In fuga dal milionario: Harmony Collezione
Di Helen Brooks
5/5
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Info su questo ebook
Belli, ricchi e impossibili. Un loro semplice sguardo è sufficiente a sbaragliare le difese di qualsiasi donna: sono gli uomini che chiunque vorrebbe avere al proprio fianco.
Miriam sapeva bene che il matrimonio con Jay Carter non sarebbe potuto durare a lungo. Semplice e normale, non poteva adattarsi alla vita, agli amici e agli ambienti sofisticati cui lui era abituato. Persa ormai ogni fiducia in se stessa, e sentendosi del tutto fuori luogo, Miriam decide così di scappare prima che sia suo marito ad accorgersi dell'errore fatto nel pronunciare il fatidico sì. Miriam, però, non ha fatto i conti con i desideri di Jay: lui ha concesso alla sua sposa in fuga un po' di tempo, nella speranza che torni in sé, ma ora ne ha abbastanza. Miriam avrà tempo fino a Natale per tornare da lui, dopodiché...
Helen Brooks
Helen è nata e cresciuta in Nuova Zelanda. Amante della lettura e dotata di grande fantasia, ha iniziato a scrivere storie sin dall'adolescenza. A ventun anni, insieme a un'amica, partì in nave per un lungo viaggio in Australia, che da Auckland l'avrebbe condotta a Melbourne.
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Anteprima del libro
In fuga dal milionario - Helen Brooks
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Millionaire’s Christmas Wife
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2009 Helen Brooks
Traduzione di Raffaella Perino
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.
© 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5890-591-3
www.eHarmony.it
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1
«Mancano meno di due mesi a Natale, hai deciso quando venire? Ho pensato che sarebbe bello, se tu arrivassi la sera della vigilia e ti fermassi fino a capodanno.»
La voce di sua madre aveva un tono particolare: si capiva che non avrebbe accettato scuse. Miriam sapeva che lo faceva per il suo bene, ma il solo pensiero di trascorrere quei giorni con lei, i parenti e i vecchi amici le sembrava un incubo. Tutti avrebbero pensato a quello che era successo il Natale dell’anno prima, ma avrebbero fatto del loro meglio per non dire nulla, evitare domande e comportarsi in modo naturale.
Miriam fece un respiro profondo. «Mi spiace, ma ho altri programmi.»
«Altri programmi?» La voce di Anne Brown si indurì. «Cosa vorresti dire? Non avrai intenzione di startene rinchiusa in quell’orrendo buco per piangerti addosso, spero!»
«Non è orrendo e non starò rinchiusa a piangermi addosso. Andrò a sciare in Svizzera.»
«A sciare?» La voce della madre era così stridula che Miriam dovette allontanare il telefono dall’orecchio. «Ma tu non sai sciare!»
«Prenderò lezioni» rispose Miriam paziente.
«Quando l’hai deciso?»
«Ho preso i biglietti ieri, con Clara.»
«Clara? Dovevo immaginare fosse opera sua.» Adesso la voce era decisamente ostile.
Miriam aveva sentito abbastanza. «A essere sinceri sono stata io a dirle che avevo intenzione di andare in Svizzera e lei mi ha chiesto se poteva venire. Credo che anche lei fosse preoccupata per me e non le piaceva l’idea di lasciarmi sola durante le feste.»
Sua madre aveva incontrato Clara solo una volta, quando Miriam si era trasferita in quel monolocale nella palazzina a Kensington, ma la cresta color malva sulla testa della ragazza, il trucco pesante e l’abbigliamento punk, per non parlare dei numerosi piercing, le erano valse l’etichetta di pessima influenza. In realtà Clara era una delle persone più divertenti, dolci e generose che Miriam avesse mai incontrato. Non ce l’avrebbe fatta a superare gli ultimi dieci mesi senza il suo aiuto.
La madre sospirò. «Jay sa che hai intenzione di passare il Natale in Svizzera?»
Non ti innervosire. Tua madre ti vuole bene ed è preoccupata. E poi non ti conviene proprio peggiorare le cose, dandole un motivo in più per iniziare la solita predica.
«Perché mai Jay dovrebbe essere a conoscenza dei miei piani, mamma?» chiese Miriam.
«Perché è tuo marito, tesoro.»
