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Un uomo come nessun altro: Harmony Collezione
Un uomo come nessun altro: Harmony Collezione
Un uomo come nessun altro: Harmony Collezione
E-book167 pagine2 ore

Un uomo come nessun altro: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Michael D'Angelo sarà anche l'artefice del successo delle gallerie Archangel, ma questo non significa che sia un uomo perfetto. Anzi, l'aureola non l'ha mai avuta, eppure quando una splendida donna si presenta a Parigi accusandolo di essere il padre di due gemelli lui è certo di non aver commesso anche quello sbaglio.



Eva Foster è decisa ad andare fino in fondo: non se ne andrà da lì finché il padre dei suoi due nipotini non le concederà l'aiuto di cui ha bisogno per tirare avanti. Il punto è che lui non sembra intenzionato ad andarle incontro, e a peggiorare la situazione ci si mette persino l'incontrollabile attrazione che provano l'uno per l'altra...
LinguaItaliano
Data di uscita19 lug 2017
ISBN9788858967720
Un uomo come nessun altro: Harmony Collezione
Autore

Carole Mortimer

Carole Mortimer was born in England, the youngest of three children. She began writing in 1978, and has now written over one hundred and seventy books for Harlequin Mills and Boon®. Carole has six sons, Matthew, Joshua, Timothy, Michael, David and Peter. She says, ‘I’m happily married to Peter senior; we’re best friends as well as lovers, which is probably the best recipe for a successful relationship. We live in a lovely part of England.’

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    Anteprima del libro

    Un uomo come nessun altro - Carole Mortimer

    successivo.

    Prologo

    St Gregory's Church, New York

    «Poche settimane fa non eravamo in una chiesa molto simile a questa?» Il tono di Michael era scherzoso mentre si rivolgeva al secondo dei suoi fratelli, Gabriel, seduto accanto a lui nella chiesa affollata di invitati al matrimonio. Rafe, inquieto, sedeva all'altro lato.

    «Mi sembra proprio di sì» confermò asciutto Gabriel. «Solo che in quell'occasione tu e Rafe eravate i testimoni, e adesso siamo noi i testimoni di Rafe.»

    «Quante settimane fa, esattamente?» Michael aggrottò un sopracciglio.

    «Cinque splendide, fantastiche settimane.» Gabriel sorrise al pensiero del recente matrimonio con l'adorata Bryn.

    «Mmh...» Michael annuì. «Ti ho mai riferito il discorso fatto quel giorno con Rafe che mi ha assicurato, in modo enfatico, direi, di non credere nell'amore di una vita e di non avere alcuna intenzione di sposarsi nell'immediato futuro e neppure nel più lontano?»

    Gabriel lanciò un'occhiata a Rafe, trattenendo a stento un sorriso nel notare la tensione sul viso pallido del fratello in attesa che arrivasse la sposa.

    «No, non mi pare...»

    «Oh sì, invece.» Michael si sistemò meglio sul banco. «Quando siamo usciti dalla chiesa e tu e Bryn vi siete messi in posa per i fotografi. Mi sembra che Rafe avesse appena ricevuto una telefonata da una delle sue donne e...»

    «Non mi pare proprio il momento, o il luogo, per parlare di una cosa del genere!» Rafe, sempre più teso, si voltò verso di loro, la breve relazione con la parigina Monique ormai conclusa diversi mesi prima che conoscesse la futura sposa.

    I tre fratelli D'Angelo erano i proprietari e gestivano le prestigiose gallerie e case d'asta Archangel a New York, Londra e Parigi. Fino a poco prima si erano alternati nella direzione, con una rotazione di circa tre mesi, in base alle aste o alle mostre in calendario, ma adesso che si era sposato Gabriel era praticamente sempre a Londra mentre Rafe, dopo aver sposato Nina, per lo più si sarebbe occupato della galleria di New York, lasciando quella di Parigi a Michael.

    «Nina è in ritardo di cinque minuti...» borbottò Rafe dopo un'altra occhiata all'orologio, la decima in pochi secondi.

    «È prerogativa della sposa fare aspettare il marito» gli ricordò Gabriel. «Tipo come anche i potenti crollano, non credi?» proseguì tranquillo per poi riprendere a chiacchierare con Michael.

    «Oh, decisamente.» Michael annuì. «Ho notato che non c'era più con la testa da quando ha conosciuto Nina.» Sorrise all'espressione corrucciata di Rafe.

    «È l'amore che ti rende così» intervenne Gabriel. «Presto toccherà a te, Michael.»

    «Non credo proprio» assicurò con cupa certezza.

    «Le ultime parole famose...?»

    «Fatti» lo corresse deciso Michael. «Non riesco neppure a immaginare che una donna mi riduca in questo stato.» Rivolse un'occhiata significativa a Rafe, visibilmente agitato.

    «Volete finirla?» Rafe aveva le mani serrate a pugno, l'espressione ansiosa e sofferta. «Nina è in ritardo, dannazione!»

