Piano milionario: Harmony Collezione
Di Heidi Rice
5/5
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Info su questo ebook
Ma l'innocenza di Edie - e la sua incredibile bellezza - hanno reso quel compito più difficile di quanto il magnate avesse immaginato. La chimica fra loro è incredibile, e la finzione che hanno portato in scena rischia di esplodere in un incendio che potrebbe distruggere ogni cosa.
Heidi Rice
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Piano milionario - Heidi Rice
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1
Feci fatica a controllare l'ondata di panico che mi attraversò nel leggere l'insegna all'ingresso del casinò di Dante Allegri a Monaco.
Benvenuti a The Inferno.
Lo scintillio delle luci conferiva un tocco fiabesco alla maestosa facciata settecentesca dell'edificio in quella notte sul mar Mediterraneo, facendomi sentire ancora più a disagio nell'abito da sera di seconda mano e con i tacchi scomodi a stiletto che io e mia sorella avevamo acquistato online. Quello che stavo per fare avrebbe potuto salvare la mia famiglia. O distruggerla.
Per favore, Dio, fa' che Dante Allegri non sia qui stasera.
Avevo visto le foto di Allegri e avevo letto una miriade di articoli su di lui nell'ultimo mese mentre mi preparavo per quella notte. Mi spaventava come giocatrice e mi terrorizzava come donna. Allegri era famoso per la sua spietatezza, essendo risalito dai bassifondi di Napoli per creare un impero di casinò da miliardi di dollari in Europa e negli Stati Uniti. Se fossi finita a giocare contro di lui e se lui avesse capito la strategia di gioco che avevo sviluppato, non mi avrebbe mostrato alcuna pietà.
La brezza marina dal porticciolo vicino al casinò mi sollevò alcune ciocche di capelli dal collo che erano sfuggite all'elaborata acconciatura che mia sorella aveva trascorso ore a creare con i miei riccioli ribelli. I brividi mi attraversarono la schiena, ma sapevo che non era la calda notte d'estate a farmi sentire in quel modo, bensì la paura.
Smetti di startene lì come un manichino e muoviti.
Sollevando l'orlo dell'abito, salii le scale di marmo che portavano all'ingresso principale, sforzandomi di mantenere la schiena dritta e lo sguardo in avanti. L'assegno da un milione di dollari nascosto nella borsetta a mano, che avevo ottenuto in prestito dall'usuraio di mio cognato, sembrava pesare tonnellate.
Se vuole gettare via altri soldi oltre quelli del fallimento è una sua decisione, signorina Trouvé, ma io qualunque cosa accada passerò domani per riscuotere.
Le parole di Bruto Severin, lo scagnozzo di Carsoni, riecheggiarono nella mia testa e raggelai. Quella era la mia ultima possibilità di liberare la mia famiglia dalle minacce e dalle intimidazioni, dalla possibilità di perdere non solo la nostra casa, ma anche la nostra dignità e il rispetto per noi stessi. Tutte cose di cui Jason, marito di mia sorella Jude, ci aveva derubato un anno prima, dopo aver perso una fortuna ai tavoli della roulette di Allegri.
Quella sera, fallire non era una possibilità che potevo valutare. Mi avvicinai alle guardie di sicurezza all'ingresso e porsi loro la mia carta d'identità. Pregai che il falsario di Carsoni avesse fatto bene il lavoro per cui era stato pagato. La guardia annuì e me la restituì. La mia sensazione di panico, tuttavia, non sembrava placarsi. E se la mia strategia non avesse funzionato? Non ero sicura di aver avuto abbastanza tempo per testarla correttamente e non avevo mai avuto l'opportunità di usarla contro giocatori del calibro di Allegri. Come potevo essere certa che avrebbe superato l'esame? Ero un prodigio della matematica, non una giocatrice di poker, per l'amor del cielo! Il buy-in per la giocata di quella sera era la cifra sbalorditiva di un milione di euro. Ed era un milione di euro che non potevo assolutamente permettermi di perdere.
Se Allegri fosse stato presente e avesse deciso di giocare, come faceva occasionalmente secondo le mie ricerche, e mi avesse battuta, non solo la Belle Rivière sarebbe andata perduta per sempre, ma avrei dovuto a Carsoni un ulteriore milione di euro che non avrei potuto ripagare. Infatti, la vendita della proprietà, ora che era stata già ipotecata e tutti gli altri oggetti di valore e la maggior parte dei mobili erano stati venduti, avrebbe coperto solo il saldo delle perdite di Jason e l'interesse astronomico che Carsoni ci aveva imposto dalla notte in cui Jason era scomparso.
Per favore, Dio, ti prego. Fa' che Allegri non sia qui.
