Le regole per conquistarti: Harmony Destiny
Di Leanne Banks
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Info su questo ebook
Leanne Banks
È una delle scrittrici più conosciute nel panorama degli autori dei romanzi d'amore, ne ha scritti più di quaranta. Durante tutta la sua carriera ha ricevuto diversi riconoscimenti tra cui quello del Romantic Times Career Achievement Awards nella categoria "Sensualità, amore e risate". I suoi libri sono molto apprezzati per le storie fortemente connotate dal punto di vista delle emozioni. I personaggi, poi, appaiono talmente reali, sfaccettati e calati nella realtà quotidiana che ogni lettore è in grado di ritrovarvi un po' di se stesso e della propria vita. Leanne è convinta che i lettori del genere rosa siano i migliori, perché hanno capito che l'amore è il miracolo più grande di tutti. Ed è questo che la spinge a scrivere a ritmo serrato prendendo spunto da tutto ciò che la circonda. Nonostante la grande popolarità, Leanne non ha mai voluto lasciare la sua amata Virginia dove vive con il marito e i due figli adolescenti. La scrittura non è la sua sola passione: il cioccolato, la musica e l'amore per l'avventura seguono a ruota rendendo la sua vita completa e appagata.
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Le regole per conquistarti - Leanne Banks
storia.»
Capitolo
1
LA FOTO SUL quotidiano posato precariamente sull’orlo del tavolo distrasse Rafe. Quella donna sembrava familiare... Avvicinò il giornale, per rivolgerle un’occhiata più attenta, e la identificò immediatamente: Tabitha.
Sentì lo stomaco contorcersi e una dozzina di emozioni diverse affollarsi dentro di sé. Avrebbe riconosciuto ovunque quella chioma bionda, anche se ora era un po’ più scura, quei sensuali occhi azzurri, quel corpo disegnato per fare impazzire un uomo. E ragazzi, se sapeva come usarlo: l’aveva preso al guinzaglio ed era quasi riuscita a strangolarlo.
«Questo affare dev’essere davvero importante per strapparti a South Beach» osservò Michael catturando la sua attenzione.
«Per il cliente giusto, non mi dispiace fare il viaggio. Questo ha comprato due yacht premium e ha degli amici che vogliono affittarli.» A Rafe non dispiaceva neanche strappare un affare alla Livingstone Yachts – anzi, si godeva ogni istante della tortura inflitta al padre di Tabitha, anche se quell’aspetto l’avrebbe tenuto per sé. «Cosa mi dici di te? Sembra che gli affari vadano bene» commentò guardandosi intorno: il bar che Michael aveva rilevato era diventato uno dei locali trendy di Atlanta. Scosse il capo. «Di nuovo il tuo tocco magico, eh?»
Michael accennò una risata. «Lo sai bene. Altro che tocco magico, ci ho messo l’anima.»
«Come abitudine dei Medici» commentò distratto. Il suo sguardo fu attirato di nuovo dalla copia dell’Atlanta Constitution; non riusciva a credere di essere stato tanto sciocco da prendere in considerazione un futuro con Tabitha.
«Ehi, non hai ascoltato una parola di quello che ho detto» protestò a un certo punto il fratello. «Che cosa stai guardando?»
Rafe strinse gli occhi, studiando il bimbo ritratto accanto a Tabitha; non poteva avere più di quattro o cinque anni, rifletté. Il che significava che la bugiarda aveva frequentato qualcun altro, mentre stava con lui – del resto, non l’aveva scoperta a tentare di sedurre un cliente?
«Conosci il tizio sulla sedia a rotelle?» gli domandò Michael.
«Cosa...» Rafe si fermò e scorse rapidamente l’articolo che riportava la storia di un veterano dei marines che si era costruito una nuova vita nonostante l’handicap. Che cosa diavolo ci faceva Tabitha con lui? Era una ricca ragazzina viziata.
Si accigliò e studiò di nuovo la foto. Il ragazzino aveva capelli ricci castani ed era timidamente mezzo nascosto dietro la sua gamba. Facendo i conti, Rafe si raggelò. Quel bambino aveva le caratteristiche dei Medici: anche se la madre era una bugiarda, poteva essere suo figlio.
«Rafe, ti stai comportando in modo strano» gli fece notare il fratello con una punta di preoccupazione nella voce.
«Già, be’...» Scosse il capo e indicò l’articolo. «Sai dove si trova questo posto?»
Michael inarcò le sopracciglia. «Sì. Non è il quartiere migliore della città, sinceramente; meglio non passarci troppo tempo dopo il tramonto.»
Rafe guardò l’ora – erano le undici. Dannazione: doveva scoprire se quel ragazzino era suo.
«Che cosa succede?» gli domandò ancora Michael.
«Non ne sono sicuro, ma ho tutte le intenzioni di scoprirlo.»
