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Un mese per conquistarti: Harmony Bianca
Un mese per conquistarti: Harmony Bianca
Un mese per conquistarti: Harmony Bianca
E-book154 pagine2 ore

Un mese per conquistarti: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

Jessica:
Ho perso l'unica possibilità di essere madre, ma l'incontro con Luke ha riacceso nel mio cuore la speranza. I suoi baci intossicanti e gli abbracci affettuosi di sua figlia Lucy mi hanno fatto credere nell'impossibile.
Tuttavia non devo dimenticare che il mio impiego come medico ha una data di scadenza e ho solo un mese per realizzare tutti i miei sogni.


Luke:
Con Jessica io e Lucy crediamo di aver trovato la famiglia che tanto desideriamo. Lei è ancora troppo chiusa in se stessa e nel suo passato per aprirsi a noi.
Ma non ci diamo per vinti e insieme riusciremo a conquistare la donna che potrà realizzare tutti i nostri sogni.
LinguaItaliano
Data di uscita11 giu 2018
ISBN9788858983959
Un mese per conquistarti: Harmony Bianca

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    Anteprima del libro

    Un mese per conquistarti - Louisa George

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    One Month To Become A Mum

    Harlequin Mills & Boon Medical Romance

    © 2012 Louisa George

    Traduzione di Katia Perosini

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-395-9

    1

    Jessica Price si tuffò nelle profondità della piscina sul retro della casa del fratello godendo del refrigerio regalatole dall’acqua fresca. La sensazione di benessere durò un istante soltanto, però, perché un improvviso bruciore le attanagliò i bulbi oculari.

    Accidenti!

    Nuotò a rana fino a bordo vasca e si passò le mani sul viso per asciugarsi gli occhi.

    Nulla da fare, il dolore non passava.

    Provò a mettere a fuoco il giardino, ma non riuscì a distinguere nulla, se non una serie d’immagini sfuocate dai contorni confusi.

    Uscì quindi dalla piscina e, trattenendo il respiro, s’infilò sotto il getto ghiacciato della doccia esterna, riproponendosi di controllare la composizione chimica dell’acqua prima di entrarvi un’altra volta.

    Una rassegnata frustrazione s’insinuò nei muscoli affaticati dal jet lag... altro che nuotata ristoratrice dopo interminabili ore di volo!

    «Ehilà, c’è qualcuno?»

    La voce maschile accompagnata dal cigolio del cancelletto indusse Jessica ad afferrare rapida un telo da bagno e restare in allerta.

    Addio anche alla tanto agognata tranquillità!

    «Ehm... buongiorno!» rispose titubante.

    Chiuse il rubinetto della doccia, si coprì con il telo e si osservò il ventre. Era ben coperto?

    Altrimenti l’uomo dalla voce calda e profonda avrebbe assistito a uno spettacolo che non sarebbe riuscito a dimenticare tanto facilmente. La vista delle sue cicatrici avrebbe prodotto nel povero malcapitato una serie interminabile di incubi, non terribili come i suoi, ma comunque piuttosto inquietanti.

    «Buongiorno» ripeté, cercando di mettere a fuoco la figura davanti a sé. Sollevò il mento e assunse una posa disinvolta, come se intrattenere estranei con indosso un costume slabbrato e il telo sbiadito degli All Blacks del fratello fosse del tutto normale. «Posso aiutarla?»

    «Se aveva in mente di fare un tuffo in piscina, se lo scordi» esordì l’alta massa confusa. «Ci ho appena versato dieci litri di cloro.»

    «Troppo tardi, caro mio. È per questo allora che mi sento gli occhi come dei marshmallow arrostiti su uno stecchino! Dalle mie parti, gli addetti alla piscina avvisano se c’è un eccesso di sostanze chimiche nell’acqua. Quello che ha fatto è pericolosissimo. E se vi si fosse tuffato un bambino?»

    «Dalle mie parti, invece, ci si presenta prima di sparare insulti a destra e a manca!» Il calore della voce era svanito, cedendo il passo a un tono gelido e sprezzante. «E, comunque, non sono un dannato addetto alla piscina. Sono Luke McKenzie.»

    L’eloquente pausa che l’uomo lasciò sospesa nell’aria, lasciava intendere che lei dovesse conoscere quel nome... anzi, che tutti dovessero conoscere quel nome! Era forse un qualche idolo nazionale, tipo un campione di rugby?

