Il mio amico indimenticabile
Di Soraya Lane
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Info su questo ebook
Rebecca Stewart e Ben McFarlane sono cresciuti insieme. Migliori amici prima, con la comune passione per i cavalli, emozionati amanti poi, finché, una sera, l'incantesimo si è spezzato e Ben ha lasciato Rebecca per seguire il suo sogno: diventare un campione di polo. Quattro anni dopo lui è di nuovo a Melbourne. Ora è un idolo sportivo, ricercato dalle donne, ma quando incontra Rebecca è come se il tempo non fosse mai trascorso. A legarli c'è ancora un'attrazione elettrizzante. E, a quanto pare, qualcosa di molto più sorprendente: una splendida bimba di nome Lexie!
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Anteprima del libro
Il mio amico indimenticabile - Soraya Lane
978-88-3051-586-4
1
Ben McFarlane entrò nel ristorante.
Erano passati quasi quattro anni dall'ultima volta che Rebecca Stewart l'aveva visto, ma i suoi capelli biondi tagliati corti, le spalle larghe e gli occhi magnetici, capaci ancora di toglierle il respiro, erano esattamente come li ricordava.
«Da quanto tempo!»
Lo sguardo di Ben si addolcì mentre lui le si avvicinava e le sue labbra si aprirono in un sorriso, che tuttavia non la ingannò. Lo conosceva troppo bene per non rendersi conto che qualcosa lo turbava.
Il ricordo dell'ultima e unica notte che avevano trascorso insieme era impresso in modo indelebile nella sua mente. Rammentava ogni dettaglio di quella sera, ogni espressione sul volto di Ben, e le sembrò di essere tornata indietro nel tempo.
A disagio, ricambiò il suo sorriso. Ben non può sapere di avere una figlia. È impossibile, tentò di tranquillizzarsi, anche se il suo atteggiamento le suggeriva il contrario. Scacciò in fretta quel pensiero. Ben doveva essere passato a trovarla per un altro motivo.
«Ehi, straniero! Non sapevo che fossi tornato!»
Rebecca aggirò il bancone e si lisciò il grembiule, indecisa se abbracciarlo o limitarsi a stringergli la mano. Come avrebbe dovuto comportarsi nei confronti di quell'uomo che non vedeva da anni e che era stato il suo migliore amico prima di diventare il suo amante?
«Ciao» la salutò lui, allargando le braccia.
Incerta, Rebecca lo guardò a lungo prima di lasciarsi abbracciare. Con la testa appoggiata alla sua spalla, cercò di rilassarsi, concentrandosi sul proprio respiro. Erano soltanto due vecchi amici che si ritrovavano dopo molto tempo.
Tuttavia, benché fossero trascorsi diversi anni dal loro ultimo incontro, Ben era ancora in grado di farle battere il cuore all'impazzata. Chiusa tra le sue braccia, Rebecca rivisse alcuni momenti di quella lontana notte che aveva trasformato il loro rapporto per sempre. Un'amicizia che durava da dieci anni era diventata all'improvviso qualcosa di più. Si erano amati, anche se solo per poche ore.
Era avvenuto tutto molto in fretta, alla vigilia della partenza di Ben per l'Argentina.
«Come stai, Bec? Non ho più ricevuto tue notizie.»
Lei si ritrasse, rabbrividendo benché facesse caldo, un braccio intorno alla vita come per proteggersi da un eventuale colpo, l'altro penzoloni lungo il fianco.
«Sto bene» rispose. «Alla grande» aggiunse, cercando di essere convincente.
«E i tuoi genitori?»
Rebecca immaginò che sarebbero stati contenti di sapere che Ben era tornato in città. «Se la cavano» asserì con un sorriso sincero. «Si godono la pensione, quindi tocca a me mandare avanti il locale» dichiarò, lanciando un'occhiata alle sue spalle in direzione della cucina.
Ben conosceva bene quel posto. Ci aveva lavorato da ragazzo insieme a Rebecca per racimolare qualche soldo, poi era cresciuto e aveva scelto di trasferirsi in Sud America.
«E che cosa mi dici di te? Come mai sei tornato?» domandò lei, sviando la conversazione dalla sua famiglia.
