che proveniva dalla stufetta elettrica restava confinato dietro al filo teso attraverso la stanza, pieno di panni della bambina. Claire non aveva altro modo di fare asciugare il bucato adesso che non poteva più permettersi l'uso della lavanderia. Così i vetri delle finestre erano appannati e l'aria della stanza era carica di umidità.
Claire non aveva un aspetto migliore di quella misera stanza. Il suo viso, una volta bello, era stravolto per il dolore, per le preoccupazioni e per le troppe notti in bianco. La piccina sembrava dormire solo quando lei la teneva in braccio.
«Ti ho solo chiesto di aiutarmi a pagare l'affitto» mormorò.
«A volte le persone devono essere crudeli per fare del bene» rispose la zia.
Il che voleva dire, pensò Claire, che non si sarebbe separata neanche da un penny. Che la zia Laura non fosse caritatevole era una cosa risaputa.
«Melanie non è figlia tua, Claire.»
«Ma è mia sorella!» sbottò lei adirata. «Come puoi pensare che possa darla via?»
«La tua sorellastra» la corresse la zia. «Non sai neanche chi sia suo padre» aggiunse curvando le labbra dipinte di rosso in una smorfia disgustata mentre guardava la piccola dai capelli scuri e dalla carnagione olivastra tra le braccia di Claire.
«Che differenza potrebbe fare?» chiese Claire sgranando gli occhi blu. Sua madre aveva avuto una relazione con un cameriere spagnolo... E allora? «Melanie è carne e sangue mio, come lo sono io per lei!» Si trattenne a stento dal ricordare alla zia che anche lei lo era.
Sua madre le aveva sempre detto che la zia Laura non aveva cuore. Era ai vertici di una delle più importanti banche d'Inghilterra e le premeva solo la propria carriera.
Claire le aveva chiesto aiuto e lei, da donna che aveva trovato facile sacrificare l'amore, il matrimonio e la prospettiva di avere dei figli per il lavoro, suggeriva alla propria nipote di liberarsi della sorellina.
«Hai solo ventun anni, accidenti! Fino a un mese fa studiavi ancora. Adesso hai abbandonato l'università e non hai un lavoro.» Sospirò. «Non hai mezzi per mantenerti e, men che meno, per mantenere una neonata! Per di più, ora, mi vieni anche a dire che non riesci a pagare l'affitto di questo posto fatiscente.»
«Troverò presto un lavoro, ne sono certa» disse Claire orgogliosamente.
«Che tipo di lavoro? Servire ai tavoli... come faceva il padre della bambina? Pulire pavimenti? Fare la serva in casa d'altri invece di laurearti come voleva tua madre? E chi si occuperebbe di Melanie quando tu sarai al lavoro? Ci vogliono un mucchio di soldi per pagare una buona babysitter» le ricordò. «La proprietà di tua madre ha reso il denaro sufficiente per il suo funerale.»
«Ho dei diritti. Lo Stato mi aiuterà sicuramente!» esclamò Claire.
«Certo ma con tutta calma. E poi, non pensi che anche Melanie abbia dei diritti? Credi che, una volta grande, ti ringrazierà per averla cresciuta nella povertà quando avrebbe potuto essere allevata da gente benestante?»
Claire era confusa per la brutalità di quelle parole. Si domandò se non sarebbe stato meglio per Melanie essere data in adozione. Probabilmente la zia stava dicendo la verità: sua sorella non l'avrebbe certo ringraziata per averla condannata a una vita misera.
Andò a posare la piccola nella culla. Era tanto magra che i jeans e la maglietta di cotone che indossava le pendevano addosso. Solo un paio di mesi prima erano aderenti come ci si aspetta che siano sul corpo di una ragazza in buona salute.
Ma un paio di mesi prima Melanie non era nata e la madre era ancora viva e felice di aspettare un altro figlio. Lo riteneva l'inizio di un nuovo cammino dopo quel che aveva passato negli anni precedenti.
Solo tre anni prima Claire era l'unica figlia di genitori affettuosi. Poi suo padre si era suicidato incapace di affrontare la vergogna di un fallimento che l'aveva lasciato senza mezzi di sostentamento. Così lei e la madre avevano perso la casa, la mobilia ed erano state costrette a vendere persino gran parte dei loro vestiti per pagare i creditori. Dalla loro bella villa nel quartiere londinese di Holland Park si erano trasferiti in un appartamento in affitto nella East End.
Victoria Stenson era rimasta traumatizzata dalla morte dell'uomo con cui era stata sposata per più di venti anni e che l'aveva lasciata sola a raccoglierne i pezzi. Gli amici si erano volatilizzati e Claire aveva dovuto lasciare l'istituto privato per frequentare l'ultimo anno delle superiori in una scuola pubblica. Esattamente come era successo a sua madre, anche lei aveva visto i suoi amici allontanarsi e poi sparire del tutto.
