Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Ti voglio ancora: Harmony Jolly
Ti voglio ancora: Harmony Jolly
Ti voglio ancora: Harmony Jolly
E-book157 pagine1 ora

Ti voglio ancora: Harmony Jolly

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Nate Calhoun non crede ai propri occhi. È finalmente a casa, dopo tutti quegli anni passati nelle zone più pericolose e impervie del pianeta, ora è di nuovo con la propria famiglia. Tante cose sono cambiate nella sua vita, non da ultimo scoprire di avere due fratelli di cui non immaginava nemmeno l'esistenza. C'è un solo punto fermo su cui sa di poter ancora contare, la sua cara amica Sarah. Lui non l'ha mai dimenticata e non gli dispiacerebbe ricominciare da dove si erano interrotti. Questa volta niente e nessuno potrà mettersi tra loro.
LinguaItaliano
Data di uscita9 set 2018
ISBN9788858986790
Ti voglio ancora: Harmony Jolly

Leggi altro di Soraya Lane

Autori correlati

Correlato a Ti voglio ancora

Ebook correlati

Narrativa romantica per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Ti voglio ancora

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Ti voglio ancora - Soraya Lane

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Soldier’s Sweetheart

    Harlequin Mills & Boon Romance

    © 2013 Harlequin Books S.A.

    Traduzione di Laura Polli

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A..

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-679-0

    1

    Larkville, Texas, estate

    Nate Calhoun alzò una mano per schermarsi il viso dal sole. Aveva dimenticato la sensazione che si provava a guardare la prateria, a contemplare il mare d’erba che si estendeva a perdita d’occhio all’orizzonte. Al punto da non potere dire dov’erano i confini del loro ranch e dove iniziavano i confini di un altro.

    Ormai era abituato alla sabbia e alle pietraie, non all’erba.

    Chiuse la porta alle sue spalle e con una smorfia fece qualche passo, facendo meno pressione possibile sulla gamba destra. Quel dannato polpaccio continuava a fargli male, e nonostante cercasse di ignorare il dolore, non riusciva ancora a camminare senza problemi.

    Nate guardò la casa di famiglia a poca distanza, immaginando senza fatica cosa avrebbe trovato se avesse deciso di raggiungerla.

    Di sicuro a quell’ora Nancy, la loro governante, stava riordinando la cucina dopo avere servito la prima colazione. Nell’aria ci sarebbe stato un fantastico profumo di caffè e probabilmente ancora qualcosa da mettere sotto i denti anche per lui.

    Il problema era che non si sentiva pronto a fare di nuovo parte della vita e dei ritmi del ranch. Tanto meno a rispondere alle domande che la sua famiglia non perdeva occasione di rivolgergli non appena ne aveva l’occasione.

    Per quella ragione, da quando era tornato evitava tutti il più possibile e aveva deciso di alloggiare nella dependance per gli ospiti.

    Nate voltò le spalle alla casa e imboccò invece un sentiero che gli era ancora stranamente familiare.

    Da ragazzo, fino a quando non si era arruolato nell’esercito, ogni volta che aveva desiderato un po’ di solitudine aveva percorso quel sentiero per raggiungere un grande albero che si trovava a una certa distanza dalla villa. Rammentò che a quell’epoca appesa ai rami c’era stata una altalena che la brezza faceva ondeggiare.

    Quell’albero era sempre stato per lui una specie di rifugio. Un luogo privato che non aveva mai diviso con nessuno, a eccezione di...

    Chi diamine c’era lì?

    Nate si fermò di colpo. Era abbastanza vicino all’albero per vedere che l’altalena c’era ancora e anche qualcuno seduto sopra.

    Riprese a camminare, zoppicando il meno possibile, ma rendendosi conto che non riusciva a evitarlo completamente.

    Sentendo il suono dei suoi passi, la persona seduta alzò lo sguardo.

    Nate la riconobbe immediatamente.

    Sarah.

    Dopo tutti quegli anni, non avrebbe mai immaginato di rivedere Sarah Anderson sotto quell’albero.

    A quanto pare, certe cose non cambiano mai, pensò con ironia.

    Vedendolo avvicinarsi, Sarah si alzò e gli rivolse un sorriso timido, le guance leggermente arrossate per l’emozione.

