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Giorno e... notte con il capo: Harmony Jolly
Giorno e... notte con il capo: Harmony Jolly
Giorno e... notte con il capo: Harmony Jolly
E-book165 pagine2 ore

Giorno e... notte con il capo: Harmony Jolly

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Info su questo ebook

Amore e lavoro possono andare d'accordo?
Certo. Provare per credere!


Reece Weston si reputa un uomo soddisfatto sotto ogni punto di vista: successo, soldi, un lavoro che ama e tutte le donne che vuole, quando vuole. Eppure, nel momento stesso in cui la dolce Jess Cassidy comincia a lavorare per lui, sente che c'è qualcosa che non va. La sua vita, forse, non è piena e appagante come crede.
La ragazza è l'esatto opposto di tutte le donne che ha sempre frequentato. Il suo fascino mascolino sembra non avere effetto su di lei. Non può andare avanti così. Lui ha bisogno di lei e non più solo da un punto di vista lavorativo.
LinguaItaliano
Data di uscita10 lug 2018
ISBN9788858984352
Giorno e... notte con il capo: Harmony Jolly
Autore

Barbara Hannay

Vive nel Queensland. Dopo anni d'insegnamento, ha deciso di coltivare la sua passione: scrivere.

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    Anteprima del libro

    Giorno e... notte con il capo - Barbara Hannay

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Cattleman’s Special Delivery

    Harlequin Mills & Boon Romance

    © 2012 Barbara Hannay

    Traduzione di Elisabetta Motta

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-435-2

    1

    Jess cambiò posizione sul sedile del passeggero nel tentativo di stare più comoda, mentre l’automobile percorreva la solitaria strada di campagna e i tergicristalli si muovevano freneticamente sotto la pioggia.

    Incinta alla trentaquattresima settimana, lei avrebbe trovato quel viaggio fastidioso in qualunque altra circostanza.

    Quella sera piovosa, nell’oscurità nera come l’inchiostro, con la musica sbagliata diffusa dalla radio e il monotono rumore dei tergicristalli, il viaggio era decisamente troppo lungo e disagevole a quell’ora della notte.

    Accanto a Jess, suo marito masticava una gomma e tamburellava con le dita sul volante, al ritmo dell’ultimo successo del suo gruppo musicale preferito. Alan sembrava contento. Quel giorno aveva ottenuto un nuovo lavoro come gestore di un pub nell’entroterra, un’occasione, finalmente, per assicurarsi una fonte di guadagno regolare. Jess aveva dovuto ammettere di essere stata felice di quel nuovo inizio, lontana dalle tentazioni della città che avevano causato loro tanti problemi.

    Erano andati a Gidgee Springs per dare un’occhiata al locale e firmare il contratto e di lì a qualche mese, quando il loro bambino fosse stato abbastanza grande, anche lei avrebbe potuto lavorare in cucina, contribuendo a incrementare le entrate. Fantastico.

    Di certo, la vita in una piccola città dell’entroterra non era quella che Jess aveva immaginato il giorno in cui aveva recitato le sue promesse di matrimonio, ma era stata ingenua a sposare Alan Cassidy su una romantica spiaggia tropicale al tramonto. Adesso, tre anni più tardi e molto più saggia, vedeva quel nuovo lavoro come l’occasione necessaria per ricominciare e sistemare le cose. Finalmente.

    Mentre la macchina avanzava, Jess fissava la strada davanti a sé, preoccupata che i fari fossero troppo deboli per la pioggia intensa. Permettevano a stento di distinguere la linea bianca sull’asfalto e lei era grata che il traffico fosse scarso.

    Chiuse gli occhi, sperando di assopirsi, di ritrovare se stessa, invece di ricordare la terribile giornata in cui aveva quasi lasciato Alan dopo che lui aveva perso i loro ultimi soldi su un altro, assurdo affare.

    Jess aveva preso quella difficile decisione, anche se sapeva per esperienza che essere una madre single era una scelta davvero dura.

    Lei non aveva mai conosciuto suo padre, era cresciuta con la madre e una serie di zii e non aveva avuto la vita che desiderava. Ma aveva capito che avrebbe dovuto lasciare Alan, anche a costo di sacrificare il suo sogno di una perfetta famiglia con due genitori. Quel sogno si era già infranto il giorno in cui Alan aveva bruciato i loro risparmi.