Ben affondò le mani nelle tasche dei jeans e abbassò lo sguardo prima di riportarlo su di lei.
«Non sarà successo qualcosa a tuo nonno?» lo incalzò lei con ansia.
«Purtroppo la sua salute è peggiorata negli ultimi tempi, così ho deciso di venire a vedere di persona come se la cava» mormorò lui, raddrizzando le spalle. «Inoltre avevo voglia di tornare a casa. Ho fatto la mia esperienza all'estero e posso ritenermi soddisfatto.»
«Davvero? Non è che per caso tu stia diventando troppo vecchio per impugnare una mazza e inseguire una pallina in sella a un cavallo?» lo schernì lei, osservando il suo fisico atletico. Non si sarebbe mai aspettata che un giocatore come Ben rinunciasse volontariamente alla sua carriera sportiva.
«Non sono troppo vecchio» si difese lui con un sorriso. «E sono in perfetta forma fisica, perciò non provocarmi. Ho lasciato Gus da solo per troppo tempo. Adesso ha bisogno di me, e io di lui. Mi è mancato moltissimo.»
«Significa che non sei di passaggio? Hai intenzione di restare?»
«Sì, almeno per il momento. Se ti fossi sforzata di rispondere alle mie mail, ti avrei fatto conoscere le mie intenzioni.»
«Ben... sono stata molto impegnata e sono successe così tante cose! Mi dispiace» si scusò Rebecca. Del resto, quando lui era andato in Argentina, per qualche tempo non le aveva scritto. Se avevano perso i contatti la colpa era di entrambi.
Ben la scrutò a lungo prima di spostare lo sguardo altrove.
«Quando sei arrivato? E quali progetti hai per il futuro?»
«Nessun progetto in particolare. Mi dedicherò alla fattoria di mio nonno e poi... si vedrà.»
Rebecca non mostrò nessuna reazione, benché il suo cuore avesse cominciato a battere violentemente. Sapeva che per Ben il polo era l'unica ragione di vita e non riusciva a credere che adesso rinunciasse con tanta facilità alla carriera che aveva sempre sognato. «Significa che smetterai di giocare?»
Lui scrollò le spalle, com'era sua abitudine quando si sentiva a disagio. «Le cose cambiano, Bec. Sai com'è» sospirò.
La vita poteva cambiare da un momento all'altro, lei lo sapeva bene, ma non credeva che Ben avesse scelto di lasciare i suoi amici e il gioco del polo perché stanco di quello sport. Molto probabilmente le condizioni di Gus erano più gravi di quanto lui stesso non volesse ammettere.
«Per rispondere alla tua domanda... sono appena arrivato. I cavalli continuano a essere la mia passione, ma per il momento mi sono preso una pausa dal gioco. Tutto qui» spiegò. «Più tardi andrò a Geelong» aggiunse, guardandola negli occhi.
Rebecca tornò dietro il bancone, come per mettersi al riparo. Stava tremando, ma non di freddo.
A Geelong c'era la fattoria di Gus, un luogo che le stava molto a cuore e che lei considerava come la sua seconda casa. Rebecca e Ben avevano trascorso intere giornate a osservare il nonno addestrare i puledri, e piano piano il suo migliore amico aveva cominciato a interessarsi al gioco del polo, passione che poi lo aveva portato in Argentina. Era stato difficile per lui staccarsi dai propri affetti, ma era stata dura anche per Rebecca perdere il suo migliore amico.
«La scorsa settimana il nonno ha compiuto ottant'anni. Ha il cancro, e non so quanto tempo gli resti» le confidò. «Voglio imparare da lui tutto quello che posso per portare avanti la sua attività.»
«Gus deve essere felice di averti di nuovo con sé» mormorò Rebecca, dispiaciuta per la gravità della situazione. Ben era tornato a casa per assistere il nonno malato, e il dolore che provava doveva tormentarlo più di quanto non le volesse mostrare. «Ti abituerai in fretta ai vecchi ritmi» aggiunse, tanto per spezzare il silenzio.
Erano stati lontano a lungo, erano diventati degli estranei, ma avevano in comune i ricordi della loro giovinezza. L'unico momento di passione che avevano condiviso, epilogo di una serata in cui avevano alzato troppo il gomito, aveva creato un baratro fra loro. La loro amicizia si era improvvisamente trasformata in qualcosa che non avevano saputo gestire.