    «L'abbiamo già sentito...» Michael aggrottò un sopracciglio. «Pensi che possa aver cambiato idea sul fatto di sposarti?»

    Il viso già pallido di Rafe assunse una tonalità cinerea mentre gemeva. «Oh Dio...»

    «Smettila di tormentarlo, Michael» intervenne Gabriel in difesa del fratello. Il matrimonio con Bryn, vecchio di ben cinque settimane, l'aveva addolcito. «Personalmente non vedo l'ora di ammirare la splendida damigella d'onore.» Sorrise al pensiero della moglie.

    Michael alzò le spalle. «Calmati, Rafe. Nina arriverà presto» cercò di rassicurarlo con tono aspro. «Per qualche strana ragione è innamorata di te.»

    «Molto divertente...» borbottò Rafe.

    «La limousine deve aver trovato traffico, tutto qui.» Michael fece una smorfia.

    «Dio, spero che sia così.» Il viso di Rafe aveva assunto una tonalità che ora tendeva al verdastro. «Lo sapevo che avrei dovuto insistere sulla mia idea e convincere Nina a fuggire con me.»

    «No, se volevi continuare a vivere, Raphael Charles D'Angelo!» intervenne la madre dal banco dietro il loro. L'intera famiglia D'Angelo si era riunita ancora una volta per assistere al matrimonio di un altro figlio.

    E adesso restava solo Michael, il maggiore, scapolo a trentacinque anni.

    Una condizione che intendeva conservare!

    Oh, era contento per i due fratelli minori, non aveva il minimo dubbio che Rafe e Gabriel amassero le donne che avevano scelto, che queste ultime contraccambiassero il loro amore e che le due coppie avrebbero vissuto insieme una lunga vita felice. Ma non era la situazione che voleva per sé.

    Mai.

    Si era innamorato una volta nella vita, quattordici anni prima, un'esperienza disastrosa che non aveva alcuna intenzione di ripetere. L'angoscia e la sofferenza l'avevano reso infelice, il tradimento ancora di più, e di certo non gli piaceva la consapevolezza di aver perso il controllo delle proprie emozioni.

    Una sensazione che sarebbe stata ancora più inaccettabile dopo quegli anni in cui aveva fatto solo ciò che gli andava a genio.

    No, per quanto lo riguardava, era compito di Rafe e di Gabriel assicurare la futura generazione D'Angelo, perché lui non aveva la minima intenzione di complicarsi la sua vita ben organizzata né con una moglie, né con una nidiata di bambini.

    «Oh, grazie a Dio...» Rafe trasse un respiro di sollievo quando l'organo cominciò a suonare la marcia nuziale annunciando l'arrivo di Nina, i tre uomini che subito si alzavano voltandosi a guardare la sposa che percorreva la navata al fianco del padre. Nina era una nuvola di seta e pizzo bianco, il sorriso radioso, gli occhi che tradivano un amore immenso mentre si avvicinava all'uomo che stava per sposare.

    All'idea che la decisione di non sposarsi avrebbe fatto sì che nessuna donna gli rivolgesse uno sguardo così dolce, Michael provò una fitta al petto.

    Una fitta che si affrettò a soffocare e seppellire, sapendo di non avere alcuna intenzione di essere vittima dell'amore com'era successo ai suoi fratelli...

    1

    Parigi, galleria Archangel. Due giorni dopo

    «Cosa diavolo...?» Michael alzò il capo, manifestando un gran disappunto nell'udire qualcosa di simile al pianto di un bambino nell'ufficio di fronte al proprio. Si scostò velocemente dalla scrivania mentre diverse voci si alzavano per essere udite al di sopra di quel caos.

    Il tono sostenuto delle voci, accanto al sancta sanctorum del suo ufficio privato al terzo piano era già molto insolito, ma il pianto di un bambino...? In un'ala riservata della prestigiosa galleria Archangel di Parigi? Era del tutto inaccettabile. E Michael non lo tollerava.

    Imprecando attraversò l'ufficio, poi spalancò la porta solo per bloccarsi di botto, le proteste verbali che gli morivano in gola davanti al pandemonio che si presentava ai suoi occhi.

    La sua segretaria, Marie, starnazzava in francese, così come il suo assistente, Pierre Dupont. Entrambi, com'era abitudine dei francesi, sottolineando le parole con gesti frenetici.

    E in mezzo a loro, con un piccino tra le braccia, c'era una giovane donna, con lunghi capelli neri, in jeans e maglietta, abbigliamento tipico della sua generazione. Il top era rosso porpora, così come il viso, mentre, ignorando sia Marie sia Pierre, cercava di tranquillizzare il bambino piangente.

    Un tentativo che fallì miseramente perché il piccino prese a urlare ancora più forte.