    Da single, Jess sarebbe almeno riuscita a controllare le sue entrate e avrebbe trovato il modo di mantenere un tetto sulla testa del suo bambino. Poi, all’ultimo momento, Alan aveva visto l’annuncio di quel lavoro del pub. Era un’altra possibilità.

    E Jess era rimasta.

    Anni prima, sua madre l’aveva messa in guardia sul fatto che il matrimonio fosse un gioco d’azzardo e che pochissime persone potevano sperare in un lieto fine. E adesso lei stava affrontando quell’ultimo rischio, pregando che da quel giorno in poi le cose sarebbero state diverse.

    Oh Dio, fai che siano diverse.

    Avrebbero concluso quell’interminabile viaggio a Cairns. Il loro bambino sarebbe nato di lì a qualche settimana e tutti e tre avrebbero iniziato una nuova vita a Gidgee Springs.

    Avrebbe concesso al suo matrimonio un’ultima possibilità.

    Reece Weston non aveva nemmeno visto la macchina nel fossato. Stava per svoltare verso la sua proprietà quando i fari illuminarono la sagoma rotonda di un canguro privo di vita sotto la pioggia sul ciglio della strada e i segni di una sbandata. Mentre avanzava con l’auto, colse il bagliore del metallo bianco.

    La paura gli attanagliò lo stomaco mentre scendeva dall’abitacolo. Una piccola utilitaria si era ribaltata nel canale roccioso.

    Era sicuro che il veicolo non fosse lì da più di un’ora o due e lui poteva essere la prima persona che era passata. Un’espressione grave in volto, prese la torcia dal vano portaoggetti e infilò il suo telefono cellulare nella tasca del cappotto.

    La serata era buia, senza luna, e il vento sferzava la pioggia sul viso, mentre lui faceva i conti con l’argine scivoloso. La portiera del lato passeggero era aperta, il sedile vuoto. Puntò la torcia sul fondo del dirupo, augurandosi di non trovare un corpo sbalzato fuori per lo schianto. Non vide nessuno, ma quando si chinò sul groviglio di lamiere scorse la figura di un uomo accasciato sul volante.

    Fece velocemente il giro dell’auto e aprì la portiera, sganciò la cintura di sicurezza attorno al corpo del guidatore poi controllò il battito cardiaco sul collo.

    Nessun segno di vita.

    Tastò il polso. Non fu più fortunato.

    In preda al panico, spalancò la portiera posteriore, tirò fuori una valigia e abbassò il sedile. Ci sarebbero volute ore prima che arrivassero i soccorsi e sarebbe spettato a lui salvare quell’uomo. Sistematosi accanto al corpo, nel ristretto spazio a disposizione, cominciò a eseguire il massaggio cardiaco.

    Su, amico, riprendi a far battere il tuo cuore.

    Lui lo aveva praticato solo sui manichini e non aveva alcuna esperienza di primo soccorso, ma era contento che l’esercizio gli tornasse utile in quel momento mentre ripeteva il procedimento, quindici compressioni e due respiri lenti.

    Non era sicuro da quanto tempo stesse lavorando quando udì un pianto distante. Il debole lamento fluttuò attraverso la pioggia e, per un secondo, pensò di averlo immaginato o di essere stato ingannato dal sibilo del vento. Ma lo sentì di nuovo. Più forte e distinto, questa volta.

    «Aiuto, qualcuno mi aiuti, per favore...»

    Era una donna. Doveva essere il passeggero dell’auto.

    Afferrò il cellulare e digitò il numero dell’unico distretto di polizia locale, pregando di ricevere una risposta che, con suo sollievo, arrivò all’istante. Non poté essere più contento di sentire la voce dura e gracchiante del sergente.

    «Mick, sono Reece Weston. C’è stato un incidente all’ingresso della mia proprietà, Warringa. Una berlina ha investito un canguro ed è finita fuori strada. Ho praticato il massaggio cardiaco al guidatore ma senza successo, temo. L’uomo non dà segni di vita. E adesso c’è qualcun altro che chiede aiuto. Vado subito a controllare.»

    «D’accordo, Reece. Allerto i soccorsi e ti raggiungo subito. Ma sappi che mi ci vorranno almeno due o tre ore. E per l’ambulanza forse anche di più. Con tutta questa pioggia, potrebbe avere problemi ad arrivare sul posto. I torrenti sono in piena.»