Nicole Livingstone si strinse nel cappotto per tenere a bada l’aria fredda di gennaio. Si diresse alla propria auto, notando un bell’uomo che proveniva dalla direzione opposta sullo stesso marciapiede.
Se fosse stata una donna frivola, quella sarebbe stata l’occasione perfetta per flirtare. Sotto la giacca di pelle nera lo sconosciuto nascondeva due spalle larghe, e camminava con un passo potente e deciso; i capelli scuri erano arruffati dal vento, e gli occhi altrettanto scuri erano incorniciati da sopracciglia ben disegnate. L’unico aspetto negativo era la bocca stretta in una linea dura, come se l’uomo fosse infastidito da qualcosa e intendesse rimediare.
Nicole distolse lo sguardo.
«Tabitha» esordì l’uomo fermandosi davanti a lei. «Tabitha Livingstone.»
Stupita che conoscesse il nome della sorella, Nicole risollevò lo sguardo di scatto. «Non sono...»
«Non cercare di prendermi in giro» la interruppe però l’altro. «Tu e io ci conosciamo troppo bene.»
Nicole prese un respiro corto, a metà tra la delusione e la trepidazione. Le era successo fin troppe volte di essere scambiata per la gemella, ma non più da quando lei era morta. Il problema era che Nicole non sapeva mai che tipo di rapporto Tabitha aveva avuto con la persona che si ritrovava davanti.
«Mi chiamo Nicole Livingstone. Sono la sorella gemella di Tabitha.»
Osservò lo sconosciuto digerire la notizia. Il suo viso fu attraversato dall’incredulità, poi dalla confusione. «Non mi ha mai detto di avere una gemella.»
Nicole rise, ma la sua risata imbarazzata le si strozzò in gola. «Le piacevano le sorprese.»
«Mmh» replicò l’altro corrugando la fronte, quindi si grattò il mento. «Dov’è Tabitha, adesso?»
Nicole si mordicchiò il labbro. La fitta di dolore la colse alla sprovvista: pensava di essersi abituata alla perdita della sorella, invece, il solo sentire il suo nome fu quasi uno shock. «È morta tre anni fa.»
L’uomo spalancò gli occhi. «Non lo sapevo.»
«Ha avuto un’infezione» spiegò lei con un cenno del capo. «I medici non hanno potuto far niente. La gente pensava che fosse tanto forte da sopravvivere a tutto. È stato un trauma per tutti noi.»
«Mi dispiace molto» offrì lui, ma Nicole lesse la durezza nei suoi occhi. Le tese la mano.
Quando l’afferrò, fu immediatamente colpita dal suo calore e dalla sua forza. Era una bella sensazione. «La ringrazio. Lei è?»
«Rafe» rispose l’uomo. «Rafe Medici.»
Il mondo le sprofondò sotto i piedi. Il cuore prese a martellarle nel petto come se qualcuno avesse azionato un allarme antincendio dentro di lei. Le ci volle un momento per ritirare la mano.
Doveva allontanarsi da lui, il più in fretta possibile. Prese un profondo respiro e fece un passo indietro. «Grazie ancora. Addio.»
Tentò di girargli intorno, ma lui le sfiorò il braccio con la mano. Mordendosi il labbro, Nicole si fermò e fissò lo sguardo sul suo viso, evitando gli occhi, però.
«Sul giornale, ho visto la sua foto insieme a un bambino. È di Tabitha?»
«È mio» rispose lei immediatamente, il sangue che le affluiva al cervello. «Joel è mio.»
«Tabitha ha avuto un figlio prima di morire?»
«Joel è mio. Ora devo andare» dichiarò incamminandosi lungo il marciapiede verso la Camry ibrida. Con il battito impazzito, aprì la portiera e si infilò dietro al volante, ma quando fece per richiuderla, Rafe Medici apparve accanto a lei e glielo impedì.
«Signor Medici» cominciò, cercando di non lasciarsi sopraffare dal terrore.
«Mio padre morì quando ero molto giovane. Fu una perdita terribile. Non vorrei mai che mio figlio dovesse affrontare la stessa difficoltà.»
L’umanità che lesse nella sua espressione la colse di sorpresa: la sorella l’aveva descritto come una persona dall’ego mostruoso. Nicole guardò di proposito la mano che le impediva di chiudere la portiera. «Per cortesia, si allontani dall’auto. Devo andare» ribadì con quel tono che aveva sviluppato per bloccare le discussioni con le strutture di assistenza sanitaria che rifiutavano di collaborare.
Sentì la potenza del suo sguardo indagatore mentre toglieva la mano. Non era affatto intimidito. E perché avrebbe dovuto esserlo? Era più alto di lei di una quindicina di centimetri, e con quelle spalle ampie e quei muscoli tonici probabilmente avrebbe potuto sollevare tre Nicole.
