Quella notte è ancora nostra: Harmony Collezione
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Info su questo ebook
Nonostante il tempo trascorso, nessuno dei due ha dimenticato quell'unica notte insieme.
Alice e Petrous si sono sposati, giovanissimi, solo per sottrarsi all'invadenza delle reciproche famiglie. Nei dieci anni che sono passati da quel giorno, nessuno dei due ha mai chiesto il divorzio, pur avendo vissuto la propria vita lontano dall'altro, e ora Ally è tornata da PJ proprio per poter uscire definitivamente dalla sua vita. Quello che vuole, infatti, è una firma che metta fine alla loro unione in modo ufficiale, e tornare così padrona della propria libertà. Il problema è che la passione che li aveva uniti non è solo un ricordo, e questo complica le cose.
Anne McAllister
Autrice di grande versatilità, ha vinto il premio RITA per la letteratura romantica ed è acclamata dai fan di tutto il mondo.
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Anteprima del libro
Quella notte è ancora nostra - Anne McAllister
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Antonides’ Forbidden Wife
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2008 Barbara Schenck
Traduzione di Anna Vassalli
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.
© 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5891-276-8
www.eHarmony.it
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1
«C’è la signora Antonides...»
All’annuncio di Rosie, la segretaria, PJ Antonides alzò di scatto il capo. Posò i gomiti sulla scrivania e si passò la mano sulla fronte, nel tentativo di alleviare il mal di testa che quel pomeriggio lo affliggeva.
Era una giornata infernale. La legge di Murphy trovava una conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, in giorni del genere.
Erano soltanto le due del pomeriggio e tutto era già andato storto.
Come presidente della Antonides Marine da quando suo fratello Elias aveva mollato le navi, e non solo in senso metaforico, due anni prima, PJ non era immune da giornate nere. Si era buttato in quel lavoro volontariamente, sapendo a che cosa andava incontro. Perché, curiosamente, ne era stato attratto.
Ma, di solito, le giornate buone superavano quelle infauste.
Per ogni sventura c’è sempre uno spiraglio di luce. Quando qualcosa va storto, qualcos’altro si sistema.
Ma non quel giorno.
Il fornitore della vela per il windsurf che aveva disegnato personalmente aveva telefonato quella mattina dicendosi spiacente di non poter far fronte all’ordine. Un esperto giapponese di computer, incaricato di rintracciare un carico di cui si era persa traccia, aveva comunicato allegramente che la merce non aveva mai lasciato Yokohama. E suo padre, Aeolus, aveva chiamato per avvertire che stava arrivando in volo da Atene, in compagnia di alcuni ospiti, per il fine settimana.
«Ari e Sophia Cristopolous, e la loro deliziosa figliola, Constantina. Più bella che mai. Nubile. Fantastica. Muore dalla voglia di conoscerti. Mi auguro che tu ti fermi a casa per il fine settimana.»
Aeolus non era certo dotato di tatto, e non la smetteva di provarci anche se sapeva - PJ glielo aveva ripetuto fino alla nausea - che non era proprio il caso.
Un rivolo di sudore gli corse lungo il collo.
Quella mattina, all’arrivo in ufficio, l’aria condizionata era fuori uso. Il tecnico della ditta di riparazioni se n’era andato per la pausa pranzo, e nessuno lo aveva più visto. Tutti si scioglievano dal caldo in quella torrida giornata di luglio, e un’impiegata si era sentita male.
Un’ora prima, il computer di PJ aveva smesso di scrivere la lettera A. Mezz’ora dopo era andato completamente in tilt. PJ era costretto a scrivere una relazione con penna e carta.
L’ultima cosa di cui aveva bisogno era una visita di sua madre.
«Dille che sono occupato» borbottò alla segretaria. «No, aspetta, aggiungi che venerdì sarò a cena da lei.»
Accettare in anticipo l’invito a cena per venerdì, anche se questo comportava l’infausta situazione di trovarsi di fronte Ari, Sophia e... la bellissima figlia, era una manovra strategica per evitare che Helena Antonides insistesse per vederlo quel pomeriggio.
«Non mi sembra che lo abbia chiesto» considerò Rosie, dubbiosa.
«Lo farà. Mia madre non fa altro che chiedere.»
Nei trentadue anni della vita terrena, PJ non ricordava un singolo fine settimana in cui Helena Antonides non avesse preteso la presenza dei figli abitanti nel raggio di cento miglia. Per questo si era rifugiato alle Hawaii, subito dopo il diploma, ed era tornato soltanto due anni prima.
«Non è sua madre.»
PJ batté le palpebre.
«No?» Poi il lampo. «Ah, sì, è Tallie...»
Non aveva problemi a incontrare sua cognata. La moglie di Elias faceva ancora parte del consiglio di amministrazione della Antonides Marine e, per quanto lo riguardava, era sempre la benvenuta. Aveva buone idee e non si immischiava negli affari degli altri.
Non ne aveva il tempo.
All’inizio era stata una dirigente a tempo pieno, ora era madre a tempo pieno. Lei ed Elias avevano due gemelli di un anno e mezzo, Nicholas e Garret.
PJ si illuminò all’idea che li avesse portati con sé; erano due pesti, ma era sempre felice di vederli. Però, rifletté, non sentiva il tonfo di qualcosa che cadeva o che si frantumava, quindi, probabilmente, doveva essere venuta da sola.
Non importa. Era sempre un piacere vedere Tallie.
Ma Rosie stava scuotendo il capo.
«Lo ha dimenticato? Tallie ed Elias con i bambini sono a Santorini.»
Oh, diavolo. Lo aveva proprio dimenticato.
