Stregati! (eLit): eLit
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Info su questo ebook
I romanzi della serie:
1) Amici più di prima
2) Soltanto tra amici
3) Amici, fidanzati e...
4) Stregati
5) Operazione Cenerentola
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Anteprima del libro
Stregati! (eLit) - Valerie Kirkwood
Nessuno.
1
Il mento appoggiato sulla punta degli indici, la dottoressa Julia Barrett Brown, psicoterapeuta, si rivolse alla sua nuova paziente, guardandola da dietro gli occhiali. «Sarina, da quanto mi ha appena detto, non dovrebbe mancare molto al primo anniversario del suo... matrimonio. Che effetto le fa?»
Sarina cambiò posizione sulla poltrona. «A lei che effetto farebbe?»
«Capirà presto che quello che proverei io al suo posto è irrilevante» rispose la dottoressa, con un sorriso di circostanza sulle labbra. «Lei è senza dubbio una donna intelligente e, a giudicare dal suo successo come manager, è abituata ad affrontare le situazioni in modo razionale. La sua logica dovrebbe indicarle che gli eventi relativi alla sua notte di nozze, per quanto spiacevoli, non possono essere il risultato di una maledizione gettata sulla sua famiglia.»
Sarina prese una sottilissima sigaretta dal portasigarette d'argento che teneva nella borsetta e la tenne in mano senza accenderla. «Da un punto di vista puramente razionale, dottoressa, sarei pienamente d'accordo con lei. Ma c'è un indizio sul mio album fotografico, un indizio che risale a un centinaio di anni fa: sulla fotografia del giorno delle nozze, il mio bisnonno scrisse, proprio sopra il braccio appeso al collo: Colpa di Morgana, quella strega!»
«Non pensa che il suo bisnonno intendesse strega in senso metaforico?»
«Assolutamente no. Questa Morgana esercitava le sue arti magiche in Baviera, dove il mio bisnonno viveva prima di emigrare in America. Quando lui venne qui, Morgana lo seguì, convinta che lui l'avrebbe sposata. Ma lui invece sposò la mia bisnonna e Morgana si vendicò lanciando una maledizione sul suo matrimonio e su tutti quelli dei suoi discendenti. Dopo la mia nascita, tuttavia, la maledizione dei Mann si è allargata: praticamente ogni evento importante della mia esistenza si è rivelato un disastro.»
«Sono certa che, se analizzassimo singolarmente ogni evento, chiariremmo in modo razionale che questa storia non ha alcun fondamento.»
«Intende dire che tutto è cominciato nella mia testa?» Sarina schiacciò la sigaretta nel portacenere, senza averla nemmeno accesa.
«Non me ne stupirei.»
«Io direi piuttosto che tutto è cominciato nella mia sala da pranzo.»
«Prego?» chiese la dottoressa, sbattendo le sopracciglia.
«Fu lì che un giorno di Natale, quando avevo nove anni, i miei genitori mi comunicarono che stavano per separarsi.»
La dottoressa inarcò un sopracciglio. «Non hanno scelto un giorno particolarmente adatto, direi. Anche se immagino che il loro matrimonio fosse in crisi da parecchio tempo, solo che lei era troppo piccola per rendersene conto.»
«E come spiega il caso di Tuffy?» Sarina prese un'altra sigaretta e la tenne tra indice e medio, senza accenderla.
«Tuffy?»
«Il mio cocker spaniel. Finì sotto una macchina il giorno del mio dodicesimo compleanno.»
«Il fatto che due eventi traumatici della sua vita siano avvenuti in corrispondenza di un Natale e di un compleanno non è una prova convincente dell'esistenza di una maledizione» obiettò la dottoressa Barrett Brown. «Non le pare?»
«Dimenticavo il giorno della laurea» aggiunse Sarina. «Morbillo.»
«Capisco» borbottò la dottoressa, ancora dubbiosa.
«Ero stata prescelta per tenere il discorso di commiato degli studenti dopo la cerimonia della laurea. A causa della mia malattia, fui sostituita da Cynthia Zimmer, la ragazza che aveva con successo diffuso per tutta l'università la voce che i miei capelli rossi fossero tinti e i miei occhi azzurri fossero dovuti a lenti a contatto colorate.»
«Be'» si limitò a commentare la dottoressa, stringendosi nelle spalle. «Sono cose che capitano, negli anni di università.»
«Dopo aver fatto il discorso, Cynthia Zimmer venne fotografata col governatore.»
«E con ciò?» disse la dottoressa, con uno sguardo interrogativo.
«Dopodiché fu invitata per un periodo di stage nel suo ufficio.»
«Davvero?» disse la dottoressa, con uno sguardo sorpreso.
«Sposò suo figlio.»
«Oh» disse la dottoressa con uno sguardo desolato.
«Ora è l'ambasciatrice degli Stati Uniti d'America in un'isoletta indipendente dei Caraibi, dove non c'è povertà, non ci sono tasse, non esiste criminalità e piove solo tra le dieci di sera e le due del mattino.» Sarina sottolineò l'affermazione schiacciando anche la seconda sigaretta nel portacenere, senza averla accesa.
La dottoressa scosse il capo, stavolta con uno sguardo da zombie.
«Dottoressa, si sente bene?»
