Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Preda di un cattivo ragazzo (eLit): eLit
Preda di un cattivo ragazzo (eLit): eLit
Preda di un cattivo ragazzo (eLit): eLit
E-book188 pagine2 ore

Preda di un cattivo ragazzo (eLit): eLit

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Bad Boys - Vol. 1. Monroe Latimer è un seducente centauro che ama definirsi un cattivo ragazzo non avvezzo a impegni seri. Ma basta uno sguardo a quel maschio sexy e la petulante Jessie Connor capisce che, pur essendo l'uomo più sbagliato per lei, nessun altro potrà mai farle ribollire il sangue in quel modo. In più quegli occhi magnetici l'hanno ingabbiata e le stanno dicendo che lui la vuole nel suo letto, non di certo per sposarla.



I volumi della serie:

1)Preda di un cattivo ragazzo

2)La rivincita del playboy

3)Amici e amanti

4)Per lavoro e per piacere

5)Seducenti fantasie
LinguaItaliano
Data di uscita30 dic 2016
ISBN9788858964279
Preda di un cattivo ragazzo (eLit): eLit
Autore

Heidi Rice

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

Leggi altro di Heidi Rice

Autori correlati

Correlato a Preda di un cattivo ragazzo (eLit)

Ebook correlati

Erotismo per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Preda di un cattivo ragazzo (eLit)

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Preda di un cattivo ragazzo (eLit) - Heidi Rice

    successivo.

    1

    «Chiunque egli sia è... completamente nudo» bisbigliò Jessie Connor. Tentava disperatamente di mantenere la calma. Ma aveva il cuore in gola e il viso in fiamme.

    Il più magnifico esemplare di maschio che avesse mai avuto la fortuna di ammirare era lì, a una spanna dal suo naso, e senza uno straccio di vestito addosso. Per fortuna l'uomo le dava le spalle, altrimenti il tamburo battente che aveva sostituito il suo cuore avrebbe potuto esploderle in petto.

    Lunghe ciocche di capelli gocciolanti ricadevano sulle spalle possenti di quella statua greca. Sotto il sole calante del pomeriggio, il disegno perfetto dei muscoli era esaltato dal luccicore delle goccioline sulla pelle abbronzata.

    Deglutendo a fatica, Jessie distolse lo sguardo. Attraverso la stoffa del leggero vestito blu percepiva il calore emanato dal legno che rivestiva la casa di sua sorella Ali, a Long Island, ma quel calore era nulla a confronto con l'ardore che le proveniva dal ventre.

    «Chi è? Lo conosci?» le mormorò Ali all'orecchio con voce ansiosa.

    Acquattata con sua sorella dietro l'angolo della casa, Jessie la guardò negli occhi, poi ne scrutò preoccupata la gonfia rotondità del ventre. «Non credo di averlo mai visto» rispose a bassissima voce. «Me ne sarei ricordata.»

    «Be', voglio dare un'occhiata anch'io» decise Ali allungando il collo per sbirciare da dietro l'angolo. Poi, dopo quella che Jessie considerò un'occhiata un po' troppo lunga per una donna sposata, si tirò indietro, il viso avvampato e gli occhi lucenti. «Wow, quel sedere è incredibile! Sembra quello di Linc.»

    Jessie decise di ignorare il paragone con suo cognato, giudicandolo inappropriato. «Ti sembra di averlo già visto?»

    «Certo che no!» fu la replica scandalizzata. «Sono una donna sposata io

    «Ah, adesso te lo ricordi!» mormorò Jessie con una smorfia ironica.

    «Dobbiamo chiamare subito Linc.»

    «Non essere sciocca. Possiamo cavarcela benissimo da sole.»

    Gli occhi di Ali si spalancarono. «No che non possiamo. Sono all'ottavo mese di gravidanza e quello lì è... è un bestione. Hai visto che spalle?»

    «Si... ehm... tra le altre cose.»

    «Be', non possiamo affrontarlo da sole. Siamo in America e... Oh, santo cielo, potrebbe avere una pistola!»