Accidenti! Non poteva essere la nonna! Yiayia aveva novantatré anni, per amor del cielo.
Era in gamba e piena di spirito, ma non sarebbe venuta a Brooklyn per un impulso momentaneo. Anzi, da quando aveva compiuto novant’anni, aveva preteso che il mondo andasse da lei.
«Non dirmi che è Yiayia» borbottò PJ. Eppure le cose strane accadono. E recentemente ne aveva avuto un esempio.
«Sei vecchio» gli aveva detto Yiayia, agitando con disapprovazione un dito davanti al suo naso il mese precedente, quando l’aveva vista a casa dei genitori a Long Island.
«Non sono vecchio» aveva protestato PJ. «Sei tu che sei vecchia!»
Yiayia aveva sbuffato.
«Ho già avuto dei figli. Adesso voglio dei bambini intorno. Devi darmi dei nipotini.»
«Hai già dei nipoti» aveva ribattuto deciso PJ. «Quattro.» Oltre ai gemelli di Elias c’era Alex, figlio di Cristina, e Edward, figlio di Martha, che era di nuovo incinta.
Yiayia aveva sbuffato di nuovo.
«Sono molto cari» aveva ammesso, «ma io voglio dei nipoti bellissimi come te, Petros mou. È ora.»
PJ sapeva che cosa intendeva, ma, risoluto, aveva scosso il capo.
«Dimenticatelo, Yiayia. Non succederà.» La possibilità era una su un milione. «No, no, lascia perdere» aveva ribadito.
Tuttavia, dagli occhi strizzati e dalle labbra sporte in fuori di Yiayia, aveva avuto l’impressione che la nonna non avesse dimenticato quanto le aveva confidato l’anno precedente, e cominciò a rimpiangere di essersi sfogato con lei. C’era solo da sperare che non avesse deciso di trasferire la battaglia a Brooklyn.
«Non è sua nonna» confermò Rosie.
«Non conosco nessun’altra signora Antonides» sbottò PJ, irritato.
«Interessante» ribatté Rosie, guardandolo di traverso, lo sguardo che saettava da lui alla porta aperta. «La signora sostiene di essere sua moglie.»
«Signora... Antonides?»
Ally non reagì sentendo quel nome, e rimase seduta, lo sguardo fisso sulla rivista che aveva in mano senza leggerla.
«Signora Antonides?» Il tono, ora più fermo, la fece sobbalzare.
Si raddrizzò rendendosi conto che la segretaria si rivolgeva a lei.
«Mi scusi... Stavo...» Pregando che tutto vada bene. «... Leggendo mi ero distratta» rispose, inarcando le sopracciglia.
La segretaria era impassibile.
«Il signor Antonides la riceverà subito.» Ad Ally parve di cogliere una nota di sfida nella voce.
Si umettò le labbra. «Grazie.» Posò la rivista della quale non aveva letto una parola, gratificò la segretaria di un freddo sorriso professionale e varcò la porta aperta.
Un metro e novanta di maschio asciutto e muscoloso stava dietro la scrivania. L’uomo che aveva sposato, ormai adulto.
Ally trasse un profondo respiro per prendere coraggio. Poi deglutì, chiuse la porta e si impastò in faccia il più allegro dei sorrisi.
«Ciao, PJ.»
Anche se la guardava in viso, il proprio nome, pronunciato dalle sue labbra, parve coglierlo di sorpresa. PJ fece un passo verso di lei, poi si fermò di scatto, infilando le mani in tasca dei pantaloni. Si limitò a un cenno del capo.
«Al.» Il nomignolo con il quale l’aveva sempre chiamata. La voce era roca.
«Alice» lo corresse lei, decisa. «O Ally, se preferisci.»
Lui non rispose. Lasciò a lei l’iniziativa.
Bene, tocca a me. «Immagino che tu sia sorpreso di vedermi» riprese con tutta la vivacità che riuscì a racimolare.
Lui arcuò un sopracciglio.
«Be’, a essere sincero, non facevi parte dell’elenco delle signore Antonides che mi aspettavo.»
Il tono era freddo, con una punta di ironia.
Ally avrebbe voluto buttargli le braccia al collo, ma in quel momento ogni speranza di ripristinare un rapporto amichevole andò in frantumi.
«Non avrei dovuto farlo» si scusò velocemente. «Non avrei dovuto servirmi del tuo nome, voglio dire. Solitamente non lo faccio.»
«Ne sono certo.» L’acredine c’era ancora.
Lei trasse un respiro nervoso. «Be’... cioè... Non sapevo quanto fossi occupato. Adesso sei presidente.» Guardò verso la porta, dove una targa indicava il nome e la qualifica. «Ho pensato che, altrimenti, non mi avresti ricevuto.»
Lui inarcò le sopracciglia.
«Non sono il Papa. Non devi chiedermi udienza.»
«Be’, non lo sapevo» osservò lei, odiandosi per essere sulla difensiva. «Non è così...» Fece un gesto con la mano, comprendendo l’elegante ufficio che si affacciava sull’East River. «... che ti ricordo.»
Poteva anche non essere il Vaticano, ma neppure il monolocale sopra il garage della signora Chang!
PJ alzò le spalle.
«Sono trascorsi anni, Al. Le cose cambiano. Tu sei cambiata, sei cresciuta. Ti sei fatta un nome, no?»
C’era una sfida nelle sue parole e Ally, pur innervosita, dovette riconoscerne la verità.
«Sì.»
Si impose di restare indifferente alla lunga, pigra occhiata che lui le rivolgeva, dal capo alla punta delle scarpe, anche se le creava una certa consapevolezza.