Stregato dalla damigella: Harmony Bianca
Di Annie O'neil
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Info su questo ebook
Un matrimonio reale annullato. Due ereditiere alla ricerca del vero amore nella città più romantica del mondo. Due dottori la cui esistenza sta per essere stravolta per sempre.
L'ultima volta che il chirurgo Luca Montovano ha incrociato lo sguardo della frizzante ereditiera Francesca Martinelli si trovava al matrimonio - naufragato! - del suo migliore amico, dove lei era la damigella. Quel giorno l'attrazione fra loro era stata immediata, e ora che lei si è presentata a sorpresa alla sua clinica Luca ha intenzione di portare a termine ciò che hanno cominciato.
Ma Francesca farà bene a non illudersi troppo: non ci può essere alcun futuro per loro, dal momento che l'unica priorità di Luca è prendersi cura della nipote. Le cicatrici che hanno marchiato il suo cuore gli hanno anche insegnato a tenere le persone a distanza. A meno che Fran non lo convinca a guardare il mondo con i suoi occhi...
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Stregato dalla damigella - Annie O'neil
successivo.
1
Le pareva quasi di vedere il mondo attraverso il cristallo spesso di una boccia di vetro. Era tutto distorto. La vista. I suoni. Fran avrebbe pagato un milione di dollari per essere altrove in quel momento.
Il silenzio in chiesa era assordante. Soprattutto date le circostanze.
Fran lanciò un'occhiata ai testimoni. Sicuramente avrebbe trovato un alleato in quel gruppo di eleganti gentiluomini italiani che...?
Mmh... Tu no, tu no, tu no... Oh!
Fran incrociò lo sguardo di uno di loro. Attraente, come tutti gli altri, ma con la fronte decisamente corrugata, gli occhi color caffè molto esigenti e... Oh! Aveva una cicatrice? Non se n'era accorta la sera prima al cocktail party a lume di candela. Interessante. Si chiese come sarebbe stato...
«Ehm!» Il sacerdote – o forse era un vescovo? – si schiarì la gola con tono piccato.
Come le era saltato in mente di alzare la mano? Non era a scuola... Erano in chiesa!
Non era neanche il suo matrimonio, eppure gli occhi di centinaia di ospiti eccellenti seduti nella magnifica basilica di Venezia si voltarono verso di lei. La piccola cara Francesca, detta Fran, Martinelli, originaria del Queens, New York, e adesso... be', non lo sapeva neanche lei a che luogo apparteneva. C'era solo lei, una sacca di tessuto pesante piena zeppa di giocattolini per cani, e l'abito da damigella, molto, molto bello, che indossava.
Si era subito sentita molto femminile quando se l'era infilato! Piacevole. Il giorno dopo, però, quando si sarebbe presentata per il suo nuovo misterioso lavoro, si sarebbe messa i soliti jeans e maglietta. Nel frattempo, tuttavia, stava facendo una pessima figura come damigella.
Con la punta delle dita Fran pizzicò il tessuto diafano del suo abito azzurro e alla fine trovò il coraggio di guardare dritta negli occhi scuri la sua più cara amica d'infanzia, la principessa Beatrice Vittoria di Jesolo.
Aveva trascorso con lei gli anni dell'adolescenza in un collegio svizzero e l'ultimo giorno di scuola l'avevano coronato sorbendosi una sferzante ramanzina della direttrice. Ma ne era valsa la pena. Il pomeriggio di sole in cui avevano marinato le lezioni era stato una pura goduria. Certo, alla fine le avevano scoperte, ma in fondo a chi poteva importare se lei avesse saputo camminare o no con un libro sulla testa?
La loro amicizia era sopravvissuta a quella strigliata davanti alle compagne più disciplinate... Ma quel momento, quello in cui Fran stava per mandare a monte le nozze della sua migliore amica davanti a tutto il mondo, avrebbe davvero potuto segnare la fine della loro amicizia. L'unica cosa su cui poteva contare nella vita.
Fran strizzò forte gli occhi quando Bea la fissò con espressione interrogativa. L'immagine delle dita della sua mano che presto avrebbero accolto la fede si era già impressa nella sua memoria. Non importava che ci fossero fotografi ufficiali e centinaia di ospiti – comprese alcune decine di membri di famiglie reali europee – a riempire le panche, per non parlare dei numerosissimi rappresentanti della stampa che aspettavano fuori per filmare gli sposi non appena questi fossero stati dichiarati marito e moglie.
E cioè nel giro di dieci minuti o giù di lì, sempre che lei trovasse il coraggio d'intervenire – tra l'altro parlando in una lingua che non era la sua!
«Cos'avresti da obiettare?» le chiese l'uomo con la cicatrice parlando a denti stretti. In inglese. Ma che gentile a rivolgersi in inglese!
