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Conquistati dal successo: Harmony Destiny
Conquistati dal successo: Harmony Destiny
Conquistati dal successo: Harmony Destiny
E-book139 pagine1 ora

Conquistati dal successo: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Nessuno ha mai osato scaricare Devlin Hudson. Quale donna si sognerebbe di lasciar libero il presidente della Hudson Pictures? Ma l'incredibile accade ed è proprio la posata, accomodante Valerie Hudson a farlo, sua moglie! Eppure Dev l'aveva scelta con cura: di ottima famiglia, bellissima anche se non appariscente, discreta e silenziosa. Allora come mai il giocattolo si è rotto? Dev è determinato a scoprirlo e a riconquistarla. Ma, a quanto pare, la sua timida mogliettina ha deciso di sfoderare un lato passionale capace di sconvolgere anche il più navigato degli uomini.
LinguaItaliano
Data di uscita9 set 2018
ISBN9788858986721
Conquistati dal successo: Harmony Destiny
Autore

Maureen Child

Maureen Child ha al suo attivo più di novanta tra romanzi e racconti d'amore. È un'autrice molto amata non solo dal pubblico ma anche dalla critica, infatti è stata nominata per ben cinque volte come migliore autrice per il prestigioso premio Rita.

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    Anteprima del libro

    Conquistati dal successo - Maureen Child

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Seduced Into a Paper Marriage

    Silhouette Desire

    © 2009 Harlequin Books S.A.

    Traduzione di Rita Pierangeli

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-672-1

    1

    Un altro strillo acuto proveniente dall’ufficio adiacente perforò il cervello di Dev come una scheggia di ghiaccio.

    Quella mattina era la quarta segretaria a ricevere o un mazzo di fiori o un peluche o una scatola di cioccolatini.

    «Il giorno di San Valentino andrebbe abolito» borbottò.

    «È questo lo spirito, capo.»

    Lui lanciò una rapida occhiata alla sua assistente, Megan Carey. La bionda sulla cinquantina scosse la testa come se lo considerasse una delusione personale.

    «Risparmiami i commenti, grazie.» Dev sapeva per esperienza che era meglio interrompere Megan piuttosto che permetterle di dare la stura a qualsiasi cosa fosse a tormentarla.

    «Non ho fiatato.»

    «Sarebbe la prima volta» ribatté lui tra i denti.

    Dev non si faceva illusioni. Poteva darsi che fosse il maggiore della famiglia Hudson. Poteva darsi che occupasse un posto di primo piano nella dinastia della Hudson Pictures. Poteva perfino darsi che avesse uno sguardo capace di fulminare agenti e attori. Ma Megan Carey gestiva il suo ufficio – perciò tutto il suo mondo – e vantava il diritto di esprimere la propria opinione, a prescindere da quello che lui pensava.

    «Ma» disse, tanto per puntualizzare, «San Valentino è domani.»

    «Mio Dio» gemette Dev. «Questo significa che dobbiamo sopravvivere a un’altra giornata intera di consegne.»

    «Diamine» mormorò Megan, «la fata del romanticismo non è mai passata dalle tue parti, vero?»

    «Non c’è del lavoro che ti aspetta?» replicò lui, fissandola con lo sguardo che riservava di solito ai registi che sforavano il budget.

    «Credimi, parlare con te di questo è lavoro.»

    Dev fu tentato di sorridere. Quasi. «Bene. Parla, così poi mi lascerai in pace.»

    «D’accordo, parlerò.»

    Come se qualcosa avrebbe potuto fermarla.

    Megan posò sulla sua scrivania un pacchetto di messaggi telefonici, quindi piantò le mani sui fianchi generosi. «Come stavo dicendo, San Valentino è domani. Un uomo saggio la considererebbe un’occasione per mandare dei fiori alla moglie. O dei cioccolatini. O tutti e due.»

    Dev prese i messaggi e li studiò, come se lei non fosse nemmeno presente. Come se, ignorandola, potesse farla sparire. Non funzionò.

