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Passione caraibica: Harmony Destiny
Passione caraibica: Harmony Destiny
Passione caraibica: Harmony Destiny
E-book172 pagine1 ora

Passione caraibica: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Un matrimonio combinato, e per di più con una data di scadenza già fissata, non può certo portare a qualcosa di buono. Eppure il milionario Sean King è disposto a fare buon viso a cattivo gioco per aumentare il potere e il prestigio della sua azienda. Ora lo aspettano due settimane di luna di miele ai Caraibi in compagnia della novella sposa Melinda Stanford, l'amata nipote del suo capo. Ma sotto il caldo sole caraibico, quell'accordo nato per interesse si trasforma in un'unione di piacere e passione.
LinguaItaliano
Data di uscita9 mar 2018
ISBN9788858979846
Passione caraibica: Harmony Destiny
Autore

Maureen Child

Maureen Child ha al suo attivo più di novanta tra romanzi e racconti d'amore. È un'autrice molto amata non solo dal pubblico ma anche dalla critica, infatti è stata nominata per ben cinque volte come migliore autrice per il prestigioso premio Rita.

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    Anteprima del libro

    Passione caraibica - Maureen Child

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Temporary Mrs. King

    Harlequin Desire

    © 2011 Maureen Child

    Traduzione di Giuseppe Biemmi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5897-984-6

    1

    «Credo che dovremmo sposarci.»

    A Sean King andò di traverso la birra che stava bevendo. Sbattendo la bottiglia ghiacciata sul banco lucido del bar, tossì tanto che gli vennero le lacrime agli occhi e fu costretto a sbattere le ciglia ripetutamente per poter rimettere a fuoco la donna che aveva rischiato di farlo restar secco con quelle quattro semplici parole.

    Oh, ne valeva la pena.

    Aveva dei capelli neri quasi come i suoi. Gli occhi invece erano di un azzurro più chiaro rispetto a quelli di Sean e la sua carnagione era di un delicato color miele che lasciava immaginare che trascorresse parecchio tempo all’aria aperta. Aveva gli zigomi alti, sopracciglia nere ben disegnate e un’espressione di fiera determinazione stampata in viso.

    Qualcosa gli si rimescolò dentro quando lei si umettò le labbra e, per un attimo, le lasciò scivolare addosso lo sguardo per ammirare la sua figura. Indossava un prendisole giallo limone che metteva in evidenza un paio di gambe davvero notevoli, e aveva ai piedi dei sandali con dei vistosi fiori bianchi posizionati proprio al di sopra delle dita smaltate di un rosso sanguigno.

    Tornando finalmente a guardarla in viso, le rivolse un mezzo sorriso, dicendo: «Sposarci? Non credi che dovremmo prima cenare?».

    Le labbra le si piegarono brevemente, poi lei lanciò un’occhiata al barista, come a volersi assicurare che fosse abbastanza lontano da non poterla sentire. «So che ciò che ho appena detto ti sarà sembrato strano...»

    Lui rise. «Strano non rende nemmeno lontanamente l’idea.»

    «... ma ho le mie ragioni.»

    «Buono a sapersi» affermò lui, mentre sollevava la bottiglia per bere un altro sorso. «Ciao, ciao.»

    Lei emise un sospiro esasperato. «Guarda che ti conosco. Tu sei Sean King e sei qui per incontrare Walter Stanford.»

    Incuriosito, Sean la fissò. «Vedo che le notizie viaggiano in fretta su una piccola isola.»

    «E lo fanno ancora più in fretta se Walter è tuo nonno.»

    «Tuo nonno?» ripeté lui. «Questo significa che...»

    «Che sono Melinda Stanford, sissignore» terminò lei per lui, guardandosi attorno con evidente disagio.

    Per essere la ricca e coccolata nipote dell‘uomo che possedeva l‘isola, sembrava un po‘ impaurita.

    «Ascolta, ti spiace se portiamo i drink a uno dei tavoli? Preferirei che non sentissero i nostri discorsi.»

    Sean poteva ben indovinare il perché. Proporsi in sposa a un uomo che non si era mai incontrato non era il modo più normale di presentarsi. Probabilmente, doveva essere un po‘ matta. In ogni caso, lei non attese che le dicesse che era d‘accordo, ma si avviò verso uno dei tavoli liberi del bar dell‘albergo.

    Sean la osservò, indeciso se seguirla o meno. Sicuro, era uno schianto. Però era anche un tantino fuori.

    Appariva radiosa, seduta nell‘angolo, all‘ombra di quello che un tempo era stato un bar elegante e che adesso appariva un po‘ sorpassato. Trent‘anni prima, questo posto doveva essere indubbiamente considerato il top. Ma non aveva saputo tenersi al passo coi tempi.