«Arrivederci» promise.
E a quel punto Nicole schizzò fuori dal parcheggio. Arrivederci. Sperava proprio di no. Con Joel prossimo al quarto compleanno, aveva pensato di essere al sicuro. Dopotutto, al funerale di Tabitha non c’era stato segno di Rafe – niente fiori, biglietti, niente di niente.
Imboccò la superstrada sudando freddo. Nicole aveva sempre mantenuto un basso profilo; le veniva naturale, del resto: era stata Tabitha quella esuberante ed estroversa. Dopo tutto quel tempo, aveva portato Joel a conoscere uno dei propri assistiti, per fargli ammirare la sua collezione di modellini di dinosauri. Un giornalista che raccontava le storie dei veterani disabili li aveva sorpresi, catturandoli in una foto che era stata pubblicata sul giornale. Una iella nera.
Serrando le dita sul volante, si chiese se avrebbe dovuto prendere Joel e lasciare immediatamente la città. Il bimbo però era timido, e sembrava trovarsi a proprio agio con gli amici dell’asilo.
Ricordò l’espressione determinata di Rafe e rabbrividì. Sua madre viveva dall’altra parte del mondo, in Francia; Nicole e Joel avrebbero potuto recarsi da lei, almeno per un po’. La madre però conduceva una vita sociale piuttosto attiva e avere un bimbetto intorno le avrebbe dato fastidio.
Tabitha si sarebbe rivolta al padre, e con una prestazione da Oscar sarebbe riuscita a scucirgli dei soldi, ma Nicole preferiva limitare il rapporto col genitore al minimo indispensabile. Dopo quello che aveva fatto...
Prese un profondo respiro per calmarsi. Le avevano sempre detto che lei era la gemella col senso pratico: avrebbe trovato la soluzione, e avrebbe protetto Joel a ogni costo.
Stava mentendo, stabilì Rafe mentre la osservava uscire dal parcheggio in tutta fretta. Sentiva un formicolio alla mano sinistra, e la sensazione gli era servita da avvertimento per tutta la vita. Quella donna prometteva guai, forse ancora più della sorella, se possibile.
All’inizio era sembrato che a Tabitha piacesse vivere con Rafe, ma presto aveva capito che tutto ciò che voleva da lui era il suo denaro. Dopo tutto quel tempo, non riusciva ancora a capacitarsi di una simile ingordigia. In fondo la sua famiglia era benestante. Ma Rafe ricordava come lei l’avesse supplicato di lasciarle vendere qualcuno dei suoi yacht. Glielo aveva concesso, compiacendosi in segreto di aver avuto la meglio sull’onnipotente Conrad Livingstone grazie alla sua stessa figlia. Ma il gioco gli si era ritorto contro; lei gli aveva mentito per gonfiare la propria commissione, dopodiché aveva tentato di sedurre uno dei suoi clienti, un principe spagnolo. Non ci era riuscita.
La mente in preda a un turbine di pensieri, Rafe si incamminò verso la proprio auto a nolo. La cosa fondamentale era scoprire se aveva un figlio o no. Non sarebbe stato così difficile.
Dopo aver ricevuto il primo rapporto dell’investigatore privato, Rafe si recò da un avvocato, volendo conoscere le proprie possibilità nel caso si avviasse una battaglia legale per la custodia.
L’avvocato scosse il capo. «La signorina Livingstone può lottare, ma a meno che non riesca a dimostrare che lei è un genitore indegno, non può vincere. Ha bisogno solo di un test di paternità per dimostrare che il bambino è suo. Dovrebbe essere piuttosto semplice ottenere un’ordinanza dal tribunale.»
Rafe ripensò agli anni in cui gli era stata negata la conoscenza del figlio, tutto per colpa dei Livingstone, e fu assalito dall’amarezza. «Queste persone mi hanno ingannato nel peggiore dei modi. Voglio portare via Joel il più presto possibile.»
Il legale però sollevò una mano. «Non così in fretta.»
«Perché no?» domandò Rafe. «Mi ha appena detto che otterrei la custodia senza problemi.»
«È vero» confermò l’uomo, «ma deve tenere a mente il bene di suo figlio. Vuole davvero strapparlo all’unica persona che conosce fin dalla nascita? Direi che Nicole Livingstone si è presa cura di lui nel migliore dei modi, non è d’accordo?»
«Già» dovette riconoscere con riluttanza.
«Legalmente, ha tutto il diritto di portare via suo figlio e di fare in modo che non riveda mai più Nicole, ma deve riflettere su cos’è meglio per Joel. Come reagirebbe se venisse strappato dalla donna che ritiene sua madre?»
Lo stomaco gli si contorse all’idea. La sua esperienza non era troppo dissimile – aveva perso i genitori e la famiglia da