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L azzardo del playboy: Harmony Bianca
L azzardo del playboy: Harmony Bianca
L azzardo del playboy: Harmony Bianca
E-book169 pagine2 ore

L azzardo del playboy: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

Può un playboy incallito diventare un affidabile padre di famiglia?

L'aristocratico George Somers è un uomo spericolato che ama spingersi sempre al limite; un uomo che vive le sue relazioni intensamente e per il breve tempo in cui gli regalano emozioni forti. Ma quando un incidente lo mette nelle mani amorevoli e sexy della fisioterapista Serena James, la prospettiva di restare confinato in un letto gli appare improvvisamente molto invitante. Abituato da sempre ad assumersi le responsabilità delle proprie azioni, George si rende conto che lasciare entrare Serena e il suo bambino nel proprio cuore è il rischio più grosso che abbia mai corso.
LinguaItaliano
Data di uscita11 feb 2019
ISBN9788858993606
L azzardo del playboy: Harmony Bianca
Autore

Kate Hardy

Autrice inglese, consulta spesso riviste scientifiche per verificare i dettagli tecnici dei suoi romanzi.

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    Anteprima del libro

    L azzardo del playboy - Kate Hardy

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Once A Playboy...

    Harlequin Mills & Boon Medical Romance

    © 2012 Pamela Brooks

    Traduzione di Claudia Cavallaro

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-360-6

    1

    «Così, lei fa cyclette e nuoto?» chiese Serena.

    «Sì» disse George.

    «Sente male?»

    «No.» E non era del tutto una bugia. George riusciva a nuotare e pedalare e fare altri esercizi previsti dal suo programma senza alcun problema. Ma quella settimana aveva un po’ esagerato, sperando di poter iniziare l’ultima fase della terapia pur non essendo ancora del tutto a posto.

    Lei alzò le sopracciglia. «E se mi dicesse la verità?»

    «È questa la verità.»

    Serena incrociò le braccia. «George, so che impazzisce all’idea di non poter fare le cose che amava fare prima dell’incidente, e che vorrebbe tornare subito alla sua vita di prima. Ma le ci vorrà del tempo per essere di nuovo in piena forma. I danni alla coscia e ai polsi sono gravi... e ricordi che ci vogliono anche sei mesi per la guarigione di un femore, per non parlare dei danni ai tessuti delicati che lo circondano.»

    George sapeva che quello non era l’unico danno subito. Anche se in quel momento non stava pensando a quel problema in particolare. Sospirò. «Okay. Se proprio ci tiene a saperlo, un paio di giorni fa ho cercato di correre. Stando in acqua fino al petto, così da non dover sopportare dei pesi.»

    Lei lo guardò, perplessa. «E allora?»

    «È andato tutto bene.»

    «Se fossi io a decidere» disse Serena, «proibirei ai miei pazienti di guardare qualsiasi cosa si trovi su Internet.»

    Lui tossì. «Come ha indovinato che è lì che l’ho letto?»

    «Perché non sono stata io a consigliarglielo, né Bruno. Le sue ultime radiografie erano buone – le ossa sono stabili e stanno guarendo – ma decisamente non può mettersi a correre ancora prima di riuscire a camminare. Letteralmente.»

    «Me ne sono reso conto.» Anche se odiava ammetterlo.

    Lei sospirò. «Che cos’altro ha fatto, George?»

    «Ci ho provato su terra. Ma non sono andato lontano» ammise lui subito.

    «Però le ha fatto male.» Non era una domanda.

    «Un po’.»

    Serena scosse la testa. «Che cosa devo fare con lei, George?»

    «Me lo sono sentito dire spesso. Sia a scuola che a casa» disse lui.

    «Come mai non mi sorprende?» Lei roteò gli occhi. «Le dispiace se do un’occhiata per assicurarmi che non abbia fatto grossi danni?»

    «Faccia pure.» Dopo una pausa, lui aggiunse: «Significa forse che dovrò spogliarmi?».

    «Be’, non è facile controllare i muscoli attraverso uno strato di stoffa.» Gli rivolse un sorriso divertito. «Mi chiami quando è pronto.»

    George si sentiva ancora un po’ in imbarazzo a spogliarsi davanti a lei. Il che era decisamente ridicolo. A parte il fatto che Serena James era la sua fisioterapista e che quella non era la loro prima seduta, si era spogliato in abbastanza camere da letto – e in altri posti – da non provare il minimo disagio a levarsi i vestiti davanti a una donna. Soprattutto visto che non sarebbe stato uno spogliarello completo, avrebbe tenuto addosso le mutande e la maglietta.

