L uomo senza memoria: Harmony Collezione
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sensi e soprattutto della memoria.
Forse sta recitando per...
Lindsay Armstrong
Dicono che l'Africa resti per sempre nel cuore di chi vi è nato... Lindsay Armstrong è nata in Sud Africa ed è cresciuta con tre ambizioni ben precise: diventare una scrittrice, vedere il mondo e diventare guardia forestale. Non è riuscita a realizzare il suo ultimo obiettivo, ma l'amore per la natura selvaggia e per l'Africa non l'ha mai abbandonata.
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L uomo senza memoria - Lindsay Armstrong
successivo.
1
Olivia Lockhart scostò dal viso una ciocca bionda e sventolò i lembi della camicia a quadri rossi e beige. Era seduta su un muretto in un angolo del fienile, una costruzione aperta sui lati e con il tetto in lamiera. Intorno a lei si erano radunati quattro bambini.
«Allora, vi stavo dicendo che bisogna fare molta attenzione...»
«Livvie!» la interruppero improvvisamente delle grida.
Olivia alzò lo sguardo e vide due bambini correrle incontro. Erano gemelli, un maschio e una femmina, pestiferi e lentigginosi, con i capelli rossi e gli occhi color cielo.
«Che cosa avete combinato, questa volta?» domandò rassegnata.
«Niente! Niente di male» rispose Ryan Whyte con aria offesa, girandosi verso la sorellina Sonia in cerca di conferma.
La bambina scosse il capo con energia e protestò: «Livvie...».
«No, non ora, Sonia. Prima lasciami finire. Dunque non si può sprecare l'acqua perché...»
«È molto importante» insistette la piccolina.
«Sonia, ubbidisci per una volta... si può sapere dove diavolo siete stati?»
«Nel recinto dei cavalli, e lì...»
«Non dovete andare laggiù da soli. Vostro padre si arrabbierà. Accidenti! Dov'ero rimasta?» Olivia scosse la testa con un sospiro. Stava insegnando come razionare l'acqua a tutti i bambini delle famiglie che vivevano e lavoravano presso la fattoria. «Bene. Fino a quando non pioverà dovremo...»
Sonia attirò di nuovo la sua attenzione. «Livvie! Abbiamo trovato un uomo!»
«...Dovremo stare molto attenti a non sprecare l'acqua» continuò Olivia, senza badarle.
«È morto!» esclamò Ryan.
Ci volle un momento prima che Olivia realizzasse quello che aveva detto il bambino.
«Se vi siete inventati tutto...» lasciò il discorso in sospeso con aria minacciosa, mentre saltava giù dal muretto.
«È vero, è vero! È sdraiato per terra e gli esce il sangue dalla testa. Non si muove! L'abbiamo toccato con un legno, ma lui non si è mosso» spiegarono i gemelli all'unisono.
«Non è morto» sospirò Olivia, china sotto un sole cocente nel recinto polveroso dei cavalli. «È soltanto privo di conoscenza e ha un brutto taglio sulla tempia.» Cercò una benda nella valigetta del pronto soccorso che aveva portato con sé. «Chi diavolo sarà e come sarà arrivato fin qui?»
Jack Bentley, il responsabile della fattoria, si tolse il cappello e si grattò la testa con aria perplessa. «Non l'ho mai visto in vita mia. Sarà meglio portarlo a casa e chiamare un dottore» consigliò cupo. Alzò una mano per proteggersi gli occhi dai raggi del sole e si guardò intorno. «Qui non c'è neanche un cavallo» mormorò.
«Davvero strano» commentò Olivia in un bisbiglio. «Avanti, io lo prendo per i piedi.»
Non fu semplice caricarlo sul sedile posteriore della Land Rover. Lo sconosciuto era alto e robusto, e per quanto si sforzassero, non riuscirono a evitare qualche movimento brusco. Nonostante tutto, l'uomo rimase privo di conoscenza.
Olivia salì dietro accanto al ferito, mentre Jack guidava verso casa. Durante il tragitto, lei esaminò con cura lo straniero. Sulla trentina, con capelli neri molto folti e la carnagione scottata dal sole, l'uomo le dava la bizzarra sensazione di avere gli occhi azzurri. Anche con la brutta ferita, il viso era attraente e quasi disteso. Indossava una tuta intera color cachi, stracciata in più punti.