    «Ciao, Nate.»

    Lui fece del suo meglio per ricambiare il sorriso. Il problema era che un gesto semplice come sorridere a una persona che gli voleva bene non gli veniva più spontaneo. Inoltre, dopo tanto tempo, non sapeva nemmeno se lei gliene volesse ancora.

    «Sarah» rispose, fermandosi a qualche passo da lei.

    La vide esitare e arrossire di nuovo. Un attimo dopo, però, lo raggiunse e lo abbracciò.

    Istintivamente Nate si irrigidì. Cercò di rilassarsi ma non ci riuscì. Neppure con le braccia di lei strette intorno alla vita e i magnifici riccioli rosso scuro che gli sfioravano il mento.

    In passato, avrebbe dato chissà cosa perché Sarah lo tenesse in quel modo.

    Adesso, invece, provò l’impulso di fuggire.

    «Ti trovo bene, Nate» gli disse, lasciandolo andare. «Sono contenta che tu sia tornato. Non riesco a credere che sei di nuovo a casa.»

    Lui annuì, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni.

    «Anch’io sono contento di essere qui, anche se...» Si interruppe, rendendosi conto che non poteva mentire a Sarah. «Molte cose sono cambiate.»

    «Mi spiace molto per tuo padre» replicò, posandogli una mano sul braccio come per confortarlo. «Era sempre gentile con me, ogni volta che venivo qui.»

    Nate accennò un sorriso, e questa volta risultò meno forzato.

    «Sì, gli eri simpatica» annuì, rammentando che da bambini lui e Sarah erano stati amici per la pelle e a suo padre non era affatto dispiaciuto. Forse perché non c’era nessuno a Larkville che non volesse bene a Sarah Anderson.

    La guardò negli occhi mentre lei ritraeva la mano e un attimo dopo si pentì di averlo fatto. In quel momento, infatti, si rese conto di non avere mai dimenticato gli splendidi occhi castano dorato di lei. E nemmeno il suo sguardo che sembrava leggergli nel profondo, indovinando cosa pensasse e provasse.

    Adesso però nemmeno Sarah era in grado di immaginare quello che si stesse agitando dentro di lui.

    Sarah lo guardò un istante, come se non sapesse cosa dire. Un attimo dopo sorrise di nuovo.

    «Ti hanno detto che mi hanno convinta a fare parte del comitato organizzatore del Festival d’Autunno? Da una parte sono contenta perché ci sarà una dedica speciale a tuo padre, dall’altra mi sto rendendo conto che non è facile tenere in riga certi nostri concittadini» gli spiegò, con una punta di divertimento nella voce.

    Nate non poté fare a meno di sorridere. In modo più spontaneo, senza lo sforzo che doveva metterci di solito per dimostrare alla sua famiglia che andava tutto bene.

    «Scommetto che ti piace tenerli in riga.»

    Sarah lo guardò, indignata e divertita nello stesso tempo, e Nate si rese conto quanto gli fosse mancata la presenza di lei. Di più, si era dimenticato quanto Sarah fosse dolce e sensibile oltre che bellissima.

    Fu come un guizzo di felicità improvviso, che per un momento lo fece sentire come se non avesse mai lasciato il ranch, mai visto quello che desiderava dimenticare, mai fatto quello che...

    Con uno sforzo di volontà Nate bloccò quel corso di pensieri e cercò di focalizzare la propria attenzione sul bel viso di Sarah invece che su certi ricordi che lo perseguitavano.

    «Sei tornato per restare, Nate?»

    Quella domanda semplice e diretta lo riportò bruscamente alla realtà.

    «Sì» rispose, facendo lui stesso fatica a credere che dopo anni la sua carriera nell’esercito fosse davvero finita. Era tornato a casa, ma nel frattempo aveva perso suo padre e sua madre.

    Sì, molte cose erano cambiate... La casa senza di loro non gli sembrava nemmeno più la stessa.

    «Sei sicuro?»

    «Sicuro» rispose, un po’ brusco. Cosa voleva sapere Sarah? La verità? La ragione per cui era tornato? Be’, in quel caso poteva mettersi l’anima in pace. Non era disposto a confidare a nessuno i dettagli di quella brutta storia, tanto meno a lei.