    «Se così fosse, sarei proprio curiosa di sapere dove se l'è messa» la rimbeccò Jessie sardonica. «Ha violato una proprietà privata, e non intendo starmene con le mani in mano. Come si permette di fare i suoi porci comodi a casa degli altri?» Con un'altra occhiata al pancione della sorella, aggiunse: «Tu farai meglio a restare qui. Linc ed Emmy saranno a casa tra pochi minuti».

    «E se dovesse aggredirti?» Il tono di Ali si era fatto drammatico.

    «Non preoccuparti, ho un piano.»

    Le sopracciglia di Ali si aggrottarono alla notizia. «Non voglio sentirlo.»

    «Ha funzionato per Bruce Willis in Duri a morire 2. Perché non dovrebbe funzionare per me?»

    «Oh, Jessie, per l'amor del cielo!»

    «Ssh.» Le mise un dito sulle labbra. «Sarà anche un bestione, ma non credo che sia sordo.» Facendo un profondo sospiro, si sporse oltre l'angolo e diede un'altra occhiata all'intruso.

    Be', forse Ali aveva ragione. Non avrebbe dovuto affrontarlo. L'impulsività era il suo peggior difetto. Non glielo aveva detto più volte anche Toby, il suo ormai ex fidanzato, nei due anni che erano stati insieme? Magari fossi scalmanata tra le lenzuola anche solo la metà di quanto lo sei nella vita! le aveva gridato durante l'ultima lite, sei mesi addietro.

    Strinse gli occhi, abbagliata dal sole riflesso dalla piscina, e rimirò ancora lo sconosciuto mentre si asciugava con una maglietta. La rabbia sopraggiunta al ricordo di Toby la rinvigorì. Poteva non essere stata temeraria a letto, ma di certo non era frigida. Aveva solo impiegato troppo tempo a capire che Toby Collins non era il principe azzurro che si era immaginato. Mentre lei sognava di costruirsi una famiglia e avere dei figli, lui desiderava una donna che fosse una belva sotto le coperte e un topolino fuori del letto. Era ancora arrabbiata con se stessa per avere sprecato tanto tempo della propria vita.

    Quando l'uomo si infilò un paio di jeans, combatté la delusione nel veder scomparire quella favolosa visione. Strinse i denti. Non avrebbe permesso a quel delinquente di farla franca.

    Si tolse i sandali, decisa a dirgliene quattro. «Io vado» annunciò ad Ali in tono audace. «Tu invece torna in macchina e chiama Linc.»

    «No, Jess. Per favore...»

    Sfuggendo alla presa della sorella, Jessie uscì allo scoperto. Era ora di impartire a quel tipo una bella lezione.

    Monroe Latimer si allacciò i jeans consumati e affondò le mani nelle tasche per sistemarne i risvolti. Le sue dita toccarono la vecchia lettera che portava sempre con sé da più di un anno. Tirò fuori la busta. Una goccia d'acqua bagnò la carta, sbavando l'indirizzo del funzionario che al tempo era stato incaricato di sorvegliare la sua libertà vigilata. Sospirò, domandandosi per l'ennesima volta perché non se ne fosse disfatto subito e perché, soprattutto, avesse imboccato l'uscita dell'autostrada per gli Hamptons quella mattina.

    Curiosità, ammise, scuotendo la testa. Era stato quel maledetto impulso che di solito era così bravo a ignorare. Tirò fuori della busta la lettera sgualcita e ne ripercorse con gli occhi le parole che ormai conosceva a memoria.

    Caro Monroe,

    tu non mi conosci. Mi chiamo Alison Latimer e sono tua cognata. Sono la moglie di tuo fratello Lincoln. Sono secoli che Linc ti cerca e così ho deciso di indirizzare questa lettera a Jerry Myers, nella speranza che te la consegni.

    Linc e io siamo sposati ormai da cinque anni. Viviamo a Londra, ma da luglio a settembre saremo nella casa di Oceanside Drive, a East Hampton, Long Island.

    Ti prego, Monroe, fatti vivo. Linc e io vorremmo che restassi un po' di tempo con noi. Da quello che mi ha detto Jerry, Linc è l'unico familiare che ti è rimasto. Lo so che non vi vedete da vent'anni, ma lui non ha mai smesso di cercarti.