Olivia cominciò a frugargli nelle tasche, ma a parte qualche spicciolo e un fazzoletto, non trovò nulla.
«Chiunque tu sia, mi auguro che non abbia perso la memoria, perché sembri arrivato da un altro pianeta» sussurrò, ancora poco convinta.
Due ore più tardi il medico si rialzò dal ferito con aria perplessa. Avevano sistemato lo sconosciuto nella stanza degli ospiti. Jack e il dottore gli avevano tolto la tuta e lo avevano lavato con l'aiuto di Olivia. Poi il medico gli aveva suturato la ferita sulla tempia, ma l'uomo non aveva ancora ripreso conoscenza.
«Non sarà in coma?» domandò Olivia allarmata, guardando la figura adagiata sul letto, sotto il lenzuolo bianco.
«Ha un bernoccolo grande come una casa, ma per il resto non presenta problemi. È solo un po' disidratato.»
Ha gli occhi azzurri, notò Olivia. Di un azzurro intenso, ma privi di espressione.
«Dove... dove diavolo mi trovo?» domandò l'uomo con uno sforzo.
Fu il medico a spiegargli quanto era accaduto e a concludere: «Il punto è che non sappiamo come lei sia arrivato qui».
«In quale... in quale stato?» farfugliò l'uomo.
«Queensland centrale. Le dice qualche cosa?» chiese il medico
«Io non... non ricordo neanche come mi chiamo» fu la replica sbalordita dello sconosciuto.
Olivia lo fissava ammutolita. In quel momento provò una fitta di colpa, quasi fosse stata lei a causargli l'amnesia.
Olivia, Jack e il medico si riunirono sulla veranda per parlare.
«Credo che si tratti solo di amnesia temporanea» diagnosticò il medico. «Se è dovuta al colpo preso in testa, come suppongo, la memoria gli tornerà un poco alla volta, e non è il caso di preoccuparsi. Dobbiamo solo reidratarlo e tenerlo tranquillo. Ha una leggera commozione cerebrale. Pensi di riuscire a cavartela, Livvie?»
«Certo. Ma...» Olivia fece un cenno vago con la mano. «Che cosa succederà se la perdita di memoria dovesse durare? Non sarebbe meglio portarlo in ospedale?»
«Secondo me, in questo momento non è necessario. Purtroppo io non potrò dedicarti molto tempo, perché mi aspettano un caso di meningite e una frattura da sistemare. A ogni modo, se fra due o tre giorni la situazione non sarà cambiata, lo faremo ricoverare» la rassicurò il medico. «Tuo zio è qui, per caso?»
«No, è in Giappone con una delegazione di allevatori di bestiame» rispose Olivia, aggrottando la fronte. «Se mi occorrerà aiuto chiamerò Jack. È meglio avvisare anche la polizia.» Tacque per un istante, e una ruga le solcò la fronte. «Magari è arrivato fin qui a cavallo, da una delle proprietà vicine. Poi l'animale si è spaventato per qualche motivo, l'ha disarcionato ed è scappato» rifletté ad alta voce.
«È possibile» convenne Jack. «Farò comunque delle ricerche.»
«Lei è un'infermiera?» chiese lo sconosciuto.
«Non sono un'infermiera, ma ho seguito un corso di pronto soccorso» precisò Olivia, mentre abbassava gli occhi verso di lui. «Come si sente, ora?» Gli sistemò le lenzuola e si sedette accanto al letto.
«Da cani!» si lamentò l'uomo, con un accenno di sorriso. «Ho un mal di testa pazzesco, mi sento bruciare dappertutto e mi sembra che la lingua sia diventata il doppio.»
«Perché è disidratato e scottato dal sole» spiegò Olivia. «Non si dovrebbe andare in giro per la campagna senza il cappello» si ritrovò a rimproverarlo. «In quanto al mal di testa, le viene dal bernoccolo gigante e dai tre punti che ha sulla tempia... Per il resto, a quanto sembra, lei non ha niente di grave» lo tranquillizzò.