    «Scusa... Non intendevo essere curiosa» mormorò Sarah, come se gli avesse letto nel pensiero. «Moose!» chiamò ad alta voce, voltandosi.

    Moose? Chi diamine era?, si chiese Nate. Anche lui si voltò, immediatamente all’erta, come aveva imparato a fare nelle zone di guerra, la gamba che gli pulsava dolorosamente.

    «Moose!» chiamò di nuovo Sarah.

    Un attimo dopo fra l’erba alta della prateria comparve la sagoma di un grosso cane, che li raggiunse di corsa.

    Il cane lo guardò sospettosamente, assumendo una posizione protettiva nei confronti di Sarah.

    «Da quando hai un cane?» le domandò.

    «Sai bene che ho sempre avuto un debole per i randagi e gli animali in difficoltà» replicò lei, accarezzando affettuosamente il bel muso del cane. «È stato tuo fratello a trovarlo un po’ di tempo fa e a dargli questo nome perché aveva le zampe così magre che sembravano quelle di un cucciolo di alce. Nessuno sa come sia finito da queste parti, forse è stato abbandonato. Ma da allora è sempre stato con me.»

    Nate osservò un istante il pastore tedesco, pensando che non gli piaceva affatto il modo in cui lo stava guardando. Il cane sembrava stesse sfidando la sua autorità e per deformazione professionale lui non era abituato al fatto che qualcuno potesse farlo.

    «È poco amichevole con Todd quanto lo è con me?»

    Udendo quel nome, Sarah smise di sorridere.

    «Sarà meglio che me ne vada, adesso... Mi ha fatto piacere rivederti, Nate.»

    «Anche a me.»

    Avrebbe potuto chiederle di restare. Magari dare una carezza a quel dannato cane, invece di comportarsi come se si fosse sentito minacciato nel proprio territorio. Perché in fondo si sentiva solo e non poteva negare che rivedere Sarah gli avesse fatto piacere. Almeno lei non lo aveva tempestato di domande come la sua famiglia quando era tornato al ranch.

    Dopo tanti anni passati nell’esercito, in compagnia di altri uomini, lavorando e vivendo con decine di altri soldati, si sentiva solo.

    Parenti e amici gli sembravano degli estranei. Nessuno con cui desiderasse parlare.

    Da quando era tornato a casa, Sarah era la prima persona che era riuscito a farlo sorridere spontaneamente dopo tanto tempo.

    Ma invece di chiederle di restare, la guardò allontanarsi. E in quel momento gli sembrò di rivivere la stessa scena di sei anni prima, quando le aveva detto che aveva intenzione di prestare servizio nell’esercito e lasciare Larkville.

    E poi il giorno in cui il loro legame si era definitivamente spezzato.

    Mentre si allontanava, Sarah guardò Moose che correva davanti a lei agitando la coda. Ma l’unica cosa a cui riusciva a pensare era Nate Calhoun.

    Rivederlo dopo tutti quegli anni era stato...

    Non sapeva nemmeno lei come definire le emozioni che aveva provato, pensò, imponendosi di non voltarsi per vedere se lui era ancora là dove lo aveva lasciato.

    Nate era stato il primo, grande amore della sua vita, e per quanto cercasse di negare che ci fosse ancora qualcosa fra loro, in realtà si sentiva ancora attratta da lui come il ferro dalla calamita.

    Perché dopo tanto tempo, dopo che lui l’aveva lasciata, non riusciva a toglierselo dalla mente? Quando sei anni prima si era arruolato nell’esercito ed era partito per una missione all’estero, aveva avuto l’impressione che le si spezzasse il cuore. Nate se ne era andato, rinunciando a lei come a un semplice filarino estivo.

    «Sarah, cosa fai qui?»

    Quella voce femminile la riportò bruscamente alla realtà e di colpo si accorse di quanto fosse vicina alla casa. Ogni volta che vedeva la villa dei Calhoun, non mancava mai di restare impressionata dall’atmosfera accogliente che vi regnava e dalle dimensioni che la rendevano una delle ville più ampie e ben tenute della contea di Larkville.

    «Sono venuta a dare un’occhiata al mio nuovo cavallo, ma Moose si è messo a inseguire qualcosa nella prateria e

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1