Questione di pelle: Harmony Destiny
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Info su questo ebook
1)Trovare un nuovo look
2)Trovare un nuovo appartamento
3)Trovare un nuovo uomo
Lauren Hewett ha fatto quasi l'impossibile. In un solo eccezionale weekend, ha trasformato se stessa da eterna damigella d'onore senza peccato a donna senza scrupoli, trovando una casa perfetta e attirando l'attenzione della sua cotta di sempre, Travis Banks. Ma ora che è tentata da lui, che cosa è giusto che faccia una brava ragazza come Lauren? Dovrebbe limitarsi a mostrare la sua bellezza interiore all'uomo più affascinante e ricco di Pinedale o dovrebbe lasciare che lui le insegni un paio di cosette su certe "intime" questioni?
Cathleen Galitz
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Questione di pelle - Cathleen Galitz
successivo.
1
Lauren avvertiva una speciale sintonia con la persona sconosciuta che suonava il pianoforte nell'angolo della stanza. Erano tutte e due invisibili. In realtà, rispetto a lei, il pianista fantasma aveva addirittura un vantaggio. Riusciva, se non altro, a farsi ascoltare, cosa di cui Lauren sembrava non essere più capace da quando aveva festeggiato il suo trentacinquesimo compleanno. Non sapeva quale fosse la ragione di quello strano fenomeno; fatto stava che era come se nessuno avesse più voglia di ascoltare il suo parere su niente.
Quando la musica di sottofondo si fermò, sistemò l'ampia gonna che indossava e si sforzò di sorridere. Esibire vacui sorrisi era d'obbligo per una damigella d'onore, soprattutto se era anche la figlia della sposa. Tuttavia, Lauren non riuscì a reprimere un sospiro amaro quando una figura, avvolta in un abito di pizzo color avorio, fece la sua apparizione in cima alla sfolgorante scalinata che si snodava nell'atrio d'ingresso.
La sposa era un incanto e delizioso era l'addobbo floreale, proprio quello che avrebbe scelto lei stessa per il proprio matrimonio: raffinate composizioni di rose rosa inframmezzate da mughetti e capelvenere.
«Sempre la damigella, mai la sposa» sussurrò a labbra strette.
Scacciando la malinconia, Lauren posò lo sguardo su un gruppo di fotografie, appese alla parete dietro di lei. Nella sua preferita, una bambina dai grandi occhi verdi e le trecce scure sedeva in grembo al suo papà, inconsapevole che questi sarebbe passato a miglior vita prima che la sua unica figlia si diplomasse. La donna in piedi dietro di loro, che teneva la mano poggiata amorevolmente sulla spalla del marito, era la versione più giovane della sposa radiosa che in quel momento sorrideva ai suoi ospiti da metà scalinata.
Lauren si premette un dito sulle labbra, prima di posarlo su quelle del padre, quasi a volergli idealmente impedire di pronunciare qualcosa che potesse rovinare la festa.
«Non preoccuparti, papà. Ti piacerà, vedrai. Saprà rendere felice la mamma.»
Perlustrando la sala gremita, Lauren adocchiò Travis Banks e notò che aveva anche lui un'espressione annoiata. Con il suo metro e novanta d'altezza, sovrastava tutti e nel suo impeccabile abito scuro era più bello di quanto non ricordasse. Le sembrava strano vederlo a un ricevimento di nozze. Era risaputo che lo scapolo più appetibile di tutta la contea evitava i matrimoni, per paura di contrarre una malattia altamente contagiosa paragonabile alla peste bubbonica, la nuzialite, come si divertiva a chiamarla lui.
«Tutte qui, ragazze, forza!» invocò una voce di donna. «Barbara sta per lanciare il bouquet.»
Le più giovani e carine si accalcarono sotto la balaustra, nella speranza di afferrare i fiori che, secondo la tradizione, avrebbero dovuto sancire la fine del loro nubilato. Non sentendosi né dell'età né dello spirito giusto per partecipare a un rito così stupido, Lauren si sforzò di mimetizzarsi con la carta da parati e continuò a osservare l'uomo per il quale aveva una cotta sin dai tempi delle superiori. Lei era una timida studentessa del primo anno quando lui, attaccante dei Wranglers già alle soglie del diploma, faceva strage di cuori tra le ragazze della scuola.