L'uomo fece una smorfia. «Che cosa mi dice di questa specie di nebbia che mi avvolge?»
«Si tratta di amnesia temporanea» spiegò Olivia, con una sicurezza che non provava. «Il dottore dice che ricorderà di nuovo, un poco alla volta.»
«Speriamo che lei abbia ragione.»
Poiché lo sconosciuto continuava ad agitarsi, Olivia si alzò per sistemargli il cuscino e farlo stare più comodo.
Era tardo pomeriggio. Il sole stava per tramontare, gli ultimi raggi che filtravano attraverso la porta della veranda avvolgevano il letto e i vecchi mobili in una cornice dorata. Fuori si sentivano i polli razzolare fra i cespugli fioriti sotto la tettoia di legno.
Anche Olivia era illuminata dai raggi del sole. L'uomo si incantò a osservarla. Aveva i capelli biondi raccolti sulla nuca, con la frangia sulla fronte e qualche ricciolo che le incorniciava il viso. Gli occhi erano grigi, la pelle chiara e le mani forti con unghie quadrate. Sui pantaloni lunghi color cachi portava una camicia a quadri rossi e beige.
«Perché non mi racconta qualche cosa in più su di lei e su questo posto?»
«Soltanto se prima beve questo» rispose Olivia, porgendogli un bicchiere dal comodino.
L'uomo bevve un sorso e si fermò con una smorfia. «Ha un sapore tremendo!»
«È una soluzione per reintegrare i sali minerali che ha perso» spiegò Olivia. «Facciamo così: se non la beve tutta, le metto la flebo» lo minacciò con le braccia conserte.
«Lei doveva fare l'infermiera» scherzò il malato, con una luce maliziosa negli occhi.
«Dipende soltanto da lei se berla oppure no» ribatté Olivia scherzosa.
L'uomo la mandò giù tutta d'un fiato e fece un'altra smorfia.
Olivia si sedette di nuovo accanto al letto. «Mi chiamo Olivia Lockhart. Qui ci troviamo a Wattle Creek, la fattoria di mio zio, che al momento è oltreoceano. Io ho vissuto qui tutta la vita e ora do il mio contributo a mandarla avanti.»
«Quanti anni ha?»
«Venticinque. Alleviamo...»
«Non ha fatto altro in vita sua?» la interruppe l'uomo. «Non ha l'aria di una semplice contadina.»
«Eppure lo sono.»
«Davvero?» domandò lui incredulo, con gli occhi che ridevano.
«Ha intenzione di continuare a interrompermi, signor... comunque si chiami?»
«Dobbiamo trovare qualche cosa di provvisorio, non riesco a sopportare l'idea di essere l'uomo senza nome» proclamò lo sconosciuto.
Olivia rifletté per un istante. «Che cosa ne dice se la chiamo... vediamo, può scegliere fra Tom, Dick o Harry.»
«Di sicuro può trovare qualcosa di meglio. Così mi fa sentire come un cane randagio» scherzò lui.
Olivia sorrise. «Non si ricorda proprio?»
«Non so, è così...» provò a spiegare lui, di nuovo serio. «È una sensazione terribile. Terribile!»
«Non si sforzi, per carità!» lo pregò Olivia, pentita. «È meglio lasciare che tutto riaffiori alla memoria in modo naturale, ne sono sicura. Ha ragione, posso trovare qualche cosa di meglio. Andrò in ordine alfabetico» decise con un sorriso. «Mi lasci pensare... Adam, Adrian, Alexander. Questi non sono certo nomi da cane randagio. E poi c'è Arnold, oppure Alfred...»
«Si fermi, si fermi!» le ordinò lui all'improvviso. «Penso... penso di chiamarmi Benedict. Ben... Ben...» Si sforzò di ricordare, corrugando la fronte, ma non gli venne in mente niente altro.
«È meraviglioso!» esultò Olivia. «Questo significa che la sua memoria sta già tornando. Ben, il diminutivo di Benedict!» ripeté con gioia. «E ora si rilassi» gli ordinò, infine.
«Si, mamma» mormorò Ben con un sorrisetto. «Ma solo se continua a raccontarmi qualche cosa di lei.»
«Non c'è molto di più da raccontare.»
«Io