    Adesso il parquet del pavimento presentava delle profonde fenditure che diverse mani di cera non riuscivano a nascondere. Le pareti avevano bisogno di una rinfrescata e le finestre erano troppo piccole. L‘atmosfera Art déco era comunque gradevole, pensò Sean. Fosse stato suo, avrebbe eliminato completamente la parete della facciata e l‘avrebbe sostituita con una vetrata, per offrire ai clienti una vista spettacolare dell‘oceano, rimanendo però fedele al gusto liberty.

    Ma non era il suo bar e aveva una bella donna, sia pure un poco bizzarra, che lo stava aspettando. Dato che non avrebbe incontrato Walter Stanford prima del mattino seguente e aveva qualche ora da ammazzare... Sean sorrise tra sé e s‘incamminò verso di lei.

    Le prese posto di fronte e si mise comodo, allungando le gambe. Tenendo la bottiglietta di birra sul ventre piatto, piegò di lato il capo e la studiò in silenzio, in attesa che si spiegasse meglio.

    Non dovette attendere molto.

    «So che sei qui per acquistare l‘appezzamento di terreno sulla North Shore.»

    «Non è esattamente un segreto» disse lui, bevendo un altro sorso di birra ghiacciata. Quindi studiò l‘etichetta. Una marca locale. Una volta operativo, avrebbe raccomandato a suo cugino Rico questa particolare birra per il bar del resort che intendeva costruire.

    Spostando lo sguardo sulla donna, Sean si strinse nelle spalle. «Probabilmente, si sa in tutta l‘isola che i King stanno trattando con tuo nonno.»

    «Sì» disse lei, congiungendo le mani sulla tovaglia. In qualche modo, riusciva ad apparire tanto pudica quanto incredibilmente sexy. «Lucas King è stato qui un paio di mesi fa. Ma, con il nonno, ha fatto un buco nell‘acqua.»

    Irritante, ma vero.

    In effetti, Sean stesso aveva già avuto un colloquio telefonico con Walter senza peraltro ottenere granché. Proprio per questo aveva deciso di incontrarlo di persona.

    Tesoro era una delle isole più piccole dei Carabi ed era di proprietà privata. Walter Stanford nella zona era considerato una specie di feudatario. C‘era il suo zampino nella maggior parte delle attività locali e difendeva l‘isola dai nuovi arrivati con la grinta di un pitbull legato a una catena molto corta.

    Il cugino di Sean, Rico King, era ben deciso a espandere il suo impero alberghiero e voleva realizzare un resort esclusivo proprio a Tesoro. La King Construction, ovvero Sean e i suoi fratellastri da parte di padre, Rafe e Lucas, sarebbero stati i suoi soci nell’affare. Affare che non ci sarebbe stato senza il terreno su cui edificare. Così, da mesi, i King cercavano di convincere Stanford che un hotel della catena King avrebbe fatto grandi cose per l’isola. Nuovi posti di lavoro, più turisti e un sacco di denaro nelle casse locali.

    Rico era venuto per primo a incontrare il vecchio boss. Seguito in rapida successione dai fratelli di Sean, prima Rafe e poi Lucas. Ora era il turno di Sean di andare in battuta, per così dire. Era lui quello che veniva mandato quando le cose si mettevano male. Il carattere rilassato e il fascino naturale di Sean solitamente garantivano il buon esito di un affare. Ci sapeva fare e la sua era una vera e propria arte.

    «Io non sono Lucas» disse con sicurezza. «Strapperò un accordo a tuo nonno.»

    «Non contarci troppo» lo mise in guardia lei. «È molto testardo.»

    «Dici così perché non conosci i King. La testardaggine l’abbiamo inventata noi.»

    Lei sospirò e si sporse in avanti. L’ampia scollatura del prendisole si accentuò, concedendogli una visione nemmeno tanto fugace di un paio di seni generosi trattenuti da un sottile reggiseno di pizzo. A malincuore, quando lei riprese a parlare, Sean sollevò lo sguardo per tornare a fissarla negli occhi.

    «Se vuoi davvero il terreno, c’è un unico modo per ottenerlo.»

    Lui scosse il capo e scoppiò a ridere. Già, era un vero schianto, ma lui non era affatto in cerca di una nuova donna, tantomeno di una moglie. No, avrebbe perfezionato questo affare a modo suo. E, per riuscirci, non avrebbe avuto bisogno di Melinda Stanford. Sghignazzando ancora, le disse: «E questo unico modo sarebbe sposare te».

    «Esattamente.»

    Lui corrugò la fronte. «Dici proprio sul serio, eh?»

    «Assolutamente.»

    «Sei per caso in cura?»

    «Non ancora» borbottò lei. Quindi, alzando la voce, aggiunse: «Senti, mio nonno sta conducendo una campagna per vedermi sposata al più presto e con un nugolo di bimbi ai miei piedi».

    Sean rabbrividì. D’accordo, i suoi fratelli e molti suoi cugini avevano fatto il grande passo ultimamente. Lucas solo l’anno precedente. Ma non Sean. C’era già passato ed era sopravvissuto per raccontarlo, anche se nessuno nella sua famiglia aveva mai sentito parlare della sua breve escursione nell’inferno del matrimonio.