    Non ne aveva idea. Dopo i due anni passati ai confini del mondo, non era più molto aggiornata sugli esponenti del jet set neozelandese.

    «E allora?» rispose lei con aria di sfida.

    «E allora sono il socio di suo fratello.»

    «Ah... ora che mi ci fa pensare...» Le guance di Jessica divennero di fuoco mentre il cervello, ancora obnubilato dal jet lag, cominciava imbarazzato a registrare l’informazione. Ricordò il biglietto che suo fratello Zac le aveva lasciato sul tavolo dell’ingresso, e che lei aveva letto distrattamente mentre, appena arrivata, liberava le spalle dal peso dello zaino.

    Luke. Il dottore.

    Che peccato! Con quella voce intensa e vellutata, era davvero sprecato in medicina.

    «Quindi, sei quel Luke!»

    «E immagino che tu sia Jessie. Non dovevi arrivare dalle lande desolate della Mongolia, o dove diavolo eri finita, solo domani?»

    «Non ci sono finita, ci stavo lavorando! E poi ero in Vietnam, non in Mongolia.» Davvero una bella voce, ribadì Jessica tra sé, peccato per le maniere! Tipico di Zac, comunque! Quando l’aveva pregata di sostituirlo nel suo ambulatorio medico, aveva dimenticato di farle presente un po’ di cosette, tra cui il fatto che avrebbe dovuto lavorare con Mister Simpatia! «Ho pensato di prendere il volo prima nella speranza d’incrociare Zac, ma a quanto pare non ho avuto fortuna.»

    «È partito ieri. Voleva passare una notte in più a Queenstown. I festeggiamenti sono qualcosa di leggendario laggiù.»

    Jessica constatò che il dolore agli occhi si era ora trasformato in una fitta feroce sul retro dei bulbi oculari e l’offuscamento della vista andava peggiorando. Sentendosi raggiungere da un delicato aroma di dopobarba a base di limone e spezie, immaginò che l’uomo le si fosse avvicinato.

    Davvero sconcertante!, commentò tra sé cercando di non lasciarsi inebriare da quel profumo.

    «Hai gli occhi rossi come il fuoco. Ti conviene sciacquarli con acqua fredda» suggerì lui.

    «Ma non mi dire!»

    «Forza, vieni con me.»

    Prima che lei potesse replicare, una mano forte l’afferrò e la trascinò in cucina, disponendola davanti al lavello.

    Appena poté, Jessica si liberò stizzita dalla presa. Era diventata una fuoriclasse nell’arte dell’allontanamento di uomini prestanti e sicuri di sé negli ultimi due anni e non aveva alcuna intenzione di capitolare ora, dolore agli occhi o meno.

    «Davvero, sto bene. Me la cavo da sola.»

    «Fortuna che sono tornato indietro. Le esalazioni del cloro possono causare seri problemi di salute. In più, sembri aver freddo.»

    «Chissà come mai!»

    Luke prese un altro telo da bagno e l’avvolse attorno alle spalle di Jessica, senza curarsi, apparentemente, della ritrosia e del sarcasmo che lei continuava a manifestare.

    In realtà, quell’uomo si stava dimostrando particolarmente gentile. Rassicurante e persistente. E con un tocco delicato. Tre qualità che una volta Jessica adorava negli uomini, ma che le esperienze di vita l’avevano poi portata a rifuggire a ogni costo.

    Ti prego, va’ via.

    Strinse con forza il telo tra le mani, desiderando con tutta se stessa di avere qualcosa di più appropriato da indossare. Anche se il costume la copriva quasi da capo a piedi e somigliava a quelli che indossava la vecchia zia Ermenegilda nell’anteguerra, era sicura che le cicatrici fossero comunque visibili. Provò a controllare con un’occhiata fugace, ma il dolore diventava lancinante se muoveva gli occhi.

    «Ho girato il mondo. Posso occuparmi da sola di un lavaggio oculare.»

    «Smettila di discutere e inclina la testa sul lavello. Ho promesso a Zac che mi sarei preso cura di te.»

    «Non credo che accecare sua sorella fosse proprio quello che aveva in mente!»