Julia Barrett Brown rimise in funzione il suo sorriso di circostanza. «Mi rendo conto: la catena degli avvenimenti ha fatto sì che il morbillo le impedisse di fare l'ambasciatrice americana nel paradiso terrestre. Ma come donna di scienza mi rifiuto di credere che questo possa costituire la prova di una maledizione. La sua amica Zimmer...»
«Ex amica» precisò Sarina.
«Ha solo avuto la fortuna di trovarsi al posto giusto, nel momento giusto.»
«Questo può capitare a tutti. Una volta è successo persino a me.»
«Visto? Tutti abbiamo la nostra quota di buona e di cattiva sorte» affermò la dottoressa, affidandosi nuovamente al proprio rigore scientifico.
«Infatti è stata una fortuna che fossi in ufficio a ricevere la notizia della mia promozione a vicepresidente, la sera in cui un fulmine si abbatté sulla mia casa e...»
«E...» la esortò la dottoressa.
«... la incendiò...»
La dottoressa si appoggiò allo schienale della sua poltrona.
«... distruggendo tutto ciò che avevo, tranne l'album con la foto del bisnonno e la frase sulla strega.»
La dottoressa la guardava con gli occhi sbarrati. La sua razionalità era stata appena scossa fino alle fondamenta.
«Ma poteva andare peggio: per fortuna avevo appena fatto l'assicurazione contro gli incendi... dottoressa, ma che cosa fa, piange?»
«Mi... mi scusi, Sarina, di solito non perdo il controllo» disse Julia Barrett Brown, rovistando nella propria borsetta alla ricerca di un fazzoletto di carta. «Non so che cosa mi sia successo.»
«Coraggio, dottoressa. Credo che chiunque, se passasse la giornata ad ascoltare i problemi degli altri, finirebbe col mettersi a piangere. Al suo posto lo farei anch'io. Se solo potessi piangere.»
La dottoressa alzò la testa e la fissò con gli occhi umidi. «Che cosa intende dire con se solo potessi piangere?»
Sarina si alzò in piedi e cominciò a passeggiare per lo studio. «Ha presente quella scena di L'amore è una cosa meravigliosa, quando William Holden resta ucciso in Corea e Jennifer Jones ancora crede di vederlo in cima a quella collina ventosa?»
«Non ho mai visto quel film.»
«Il fatto è questo: per tutta la mia vita, non sono mai riuscita a vedere quella scena senza scoppiare a piangere come un idrante. Anche a rischio di una completa disidratazione. Ora, posso rivedere quella scena venti volte di fila senza che mi esca nemmeno una lacrimuccia, neanche un singhiozzo, un sospiro. Niente.»
«Sarina...» disse la dottoressa, allarmata, «sta cercando di dirmi che dal giorno del suo matrimonio non ha mai pianto, nemmeno una volta?»
«Ha indovinato» disse lei, prendendo un'altra sigaretta.
Julia Barrett Brown si alzò lentamente in piedi, incrociando le braccia. «Ma almeno si sarà fatta un bel pianto, quando ha scoperto il tradimento di Rance e di Jillian?»
«E dare a Morgana questa soddisfazione? Neanche per idea!»
La dottoressa la fissò, sorpresa e preoccupata al tempo stesso. «Negli ultimi dieci mesi non le è mai capitata l'occasione di piangere?»
Sarina rifletté per qualche secondo. «Vediamo... una volta ho inciampato con l'alluce nell'angolo dell'armadio. Ma, a parte quello, niente.»
«Tuttavia» proseguì la dottoressa, in tono severo, «qualche altro comportamento ha sostituito il pianto. Non è così?»
«Dovrebbe essere lei a dirmelo.»
La dottoressa abbassò lo sguardo sul sottile cilindro di carta tra le dita di Sarina. «Glielo spiegherò in modo molto chiaro e diretto: è evidente che la sua incapacità di abbandonarsi a un'esperienza autenticamente catartica deriva dalla sublimazione del suo trauma, come testimonia l'adozione di comportamenti compensatori.»
Sarina incrociò a sua volta le braccia e si appoggiò a una parete. «Come spiegazione è chiara e diretta quanto le istruzioni per la dichiarazione dei redditi.»
La dottoressa tornò finalmente a sorridere. «In realtà è molto semplice. Invece di piangere su quanto le è capitato durante la sua prima notte di nozze, ha preso l'abitudine di consumare sigarette. Non le accende, né tantomeno le fuma. Si limita a tenerle in mano per un po', prima di schiacciarle nel primo portacenere che le capita a tiro. Ora, perché pensa di avere scelto questo particolare comportamento in sostituzione del pianto?»
Sarina esitò per un istante. Notò una stampa appesa alla parete, la riproduzione di un quadro astratto: l'immagine le ricordava qualcosa, che al momento non riusciva a identificare. «Perché ho un segreto desiderio di vendetta ma non ho il coraggio di portarlo a compimento?» rispose poi.
La dottoressa scosse il capo. «No, Sarina. Perché lei ha paura delle relazioni interpersonali.»
Sarina perse la pazienza. «Io non sono certo il tipo che ha paura» protestò. «Ma anche se lo fossi, non vedo come lei potrebbe dedurlo semplicemente da una sigaretta.» Protese il braccio destro in avanti. La sigaretta era puntata minacciosamente verso la psicoterapeuta, come un prolungamento del dito