    No, non aveva alcuna intenzione di sposarsi un’altra volta.

    «Allora, buona fortuna a te» disse, accennando ad alzarsi.

    Lei allungò il braccio attraverso il ripiano del tavolo e gli afferrò la mano.

    Immediatamente, un calore elettrico si sprigionò dal punto in cui le loro mani entrarono a contatto e il corpo di Sean rispose in un batter d’occhio. Quel lampo indefinibile lo colse con la guardia abbassata. Uno sguardo agli occhi di lei fu sufficiente per capire che era sorpresa almeno quanto lui. E altrettanto determinata a ignorare la faccenda. Perché poteva essere attratto da una donna senza per questo perdere la testa. Diamine, non si lasciava condizionare dalla parte inferiore del suo corpo da quando aveva diciannove anni!

    In ogni caso, tanto per evitare tentazioni, sfilò la mano da quella che gliela imprigionava e, subito dopo, si disse che non gli mancava affatto quello scambio di calore.

    «Potresti almeno starmi a sentire» disse lei.

    Aggrottando la fronte, Sean tornò a prendere posto sulla sedia. Non che fosse interessato a ciò che aveva da dirgli, ma perché mai correre il rischio di offendere un membro della famiglia con la quale voleva fare affari? «Va bene. Sono tutt’orecchi. Però, cerca di farla breve.»

    «Okay. In buona sostanza, voglio che tu mi sposi.»

    «Sì, questo l’avevo afferrato. Perché?»

    «Perché ha senso.»

    «Su che pianeta?»

    «Tu vuoi il terreno perché tuo cugino ci costruisca sopra un albergo. E io voglio un marito provvisorio.»

    «Provvisorio?»

    Lei rise brevemente e il suono che produsse si rivelò ricco e musicale. Quindi scosse il capo e i suoi soffici capelli neri fluttuarono nell’aria. «Ma certo, provvisorio. Pensavi che ti proponessi un accordo per tutta la vita? A un uomo che non ho mai incontrato prima?»

    «Ehi» le rammentò lui, «sei tu ad aver fatto la proposta prima ancora che conoscessi il tuo nome, quindi non è il caso che te la prenda con me».

    «D’accordo.» Lei annuì, tornando seria. «Ecco qui ciò che ti propongo. Quando incontrerai mio nonno, lui ti prospetterà una specie di fusione con clausola matrimoniale.»

    «Come fai a saperlo?»

    Lei agitò una mano nell’aria. «Perché ci ha già provato quattro volte.»

    «Con Lucas e Rafe non l’ha fatto.»

    «Perché erano già sposati.»

    «Ah, giusto.» Perché mai stava cercando di dare un senso a una situazione che appariva chiaramente assurda?

    «In ogni caso» continuò lei, «mio nonno si offrirà di venderti il terreno solo se mi sposerai. Non ti chiedo altro che di accettare.»

    «E di sposarti?»

    «Provvisoriamente.»

    «Provvisoriamente quanto?» Stentava a credere di aver posto una simile domanda. Non voleva una moglie, temporanea o meno che fosse. Voleva solo comperare il terreno.

    La fronte le si increspò leggermente, e lei si picchiettò il mento con la punta dell’indice mentre ci pensava su. «Due mesi dovrebbero bastare» disse finalmente, annuendo. «Il nonno è convinto che un matrimonio stipulato nell’ambito di una trattativa d’affari con il tempo possa funzionare. Io no.»

    «Concordo pienamente con te» disse Sean, levando la bottiglia di birra in una specie di brindisi.

    «Il mio punto di vista è che, se restiamo sposati per un paio di mesi, allora il nonno penserà che ci abbiamo provato ma che non ha funzionato. Insomma, dev’essere una cosa abbastanza lunga da assecondarlo e abbastanza breve da non segnarci più di tanto.»

    «Uh-huh.» Lui la guardò, chiedendosi come aveva fatto una giornata normale a diventare surreale. «Scusa, ma perché proprio io?»

    Lei si appoggiò allo schienale della sedia e tamburellò le dita sul ripiano del tavolo. Poteva anche sembrare fredda e compassata, si disse Sean, ma il suo nervosismo affiorava, eccome.

    «Ho svolto qualche ricerca su di te.»

    «Cosa?»

    «Be’, non volevo mica sposare il primo arrivato.»

    «Oh, certo» concordò ironicamente lui, annuendo, «questo lo posso ben vedere.»

    «Sei stato un buono studente al college, dove hai scelto scienze informatiche come indirizzo. Terminati gli studi, ti sei messo in società con due dei tuoi fratellastri. Sei il tecnico del gruppo, ma anche quello che si incarica di sbrogliare le situazioni più intricate.» Prese fiato e Sean si limitò a fissarla. «Abiti in

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