    «Vi dispiacerebbe abbassare la voce?» La giovane si era rivolta a Marie e a Pierre, il tono impaziente. «La state spaventando. Guardate un po' cos'avete combinato!» esclamò mentre un secondo piccino cominciava a urlare a pieni polmoni.

    Cosa diavolo...

    Pandemonio? Quella situazione, qualsiasi cosa fosse, era un incubo spaventoso, quello da cui chiunque sperava di svegliarsi al più presto.

    «Grazie...» borbottò la giovane irritata quando Marie e Pierre tacquero, per poi chinarsi sul passeggino cercando di calmare il secondo bimbo.

    Michael aveva sentito e visto a sufficienza.

    «Per amor del cielo, qualcuno vorrebbe spiegarmi cosa diavolo sta succedendo qui?»

    Il tono si levò sopra la cacofonia di suoni.

    Silenzio.

    Silenzio benedetto e assoluto, si rese conto Eva con un sospiro di soddisfazione, mentre non solo i due dipendenti della galleria rimanevano in silenzio, ma persino i singhiozzi dei piccini si attenuavano.

    Sempre accovacciata, si voltò a guardare attraverso le folte ciglia la fonte di quella voce, sbarrando gli occhi quando scorse l'uomo nel mezzo dell'anticamera.

    Poteva essere sui trentacinque anni, i capelli neri tagliati corti, un viso dalla pelle olivastra talmente bello come qualsiasi modello che aveva fotografato all'inizio della carriera non si sarebbe neppure sognato di essere. Sopracciglia scure arcuate sopra occhi neri di ossidiana, il naso diritto tra zigomi alti, le labbra sensuali al di sopra di un mento deciso. Le spalle ampie, il torace muscoloso e i fianchi stretti facevano sì che fosse lui a indossare l'abito di sartoria, e non gli abiti a renderlo così attraente e perfetto.

    E non lasciandole il minimo dubbio, anche per la deferenza che si notava sui visi dei due impiegati, che quell'uomo fosse D'Angelo. Proprio l'uomo che era venuta a cercare.

    Ma nell'espressione di Eva non c'era alcuna traccia di deferenza quando si raddrizzò per attraversare la stanza e mettergli in braccio Sophie. «La prenda lei, così io posso prendere Sam» ordinò con impazienza mentre Michael la fissava, allibito e incredulo, dall'alto del naso aristocratico, con quegli occhi più che neri.

    E Michael, per guardarla, si ritrovò a dover abbassare di molto quegli occhi. Buon Dio, quella donna era proprio piccina. Aveva un corpo minuto, che solo il seno e i capezzoli, che s'intravedevano attraverso la maglietta, facevano sì che non fosse scambiata per un'adolescente.

    Quel seno generoso, insieme a un paio di incredibili occhi viola, erano sufficienti per convincerlo che era una donna e non una ragazzina, probabilmente tra i venti e i trent'anni.

    Inoltre era anche molto bella, dovette riconoscere suo malgrado, il viso dominato da quegli stupendi occhi viola, un naso impertinente, labbra piene e sensuali, la pelle fine e delicata come porcellana. Le ombre scure sotto gli occhi tradivano una certa fragilità.

    Una fragilità che contrastava con la piega decisa delle labbra e la posizione altrettanto determinata del mento.

    Michael distolse lo sguardo da quella bellezza per fissare inorridito la bimbetta con la tutina rosa che la giovane gli stava porgendo: inorridito perché non aveva mai tenuto in braccio un bambino. E come avrebbe potuto, quando non era mai stato così vicino a un bimbo, da quando lo era stato lui stesso?

    Arretrò di un passo. «Non credo...»

    «È meglio non pensarci troppo quando si tratta di Sophie e Sam, soprattutto adesso che stanno mettendo i dentini» gli spiegò la giovane donna. «Può mettere questo sulla spalla per proteggersi la giacca.»

    Gli porse un panno mentre, senza tante cerimonie, gli metteva la piccina tra le braccia, prima di voltarsi offrendo a Michael una visuale perfetta del fondoschiena mentre si chinava per prendere il secondo piccino ancora nel passeggino.

    Michael teneva la bimba, Sophie?, con le braccia tese in avanti, incerto su cosa fare di lei, e un poco sconcertato nel ritrovarsi l'obiettivo di quegli occhi viola identici a quelli della madre. Uno sguardo fisso, quasi di scherno, gli parve, per una bimba di soli pochi mesi.

    Eva sollevò Sam e si raddrizzò, ancora irritata per il fatto che quei due dipendenti dell'Archangel con le loro rimostranze avessero svegliato i piccini. Aveva impiegato tutto il tragitto dall'albergo alla galleria per farli addormentare, dopo una notte disastrosa perché i due gemelli si erano svegliati a turno, probabilmente per il fastidio dei denti.

    Come risultato quel mattino sia Eva sia i piccoli erano irritabili. Ma questo non le impedì di aver voglia di sbottare in una risata quando, voltandosi, scorse D'Angelo che ancora teneva Sophie a distanza

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