    Malgrado gli occhi le bruciassero maledettamente, Jessica non poté rimanere immune alla risata che, inaspettata, risuonò calda nella stanza, dileguando come per incanto il suo malumore.

    «Sei sempre così melodrammatica? Sto solo cercando di aiutarti» lo sentì esclamare.

    La maggior parte degli uomini se la dava a gambe davanti ai suoi commenti sardonici, invece Luke sembrava esserne divertito.

    Perché quel giorno le sue iper-collaudate tecniche di allontanamento non funzionavano?, si domandò.

    Provò a rincarare la dose.

    «Saresti più d’aiuto se te ne andassi.»

    «La regina del dramma, senza alcun dubbio! Zac non mi aveva avvisato.»

    «Come ti permetti...?»

    L’acqua fredda cominciò a scorrerle lungo il viso, mettendo a tacere le sue proteste. Con tocco esperto, veniva diretta negli occhi per poi scivolare verso l’attaccatura dei capelli.

    Mister Simpatia le sosteneva la testa, scostandole delicatamente le ciocche di capelli chino su di lei. I suoi muscoli sodi le premevano contro l’anca e le sue dita morbide le accarezzavano mento e collo per dirottare l’acqua in eccesso.

    Quei tocchi leggeri le provocarono piccoli brividi che raggiunsero tutte le sue terminazioni nervose. Piccoli brividi che le fecero desiderare di scoprire le reali fattezze del viso di quell’uomo.

    E il vero colore dei suoi occhi.

    Deglutì a vuoto.

    Dacci un taglio, Jessie!

    Da quando il colore degli occhi contava qualcosa? Quello era solo un medico supponente senza alcun riguardo per le volontà altrui.

    L’ultima volta che si era trovata così vicina a un uomo era quando aveva preso a pugni il flaccido fondoschiena di Michael dopo averlo sorpreso a fare sesso con la sua infermiera. Diretta conseguenza, le aveva rinfacciato impietoso lui, della sua incapacità di soddisfare i suoi bisogni maschili.

    Ripensandoci, Jessica dovette ammettere che la scena poteva anche sembrare divertente, ma le era costato caro imparare a tenersi alla larga dai medici dal tocco delicato e pieni di sé.

    Quindi, bando a brividi e palpiti!

    Scacciò dalla mente la squallida immagine del deretano di Michael, nonché quella di Mister Simpatia, poi si asciugò gli occhi con una salvietta, decisa a riguadagnare il proprio spazio vitale.

    «Ottimo, grazie. Ora puoi anche andare.»

    «Peccato, mi stavo divertendo.» Il sarcasmo di Luke non passò inosservato. «Vado, vado. Ma se non ti passa, faresti meglio a farti dare una controllata.»

    «Puoi starne certo.»

    «E se hai bisogno di qualcosa, fai un fischio.»

    «D’accordo.»

    «E... Zac mi ha chiesto di farti fare un giro.»

    «Un’altra volta, magari.»

    Cioè mai!

    «Certo.» Luke sembrava sollevato. «Stiamo al di là della strada, la vecchia villa bianca.»

    Al di là della strada?

    Fantastico, si era trasferita in Wisteria Lane, con tanto di vicini indiscreti e famiglie dall’aria perfetta. Proprio quello di cui non aveva bisogno!

    Be’ almeno, significava che Luke era sposato e con una mezza dozzina di marmocchi da mantenere. Grazie a Dio, del suo tocco elettrizzante e del suo dopobarba seducente se ne occupava già qualcun’altra.

    Si assicurò di non aver bisogno di nulla. «Non temere, la prossima volta che vorrò farmi schizzare gli occhi fuori dalle orbite per il dolore, farò un salto da te.»

    Attraverso il velo che le offuscava gli occhi, le parve d’intravedere un mezzo sorriso.

    «Allora, ci vediamo qui davanti lunedì mattina alle otto in punto. Ti mostrerò la zona e ti ragguaglierò sulla pratica ambulatoriale durante il tragitto in macchina» concluse Luke. Quindi si voltò e si avviò verso la porta, coprendo la distanza a lunghi passi.

    «Ehi, aspetta.» La familiare sensazione di disagio che Jessie pensava di aver ormai domato le afferrò feroce lo stomaco.

    Salire su una macchina con lui?

    O meglio, salire su una macchina.

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