Non perché l'italiano di Fran fosse arrugginito... Lei e suo padre parlavano sempre la loro lingua d'origine, quando lei era a casa... Piuttosto perché non era sicura che tutti i presenti in chiesa avrebbero capito che lei aveva visto il fidanzato di Bea sbaciucchiare una donna che non era Bea.
Fissò il tizio con la cicatrice. Lo sapeva anche lui? E se invece ne era all'oscuro, che cosa avrebbe pensato se qualcuno gli avesse detto che l'uomo a cui stava facendo da testimone davanti a tutti quegli illustri ospiti italiani era un bugiardo traditore?
«Le dispiace alzare la voce, mia cara» intervenne il sacerdote gentilmente.
Forse il prete non aveva molta voglia di sapere qual era la sua obiezione... Forse era uno di quelli che ritenevano che nessuno è perfetto. Oppure l'avrebbe applaudita sorridendo. «Sorpresa! Li ho visti anch'io» avrebbe precisato. «Il matrimonio è annullato perché lo sposo è un traditore. Ha appena finito di baciare la sua testimone dietro il palazzo del doge. Allora... adesso si va a pranzo?»
Dopo avere di nuovo chiuso gli occhi, Fran ne riaprì uno e si guardò intorno.
No. Beatrice era ancora al fianco del suo futuro marito e stava per sposarsi. Lo sguardo da cerbiatta... be', forse non proprio da cerbiatta. Beatrice era sempre stata quella pragmatica. Ma... oh, Dio! C'è una volpe nel pollaio, com'era solito dire suo padre quando la situazione era fuori controllo. E lo era. Esattamente lì, in quel momento. Una volpe girava libera nel pollaio del più sacro edificio veneziano, dove lo sposo avrebbe dovuto essere colpito da un fulmine o da qualcosa di altrettanto letale.
E Fran era nella posizione perfetta per incenerirlo con lo sguardo. Marco Rodolfo. Erede di qualche titolo nobiliare della Repubblica Serenissima di Venezia e pretendente al trono di una famiglia sfacciatamente ricca.
Il denaro non era tutto. Lo sapeva per esperienza. La verità era un lusso molto più appetibile. Ed era ciò che sperava avrebbe pensato anche Bea quando alla fine lei, Fran, avesse finalmente aperto la bocca per parlare.
Magari sarebbe riuscita anche a estorcere allo sposo una confessione...
Marco Rodolfo guardò Fran... la fissò... e sorrise. E sulla scia di quel viscido sorriso le parve di scorgere una luce nel suo sguardo, come una lama luccicante che la sfidava.
Forza, dai, provaci se hai il coraggio!
Marco Rodolfo, detto il Lupo.
Esatto, un lupo. Non si era neanche preso la briga di travestirsi. Se l'avesse guardato da vicino gli avrebbe visto degli incisivi super lunghi? Per mangiarti meglio...
«La prego, signorina!»
Un'ondata di teste perfettamente acconciate si girò verso di lei quando il sacerdote la incalzò con sguardo implorante. O era un cardinale? Avrebbe dovuto rinfrescare le proprie nozioni sulle gerarchie della chiesa cattolica apprese da bambina. Chiesa, cene di famiglia, tradizione... Era scivolato via tutto quando sua madre se n'era andata per convolare a nozze col marito numero due e suo padre si era tuffato a capofitto nel lavoro.
«Francesca?» la sollecitò Bea fissandola con un sorriso impastato. «Vuoi dire qualcosa?»
Santo cielo! Era esattamente per quel motivo che suo padre l'aveva tenuta a distanza in quegli anni. Non riusciva mai a tenere la bocca chiusa! Doveva sempre dire la verità, senza pensare alle conseguenze.
«Francesca?»
«Lui è...» Il suo dito indice si mosse autonomamente e lo vide alzarsi dal suo fianco e indicare la ragione per cui il matrimonio di Bea non poteva essere celebrato. Non riusciva neanche a guardare la testimone con cui lo sposo se l'era spassata. Come si chiamava? Marina? Qualcosa di simile. Il tipo di donna che la faceva sentire più maschiaccio che Campanellino. Una cascata di riccioli corvini le ricadeva sulla schiena. Figura snella e flessuosa. Zigomi alti e labbra piene che le conferivano un'aria distaccata.
Era una bugiarda e una ladra di fidanzati... poco ma sicuro. Da quando in qua Bea frequentava quel genere di donne che sembravano fotomodelle?
Ecco i matrimoni dell'alta società!
Un incubo.
La sera prima, quando erano riuscite a stare qualche minuto da sole, Bea le aveva accennato qualcosa della lista degli invitati, di sua madre, del loro rango e degli obblighi che comportava. E tutto ciò fissando con desiderio la coppa di champagne di Fran e poi mettendo fine alla serata bruscamente. Non esattamente l'immagine di una sposa sul punto di entrare nell'incantesimo della vita. Piuttosto di una sposa sull'orlo del disastro!