La guardia della porta fece cenno a un uomo alto e di bell'aspetto in piedi all'ingresso. Questo si avvicinò.
«Benvenuta a The Inferno, signorina Spencer» disse l'uomo. «Sono Joseph Donnelly, il gestore del casinò. È nell'elenco dei buy-in del club di stasera.» Quindi mi guardò con sguardo interrogativo, ovviamente non abituato a far partecipare qualcuno della mia età e del mio sesso all'esclusivo torneo settimanale di poker del casinò. «Corretto?»
Annuii, cercando di mettere in mostra il mio sangue blu, cosa che non avevo mai fatto, nonostante mia madre fosse la nipote di un conte francese. «Ho sentito che le giocate a The Inferno sono tra le più avvincenti» dissi. «Speravo che Allegri fosse qui stasera» mentii, interpretando la parte della ricca ragazza viziata. Se mia madre mi aveva insegnato una cosa, prima di morire, era proprio quella di apparire sicura di sé quando in realtà ti sentivi l'esatto contrario.
Le apparenze sono tutto, mon petit chou. Se pensano che tu sia uno di loro, non puoi fallire.
Il direttore del casinò fece un sorrisetto mentre io aspettavo le parole che speravo di udire. Se le mie ricerche erano corrette, Dante si trovava a Nizza quella sera, a cena con la modella a cui era legato da diverse settimane, secondo la stampa scandalistica.
«Dante è qui stasera. Sono sicuro che si godrà la sfida.»
Le parole di Donnelly mi scivolarono addosso all'inizio, per poi colpirmi in faccia. No. No. No.
Mi sforzai di abbozzare un sorriso, lo stesso che avevo al funerale di mia madre per ricevere le condoglianze dei giornalisti che l'avevano perseguitata per tutta la vita, mentre cercavo di resistere al colpo. I miei movimenti erano tuttavia rigidi, mentre Donnelly mi conduceva dal cassiere per depositare l'assegno che avevo preso in prestito al duemila per cento di interesse. La posta in gioco che non potevo permettermi di perdere.
Vagliai tutte le possibilità nella mia mente. Potevo andarmene via? Inventando qualche scusa fittizia? E se avessi finto di essere malata? Dopotutto, non era una bugia: il mio stomaco era sottosopra, come durante una tempesta in mare. Allegri era uno dei migliori giocatori di poker al mondo. Non solo avrei potuto perdere tutto il denaro, ma se avesse capito la mia strategia avrebbe potuto anche bandirmi da ogni casinò rispettabile, togliendomi così ogni possibilità di ripagare i debiti di Jason. Nonostante la mia mente stesse freneticamente cercando di esaminare tutte le possibilità, sapevo bene che non potevo tornare indietro. Avevo scommesso sul fatto che Allegri non ci fosse e avevo perso. Dovevo affrontare la partita di quella sera.
Tuttavia, prima che avessi modo di gestire quella paura, una voce profonda mi fece scorrere brividi lungo la schiena.
«Joe, Matteo mi ha detto che tutti i giocatori sono arrivati.»
Mi voltai e mi trovai faccia a faccia con l'uomo che aveva perseguitato i miei sogni, e non solo, per mesi, da quando avevo iniziato a lavorare su quel piano per saldare il debito di famiglia. Con mia sorpresa, Allegri era ancora più alto, possente e incredibilmente bello in carne e ossa di quanto apparisse nei numerosi blog e riviste di gossip che avevo consultato. Sapevo che aveva solo trent'anni, ma i lineamenti duri del viso e la potenza dei muscoli stretti a nello smoking costoso, dimostravano che la delicatezza e l'inesperienza della giovinezza l'avevano abbandonato anni prima. Tutto in lui trasudava potere, sicurezza in se stesso e una terribile arroganza. Quell'uomo era pienamente consapevole delle proprie capacità ed era pronto a sfruttarle con assoluta spietatezza.
Il suo vivace sguardo azzurro si fermò sul mio viso e un sopracciglio scuro si sollevò. Il suo sguardo intenso osservò rapidamente il mio corpo. L'abito provocante divenne improvvisamente come trasparente, mentre io rimanevo senza fiato, come se il sottile raso si fosse trasformato in metallo e stringesse sul mio petto come un attrezzo di tortura medievale. Diversamente degli sguardi che avevo ricevuto da Carsoni e dai suoi uomini nell'ultimo anno, quello di Dante Allegri non aveva suscitato in me alcuna repulsione, bensì qualcosa di molto più inquietante. Sentì un peso nell'addome e una sensazione mi solleticò la pelle, come se fossi stata colpita da una scossa elettrica. Il suo sguardo era eccitante e snervante, piacevole e doloroso allo stesso tempo. La mia reazione mi scioccò, perché non riuscivo a controllarla. Le mie cosce tremarono, i seni si inturgidirono dentro il corpetto e ci volle uno sforzo titanico per impedire che al mio respiro di accelerare.