    La famiglia è importante, Monroe.

    Ti prego, vieni.

    Con affetto, Ali.

    Meno male che il numero civico dell'indirizzo si era cancellato, pensò Monroe. Altrimenti avrebbe fatto la sciocchezza di presentarsi davvero a casa del fratello.

    Appena aveva messo piede a Oceanside Drive, aveva capito di avere sbagliato ad arrivare fin lì. Se tipi come lui giungevano da quelle parti era solo per offrirsi come manutentori o giardinieri.

    Accartocciò la lettera, riponendola in tasca. Almeno ora poteva buttarla. Aveva visto con i propri occhi lo stile di vita di suo fratello e della cognata. In nessun modo avrebbe accettato il loro invito. Non apparteneva a quel luogo. Lui aveva la sua Harley, la sua scatola di colori, alcuni vestiti e un sacco a pelo. E aveva se stesso. Era tutto quello di cui aveva bisogno. E di cui avrebbe mai avuto bisogno.

    Alison Latimer si sbagliava. La famiglia non era così importante. Non per lui. Lui era libero di fare qualunque cosa volesse, ed era così da quattordici anni, ormai. La famiglia era solo un'altra prigione, e di prigioni lui non voleva più sentirne parlare.

    Mise da parte la tristezza e inspirò il fresco profumo dell'estate mescolato all'odore del cloro. Sorrise. Almeno si era fatto una bella nuotata nella lussuosa piscina di una tra le più belle ville che avesse mai visto.

    Ne era rimasto colpito quando, in groppa alla sua Harley nera fiammante, pronto a riprendere l'autostrada, il suo occhio da artista si era poggiato sulla struttura di legno e vetro in cima alla collinetta a picco sull'oceano Atlantico. Come tutte le altre abitazioni della zona, era circondata da alte siepi, ma lui aveva intravisto l'invitante luccicore della piscina. Sudicio e stanco per il lungo viaggio dal Maryland, aveva pensato che una bella nuotata non gli avrebbe fatto male prima di rimettersi in sella alla volta di New York. Aveva deciso di suonare il citofono per essere certo che nessuno fosse in casa, poi aveva controllato il sistema d'allarme e aveva scavalcato il cancello. L'emozione di fare qualcosa di proibito lo aveva riportato con la mente all'infanzia, rendendolo felice come un bambino.

    Ma adesso è meglio rimettersi in strada, pensò. Se fossero tornati i proprietari, avrebbero potuto chiamare la polizia, e con la sua fedina penale sarebbero stati guai. Era ora di sbrigarsi.

    Trattenendo il respiro, Jessie costeggiò in punta di piedi il patio. Si fermò impietrita quando l'uomo si rimise la mano in tasca, temendo che potesse trarne qualcosa di pericoloso. Poi, quando vide che la grande mano era vuota, rilasciò il fiato che aveva trattenuto.

    Canticchiando un motivetto, l'uomo si sedette sul bordo della piscina, si asciugò i piedi con la maglietta e raccolse un calzino.

    Tendendo le braccia, Jessie puntò due dita unite tra le scapole dell'uomo e gridò con il tono più autorevole che riuscì a trovare: «Altolà, farabutto. Ho una pistola».

    Lui smise di canticchiare, si irrigidì e lasciò cadere il calzino. «Okay, non agitarti.» La voce, burbera e irritata, aveva un accento americano, ma aveva anche un'altra inflessione, che Jessie non riuscì a decifrare.

    «Mani in alto! E non ti voltare!»

    Mentre l'uomo obbediva al comando, sentì che i muscoli maschili, duri come la roccia, si flettevano sotto le punte dei suoi indici. Notò un tatuaggio sbiadito sul bicipite sinistro. Alcune cicatrici gli attraversavano la schiena. Ma c'era qualcosa che non le quadrava. Malgrado l'impressionante massa muscolare, l'uomo era piuttosto magro, tanto che si potevano sentire le costole. Un gigante inappetente? Strano.

    «Ascolta, bellezza, se abbassi l'arma, levo le tende in un baleno» le propose l'uomo, accennando a girarsi.