«Solo sulla carta.» Fece un respiro profondo. «Ho intenzione di chiedere il divorzio.» Chissà perché non l’aveva ancora fatto... Ah, certo, perché non aveva avuto la minima voglia di contattarlo e di affrontare tutti i problemi che ne sarebbero seguiti. Era stato più semplice far finta che lui non esistesse, mentre Miriam si leccava le ferite e cercava di recuperare il proprio equilibrio. E ci era riuscita. Adesso si sentiva molto, ma molto meglio, si rassicurò. Era finalmente tornata se stessa.
«Quindi ti ostini a non credergli?»
Quante volte avevano già discusso al riguardo, dal giorno in cui aveva lasciato la casa in cui abitava con Jay e si era trasferita nel monolocale? Decisamente troppe.
«Questa conversazione non ha alcun senso e io sono in ritardo per un appuntamento. Ti chiamo più tardi, okay? Ti voglio bene.»
Miriam spense il cellulare. Sapeva che la madre non avrebbe apprezzato il gesto, ma decise che quella volta se le sarebbe sorbite il suo patrigno le lamentele. Chiuse gli occhi per un istante. Non era mai riuscita a capire come mai sua madre continuasse a tenere Jay in palmo di mano nonostante quello che le aveva fatto. Be’, a pensarci bene, nessuna donna sapeva resistere a uno sguardo dei suoi. Era successo anche a lei un tempo.
Prese le chiavi e, dopo aver dato un’ultima occhiata alla stanza luminosa e sgombra, uscì, diretta all’appartamento di Clara. A dirla tutta aveva trovato orrendo quel monolocale la prima volta che lo aveva visto in una triste giornata di vento a inizio anno, riconobbe mentre scendeva le tre rampe di scale dell’edificio vittoriano. Poi, però, l’olio di gomito, diverse mani di vernice, nuovi pavimenti laminati e i mobili avevano fatto il miracolo e adesso era diventato il suo piccolo rifugio, si disse, fermandosi davanti alla porta dell’amica. Aveva scelto un divano color crema che alla sera diventava un letto e accanto alla grande finestra con una vista panoramica sui tetti di Londra aveva sistemato un bel tavolino. La porzione di cielo aperto sovrastante non smetteva mai di incantarla, di giorno e di notte. Il cucinino in un angolo della stanza soddisfaceva in modo adeguato i suoi bisogni culinari e l’armadio a muro fatto su misura, ora dipinto di bianco, era abbastanza capiente, in modo che non ci fossero cianfrusaglie in giro per l’appartamento. Miriam aveva infatti imparato presto che bastavano un maglione o una giacca su una sedia a rendere disordinato un locale così piccolo.
Clara andò subito ad aprirle come sentì bussare alla porta. «Sei puntualissima, come al solito» le disse con ammirazione. La puntualità non era certo il suo forte.
E nemmeno l’ordine, pensò Miriam, cercando di avvicinarsi alla cucina mentre si faceva largo tra i vestiti, le riviste, le scarpe e altre cianfrusaglie sparse sul pavimento. «C’è un profumino fantastico!» esclamò. Nonostante tutto, Clara aveva una grandissima dote: con qualsiasi ingrediente trovasse in casa, poteva creare dei piatti incredibilmente deliziosi. «Cos’hai cucinato?»
Clara fece una smorfia. «Non avevo nulla in casa, quindi ho preparato solo un pasticcio di cipolle e salsiccia con senape, niente di speciale» rispose. Poi, indicando una bottiglia aperta sul piccolo bancone che separava la cucina dal resto della stanza, aggiunse: «Versati pure un bicchiere di vino. È buono, l’ha portato Dave l’altra sera».
Da quando Miriam l’aveva conosciuta, Clara aveva avuto molti ragazzi, ma nessuno era mai durato più di un mese. Appena loro si mostravano interessati, infatti, l’amica iniziava ad annoiarsi e non perdeva tempo a mostrare loro la porta. Secondo Miriam, era proprio il fatto che tutti si innamorassero di lei a dar fastidio a Clara. La ragazza non era certo superficiale, ma quando la sfida era finita non trovava più motivo per continuare la relazione. Dave aveva fatto la sua comparsa solo due settimane prima, ma si poteva già notare una nota disinteressata nella voce dell’amica.
Miriam guardò Clara. «Lo vuoi lasciare, vero?» le chiese. «Non dirmi che ha già parlato del vostro futuro insieme?»