Ma non si era accorto di lei neppure allora.
Lauren archiviò i ricordi e, continuando a guardarlo, decise che il tempo non gli aveva rubato quella sua aria da ragazzo. Il biondo dei capelli era il medesimo e i pochi chili che aveva accumulato parevano essenzialmente di muscoli. Pur non avendo alcun interesse nel catturare il bouquet, Lauren fantasticò segretamente di catturare lui. Anche se dubitava che in tutta la serata sarebbe riuscita a strappargli anche solo un ballo.
Non conciata in quel modo, perlomeno. Sembrava un paralume con quella gonna gonfia e le maniche a sbuffo. Detestava quell'abito e detestava fare da damigella. A sua madre, per giunta.
Già. Com'era possibile che sua madre fosse al suo secondo matrimonio mentre lei non era neppure fidanzata? E pensare che, in tutti quegli anni, si era illusa di aver fatto lei un favore alla mamma, non andando via di casa per non lasciarla sola...
Con un atto di forza, Lauren sottrasse i suoi pensieri dal pantano dell'autocommiserazione e li convogliò verso faccende più pratiche. Come, per esempio, dove andare ad abitare ora che l'incandescente freccia di Cupido si era conficcata proprio nel tetto di casa sua. Non che sua madre intendesse mandarla via, s'intende. Era ovvio che sarebbe stata la benvenuta lì con loro. Ma un conto era tentare di giustificare il suo vivere ancora con la mamma, quando aveva la scusa di doversi prendere cura di una donna anziana, un altro era dividere lo stesso tetto con una coppia di sposi novelli con l'argento vivo addosso. Il fatto che fossero entrambi ultrasessantenni non impediva loro di folleggiare più di quanto non facesse la figlia...
«Prendilo, tesoro!»
Lauren piroettò su se stessa alla voce della madre ed ebbe appena il tempo di schermarsi il viso da un proiettile proveniente dall'altro lato della stanza. Pareva che Barbara Aberdeen avesse giocato anche lei a football nella squadra della scuola, per quanto preciso e accurato era stato il suo tiro. La folla applaudì mentre Lauren, paonazza in viso, esibiva il non ambito bouquet, con gli auguri più sinceri di una madre senza dubbio animata dalle migliori intenzioni.
Più tardi, accanto al tavolo del buffet, Lauren udì una piccata quanto alticcia Sylvia Porter descrivere l'accaduto come un penoso passaggio di consegna.
Lauren non immaginava che un tale commento potesse ferirla, alla sua età. Ma fu ciò che accadde. Forse, la ferì addirittura di più che in passato, ai tempi in cui lei e le amiche erano convinte che uscire con il ragazzo giusto fosse una sorta di passaporto verso la felicità futura.
Tuttavia, l'amara malinconia nella voce di Sylvia frenò Lauren dall'inveire contro quella vipera, così palesemente atterrita all'idea di finire attempata e sola come la damigella d'onore del giorno.
Trasse un bel respiro e decise di lasciar perdere. Non era stata una decisione consapevole quella di diventare l'oggetto della pena altrui. In realtà, il suo sogno, fino a qualche tempo prima, era di costruirsi una vita serena, con un marito e dei figli e quelle gioie semplici che tante sue coetanee davano per scontate. Per quanto le sue amiche sposate le ripetessero che era lei la fortunata, perché non doveva sorbirsi un avvicendarsi infinito di partite di calcio, pagare cifre astronomiche per raddrizzare i denti ai figli e rimettere a posto il disordine lasciato da mariti affetti da pigrizia cronica, Lauren aveva come il sospetto che il loro fosse un tentativo carino di tirarla su di morale.
Senza rendersene conto, nel passaggio dall'università all'insegnamento nella scuola pubblica, si era trasformata in una zitella.