    Jessie gli affondò le unghie nella carne e con voce stridula ripeté: «Non voltarti, ti ho detto!».

    «Tranquilla, tranquilla.» Il tono non era spaventato, solo molto seccato.

    Forse non è stata una grande idea, ammise Jessie, sentendo di avere perso la grinta iniziale.

    «Ora abbasso le braccia» la avvisò lui. «Sono stato in moto per tutto il giorno e sono indolenzite.»

    I secondi scorrevano lenti e Jessie cominciò a sudare freddo.

    «E ora che si fa?» la incalzò lui rimanendo voltato con le braccia calate.

    E che accidenti ne so?, pensò Jessie contrita, il petto scosso dal tam tam impazzito del cuore. Non aveva uno straccio di piano su come procedere. Che cosa avrebbe fatto Bruce Willis a quel punto? E dove diavolo si era cacciato Linc? Cominciavano a farle male le dita.

    «Da dove vieni?» le chiese il tipo. «Sembri inglese.»

    «Credo che la domanda giusta sia da dove vieni tu» lo rimbeccò Jessie, decisa a non lasciarsi incantare.

    Lui si piegò in avanti e il cuore di Jessie fece un balzo. «Che stai facendo?»

    «Raccolgo i calzini. Qualche obiezione?» La replica fu misurata, condiscendente.

    Jessie invece si agitò ancora di più e senza accorgersene piegò leggermente le dita. «Va bene, ma la prossima volta chiedimi il permesso.»

    L'uomo roteò leggermente il busto, con un movimento quasi impercettibile, che lei intercettò. E capì di essere stata scoperta.

    «Dannazione!» esclamò, facendo un salto all'indietro, ma la sua preda la afferrò fulminea. «Lasciami andare» strepitò, allora, mentre cercava di liberarsi.

    «La messa in scena delle dita! Devo confessartelo, non credevo che mi sarebbe mai successo.»

    Lo sguardo penetrante di due impressionanti occhi blu, su un volto che avrebbe ispirato anche Michelangelo, la lasciò esterrefatta. Quell'uomo era un vero capolavoro, realizzò nella frazione di un secondo. Quindi inghiottì a fatica, impressionata dagli alti zigomi e dalla cicatrice che gli segnava il sopracciglio sinistro. Adone o no, aveva il volto duro come il granito. Sembrava pronto a uccidere qualcuno e, dal modo in cui la teneva stretta, non poteva nutrire dubbi su chi sarebbe stata la vittima.

    Non svenire proprio adesso, si ordinò. Non è il momento di farsi prendere dal panico.

    Cercando di divincolarsi, allungò un piede nudo e calciò con forza lo stinco dell'uomo.

    «Maledizione!» imprecò lui stringendola ancora più forte. «Smettila di dimenarti.»

    «E tu lasciami andare, bastardo! Sennò ti faccio vedere io!» Con il viso premuto contro il petto di lui, la minaccia le venne fuori della bocca più come un costipato squittio che come un avvertimento letale. Tra le altre cose, il profumo della pelle maschile ancora umida di piscina era irresistibile e le confondeva le idee. Jessie cercò di alzare un ginocchio con l'intento di colpirlo alle parti basse, ma l'uomo anticipò la sua mossa mollandola all'improvviso.

    «Questo no, eh!»

    Improvvisamente libera, Jessie fece per scappare, ma subito lui la riagguantò da dietro. Le braccia possenti le cinsero la vita e la sollevarono come una piuma. Jessie iniziò a scalciare freneticamente, ma lui la teneva così stretta che le era impossibile colpire a segno da qualche parte.

    Okay, è arrivato il momento di farsi prendere dal panico. «Mia sorella sta per arrivare con un fucile a canne mozze» sbraitò per intimorirlo.

    «Sì, certo.» Le braccia la strinsero ancora un poco, facendole quasi mancare il respiro. «Sai che sei un pericolo pubblico?»

    Il ronzio che Jessie sentiva nelle orecchie era assordante. Sto per svenire. Sto per svenire. Con la schiena incollata al torace dell'uomo, si sentiva impotente. Perché non aveva dato retta ad Ali? Perché diavolo si ficcava sempre

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1