    «Sto pensando» proseguì Megan, «che qualsiasi moglie sarebbe felice di ricevere notizie dal marito in una giornata così speciale...»

    «Valerie e io siamo separati, Megan» le ricordò lui, sostenuto. Non amava parlare del suo matrimonio, di sua moglie o del fatto che lei lo aveva lasciato.

    Ma adesso che Megan vi aveva alluso, quel tarlo aveva preso piede nel suo cervello.

    Dev stentava a credere che sua moglie l’avesse lasciato. Per amor del cielo, perché? Andavano d’accordo. Lei aveva un conto aperto in ogni negozio di Rodeo Drive e tutto il tempo libero che voleva per dedicarsi allo shopping. Vivevano nella suite a lui riservata nella dimora di famiglia, così le era risparmiata perfino la preoccupazione di dover trattare con le governanti. Non doveva fare altro che vivere con lui.

    Cosa che, a quanto pareva, non era stata un’attrattiva sufficiente a trattenerla.

    Così, lui adesso era un marito la cui moglie viveva in un condominio di lusso a Beverly Hills, era spesso fotografata mentre faceva shopping o pranzava in qualche ristorante alla moda in città e, per quanto Dev ne sapeva, poteva anche frequentare qualcuno.

    Strinse i messaggi nel pugno fino ad accartocciarli e a sbiancarsi le nocche. Che sua moglie frequentasse qualcuno era inaccettabile, si disse, rendendosi conto al tempo stesso che non poteva farci proprio niente.

    «Esatto, capo» disse Megan, in tono di approvazione. «Siete separati, non divorziati.»

    «Megan» ruggì lui, «se ci tieni al tuo posto, lascia perdere. Subito.»

    Lei sbuffò. «Oh, per favore. Non riusciresti a gestire questa baraonda senza di me, e lo sappiamo tutti e due.»

    Dalla porta giunse una voce profonda. «Se ti licenzia, Megan, ti assumerò io al doppio dello stipendio.»

    Dev guardò suo fratello Max. «Diamine, ti pagherò perché te la porti via.»

    Megan li guardò tutti e due, accigliata. «Dovrei dimettermi. Non fosse altro che per dimostrare quanto sono indispensabile. Ma non lo farò, perché sono troppo buona per stare a guardare mentre questo posto va a rotoli senza di me.»

    Uscì con il naso in aria e un’occhiataccia finale a entrambi prima di chiudersi la porta dietro le spalle.

    Dev si appoggiò allo schienale della poltrona di pelle nera. «Perché non la licenzio?»

    Max attraversò l’ufficio e occupò la poltrona di fronte al fratello. «Perché è qui da trent’anni, ci conosce da quando eravamo ragazzini e probabilmente ci ucciderebbe tutti e due se tentassimo di sbarazzarci di lei.»

    «Ottimo argomento.» Dev scrollò la testa e lasciò vagare lo sguardo per la stanza. Notò a malapena i poster dei film appesi alle pareti, il tavolo delle riunioni, il mobilio funzionale ma elegante e perfino la vista del parcheggio posteriore degli studi che si scorgeva dalle ampie finestre.

    Quello era il suo mondo. Era lì dove svolgeva il lavoro che lo rendeva felice.

    Perché, allora, dannazione, non era felice?

    «Perché ce l’aveva con te?»

    Dev diede una rapida occhiata a Max. «Secondo lei, dovrei mandare dei fiori a Val per il giorno di San Valentino.»

    «Non è una brutta idea» rifletté suo fratello, unendo le punte delle dita. «Io ho appena mandato a Dana delle rose rosse e una scatola di cioccolatini. Perché tu non dovresti mandare qualcosa a Val?»

    «Sei pazzo?» Dev scattò in piedi e misurò il perimetro del locale. «Se tu vuoi sottostare a questo rito di San Valentino per la tua fidanzata, fa’ pure. Ma Val mi ha lasciato, ricordi?»

    «Niente di cui stupirsi, non credi?»

    «Che cosa intendi dire?»

    «Andiamo, Dev. Lei era pazza di te, e tu non ti accorgevi nemmeno della sua presenza.»