    Ma apprezzò il fatto che Serena si fosse voltata mentre lui si toglieva gli odiati pantaloni della tuta sportiva.

    In quel periodo aveva odiato sentirsi così dipendente dagli altri. Ed era davvero pronto a riprendere la vita di un tempo. Se questo significava dover procedere più lentamente nell’ultima fase, allora avrebbe cercato di essere più paziente. Ma detestava una vita al passo di lumaca. Per lui quello non era vivere, era soltanto esistere. E fra le due cose c’era una differenza enorme.

    «Pronto» disse, e lei si voltò.

    Con mani delicate gli sondò la gamba toccando i muscoli. I movimenti erano del tutto professionali, ma quando lei mosse la testa George colse il profumo del suo shampoo di fragole scaldate al sole e tutto il sangue gli affluì verso sud.

    Oh, accidenti. Avrebbe fatto meglio a pensare a qualcosa d’altro... per esempio a quanto gli sarebbe costato riparare il tetto di Somers Hall.

    Chissà se il problema era soltanto suo o anche Serena percepiva quello strano feeling fra loro?

    Le guardò la mano sinistra. Nessun anello. Certo. Questo non significava che non avesse una relazione, ma aveva la sensazione che Serena James fosse il tipo di donna che credeva nel matrimonio e avrebbe voluto quella vera d’oro al dito.

    Il che significava che era l’uomo sbagliato per lei, perché non voleva vincoli di nessun tipo.

    «Qua e là c’è ancora un po’ troppa tensione nei muscoli.»

    Serena glielo dimostrò toccando. «Le prescriverò qualche altro esercizio che di certo l’aiuterà.»

    «Grazie. E io prometto di farli tutti i giorni.»

    «E prometta anche di non esagerare» disse lei in tono fermo. Incrociò le braccia e lo guardò diritto negli occhi.

    Lui sorrise. «Le sembra che potrei esagerare?»

    «Considerando che è finito in questo modo per aver litigato e perso con uno scoglio, tenderei a rispondere di sì.»

    Gli piacque il luccichio ironico che colse nei suoi occhi verdi. E gli piaceva Serena James. O lei ignorava di avere a che fare con l’erede e futuro barone di Somers Hall, oppure la cosa la lasciava del tutto indifferente, perché lo trattava come un normale paziente. E lo apprezzava.

    Di nuovo, lei si voltò per dargli il tempo di rimettersi la tuta. Era il genere di abbigliamento che lui non portava mai al di fuori di un campo sportivo, preferendo dei jeans firmati o vestiti fatti su misura; l’incidente aveva causato un grosso danno anche al suo stile sartoriale, perché sulla gamba rotta i jeans gli davano ancora fastidio.

    «Bene, adesso sono decente» disse con un sorriso.

    «Allora perché lo fa?» gli chiese Serena voltandosi verso di lui.

    «Faccio che cosa?»

    «Perché fa sport pericolosi.»

    Lui scrollò le spalle. «Mio fratello dice che sono adrenalinadipendente.»

    «Ed è vero?»

    «Mi piace la scarica di adrenalina che mi danno gli sport estremi» ammise lui. «Suppongo che sia solo un modo di scaricare la tensione.» E di non aver troppo tempo per pensare.

    «E non c’è un modo meno pericoloso?»

    Preferì non metterla in imbarazzo confessando che in quel preciso momento un altro modo gli era venuto in mente.

    E avrebbe coinvolto anche lei. «Il parapendio motorizzato non è rischioso» ribatté invece.

    «Detto dall’uomo che si è rotto il femore e due polsi.»

    «Ma già in via di guarigione» le ricordò lui. «Avevo il casco, e avevo fatto un corso di addestramento. È stato un caso che stessi pensando ad altro proprio nel momento in cui venivo colpito da una raffica di vento, e quando mi sono reso conto di quello che stava succedendo era ormai troppo tardi per evitare lo scoglio.»

    Lei inarcò un sopracciglio. «Doveva essere qualcosa di davvero speciale per distrarla fino a questo punto.»

    Infatti. Si stava chiedendo se fosse davvero figlio di suo padre. Per una famiglia normale, non sarebbe stato forse così importante, ma per la famiglia Somers presentava molte implicazioni legali. Per esempio, chi era il vero erede della baronia, e che cosa ne sarebbe stato del patrimonio e dei lasciti con vincolo di inalienabilità.

    Cose che potevano cambiarti la vita.

