Il mio passatempo preferito: Harmony Bianca
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Alison Roberts
Tra le autrici amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Il mio passatempo preferito - Alison Roberts
978-88-3052-400-2
1
Il bip del monitor cardiaco fetale aveva decisamente rallentato. Sophia capì di non poter più rimandare, anche se la paziente non avrebbe apprezzato la sua decisione. «Mi rincresce ma questa faccenda non mi piace. Dobbiamo portarti in ospedale.»
«Noooo...» Claire Robinson voleva dare alla luce il suo primo figlio a casa. «Hai detto che sono quasi completamente dilatata. Non può tardare molto.»
«Sei esausta, cara. Ogni contrazione ti stanca un po' di più e le cose procedono troppo lentamente.» Stava ancora applicando il doppler manuale sul ventre rigonfio della paziente. «Il battito cardiaco del bambino ha rallentato. Lo senti? Significa che è stressato.»
«Che cosa significa?» domandò con ansia Greg, il marito di Claire. «Che è in pericolo? Che Claire è in pericolo?»
«No.» Sophia si affrettò a rassicurare entrambi. «Ma vorrei prevenire questa situazione. Il parto non sta procedendo come vorremmo e...» Come poteva dire ai genitori atterriti che stava seguendo il suo istinto? «Telefono al quartier generale e chiedo un'ambulanza.»
Per fortuna la centralinista rispose subito.
«Mi chiamo Sophia Toulson» disse Sophia. «Sono levatrice al reparto maternità del Victoria. Sto assistendo a un parto in casa...»
Si allontanò un poco dalla giovane coppia, avendo cura di abbassare la voce mentre dava l'indirizzo ed esprimeva il motivo della propria apprensione.
«L'ambulanza dovrebbe arrivare fra un quarto d'ora» disse la centralinista. «Ma abbiamo un IPU dalle vostre parti.»
«IPU?»
«Intervento Paramedico Urgente. Un paramedico in motocicletta.»
«Credo che ci occorra soltanto il trasporto» replicò Sophia. «Non è un caso di emergenza.»
Tuttavia avvertì il dubbio nella propria voce. Una madre esausta, un parto al rallentatore. C'era tutto il potenziale per un'emergenza. Non era per questo che si sentiva allarmata?
«Potremmo cambiare il piano» suggerì Claire disperata. «Prenderò sedativi invece del gas. Potrai fare tutto il necessario...» Stava singhiozzando. «Non vogliamo che nostro figlio nasca in ospedale.»
«Lo so.» Sophia scostò i capelli umidi dal viso di Claire. «Ma sai qual è la cosa più importante?»
Non aspettò la risposta. Greg stava seduto sull'orlo del letto e teneva sua moglie fra le braccia. Sophia incontrò il suo sguardo, poi quello di Claire. «Il mio lavoro consiste nel proteggere la madre e il bambino. Alla fine della giornata conta una sola cosa: che tu abbia il tuo bambino sano e salvo. Vi prometto che, ovunque avvenga il parto, non sarete privati della gioia di questo momento.»
Anche se Sophia non poteva provare personalmente quella gioia, non significava che non potesse partecipare a quella degli altri. Era precisamente per quel motivo che aveva scelto la sua professione, che l'amava immensamente e che faceva tutto il possibile per assicurare a ogni parto un lieto fine.
«Non chiedo altro» dichiarò Greg. «Che mia moglie e mio figlio siano sani e salvi. Abbiamo sempre detto che al minimo inconveniente saremmo andati all'ospedale.»
«Ma non c'è nessun inconveniente» protestò Claire. «Soltanto un po' di stanchezza... Ooooh.»
Fece una smorfia di dolore.
«Un'altra contrazione?» Sophia prese la maschera respiratoria. «Ecco qui. Respira profondamente...»
Qualcuno bussò alla porta, facendola sussultare. Possibile che l'ambulanza fosse già arrivata?
«Vado ad aprire?» chiese Greg.
«No... non lasciarmi» ansimò Claire nella maschera. «Sta... ahhh!»