    Dev si bloccò di colpo e girò la testa a fissare con aria minacciosa il fratello minore. «Il mio matrimonio non ti riguarda.»

    Max si limitò a fare spallucce. «Sto soltanto dicendo che se ti sforzassi di far felice tua moglie tanto quanto ti sforzi di rabbonire registi piantagrane, adesso non saresti solo.»

    «Grazie mille, mister Romanticone e Sputasentenze.»

    Un sorriso spontaneo illuminò Max. «Lo ammetto. Sono riconoscente di aver trovato Dana. Dopo aver perso Karen...»

    Dev fece una smorfia. Non era stata sua intenzione tirare in ballo la moglie defunta del fratello o il lungo e brutto periodo che aveva passato. «Ascolta, sono contento che tu sia felice, ma questo non significa che tutti gli altri cerchino quello che hai tu.»

    «Tu dovresti.»

    «Dannazione, Max, sei venuto per farmi una paternale sulla mia vita amorosa? Che cosa sei adesso, un guru dell’amore?»

    «Neanche per sogno!» rise Max. «Ma visto che Megan ti stava già stuzzicando, ho pensato di divertirmi un po’ anch’io.»

    «Grazie mille. Ma no, grazie. L’amore è per gli imbecilli.»

    Durante l’anno passato, nella famiglia Hudson si erano susseguiti innamoramenti, matrimoni e lieto fine. E tutti quanti – nessuno escluso – erano maledettamente irritanti sull’argomento.

    Bene, Dev non era convinto. Erano nell’industria cinematografica. La Hudson Pictures vendeva lieto fine al pubblico. Questo non significava che Dev ci credesse.

    «Così sostiene ogni uomo che non abbia accanto una donna il giorno degli innamorati.» Max scosse la testa e sorrise.

    L’occhiata gelida che Dev gli lanciò non riuscì a scalfirne il sorriso compiaciuto. «Non riesco a credere che anche tu ti sia lasciato infinocchiare da questa storia del giorno di San Valentino. Parli sul serio? Tutti i maschi del pianeta sanno che la ricorrenza è stata inventata dai venditori di biglietti e di dolciumi. È una festa per le donne, fratellino, non per gli uomini.»

    «Un po’ di cioccolato, qualche fiore, un bicchiere di vino ed ecco una serata con i fiocchi per entrambi.» Max rifletté per un attimo. «Ma tu, naturalmente, non ne sai niente, non è così? Certo che no. Tu sei il tipo che ha permesso alla moglie di lasciarlo appena prima di Natale. Mister Sentimentale.»

    «Sai che cosa ti dico? Adesso che sei innamorato sei molto meno divertente.»

    «È buffo. Il matrimonio non ha cambiato per niente la tua personalità.»

    No, non l’aveva cambiata. D’altronde, si disse Dev, non si era imbarcato nel matrimonio dichiarando di essere innamorato. Aveva sposato Valerie perché aveva bisogno di una moglie e lei rispondeva perfettamente ai requisiti. Aveva ottime conoscenze e faceva una bella figura al suo braccio.

    Quanto meno, l’aveva fatta, fino a quando l’aveva lasciato. Non che ne sentisse la mancanza. Stava bene senza Val. Anzi, benissimo.

    «Esatto» dichiarò con fermezza. «Sono lo stesso uomo che ero quando mi sono sposato.»

    «Ed è un vero peccato» ribatté Max.

    Con la fronte aggrottata, Dev andò alla fila di finestre e guardò fuori gli ettari di terreno, tutti di proprietà della Hudson Pictures. C’era lo spazio sul retro, dove si trovavano decine di set, che aspettavano di essere riportati in vita dalle telecamere. Era una specie di piccola città, e lui ne era il sindaco.

    Ma invece di vedere il suo regno, annidato nel cuore di Burbank, il cervello fornì a Dev una visione mentale di Beverly Hills. Dove ora Valerie viveva in un appartamento nel quale lui non aveva mai messo piede.

    Voltandosi a guardare il fratello, Dev chiese a

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