Quel periodo pieno di dolore aveva lasciato Victoria amareggiata e infelice. Era stata costretta a cercarsi un lavoro, cosa non facile, dato che per gli ultimi venti anni era stata mantenuta dal marito. Stranamente, era stata la zia Laura ad aiutarla trovandole un lavoro in una elegante boutique.
Victoria aveva l'aspetto di una lady. Alta e snella, con i capelli biondo miele, a quarant'anni era ancora una donna molto attraente ed era perfetta per il nuovo lavoro. Così, quando la proprietaria della boutique si era ammalata all'improvviso e non era potuta andare a Madrid a controllare uno dei fornitori, aveva mandato lei al posto suo.
Il resto era storia nota. Quando era tornata a casa, Claire non riusciva a credere al cambiamento della madre. Sembrava felice, più rilassata e in pace con se stessa. Un paio di settimane dopo ne aveva saputo il motivo.
«Sono incinta» le aveva annunciato. E otto mesi più tardi era nata Melanie: piccola, dolce, dalla pelle ambrata, con un massa di capelli neri che ambedue trovavano straordinari se paragonati con i loro tanto chiari. Era stato amore a prima vista per tutte e tre.
Avevano portato Melanie a casa, in quel piccolo appartamento con due stanze da letto, il cucinino e il bagno e un paio di settimane dopo Victoria era tornata a lavorare. Era agosto e Claire era a casa dall'università per le vacanze estive, così poteva prendersi cura di Melanie mentre la madre si trovava al lavoro. Più tardi avrebbero cercato una babysitter, tuttavia per il momento preferivano essere solo loro due a prendersi cura di quella adorabile piccola.
Poi, la tragedia si era abbattuta nuovamente sulla sua famiglia. Victoria era stata colpita da una forte emorragia che se l'era portata via lasciando Claire, sotto shock e affranta dal dolore, con una bambina di cui prendersi cura senza però i mezzi per farlo.
All'esterno si sentì risuonare un clacson. La zia Laura guardò l'orologio e aggrottò la fronte. «Devo andare» mormorò impaziente. «Insomma, Claire» sbottò. «Lascia stare la bambina e ascoltami.»
Come se avvertisse l'animosità della donna verso di lei, Melanie emise un vagito. Claire allungò istintivamente una mano per accarezzarle la testolina.
Non era giusto!, pensò sconsolata. Voleva tenere Melanie con sé! E voleva che sua madre non l'avesse lasciata. Voleva anche suo padre. Insomma voleva che tutto tornasse come prima.
«Che possibilità ci sono?» chiese in tono sommesso.
Dietro di lei la zia capì che stava per vincere e si lasciò sfuggire un sorriso di soddisfazione. «C'è una lista molto più lunga di quanto tu possa immaginare di coppie senza figli che ti sarebbero molto grate...»
«Non voglio gratitudine» tagliò corto Claire.
«Gente pronta a offrire alla piccola una casa e tanto amore» disse subito la zia Laura aggiustando il tiro. «E tutta la sicurezza immaginabile.»
Ma io non avrei più posto nella sua vita, pensò Claire. Fu assalita da un senso di disperazione mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.
«Ci sono modi discreti per occuparsene» stava dicendo la zia. «Agenzie private che trattato solo per ottime famiglie. Pensaci, Claire, non fosse altro che per il bene di Melanie...» ribadì in tono suadente.
Il bene di Melanie. Aveva trovato il campanello giusto e lo stava suonando.
«In questo modo saresti libera di tornare all'università e laurearti» continuò zia Laura. «Io sono pronta ad aiutarti perché penso che sia la cosa migliore per te. Ma questo no, Claire» mormorò guardandosi intorno. «Non ti aiuterò mai a rovinare due vite quando sia tu sia Melanie vi meritate molto più...»
«Ci... penserò» Claire si sentì dire. Ma mentre pronunciava quelle parole tremende aveva l'impressione che una mano le stesse strappando il cuore.
«Bene» mormorò la zia in tono di approvazione. «E mentre lo fai io contatterò qualche agenzia per vedere di quali documenti hanno bisogno per...»
Il clacson suonò nuovamente interrompendo la frase a metà. Laura Cavell aprì l'elegante borsetta e ne trasse un altrettanto elegante portafoglio.
«Prendi questo» disse sfilando un mucchietto di banconote piegate e posandole sul bracciolo del divano. «Dovrebbero bastarti finché non sarò tornata tra un paio di giorni. Per allora mi aspetto che tu abbia preso una decisione.»
«Grazie.»
«Cerca di pensare con la testa e non col cuore» fu l'ultima raccomandazione della zia prima di uscire.
La porta si chiuse dietro di lei e Claire fissò le banconote. Sono i miei trenta denari, pensò tragica mente. Il prezzo del tradimento.
Prese le banconote e le aprì per contarle.