«È così, Dante» rispose Joseph Donnelly al proprio capo. «Lei è Edie Spencer» aggiunse, risvegliandomi dallo stato di trance causato dalla presenza di Allegri. «È appena arrivata e sperava di giocare con lei questa sera.»
Fremetti al tono di scherno di Donnelly, mentre il panico montava in me come le strane sensazioni che si diffondevano nel mio corpo. Non solo mi ero gettata nella fossa del leone quella notte, ma avevo anche deciso di stuzzicarlo con quella stupida provocazione.
Allegri non sembrava esserne particolarmente colpito mentre il suo sguardo intenso fissava il mio viso.
«Quanti anni ha signorina Spencer?» mi chiese, parlandomi per la prima volta. «Puoi giocare legalmente?» aggiunse.
Rimasi stizzita da quel tono di condiscendenza. Era passato molto tempo dall'ultima volta in cui mi ero sentita ed ero stata trattata come una bambina. «Certo. Ho ventun anni» risposi con un tono di sfida, che molto probabilmente non era saggio. Tuttavia, il modo in cui mi osservava, come se potesse leggermi, e le sensazioni sconvolgenti che stava irradiando nel mio corpo mi resero sfacciata. Continuava a fissarmi, come se stesse cercando di leggermi l'anima, e mi sforzai di non interrompere il contatto visivo. Il brusio proveniente dal casinò, dove l'élite miliardaria europea tentava la sorte alla roulette e al vingt-et-un, svanì davanti al suo intenso sguardo, finché tutto ciò che riuscivo a sentire era solo il battito del mio cuore che rimbombava nel petto.
«Da quanto tempo gioca a Texas Hold'Em, signorina Spencer?» chiese.
Il Texas Hold'Em richiedeva una grande abilità nel calcolo delle probabilità e nella valutazione del rischio e una piccola quantità di fortuna sfacciata. Proprio a quel punto entrava in gioco la mia strategia. Avevo sviluppato una formula matematica per valutare le scommesse degli altri giocatori, dandomi così un vantaggio durante il gioco. Se fossi tuttavia stata scoperta a usare la formula sarei finita nei guai, proprio come i giocatori che erano stati sorpresi a contare le carte mentre giocavano a Black Jack. I casinò dopo aver individuato quei giocatori, li avevano banditi a vita e le loro vincite erano andate perse, nonostante non avessero propriamente barato. Io, invece, non potevo rischiare nessuna delle due opzioni.
«Abbastanza» risposi, sforzandomi di dimostrare una fiducia in me stessa che non possedevo.
Mia madre aveva ragione. Le apparenze erano tutto. Se davvero volevo vincere, non avrei dovuto mostrare nessuna debolezza a quell'uomo. Sembrare sicuri di sé e sotto controllo era importante quanto esserlo veramente. Il suo viso rimase impassibile, ma il luccichio di calore nei suoi occhi e la leggera tensione nella sua mascella, che attirò la mia attenzione su una cicatrice sul labbro superiore, suggerivano che la mia arroganza aveva colpito nel segno. Mi sarei dovuta sentire trionfante della sua reazione, se solo non avesse intensificato il brivido elettrizzante che mi attraversava la pelle. Cosa mi stava succedendo? Non avevo mai reagito in quel modo con nessun uomo.
«Staremo a vedere, signorina Spencer» rispose, per poi rivolgersi al direttore del casinò. «Accompagna la signorina Spencer fino al Salon, Joe. Presentala agli altri giocatori del Millionaire Club di stasera.» Diede un'occhiata al suo orologio, mentre la sicurezza che emanava stava trasformando le mie gambe in gelatina.
«Devo parlare con Renfrew, ma sarò di ritorno fra trenta minuti» aggiunse. «Solo allora daremo il calcio d'inizio.»
«Ti unirai al tavolo stasera?» chiese Donnelly, sembrando leggermente sorpreso.
«Sì» rispose con voce profonda, facendomi battere forte il cuore. «Non sfuggo mai da una sfida, in particolare quella lanciata da una bella donna.»
Mi ci è voluto un attimo per rendermi conto che fossi io quella bella donna, probabilmente perché lo sguardo che mi aveva lanciato prima di andarsene suggeriva di non considerarlo come un complimento. Mentre venivo condotta dal direttore del casinò in ascensore, non riuscivo a distogliere gli