    Reece si lasciò sfuggire un’impercettibile imprecazione mentre chiudeva la conversazione. C’erano volte come quella, in cui si chiedeva perché i suoi antenati si fossero stabiliti nella parte più remota dell’Australia. Puntò di nuovo la torcia su e giù nel canale, poi risalì sulla strada.

    «Dove sei?» gridò.

    «Sulla strada. Per favore... aiuto...»

    L’unico sentiero lì attorno era quello che conduceva a casa sua. La donna doveva essersi trascinata fuori dall’auto nel tentativo di chiedere soccorso. Sembrava spaventata e sofferente.

    La pioggia batteva con forza sul viso di Reece mentre correva, facendo sobbalzare il fascio di luce della torcia puntata davanti a sé che illuminava le pozzanghere, l’erba fradicia e i sottili tronchi degli alberi della gomma. Svoltata la curva, trovò la donna rannicchiata contro la staccionata di legno.

    Puntò la torcia su di lei e il bagliore gli permise di scorgere il volto pallido e spaurito.

    I suoi capelli erano lunghi e le ciocche bagnate le arrivavano alle spalle. Le braccia, magre e bianche come il viso e sembrava reggere qualcosa...

    Gli bastò avanzare di un passo o due per capire che stava sostenendo il suo ventre gravido.

    Rimase paralizzato dallo shock.

    L’uomo arrivò appena i dolori ricominciarono, forti e crudeli, attanagliando Jess con forza. Lei cercò di respirare, come le avevano insegnato al corso di preparazione al parto, ma non servì a darle sollievo. Era troppo sofferente e impaurita. Non doveva entrare in travaglio in quel momento. Non tre settimane in anticipo, su un sentiero di campagna, sotto la pioggia e in mezzo al nulla. Non con Alan incosciente e incapace di aiutarla.

    L’uomo avanzò. Lei non riusciva a distinguerlo bene, ma sembrava alto e moro. Giovane.

    «È ferita?» le chiese.

    Jess scosse la testa, ma dovette aspettare la successiva contrazione prima di rispondere. «Non penso...» mormorò finalmente. «Ma credo proprio che sia iniziato il travaglio.»

    Lui emise un grugnito di disperazione. Senza dubbio si stava chiedendo che cosa diavolo ci facesse lì una donna in avanzato stato di gravidanza.

    Jess si sentì obbligata a giustificare la difficile circostanza. «Mio marito ha bisogno di aiuto. Stavo cercando di raggiungere un’abitazione.»

    Reece la sostenne per il gomito. A dispetto della pioggia, la pelle del suo palmo ruvido era calda. Erano le mani di un lavoratore. Lei sentì di potersi fidare di quell’uomo. Non aveva scelta.

    «Alan ha perso i sensi» continuò. «Non riuscivo a rianimarlo e mentre risalivo sulla strada sono iniziati i dolori.» Scosse la testa, disperata. «Non ho potuto usare il cellulare perché si è rotto nell’incidente. Lui ha bisogno di un’ambulanza.»

    «L’ho visto» rispose il suo salvatore. Aveva occhi castani, scuri come il caffè e in quel momento la stava guardando con espressione grave. «Ho chiamato la polizia e i soccorsi stanno arrivando. Ma, intanto, penso che lei debba preoccuparsi per se stessa e il suo bambino.»

    La risposta di Jess fu soffocata da un ansito mentre arrivava un’altra contrazione che la consumò, allontanando ogni pensiero dalla sua mente.

    «Si appoggi a me.» Lo sconosciuto le cinse le spalle con un braccio, sostenendola con il suo solido petto.

    Solo averlo lì sembrò aiutarla.

    «Grazie...» mormorò timidamente quando il dolore fu passato.

    «Ascolti, lei non può stare qui.» Il suo buon samaritano si tolse l’impermeabile e lo drappeggiò attorno alle sue spalle. «Questo le impedirà almeno di bagnarsi prima di salire sul mio fuoristrada.» La sua voce era profonda e gentile. «Ce la fa ad aspettare qui mentre io vado a prenderlo? Farò il più in fretta possibile.»

    «Sì, certo.» Poi si ricordò di aggiungere: «Grazie».

    L’uomo si allontanò, ma fedele alla sua parola, dopo qualche minuto i fari del suo veicolo illuminarono la strada. La portiera cigolò quando l’aprì. Prima di realizzare cosa stesse succedendo, Jess si sentì sollevare da un

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