Clara sogghignò. «Vuole farmi conoscere la sua famiglia» ammise. «Insomma, mi ci vedi a incontrare sua madre? Le farei venire un infarto!»
Miriam sorrise, ma in realtà invidiava il modo spensierato con cui Clara affrontava la vita e l’amore. Erano molto diverse, pensò mentre beveva un sorso di vino, tra l’altro buonissimo. Forse era proprio per quella ragione che andavano tanto d’accordo. Clara era uno spirito libero nel vero senso della parola e il suo modo d’essere si rifletteva nell’aspetto e nei vestiti che indossava. Lei, invece, non aveva mai desiderato altro che essere moglie e madre, fin dai tempi in cui era una bambina e giocava con le bambole. Clara faceva ricerche per una rete televisiva, un lavoro faticoso ma anche molto vario in cui era bravissima. Lei era la segretaria di un famoso avvocato e amava il fatto che nelle sue otto ore non ci fossero mai sorprese né imprevisti. Clara era piena di vitalità, mentre lei era pacata, e forse era proprio quella sua caratteristica che aveva fatto scappare Jay così presto dal loro matrimonio, si disse amara. Era troppo monotona e poco interessante per tenersi un uomo come Jay Carter.
«Stai di nuovo pensando a lui, non è vero?» disse Clara all’improvviso. «Lo capisco subito. Ti viene quell’espressione apatica, come se avessi visto un fantasma. Ha chiamato di nuovo?»
Miriam scosse la testa.
«Ha scritto?»
«No, non lo sento dalla primavera scorsa.»
«Da quella volta in cui gli hai detto che di lui ti disgustava anche solo il pensiero e ti eri pentita di averlo sposato?»
Ogni tanto la memoria di Clara era fastidiosa. Miriam non era orgogliosa di quella conversazione e sapeva di aver detto fin troppo. «Sì» mormorò, prima di bere un altro sorso di vino.
«Quindi, perché quella faccia?»
«È la mia, non posso cambiarla» rispose Miriam. Quando Clara alzò un sopracciglio con il piercing e rimase in attesa, si decise ad aggiungere: «Mi ha chiamata mia madre. Le ho detto di Natale.»
«Ah.» L’amica servì una generosa porzione di pasticcio nei piatti e aggiunse tre grosse salsicce cotte alla perfezione. «Ti ha chiesto se lo hai informato che passerai il Natale con la strega e tu le hai risposto che non sono affari di Jay.»
Erano momenti come quello che dimostravano perché Clara fosse così ammirata nel mondo del lavoro che aveva scelto, nonostante i suoi modi anticonformisti. Sotto i capelli color malva si nascondeva una donna sorprendentemente intelligente e acuta.
«Qualcosa del genere» mormorò Miriam.
«Immaginavo. Ora ci finiamo questa bottiglia, poi ne apriamo un’altra e non parliamo più di uomini, va bene?» Gli occhi azzurri di Clara incrociarono quelli color nocciola di Miriam. «Dopo parleremo della Svizzera e degli abiti eleganti che dovremo comprare per le serate con gli uomini incredibili che incontreremo.»
«Pensavo dovessimo dimenticarci degli uomini.»
«Solo di quelli del passato e del presente. Il futuro è un’altra cosa. Oh, no! Mi è appena venuta in mente una cosa, non posso venire in Svizzera.»
Miriam notò la nota di preoccupazione nella voce di Clara. «Perché no?»
«Come farà Babbo Natale a trovarmi, se sono in un altro paese?»
«Sei proprio matta.» Miriam sorrise e diede una leggera gomitata all’amica. Era una matta molto dolce.
Erano le dieci passate quando Miriam rientrò a casa, di umore migliore rispetto a quando era uscita. Clara era un rimedio davvero incredibile, pensò, sorridendo mentre entrava nella stanza e accendeva la luce. Aveva lasciato il cellulare a casa per non rischiare di dover parlare di nuovo con sua madre, ma quando lo vide si sentì in dovere di controllare i messaggi in segreteria.
Ne trovò due. Il primo era della madre, come immaginava. Conciso e laconico, diceva che naturalmente poteva fare quello che voleva a Natale, ma le ricordava che i parenti sarebbero rimasti molto male se non l’avessero vista e che, dati i problemi di salute della vecchia zia Abigail, poteva