    Per fortuna i test del DNA avevano dimostrato che sua madre si era sbagliata e che George e suo fratello Ed erano davvero i figli legittimi di David Somers. Ma, prima di fare i test, i diari e le lettere di sua madre gli avevano fatto passare momenti difficili.

    Ed era arrivato persino a chiedersi se avrebbe fatto ancora parte della famiglia se fosse risultato che era in realtà figlio di uno dei tanti amanti della madre. Un timore assurdo, visto che il padre, la sua seconda moglie e i fratelli lo adoravano.

    L’unica eccezione era rappresentata da Zara Somers, che aveva abbandonato lui e Ed ancora piccoli e si era dimenticata di loro fino al momento della sua morte. E questo lo aveva reso vulnerabile e temeva sempre che le ragazze, al pari di sua madre, fossero più interessate alla sua posizione sociale che a lui come persona.

    Una sola volta, aveva corso il rischio. All’università si era innamorato di Rebecca e non aveva avuto dubbi che lo amasse veramente.

    Si era sbagliato di grosso.

    Il suo ambiente non l’aveva attratta, anzi l’aveva respinta. Non se l’era sentita di vivere in una casa di vetro come moglie di un futuro barone.

    Si era persino offerto di rinunciare al titolo per lei, ma non le era bastato. Gli aveva restituito l’anello. Ti amo troppo per renderti infelice.

    E se ne era andata per sempre.

    Da quel momento George aveva sempre fatto in modo di essere lui ad andarsene per primo. Per questo adesso aveva solo relazioni brevi e piacevoli e senza impegno.

    Serena arrossì. «Mi scusi. Sa, leggo i giornali.»

    Come quasi tutti. I fogli scandalistici erano andati a nozze quando era trapelata la notizia che gli eredi di David Somers avrebbero potuto non essere quello che credevano di essere.

    «Non volevo ficcare il naso o spettegolare» aggiunse.

    Lui le credette. E non era colpa di Serena, se sua madre si era comportata a quel modo. O se Rebecca non ce l’aveva fatta a vedere oltre le proprie insicurezze.

    «Nessun problema. E non mi dispiace parlarne.» Ed era vero, adesso. I risultati dei test del DNA erano stati inoppugnabili e avevano messo a tacere tutte le voci che giravano. Poi Ed aveva annunciato il suo fidanzamento con Jane, e la stampa si era appassionata alla favola della cenerentola che sposava un nobile.

    «Comunque, ora la faccenda è chiusa. In futuro non mi lascerò più distrarre.»

    «Intende davvero ricominciare con il parapendio?»

    Serena sembrava sorpresa.

    «Parapendio motorizzato» la corresse lui. «Purtroppo, no. Tutta la famiglia si è coalizzata contro di me e mi ha costretto a vendere l’attrezzatura. E il mio medico dice che non potrò andare a sciare prima che mi tolgano il perno dalla gamba.» Fece una smorfia. «Perciò penso che avrò un anno molto, molto noioso, me ne andrò in giro zoppicando e sarò irritabile con tutti perché preferirei di gran lunga fare qualcosa d’altro.» Qualcosa che gli impedisse di lasciarsi alle spalle i dubbi sulle proprie capacità.

    Lei sorrise. «Sono sicura che troverà comunque il modo di divertirsi.»

    Avrebbe preferito qualcuno con cui divertirsi. E casualmente aveva davanti Serena e aveva la sensazione che lei potesse distrarlo meravigliosamente; anche se non era il tipo di donna che frequentava di solito, in lei c’era qualcosa che attirava la sua attenzione.

    «I polsi come vanno?» gli chiese.

    «Meglio. Adesso non ho più bisogno delle stecche. E riesco a fare quasi tutti i movimenti, grazie agli esercizi che mi ha prescritto.» Le rivolse un mesto sorriso. «Non ha idea di come sia ansioso di poter guidare di nuovo la macchina.»

    «Chiedere un passaggio agli altri non è il massimo, vero?»

    «Non se a guidare sono le tue sorelline, e il prezzo da pagare è un intero viaggio di continui brontolamenti.»

    Lei rise.

    «Non dovrebbe mostrarsi un po’ più solidale?» disse lui.

    «Lo sono.» Serena stava ancora sorridendo. «Ma stavo immaginando lei che veniva comandato a bacchetta da una donna.»

    «Da mia sorella Alice, la maggiore» la corresse lui. «Dire che sia autoritaria non basta. È l’avvocato più terrificante che abbia mai conosciuto... impossibile ribattere con impertinenza. Quella di mezzo è architetto e minaccia di imbavagliarmi con un nastro adesivo telato se oso darle dei consigli su come guidare in modo da non graffiarmi

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