Nemmeno Sophia voleva allontanarsi. La contrazione aveva provocato un fiotto di fluido. Le membrane di Claire si erano finalmente rotte. Segno che il travaglio aveva ripreso a progredire ma Sophia non si sentì affatto rassicurata.
Al contrario, si preoccupò ancora di più.
Il fluido che aveva inzuppato gli asciugamani sotto i fianchi di Claire era macchiato di meconio, segno che il bambino era in difficoltà. E...
Oh, Dio santo... sì. Il cordone ombelicale appariva annodato.
«Buongiorno» disse una voce profonda alle sue spalle. «Entro in casa. Spero che non ci siano problemi.»
Sophia alzò lo sguardo. L'uomo portava una giacca di cuoio nero e un casco da motociclista sotto il braccio con i colori rosso, bianco e blu delle ambulanze di Melbourne e il titolo Paramedico scritto sul davanti. Il visore rialzato rivelava il viso ma Sophia quasi non se ne accorse. Si sentiva troppo sollevata per il provvidenziale arrivo di un professionista per quella che si stava rivelando un'autentica emergenza.
«Si sono appena rotte le acque» annunciò con calma. «Abbiamo un prolasso del cordone ombelicale.»
«Di che cosa si tratta?» chiese Greg con ansia. «E lei chi è?»
L'uomo si era tolto il casco. «Sono Aiden Harrison» si presentò. «Soccorso paramedico urgente.» Si avvicinò a Sophia. «Posizione Sims modificata?»
«Ginocchia contro il petto, credo. Claire? Ti rigiriamo. Ti voglio in ginocchio con il didietro in aria. Puoi aiutarmi, Greg?»
«Come? Perché?» Claire stava ansimando mentre si riprendeva dalla contrazione. «Non voglio muovermi.»
«Abbiamo un piccolo problema, ragazzi.»
Il paramedico aveva posato il casco, i guanti di cuoio e un kit d'emergenza. Non sembrava affatto preoccupato. Anzi, lasciava intendere che il problema si sarebbe potuto risolvere facilmente. «Il bambino non ha letto il regolamento e il cordone ombelicale è parzialmente uscito per primo. Dobbiamo allentare la pressione, ecco perché vogliamo che la forza di gravità ci dia una mano. Coraggio, mi permetta di aiutarla.»
In qualche modo riuscì a far sembrare perfettamente naturale il fatto che una donna in travaglio assumesse una posizione apparentemente innaturale... in ginocchio con la testa bassa. Sophia prese il doppler per controllare di nuovo il battito cardiaco del bambino.
Aiden l'aiutò mentre fissava l'orologio. «Novantotto» annunciò. «Qual è l'ultimo dato registrato?»
«Quarantuno.» Sophia aprì una confezione di guanti sterili. Nel giro di pochi secondi il parto si era trasformato in un potenziale disastro. Il bambino non riceveva quasi più ossigeno. «Cerco di allentare la pressione.»
«Oh, Dio mio» gemette Claire. «Che cosa succede?»
«Mi sentirai dentro» l'avvertì Sophia. «Spingo la testa del bambino per allentare la pressione sul cordone ombelicale.»
Greg era impallidito. «Come possiamo portarla all'ospedale se deve restare in questa posizione?» chiese. Sbirciò il paramedico. «Lei non guida un'ambulanza, vero?»
«No, una moto. Così viaggio più in fretta.» Aiden prese la radio che portava agganciata alla cintura. «IPU Uno alla base. Quando arriverà l'ambulanza?»
Tutti sentirono la voce della donna all'altro capo. «Fra meno di dieci minuti.»
«Okay, prendi nota. Codice uno.» Aiden annuì all'indirizzo di Greg. «Tranquillo, la situazione è sotto controllo.»
«Ho un'altra contrazione» gemette Claire. «Oooh... io voglio, anzi devo spingere.»
«No!» l'ammonì subito Sophia. «Non ancora.»