Con il senno del poi, immaginava che fosse stata un po' troppo selettiva ai tempi in cui accettava di rado di uscire con un ragazzo. I pochi coetanei che frequentava erano troppo intraprendenti per il suo carattere introverso. E dopo un paio d'anni di terribili appuntamenti al buio organizzati dalle sue amiche, conclusi gli studi, era via via scivolata in una routine di casa, lavoro e doveri che l'avevano tenuta distratta dal fatto che tutte le ragazze della sua età erano sposate e, spesso, risposate.
Periodicamente, Lauren rimodernava casa, cambiando le tende e la tappezzeria, quasi a voler scandire il passaggio del tempo nella stanza in cui dormiva da quando era bambina; così come faceva la natura, che cambiava d'abito con l'avvicendarsi delle stagioni e che lei continuava a osservare da dietro i vetri di una finestra, nel suo confortevole rifugio.
Se non fosse stato per la recente rivelazione di sua madre che le aveva confessato di essersi innamorata di nuovo e di avere intenzione di valutare seriamente la proposta di matrimonio di Henry Aberdeen, Lauren non avrebbe mai tirato la testa fuori del guscio.
Innanzitutto, voleva che sua madre fosse felice, quindi aveva accantonato il suo personale pensiero circa il tradire la memoria del padre e l'aveva incoraggiata a seguire il cuore. In fondo, se una persona meravigliosa come sua madre era stata così fortunata da trovare il vero amore ben due volte nella propria vita, perché la figlia zitella avrebbe dovuto metterle i bastoni fra le ruote?
Inutile dire, però, che gli ultimi eventi non l'avessero turbata. Prendere al volo il bouquet da sposa al matrimonio della propria madre non poteva non lasciare il segno nella psiche di una trentacinquenne ancora nubile.
Lauren si versò un altro bicchiere di champagne e continuò a meditare sulla propria noiosa esistenza. Voleva lasciare campo libero ai due novelli sposi, una volta tornati dalla luna di miele ai Caraibi. Ragion per cui doveva sbrigarsi a trovare il principe azzurro.
O qualcuno che gli assomigliasse.
Il primo ostacolo da superare era quello di trovare un appartamento decente in zona, cosa facile come rimediare uno scapolo sotto i sessantacinque anni. Un altro impedimento era la sua innata esitazione quando si trattava di faccende di cuore. Non ci voleva lo psicologo per capire che la sua paura di un rapporto intimo affondava le radici nell'improvviso infarto che le aveva portato via il padre, proprio quando lei aveva avuto più bisogno di lui. Quel che le serviva era la forza di superare le proprie insicurezze e, di conseguenza, la possibilità di rivivere i suoi sogni ormai spenti.
La fortuna, o la sfortuna, volle che l'occasione le si presentasse sotto le sembianze di Fenton Marsh il quale, trovando un coraggio da leoni dietro un paio di lenti spesse come fondi di bottiglia, le si avvicinò e le chiese di ballare. Lauren ignorò l'istinto di declinare l'invito. Non si poteva certo dire che Fenton fosse il genere d'uomo alla Travis Banks, però, da qualche parte si doveva pur cominciare, no?
«Con piacere» accettò, quindi, pronunciando le parole con eccessiva esuberanza. Immaginava che le mancasse solo la tipica cadenza strascicata del sud per sentirsi patetica come la povera Blanche DuBois di Un tram che si chiama desiderio.
Fortunatamente, il suo terzo bicchiere di punch stava producendo l'effetto sperato: sbloccare le inibizioni. Che diamine, se sua madre poteva soprassedere sulla testa pelata e le stucchevoli smancerie del suo consorte, perché lei non poteva chiudere gli occhi sugli evidenti difetti di Fenton e concentrarsi, invece, sui punti di forza? Argomenti che si premurò lui stesso di evidenziare non appena ebbero raggiunto la pista da ballo.
«Lo sapevi, vero, che ho fatto fortuna e che non me la passo niente male?» esordì il miope con malcelata tracotanza.
Lauren fece una smorfia. Immaginava che quell'ostentato successo economico, più che derivare da meriti personali, dipendesse dal fatto che il padre gli