Un sorriso aleggiò sulle labbra di Ben, ma non arrivò ai suoi occhi, cupi, malinconici, a tratti collerici. Rebecca sapeva di averlo deluso interrompendo i contatti, ma non aveva avuto scelta. Aveva giurato a se stessa che se Ben fosse tornato a casa gli avrebbe raccontato ogni cosa e gli avrebbe parlato della figlia, ma non si sarebbe servita di lei per anticipare il suo rientro, facendo leva sul suo senso del dovere e di responsabilità. Ben aveva legato con i propri compagni di squadra, erano diventati la sua seconda famiglia, e il polo era la sua vita.
«Ricordi quante ore passavamo insieme, sognando il futuro a occhi aperti? Eravamo convinti che saremmo andati entrambi a giocare a polo dall'altra parte dell'oceano, per poi tornare a casa, un giorno, pieni di trofei» sospirò lui.
«È vero» sussurrò Bec, riluttante a rievocare il passato.
«Coraggio... parlami di te. Gira voce che tu abbia una figlia. È vero?»
Rebecca appoggiò il palmo delle mani sul ripiano di acciaio e deglutì. Sì, ho una figlia e tu sei il padre, avrebbe voluto confessargli, ma non era quello il momento giusto. Ben non poteva immaginare che Lexie fosse sangue del suo sangue.
«È vero. Girano in fretta le chiacchiere» tentò di scherzare lei. «Sono la mamma di Lexie» dichiarò, lottando perché la sua voce suonasse ferma.
«Lexie» ripeté Ben, pensieroso. «E chi è l'uomo fortunato?»
«L'uomo?»
«Sì. Tuo marito. O, se preferisci, il papà.»
«Ehm... in realtà non c'è nessun uomo. Siamo solamente Lexie e io.»
«Vuoi dire che il padre di tua figlia ti ha lasciato dopo aver saputo che eri incinta? Per questo motivo hai interrotto i rapporti con me? Perché sapevi che mi sarei messo sulle sue tracce fino a scovarlo?»
Il tono di quella conversazione stava diventando pericoloso. Che cosa avrebbe dovuto replicare Rebecca? Che il bastardo cui si riferiva era lui, anche se non aveva mai saputo della gravidanza? Che era per colpa della maternità che lei aveva smesso di rispondere alle sue mail? Aveva semplicemente scelto di tenere segreta la nascita di Lexie per non tarpare il sogno di Ben di diventare un famoso giocatore di polo. Se lui avesse saputo di aspettare una figlia, sarebbe subito tornato a casa.
«Diciamo che è andata bene così» spiegò lei, scegliendo con cura le parole. «I miei genitori mi hanno aiutato molto. Sono dei nonni meravigliosi e Lexie è una bambina serena. Non le manca nulla.» L'espressione scettica sul volto di Ben la preoccupò.
«Tuo padre non è intervenuto per mettere quell'uomo di fronte alle sue responsabilità? E nemmeno tuo fratello?»
Rebecca respirò a fondo. Doveva guadagnare tempo, così da trovare il modo migliore per spiegare a Ben la situazione. «I miei non hanno colpe e nemmeno responsabilità. Capitano delle cose nella vita che sono fuori dal nostro controllo e bisogna solo prenderne atto.»
Ben aprì la bocca per replicare, ma lei lo interruppe: «Vuoi qualcosa da mangiare? Posso proporti il tuo piatto preferito, le linguine al pesce».
Un ampio sorrise cancellò le rughe dalla fronte di Ben. «Lo preparate ancora?» domandò sorpreso.
«Certo che sì. È un primo molto apprezzato. Fa parte del menu serale e solitamente non lo serviamo a pranzo, ma per te posso fare un'eccezione.»
Questa volta lui la fissò con intensità, senza distogliere lo sguardo. Gli occhi scuri, screziati di pagliuzze dorate, erano lucenti. «Purtroppo devo rinunciare alla tua offerta, ma è come se avessi accettato. Sarà per un'altra volta e, possibilmente, vorrei gustare il mio piatto preferito in tua compagnia.»
Rebecca si morsicò le