Alzò gli occhi e si ritrovò fissata da Aiden. Il suo sguardo le disse che il paramedico capiva perfettamente quello che lei stava cercando di decidere e che era pronto a dividere il peso della responsabilità.
«Il cordone ombelicale è pulsante» annunciò Sophia. «E Claire è completamente dilatata.»
Aiden annuì. Se si fossero trovati all'ospedale, un parto assistito con il forcipe sarebbe stato il modo più rapido e sicuro per estrarre il bambino. Grazie a Sophia che spingeva la testa del bimbo con due dita, il cordone ombelicale era ben protetto e l'afflusso d'ossigeno ancora adeguato. La levatrice sapeva il fatto suo, decise Aiden. Ora lo stava guardando come se avesse intuito i suoi pensieri.
«È anche esausta» aggiunse Sophia. «Il travaglio si prolungava, ecco perché ho chiamato l'ambulanza. Temevo che...»
Si morsicò il labbro mentre la frase diveniva un bisbiglio inaudibile. Odiava sentirsi indecisa, cosa che accadeva di rado. Se avessero incoraggiato Claire a spingere e lei fosse stata troppo stanca, avrebbero dovuto aspettare un'altra contrazione con il rischio di trovarsi in una posizione più pericolosa, con la testa del bambino che opprimeva il cordone ombelicale bloccando l'afflusso di ossigeno. In quel caso il neonato avrebbe potuto riportare gravi danni al cervello. O anche morire. Si trattava di una decisione sofferta e Sophia si scoprì a sostenere lo sguardo del paramedico. Occhi di un castano molto chiaro, notò una parte della sua mente. Non comuni. Uno sguardo calmo ma intelligente. Segno che conosceva le alternative. Appariva anche sicuro. Gli angoli degli occhi si raggrinzirono come per un sorriso.
Fu Aiden il primo a distogliere lo sguardo. Si accosciò presso il letto per poter guardare Claire che aveva appoggiato la fronte sui pugni.
«È molto stanca?» chiese.
«È sfinita» rispose Greg per lei. «Non avevamo previsto che fosse così difficile.»
Ma Aiden non lo stava ascoltando. Ora guardava Claire.
«È meglio che il bambino nasca al più presto» disse. «Possiamo aiutarla ma è lei che deve fare il grosso del lavoro. Se la sente?»
«Voglio spingere» rispose Claire con un singhiozzo. «Ma ho paura.»
«Siamo con lei. Ce la farà a mettercela tutta quando arriverà la prossima contrazione?»
«O... kay. Proverò.»
«Brava.»
Aiden sorrise a Claire. Il miscuglio di approvazione e sicurezza era affascinante. In altre circostanze Sophia non avrebbe voluto che qualcuno decidesse per lei, ma ora si scoprì felice di condividere la responsabilità. In ogni caso le sembrava la decisione giusta. Sarebbe andato tutto bene. Chi era quel cavaliere dall'armatura scintillante che arrivava in motocicletta invece che a cavallo quando la situazione rischiava di precipitare? Quel paramedico con gentili occhi castani e capelli color del grano?
Due minuti dopo, quando arrivò la successiva contrazione, rigirarono nuovamente Claire sulla schiena e Sophia smise di premere sulla testa per impedire che opprimesse il cordone ombelicale. Da quel momento ogni secondo era prezioso. Aiden, Sophia e perfino Greg esortarono Claire a dare tutto. E anche di più.
«Può farcela» disse Aiden con fermezza. «Spinga, spinga, spinga. Continui. Spinga...»
«È comparsa la testa» confermò Sophia. «Continua, Claire.»
«Sta andando benissimo» commentò Aiden. «Ma non si fermi. Non possiamo aspettare un'altra contrazione. Spinga...»
«Non posso» gemette lei.
«Sì che può. Lo sta facendo. È fantastica. Un'ultima spinta, non ci occorre altro.»
Santo cielo, quell'uomo aveva una voce straordinaria. Sophia sentì contrarsi i propri muscoli addominali. Anche lei avrebbe voluto spingere. Assurdo,