«Francesca, di' qualcosa!»
Tutto ciò che Fran riuscì a fare fu fissare la sua amica con lo sguardo sbarrato. La sua amica bellissima, gentile, sincera, entusiasta. Bea non avrebbe fatto male a una mosca. Ma la vita era crudele. Quando lei aveva visto sua madre baciare un uomo che non era proprio Babbo Natale, e ne aveva parlato a suo padre, come avrebbe potuto immaginare che sua madre poi lo avrebbe lasciato spezzandogli il cuore?
Bea sarebbe rimasta sua amica anche se lei fosse stata foriera di cattive notizie, oppure l'avrebbe odiata per sempre? Come suo padre, che l'aveva odiata perché il suo matrimonio era finito. Eppure lei ce l'aveva messa tutta per cercare la sua approvazione.
Una minuscola punta di calore le ruotò attorno al cuore. Avrebbe riprovato a riavvicinarsi a suo padre. Presto.
E anche lui lo avrebbe fatto. Gliel'aveva promesso.
Ma quel velo di calore si trasformò in gelo non appena sentì Mr Sexy richiamarla con un altro colpetto di tosse.
Perché doveva capitare sempre a lei di cogliere in flagrante i fedifraghi di tutto il mondo?
Gli occhi di tutti i presenti erano puntati su di lei come raggi laser.
Compresi quelli del misterioso testimone del quale avrebbe volentieri approfondito la conoscenza, se solo ci fosse stata l'opportunità. Tipico. Il tempismo non era decisamente il suo forte. Come si chiamava? Di sicuro non Ugolino, come sua zia aveva misteriosamente chiamato suo figlio. No... aveva un nome più appetibile. Un nome che scivolava in bocca, come l'amaretto o una cucchiaiata di gelato cremoso. Freddo e caldo allo stesso tempo. Qualcosa di simile all'antica città di...
Luca! Ecco come si chiamava.
Luca. Impeccabile nel suo abito sartoriale, il portamento eretto, l'aria sicura di sé. Il colletto rigido della camicia bianca metteva in risalto il colorito leggermente olivastro della carnagione e un velo di barba faceva capolino sul viso, anche se era solo mattina. Aveva l'aria di essere un uomo schietto, franco.
E anche se in quel momento le stava lanciando quelle occhiatacce, il suo sguardo truce, stranamente, non limitava il suo fascino anticonvenzionale. Non era uno di quei belloni da calendario la cui perfezione risultava più sgradevole che attraente. Aveva gli zigomi scolpiti, i capelli e gli occhi scuri che celavano i misteri dell'universo, ma aveva anche una cicatrice. Era frastagliata e sembrava nascondere delle storie. Partiva da sopra il sopracciglio sinistro, saltava l'occhio e scendeva sulla guancia. E ce n'erano altre minuscole sul mento. Le era quasi venuta voglia di allungare la mano e sfiorarle... ma lui aveva mosso le labbra e lei si era bloccata.
«Per l'amor del cielo! Non tenere questa povera gente in sospeso!»
Fran sbatté le palpebre. L'uomo con la cicatrice aveva ragione.
Lei guardò alla sua sinistra. Il sacerdote-vescovo-cardinale stava di nuovo rivolgendosi a lei. Voleva sapere perché riteneva che quella coppia felice non potesse unirsi in matrimonio. La gente mormorava alle sue spalle. E anche i paparazzi che aspettavano fuori dalla chiesa erano in fermento.
Il formicolio del panico minacciava di consumarle il cervello.
Bea era una sua amica e lei non poteva lasciare che sposasse un bugiardo donnaiolo. Giusto? Ma lei, però, cosa ne sapeva?
La sua famiglia era di origine italiana, ma lei era cresciuta in America. Forse in quell'ambiente di persone altolocate dai nomi altisonanti che risalivano a dodici generazioni prima, una scopata dell'ultimo minuto era tollerata prima di incatenarsi per tutta la vita. Non era illegale, ma... Stava infilandosi davvero in una brutta storia!
Fran inspirò profondamente. Doveva decidersi. Il cuore le trottava nel petto con una tale baldanza che non si sarebbe stupita di sentirlo salire in gola. Invece le uscirono dei fonemi. «Lui ti ha... Non puoi sposarlo!»
2
«Basta!» Veloce come un fulmine, Luca spinse i protagonisti di quella farsa dietro l'altare e poi lungo uno stretto passaggio che sbucò in un locale ampio e, per fortuna, appartato.
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«Per favore... Ti supplico... Basta!» Luca si girò e lei lo colpì con uno sganassone in pieno viso.
«Sto solo cercando di...» Fran strinse forte le labbra e i loro sguardi s'incontrarono.
Gli invitati si stavano riversando lungo